LOM A MERZ
La sera dell’ultimo giorno di febbraio e anche i primi giorni di marzo le campagne sono costellate da fuochi , è una tradizione che ha radici lontanissime nel tempo , un processo storico complesso in cui convergono culti ancestrali, romanizzazione e cristianizzazione. La tradizione di evocare la primavera, la rinascita della terra per propiziarsi un buon raccolto e di conseguenza disponibilità di cibo, era praticata prima dai Celti poi dai Romani che accendevano fuochi in onore di Cerere dea dei campi e delle messi e anche in onore di Marte anticamente protettore della fertilità e della natura. Ricordiamo che presso i Romani, per lungo tempo il nuovo anno iniziava proprio di marzo, mese dedicato a Marte, quindi si scacciavano con il fuoco, elemento purificativo e propiziatorio il buio e l’anno vecchio, la metà oscura dell’anno per lasciare il posto al tempo nuovo e alla rinascita. Con la cristianizzazione rimase solo da data e la necessità di propiziarsi un buon raccolto basilare per la sopravvivenza della famiglia. Intorno al fuoco , come riporta Placucci scrittore e cultore delle tradizioni romagnole dell’800: “I ragazzi costumano nell’imbrunire della sera fare lume a marzo , come altri dicono abbruciando nei campi in vicinanza delle case vari mucchi di paglia cantando la seguente canzone
lum lum a merz
una spiga fezza un berch,
un berch un barcarol
una spiga un quartarol
un berch una barchetta
una spiga una maleta.
Gli ultimi giorni di febbraio sono anche giorni detti della Canucera, la canocchia o il pennacchi di canapa che avvolgeva la rocca, giorni in cui aleggia un’ora infausta che non si sa quando capiti, La Canucera, è descritta come una una vecchia tutta curva vestita di nero con i denti in fuori che rappresenta Atropo, la Parca che nella mitologia taglia il filo della vita tessuta dalle sorelle Cloto, Lachesi. . In quei giorni non si deve fare nulla specialmente in campagna perchè si rischia di incappare nell’ora maledetta e di danneggiare alberi e raccolti, si balla intorno al fuoco per esorcizzare la Canucera
In Romagna è rimasta viva la tradizione della Canucera tanto che per indicare un individuo sempliciotto e balordo di dice: ”l’è nasù e de dla canucera “ è nato il giorno della Canucera o per indicare uno particolarmente sfortunato “ E pè che t’sia ned par la Canucera”. Tradizioni, credenze che permangono e ci ricordano da dove veniamo , che costituiscono quel bagaglio culturale che sono le nostre radici.. che vanno preservate .