Le vecchie botteghe di castello

Scitto da MARISA MAROCCHI

I ricordi sono un bagaglio della vita che fa piacere ritrovare a distanza di

tempo. Ciascuno nel suo “passaggio” lascia sempre qualcosa  in eredità agli altri.

L’amore per le proprie radici rivive anche nel riportare alla memoria gli

aspetti dell’ambiente,  così come  lo si è conosciuto, e le persone  che vi

si sono incontrate. I ricordi si costruiscono “oggi”.

PREMESSA

In questi ultimi anni, camminando sotto i portici, ho rilevato che ogni tanto c’è un altro negozio con le serrande sempre abbassate, cioè ha chiuso l’attività. Un giorno dopo l’altro comminando anche nelle strade che delimitano la parte vecchia di Castello (Montagnola, via Marconi, viale Roma, via Mazzini) ho visto che, dove prima c’erano negozi o laboratori, ora ci sono altre serrande abbassate, così ho fatto un mio personale inventario ed ho contato che, in questa parte di Castello,  sono una quarantina i negozi-laboratori chiusi, mentre  in altri di quelli aperti, non ci sono più attività commerciali o artigianali, bensì uffici.  Sta cambiando il tessuto sociale,  e cambiano di conseguenza le abitudini di vita e di lavoro delle persone, e questo non succede solo a Castello, ma è un fenomeno generalizzato.  I negozi chiusi intristiscono l’ambiente, interrompono il colpo d‘occhio di chi  passeggia sotto i portici, segnalano decadenza e perdita di vitalità dell’ambiente; di sera i portici sono più bui.

Ho vissuto il passaggio della guerra quando molti  negozi erano chiusi perché mancavano i rifornimenti o perché la gente aveva paura dei tedeschi, e il successivo periodo della ricostruzione, quando anche le attività commerciali si rinnovarono nei locali e nei prodotti. I vecchi portoni in legno vennero sostituiti con le serrande verticali o scorrevoli, chiuse o a maglie. Su alcuni negozi comparvero le prime insegne al neon, qualcun altro  prese un nome inglese, era il periodo in cui ci stavamo un poco americanizzando. Poi ci fu chi capì che con New York non avevamo nulla in  comune, e ritenne di restare  più ancorato alla tradizione del nostro paese, altri anche ultimamente, hanno invece ritenuto che un nome esotico stimoli di più l’interesse o la curiosità delle persone.

Dagli anni sessanta in poi, cominciarono a scomparire dal centro storico le botteghe artigiane, ci fu il cambio generazionale in molti negozi, e comparvero nuove  attività commerciali. Mentre una volta la gestione del negozio si tramandava di padre in figlio, protraendo quella familiare anche per due o tre generazioni, ora non è più così

I locali a negozio hanno subìto un notevole tourn over, stanno aperti da qualche anno a pochi mesi, tanto che molti negozianti non mettono nemmeno più le insegne, semmai mettono il loro logo sul vetro della vetrina, altri nemmeno quello, così  risparmiano sui costi iniziali. Questa facilità di apertura di nuove attvità commerciali dipende dal fatto che sono state liberalizzate a livello nazionale le licenze del commercio, quindi ciascuno deve valutare da sé, se i costi possono essere assorbiti dalla quantità di entrate che può offrire nel nostro caso Castello, in rapporto anche alla concorrenza già presente. A quanto pare, però, non tutti sono riusciti a fare correttamente queste valutazioni. Prima di questa liberalizzazione c’era una commissione comunale che valutava le richieste d’apertura di nuovi negozi, in base alla distanza dagli altri locali simili, e se un numero maggiore per singola tipologia, era compatibile col numero di abitanti, ecc

In conseguenza di queste osservazioni e considerazioni personali, mi è parso utile ricordare, in modo più sistematico, quelle botteghe e negozi che esistevano quando io ero bambina, partendo da prima della guerra o dai primi anni  successivi. Andrò a memoria, cioè non ho fatto alcuna ricerca d’archivio, e mi  avvarrò oltrechè dei miei ricordi,  di quelli  dei miei familiari più anziani e di alcuni amici,  per ricostruire l’ubicazione di queste botteghe, e da chi erano gestite. Di alcune persone mi sono ricordata nome e cognome, di altre solo uno dei due, o anche solo il soprannome, che ho indicato in carattere corsivo.

            Rimangono però alcune attività di cui non sono  riuscita né io, né i miei vecchi consulenti, a ricordare dove avessero bottega o come si chiamassero i gestori. Li ho scritti ugualmente, può sempre servire a chi avesse voglia di approfondire.  Ne avrò tralasciato senz’altro qualcuno e me ne scuso, ma la memoria di ricordi mi ha dato solo questi.

Oltre ai miei ricordi, riporto qua e là alcuni aneddoti che mi sono  stati raccontati tempo fà, riferiti a qualche artigiano  o bottegaio  d’una volta. Sono quadretti di vita del secolo scorso, alcuni sono divertenti, altri invece  riflettono le difficoltà di quei tempi, che è bene non dimenticare. A tutte le persone citate va il mio sincero rispetto.

            A ricordo del passato, nel testo che segue ho tradotto in dialetto i titoli e i nomi dei mestieri,  perché vorrei ricordare a chi mi leggerà, che una volta questa era la lingua con la quale comunemente si comunicava fra di noi  e con negozianti e artigiani.

Marisa Marocchi

Gennaio  2018

Le botteghe artigiane nel Centro Storico

(Al butàig artigièni int al zànter stòric)

Sono considerate botteghe artigiane sia quelle dove si costruiscono o si riparano manufatti, sia quelle in cui si  prestano solo servizi.

Le botteghe artigiane hanno un’origine che risale  indietro nei secoli, e nel  medioevo  sorgevano proprio nei centri storici e negli attigui borghi, per essere di servizio alla comunità e per avere la protezione entro le mura,  quando gli eserciti più o meno locali comparivano a guerreggiare nei dintorni o ad assaltare direttamente il paese. Fu così anche per Castello.  Quando la gente di campagna andava a piedi e, alla bisogna, gli unici mezzi di trasporto erano trainati dai somari o dai buoi, era necessario per la comunità avere le botteghe artigiane raggruppate vicino in Borgo o dentro le mura dopo che ci fu il castello, in modo che i contadini venendo  dai poderi più lontani, in un punto solo avessero la possibilità di risolvere  le loro diverse esigenze;  i paesani che le gestivano avevavo lì casa e bottega. Inizialmente fu il Borgo a fornire i primi servizi poi, dopo molti secoli e con la costruzione del castello murato, anche in questa parte ebbero modo di insediarsi artigiani e commercianti. Nelle frazioni più importanti come Varignana, Osteria Grande e Poggio, ci fu la presenza di  alcune categorie di artigiani;  però, avendo io sempre vissuto in paese, non sono in grado di raccontare la vita delle frazioni, né di conoscere le loro botteghe storiche.

In alcune vi lavorava il solo artigiano, in altri casi questi si avvaleva di un fattorino o di alcuni operai quando la sua attività si ingrandiva, e questo specialmente  accadde nel novecento. Le loro botteghe erano ubicate o sotto i portici o con accesso diretto sulla strada;   quasi sempre il laboratorio di manufatti e di  riparazioni si ampliava  lungo i muri esterni della bottega,  occupando spazi sulla strada o sotto il portico. 

Attraverso i secoli il lavoro si evolse, l’economia modificò la domanda e diversi artigiani introdussero, o crearono a loro volta, nuovi strumenti e attrezzi, per perfezionare  e rendere più remunerativa la loro attività;  con  le diverse tappe della rivoluzione industriale arrivarono le macchine che migliorarono la produttività e resero  più economico il prodotto finito.

La società cominciò a richiedere più oggetti e più servizi, per cui gli spazi delle vecchie botteghe divennero insufficienti e alcune categorie di artigiani, specie  nei decenni successivi la seconda guerra mondiale, si orientarono a costruirsi un capannone nelle zone di espansione urbanistica  e lasciarono  gradatamente liberi i locali nel centro storico. Si è così persa la visione del modo di lavorare di alcuni di loro, perché non è più sotto gli occhi di tutti, non si sentono più i suoni e i rumori derivanti dal loro lavoro, e si è perso anche un punto di aggregazione fra le persone, perché entrare in bottega per fare quattro chiacchiere, era una prassi abbastanza diffusa fra amici e conoscenti.

Per altre categorie artigianali, invece, i nuovi processi produttivi le portarono gradatamente alla scomparsa. Per diversi di questi motivi, ora di botteghe artigiane, che lavorino i manufatti,  in paese ne sono rimaste  veramente poche.

Non dimentichiamo però che la radice del termine artigiano, è arte e … l’arte come tale non esaurisce mai la sua funzione creativa, semmai si orienta su altre specificità e si organizza meglio. Cosa riserverà loro  il futuro ?

C’erano poi altri artigiani che non avevano bottega sulla strada, ma avevano il laboratorio presso la loro abitazione; questo era generalizzato per sarti e sarte, per  alcuni calzolai, per le orlatrici (al gasgadàuri) che cucivano con macchine speciali le tomaie delle scarpe ed altri lavori in pelle, nonchè per alcune parrucchiere e barbieri. Essendo meno visibili, rispetto a chi lavorava sotto il portico o sulla strada, non riesco a darne un  elenco, proprio per la minore conoscenza e per il timore di dimenticarne diversi. Inoltre, il mio obiettivo rimane focalizzato alle botteghe sulla strada.

Nel mio precedente libro “C’era una volta… il mio paese” ho già parlato dei mestieri artigianali cessati, sui quali non mi soffermerò nel merito (falegname delle bare, ombrellaio, cordarino, calzolaio, maniscalco, sellaio), ma  elencherò  le loro botteghe con ridotte notizie.

Per comodità di lettura, procedo in ordine alfabetico e per l’ubicazione, tengo la direttrice dalla montagnola in giù, fino a via Mazzini. Ecco a quali botteghe artigiane si passava davanti, passeggiando anni fa per le strade di Castel San Pietro Terme, che da qui in avanti chiamerò solo Castello.

L’asterisco (*) indica quelle che esistono ancora.

Arrotini  (I Arudén)

            Quando l’agricoltura era la parte predominante dell’economia del nostro Paese, ed il lavoro era ancora svolto  manualmente, i contadini avevano bisogno  di ricorrere all’arrotino per rinnovare il taglio a falci, roncole e cesoie, c’erano poi i sarti, i calzolai, i barbieri che, usando anch’essi attrezzi da taglio, avevano bisogno della sua opera. Erano da affilare ogni tanto anche le varie lame ad uso domestico e delle trattorie, nonché quelle dei macellai e salumieri. Quando con la meccanizzazione dei lavori agricoli, si modificò il lavoro nei campi, calò anche l’esigenza di affilare certi attrezzi. Per recuperare, alcuni di questi artigiani inserirono nella loro bottega la sega per tagliare la legna da ardere, ma qualche decennio dopo, gli impianti termici sostituirono poco alla volta il riscaldamento a  legna, che si bruciava nel camino o nella stufa, così  per gli ultimi arrotini  rimasti non ci fu più un’attività continuativa e man mano chiusero bottega.  Per diverso tempo a Castello  rimanemmo senza arrotini fissi, c’era solo quello saltuario che veniva al mercato, ma non tutti i lunedì.

I vecchi arrotini che ricordo, erano:

 Poggi Otello (Cinciarléina) – aveva bottega in via Manzoni. Dopo di lui, il locale per molti anni fu adibito da sua figlia Patrizia a lavanderia a secco, poi dal 2017 è utilizzato da una parrucchiera.

Vespignani  (Debolezza)- aveva bottega in piazza Acquaderni. Mario morì in un incidente stradale e, dopo che cessò l’attività anche il cognato Fiaschetti, per alcuni anni il locale fu occupato dalla pescheria, poi utilizzando anche quello a lato, da un negozio di merceria gestito da Maria la moglie di Debolezza, e recentemente da uno d’abbigliamento.

Pronti aveva bottega in via Cavour, dalla parte destra a scendere dalla torre, vicino a dove c’era la tipografia Conti.

 Felicori- aveva bottega nella piazzetta Galvani e, se non erro, è stato l’ultimo a chiudere.

Barbieri(I Barbìr)

            Il barbiere è il caratteristico mestiere di prestazione di servizio, per taglio barba e capelli. I loro  “saloni” come si diceva anche una volta, erano i locali più eleganti del paese, perché erano provvisti di specchi, qualche poltrona, un divanetto e giornali a disposizione di chi sapeva leggere, poi il barbiere indossava sempre il camice bianco, come i medici. E’ proprio questa analogia che mi riporta alla memoria  il medioevo, o anche il  periodo successivo quando i barbieri, specie nei piccoli centri,  se non avevano bottega, lavoravano all’aperto nei giorni di mercato e, oltre ai tagli sudddetti, in caso di necessità erano anche cerusici (chirurghi) e  dentisti ante litteram, o meglio incidevano qualche ascesso, facevano i cavadenti, e i salassi con le sanguisughe (che Figaro chiama sanguigna nella famosa cavatina del Barbiere di Siviglia!)

 In altri paesi usa ancora farsi barba e capelli per strada. L’ho visto fare nel 1993,  lungo un largo viale di Pechino  dove c’era una vera equipe di tre o quattro barbieri, con sedie allineate, catini e secchi d’acqua accanto, già intenti a fare la saponata ad alcuni clienti.

Ritornando alle botteghe dei nostri barbieri castellani, un altro elemento che segnalava la loro presenza era il profumo, rilasciato dalle lozioni che usavano per i capelli e per il massaggio dopo barba che, specialmente in estate quando la porta era aperta, si diffondeva all’esterno.

Era poi particolare la tradizione che avevano di fare omaggio ai clienti, in occasione delle feste di fine anno, di un piccolo calendario colorato e profumato, a forma di libretto, con tanto di fiocchetto di seta che usciva dalla bustina trasparente. Lo spazio minore era dedicato al calendario vero e proprio, mentre la parte interessante era la riproduzione di fotografie a colori  di quadri famosi, soprattutto di nudo femminile, oppure le foto delle dive americane più in auge del periodo. Per la loro ridotta dimensione erano tenuti nel portafoglio.  Era molto ambito possederne uno, specie per noi bambini. Io credo di aver visto le prime riproduzioni d’arte proprio tramite questi mini-calendarietti.  Quella era l’occasione nella quale il cinno di bottega si aspettava la mancia.

            Poi, da quando il mercato ha messo a disposizione i rasoi elettrici prima, e le macchinette rasa-capelli poi, l’attività di questi artigiani è andata progressivamente riducendosi per cui, il lavoro di barbiere e di parrucchiera si sono fusi;  i barbieri- parrucchieri e le parrucchiere-barbiere servono  sia la clientela maschile sia femminile.

            I vecchi barbieri erano:

Roncassaglia (Buvinlén)- aveva bottega in via Matteotti a destra, prima    dell’incrocio con via Pietro Inviti,  chiuse poco dopo la fine della guerra.

Serrattini Amedeo e Conti Celso–  avevano bottega in via Matteotti sotto il portico a sinistra, dopo la piazza. Per ultimo rimase Amedeo e quando anch’egli chiuse bottega, il locale divenne un ufficio.

 S’cifel – (di cui non conosco il nome)  nel dopoguerra, prima di essere ricoverato in manicomio, per aver ferito a rasoiate una persona, aveva bottega sotto l’ex-Pretura.

 Villa – uno dei più vecchi, aveva bottega in via Matteotti, dopo l’incrocio con via Decumano. Quando cessò l’attività, nel locale subentrò il parrucchiere Renato Curti, poi quando questi si trasferì, il locale divenne negozio da elettricista con Bertolini.

Tattini, aveva bottega in via Matteotti

 Illo Vaccari, aveva bottega in via Matteotti, vicino all’osteria de Sole, poi si trasferì presso i bagni pubblici in via Ugo Bassi, nel locale dove oggi c’è la Pro Loco.

Mondini (Pippo), aveva bottega in via Cavour, poco dopo la Nuova Italia.

 Cloter, pare sia il nome di battesimo, ma non conosco il cognome e la bottega mi dicono fosse in via Cavour.

Spadoni e Magagnoli, avevano bottega ciascuno in via Cavour

 Rossi Walter, aveva bottega in via Mazzini, verso Bologna.

Pedini Otello, anch’egli con bottega in via Mazzini.    

Landi Giovanni, aveva bottega in  Borgo (?)

Poi ci furono i più giovani:

Taddia e Scarpetti, avevano bottega in via Pietro Inviti, aperta dopo la metà degli anni cinquanta.

Periani Gino (Ovodin), aveva bottega in via San Martino, angolo piazza Acquaderni, dove prima c’era l’osteria di Jacmén, ha chiuso da non molti anni. Il locale ora ospita un laboratorio di sartoria.

Pesci Lodovico (l’Inzgnìr).Aprì bottega dopo la guerra in via Mazzini, oltre il Cagnolo. E’ rimasto famoso il suo bisogno “di riposarsi”. Mi sono giunti alcuni aneddoti al riguardo. Eccoli:

Verso sera una persona si rivolse al Cagnolo per chiedere se sapeva come mai il barbiere  avesse già chiuso bottega a quell’ora, e lui presente in osteria, fece finta di nulla e al Cagnolo non rimase che stringersi nelle spalle.

Un’altra volta, quando, già toltosi il camice, se ne stava seduto sul divano a leggere, entrò un nuovo cliente, egli fece finta d’essere anch’esso in attesa del barbiere, poco dopo uscì brontolando e, senza che la persona che era rimasta seduta se ne avvedesse, la chiuse dentro a chiave. Il malcapitato fu liberato, solo quando riuscì a farsi aprire da un  passante.

            Quando io ero bambina, la maggioranza delle case era sprovvista di servizi igienici, per cui ci si lavava nella catinella. Per ovviare a queste generalizzate carenze il Comune predispose, a cavallo tra il quaranta e il cinquanta,  un servizio di bagno pubblico, dove era quindi possibile lavarsi in acqua calda e nella vasca. Il servizio fu affidato a Illo Vaccari che, a mezzo di una sua incaricata, provvedeva a far pulire e disinfettare le vasche dopo che ogni cliente ne era uscito. Una volta cessata la  necessità del bagno pubblico, nei locali Illo continuò a fare solo il barbiere, finchè non andò in pensione.

Barrocciai con stalla in centro (I Bruzài cun la stàla in zànnter)

            Quello dei barrocciai è un mestiere molto antico e per questo, secondo l’usanza di una volta, nella prima metà del novecento alcuni di loro avevano ancora la stalla dentro in paese.  So bene che questa non era un negozio, ma era il locale necessario  per consentirgli di svolgere il suo lavoro, e aveva il portone sulla strada. Queste stalle le avevano:

Baroncini (Bachén),  in via Palestro, di fronte alle Suore di sotto.

Girotti (Lischetti),  in via Palestro, di fronte alle Suore di sopra.

Telari, lo zio di Alfo,  nell’edificio del Tigrai.

Gli altri barrocciai, la stalla  l’avevano già lungo le prime strade fuori dal centro urbano (come i Ribani, i Brusa detti Fitùla, i Gnugnoli, Bortolotti detto Muschén, la Sporta, Casadio Loreti Alfredo detto Fredo ed Lungàn, e altri); strade, che di lì a pochi anni, sarebbero entrate a pieno titolo nell’area ubana di Castello.

I barrocciai si erano costituiti in Lega già dalla fine dell’ottocento e, quando io ero bambina, il loro ufficio era in via Cavour, di fronte a Reggiani. L’organizzatore era Rossi, il  fratello del Cagnolo che, quando non era impegnato in ufficio,  metteva la sedia sul marciapiede davanti alla porta, vi si sedeva a cavalcioni, con le braccia appoggiate allo schienale e  nel pomeriggio, se non si appisolava,  come passatempo osservava l’andirivieni delle persone.

Con lo sviluppo della motorizzazione, specie i giovani barrocciai si trasformarono in camionisti e mano mano i vecchi cessarono l’attività, l’ultimo fu Gnugnoli Marino, la Lega si trasformò in cooperativa di autotrasportatori, mentre le vecchie stalle del centro, erano già da tempo state trasformate. L’ufficio intanto  era stato trasferito in via Mazzini, nel palazzo dal Stiuptèr. La Cooperativa fu diretta per diversi anni da Danilo Odorici, che poi diventerà nel 1967 Sindaco di Castello e che, rieletto, manterrà tale  carica per vent’anni.

Benzinai (I Benzinèr)

            Neppure quello del benzinaio  è un negozio vero e proprio, né una bottega artigiana, ma è un servizio ormai storico, che ho ritenuto opportuno raccontare, tenuto conto che in tempi più recenti, nell’area del distributore sono state  inserite anche  altre prestazioni, come l’autolavaggio  e la vendita di prodotti per l’auto.

Man mano i castellani acquistavano l’automobile, si manifestò l’esigenza di avere il distributore di carburante e, secondo i criteri di allora, possibilmente comodo, quindi in paese. Le grandi società petrolifere straniere e qualcuna nostrana invasero il mercato italiano, quindi giunsero anche a Castello con i loro distributori, poi in anni recenti cambiò la normativa, trovarono che ce n’erano troppi, ne vendettero alcuni e ne soppressero altri. Non so chi fu ad aprire per primo a Castello, ma quelli più “comodi” che c’erano per esempio dopo la guerra, erano:

Bandini – era proprio in centro, perché era in via Manzoni sulla sinistra, prima del portichetto. Teneva pure il servizio di macchine a noleggio. Dopo la sua morte il distributore continuò a gestirlo la moglie fino a che non fu smantellato circa una trentina d’anni fa.  Negli anni ottanta, fu proprio lei la vittima di un brutto fattaccio di sangue, come dicono i giornalisti. La signora infatti fu aggredita in casa e uccisa a coltellate, senza che sia mai stato individuato il colpevole, nè il movente.

Casella (*) – Gestiva il distributore della Shell in via Mazzini, vicino a “I due portoni”, la cui gestione è stata tramandata dal padre Ugo al  figlio  Dino, e da questi alla figlia Dina, deceduta nel 2017. In virtù della riorganizzazione cui accenavo prima, è sparita la tettoia a conchiglia che contraddistigueva i distributori Shell (parola che in inglese vuol dire conchiglia), sostituita da altra e da nuovo logo.

Amorati – Dopo che nel 1933  fu aperta la nuova strada di viale Roma, nell’area in fondo a destra, fu impiantato il distributore della Esso che, almeno da quando mi ricordo, era gestito da Amorati e dai suoi familiari. Qualche decennio dopo la fine della guerra, fu arretrato più all’interno, rispetto alla posizione iniziale, quindi, fu  successivamente chiuso e quell’area in punta fra viale Roma e via Mazzini, non si capisce ancora come sarà utilizzata.

Le nuove leggi sulla sicurezza, come abbiamo visto, hanno stabilito che i distributori di carburanti debbano sorgere al di fuori dai centri abitati, per cui i nuovi impianti ora sono lungo la via Emilia.

Calzolai (I Calzulèr)

            A Castello c’erano dei bravi artigiani che facevano scarpe su misura e che, quando non avevano di meglio, eseguivano pure le riparazioni (risuolature, o solo cicchetti per le scarpe di chi poteva spendere poco). Durante la guerra, quando non si trovava il cuoio, vennero di moda le scarpe con la zeppa di sughero e la suola di gomma. Poi quando scarseggiò anche la gomma, si utilizzò quella dei copertoni usati da bicicletta. Sembra tracorso tanto tempo, ma questo riutilizzo delle cose povere l’ho rivisto in Marocco nel 1999 dove molte botteghe da calzolaio erano radunate in una stradina di Marrakésh e lì, con i copertoni vecchi da bicicletta, oltre alla suola delle scarpe facevano pure le tomaie dei sandali, nonchè i borselli. Ogni popolo, di necessità fa virtù! Quelli che chiamiamo del terzo mondo, per emergere stanno percorrendo molte delle nostre esperienze.

            Della caratteristica  bottega dei calzolai castellani ne ho parlato nel già citato testo di ricordi e ne sintetizzo solo alcuni aspetti. La sedia che utilizzavano per lavorare, aveva le gambe abbassate, perché lavoravano appoggiandosi la scarpa in grembo, per cui i piedi dovevano essere comodi a terra; il tavolino che tenevano di fronte, era altrettanto basso e nei diversi scomparti, c’erano i chiodi, la pece, lo spago, la cera da passare sullo spago, l’inferno per tingere di nero, le setole, i vari lucidi,  la lesina, il trincetto, il martello e le tenaglie.

 A terra c’era invece il piedino di ghisa, mentre su qualche mensola c’erano le forme da uomo e da donna sulle quali imbastivano le scarpe nuove. In un angolo c’erano diversi pezzi di cuoio di vario spessore, pezzi di gomma zigrinata per le suolature, un secchio d’acqua per bagnare il cuoio e le eventuali scarpe vecchie da risuolare. Attorno al banchetto c’erano ritagli di cuoio, di gomma, vecchi sottopiedi attorcigliati, soprattacchi e pezzi di suole vecchie divelti. L’odore del locale era poco gradevole per la presenza sia del cuoio che  delle scarpe da riparare, che puzzavano sgradevolmente di piedi sudati. 

Nel 1945, dopo la liberazione, i calzolai fondarono una cooperativa con laboratorio e negozio. Ricordo che vi lavorarono Pompeo Nardi, Vigna Augusto, Stupazzoni Mario, Ronchi Narciso e altri. Il laboratorio l’ebbero in viale Roma, in un magazzino della Coop. Muratori, che chiusero negli anni settanta. Del negozio, dove lavorava Guerrino Nardi, ne parlo a parte.

Tornando ai  vecchi calzolai che avevano bottega sulla strada, ricordo:

 Forgnoni Aldo, in piazza Acquaderni, di lato alla Romagnola  a cui subentrò per un paio di  decenni  Cavazza (della Magione), poi con lui la botteghina chiuse.

Bertocchi Gualtiero, in via Ugo Bassi- Andava anche a casa dei contadini per  eseguire le  varie riparazioni.

 Manzoni Giuseppe, nella strada omonima.

 Quarantén(non so il nome) in via Mazzini, verso Bologna.

Diversi altri, più vecchi, lavoravano in casa (Brusa Alberto, detto Bruciati, Magagnoli,  Lisnén e altri).

Canapini, cordarini (Gargiulèr e Curdarén)

            I gargiolai erano coloro che lavoravano la fibra grezza della canapa, mentre i cordarini erano coloro che fabbricavano la corda.

            La coltivazione della canapa e la successiva lavorazione erano due attività assai importanti dell’economia locale, che ho già trattato in altro testo così, per non ripetermi, ricorderò in quali locali svolgevano la loro attività nel periodo in cui ero bambina.  Questi locali, abolita la coltivazione della canapa e finite le rimanenze, furono chiusi. Purtroppo non so attribuire  ai luoghi i nomi dei vari artigiani che li gestivano.

            In via Ramazzotti c’era un magazzino in cui immagazzinavano la canapa già essiccata dopo la macerazione, prodotto che manteneva un fetore forte che perdurava   per alcuni mesi. Lì vi lavoravano la fibra grezza, che consisteva nello sbattere delle grosse manciate di fibre su un pettine di legno per assottigliarle e renderle atte alla successiva filatura.  Dopo decennni di chiusura, il locale è stato ristrutturato assieme a tutto l’edificio di cui faceva parte.

In piazza XX Settembre- sotto la torretta, c’era un altro magazzino-laboratorio, ma non so da quale canapino o cordarino fosse tenuto. Chiuse a seguito della ristrutturazione della torretta e, successivamente, lì aprì un negozio di abbigliamento da uomo, gestito da Marchetti.

In via Ugo Bassi- a destra, prima dell’incrocio con via Decumano, c’era un altro magazzino-laboratorio, credo gestito da Fantazzini, qui trasferitosi da via San Martino.

Fabbri  (I Fràb)

            Il fabbro è un altro dei mestieri artigianali più antichi, e alcuni di questi lavoratori erano dei veri e propri artisti. La loro presenza è talmente antica e importante tanto che, si legge sui libri di storia locale, nel 1316 il governo castellano fu assegnato proprio alla Corporazione dei Fabbri.

 La loro bottega aveva un’attrattiva particolare, per la presenza del fuoco e del mantice per tenerlo ravvivato, per il martellare ritmato sull’incudine e per lo sfrigolio prodotto dal ferro rovente, quando veniva immerso nell’acqua. Il fabbro lavorava spesso in canottiera, mostrando i possenti muscoli della braccia e il petto villoso e sudato. Quanta fatica per trasformare quel pezzetto di metallo in un oggetto d’arredo o in un attrezzo!  Una volta nella loro fucina si costruivano anche gli attrezzi che usavano i contadini, poi gradatamente le fabbriche iniziarono a immetterne sul mercato con prezzi accessibili e lentamente si ridusse il campo di intervento dei  fabbri artigiani, così il loro lavoro fu più di tutto indirizzato agli infissi e ad altri manufatti per l’edilizia. Man mano i vecchi fabbri chiusero bottega in paese, quelli più giovani si costruirono il capannone nella zona artigianale.

            Delle vecchie botteghe che c’erano in centro, ricordo quelle di:

Salieri Natale (1887-1966) in via dei Mille. Era un vero artista del ferro battuto, i cui lavori si possono ancora ammirare a Castello, come la cancellata nella chiesa del Crocefisso, i lampioni che ci sono al suo esterno, l’insegna dell’albergo Corona, alcune opere al Cimitero. Nella vetrina che dava sulla strada teneva in mostra gli oggetti artistici che costruiva, di cui ricordo quelli che più mi attrassero quando ero bambina: una grande mosca ad ali semiaperte, una lucertola,  delle rose con le reative foglie.

Molinari Mario,  aveva bottega anch’egli in via dei Mille, verso via Mazzini. Un suo bel lavoro è il cancello con tralci di vite, in via Matteotti, che dà accesso alla proprietà della nipote  signora Raimonda Raggi.

Bedosti, aveva bottega in via Ugo Bassi; vicino a lui lavorava pure il ramaio, Moreschini. Anche loro tenevano sulla strada paioli, calderine e oggetti vari, sia nuovi che in fase di riparazione.

Pizàn  (non so il cognome) – aveva bottega in via Marconi.

Dopo la guerra cominciarono a lavorare  assieme, in un piccolo capannone nel cortile di via Mazzini ovest, sul retro della palazzina di Rinaldi, i fabbri Gardenghi Gildo,  Bedosti Marino (al Russo) e Magrini Gildo e vi rimasero finchè non andarono in pensione. Succedettero loro  Monti  e Zirotti, con la ditta ZIMO, i quali trasferirono poi l’attività  nella zona artigianale.

Falegnami e affini  (I falegnàm)

Anche questa è un’arte di antiche tradizioni ed era presente in paese con alcune botteghe. I rumori del loro lavoro erano più lievi, rispetto a quelli prodotti dai fabbri. Quando il falegname lavorava, si sentiva il rumore della sega di quando accorciava le tavole, della pialla di quando le assottigliava,  e più soffuso ancora  quello della carta vetrata di quando  lisciava il lavoro semi finito.

 Ricordo che nonna a volte mi mandava da Cantelli a comprare un bidoncino di segatura o di trucioli. A volte in mezzo  alla segatura trovavo dei cubetti di legno levigato che poi usavo per giocare, mentre i trucioli servivano per accendere la legna nel camino. Con la segatura  mamma puliva i pavimenti di cotto che poi, una volta asciugatasi, metteva anche questa nel camino.

Entrare nella bottega del falegname si respirava un gradevole profumo di legno, diverso a seconda delle essenze che stava utilizzando. Era sempre piena di tavole appoggiate alle pareti e parti di lavoro iniziato da completare, o oggetti finiti, in attesa di consegna. Il falegname appoggiava il legno da lavorare a volte sul banco a volte su dei cavalletti, e in estate lavorava stando sulla soglia o anche fuori sulla strada. Costruiva infissi e mobili, botti e altre attrezzature in legno, come carriole, cassetti e sfrattone per i muratori, nonché spianatoie e taglieri per la casa.  Lavorava soprattutto ad incastro e l’uso dei chiodi era assai limitato, poi usava una colla particolare, detta appunto da falegname. Quando verniciava e lucidava i mobili, solitamente lo faceva stando  all’esterno della bottega, per assorbire di meno il gas che emanava la vernice, ed era interessante osservare come procedeva nella lavorazione. Una volta chiuse queste botteghe, i giovani  si spostarono nella zona artigianale. I falegnami usavano portare un grembiule beige chiaro (bartèn), quasi dello stesso colore del legno (Tino Casadio Loreti lo indossa tuttora). Il colore del grembiule caratterizzava il mestiere, in sostanza era una divisa.

Le vecchie botteghe dei falegnami che ricordo, erano:

Cantelli, in piazza Acquaderni, dove oggi c’è la saletta della  trattoria Romagnola.

Bergami (Picurnatta) – in via Ugo Bassi.

Gullini  (Mitta) (*) in via San Pietro, al quale è succeduto Tino Casadio Loreti  che ha tuttora il laboratorio attivo, sempre nella stessa bottega, con la stessa polvere antica di decenni, che più caratteristica di così non potrebbe essere.

Lenzi Aldo-  in via Volta, dopo il retrobottega ed Dintén.

Trocchi Pietro (Pirén Tròc) -, negli ultimi tempi aveva bottega in via Palestro, vicino alla montagnola, dedito soprattutto a costruire mobili, particolarmente di pregio, perché sapeva lavorare d’intarsio.

 Brugnoli (Chicolla) –  in via Mazzini, dalla parte verso Imola.

Bergami Alfredo (Freschi) –  aveva bottega nel cortile di Badiali.

Galanti Domenico (Al Bèlminghén)- aveva bottega nei pressi della curva di via Marconi.

Frascari Francesco – dopo aver lavorato per l’edilizia, negli ultimi anni di attività, si dedicò  particolarmente al restauro di mobili.

Calzolari padre e figli – Finita la guerra, avevano il laboratorio nel cortile dell’Arcata (fabbricato ex Sassi), poi si spostarono sul lato destro di via San Martino, nella parte senza portico. Dopo diversi anni i tre fratelli Sergio, Tino e Carlo, si trasferirono della zona artigianale.

Golinelli Pio eTito – Padre e figlio, anch’essi alcuni anni dopo la guerra, tennero il laboratorio sotto casa in viale Roma. Quando smisero,  la moglia Ada con la figlia Bruna, vi avviarono l’attività di lavasecco, attività che cessò lo scorso anno per l’improvviso decesso di Bruna.

Amorati Nando – aveva un’attività particolare: costruiva le bare (al càs da mort), e il suo laboratorio era in via Palestro, all’incrocio con via Ramazzotti. Gli succedette Mazzacurati e quando egli cessò l’attività, il laboratorio fu chiuso.

Vigna (L’Umarcén), faceva anche i manici in legno per gli ombrelli di tela cerata e aveva bottega in via  Mazzini, dalla parte verso Imola. Chiuse negli anni cinquanta.

Continuando  a parlare dei laboratori dove si lavorava in altro modo il legno, ne ricordo  due importanti:

La segheria di Parenti dove, nei locali di via dei Mille,  si preparavano  le traversine di quercia per l’appoggio dei binari della ferrovia, attività che è continuata anche diversi anni dopo la fine della guerra. I locali divennero poi dei negozi (Enoteca e negozio di kebab).

La segheria Badiali, in via Mazzini, dentro il cortile vicino alla chiesina dell’Annunziata, è stata attiva fin verso la fine del secolo scorso. I locali, debitamente ristrutturati furono poi occupati da una parrucchiera e da un’estetista; al posto di quest’ultima ora c’è un poli-ambulatorio.

Fornai  (I Furnèr)

            I fornai sono anch’essi degli artisti, basta elencare tutte le varie forme che sanno dare alla pasta del pane; si può affermare che in Italia abbiamo una vera cultura del pane. Qui da noi,  in base agli ingredienti, abbiamo: il pane comune, al latte, all’olio, salato e  insipido; in base al formato: barillino, baguette, carciofo, ciabatta, crocetta, esse, filoncino, montasù, pagnotta, ragnino, schioppo, schioppino, spiga, spoletta, spirù, toscano, altri di cui non so dire il nome,  i saporitissimi grissini e la crescente al forno, di antica tradizione.

Nell’economia povera dell’anteguerra, i fornai avevano un ruolo assai importante, perché il pane era alla base dell’alimentazione delle nostre genti e accompagnava ogni cibo. Lo si mangiava, non solo con il secondo, ma con la pasta, con le verdure, specie con la cipolla, e con la frutta. Come ora, i fornai erano artigiani e commercianti allo stesso tempo. Usava che nel laboratorio, le donne clienti nei giorni precedenti le festività, andassero a preparare i loro dolci nel pomeriggio, che poi il fornaio metteva a cuocere nel forno (ciambelle, raviole, biscotti). Quelle che invece facevano il pane in casa,  lo portavano al mattino per la cottura, ognuna avendovi impresso il proprio simbolo o stile, per non venire confuso al momento della riconsegna. Anche le lasagne e le carni, potevano essere portate al forno per la cottura.

La nonna mi prendeva con sé quando qualche giorno prima delle feste, andava da Melotti a fare la ciambella e le  raviole. C’erano alcuni tavoli, tanti padelloni neri, della polvere di farina, un gradevole profumo di pane, di dolci e un dolce tepore. Mentre lavoravano le donne chiacchieravano, scambiandosi consigli e ricette. Questo servizio continuò anche dopo la guerra, poi nei decenni successivi, le norme di igiene si fecero più rigorose e queste lavorazioni semi-collettive, gradualmente, non furono più possibili.

I forni d’allora erano:

Forno Pedini – In via Manzoni, fondato da Ruggero, poi continuato dagli eredi. Credo fosse il forno più vecchio, tramandatosi nell’ambito della stessa famiglia, che ha chiuso mi pare nel 2014. Qualche anno dopo la guerra, aveva aperto due rivendite di pane, pasta e biscotti: una sotto il portico dell’ex Credito Romagnolo gestita da Edmea,  figlia di Pedini, locale dove poi andò Venturoli, l’altra in Via Matteotti, dove oggi c’è l’Autoscuola, gestita dalla figlia minore, Giulietta. C’è chi si ricorda che un panino costava 4 centesimi.  Poi,  ristrutturato l’edificio di loro proprietà, furono chiuse le rivendite, ed i fratelli Pietro ed Edmea, gestirono con l’aiuto dei familiari, sia il forno che la rivendita attigua, in piazza Galilei. Pedini si era specializzato nella produzione di certosini e il nipote del fondatore, anch’egli Ruggero, ha poi impiantato un’attività industriale sempre di prodotti da forno,  nella zona artigianale.

Dove c’era il forno, ora c’è un mini market, che in pochi mesi ha già cambiato gestore (da Tuodì a CRAI).

Forno Gubellini (Gibilén)-  Era in via Matteotti, sotto il portico a destra  Ha chiuso negli anni novanta.  La copertura in ferro della buffa  sotto il portico, porta ancora inciso il loro nome.

C’è un aneddoto storico, collegato alla miseria di un tempo, e a una vecchia fornaia che qui aveva bottega, che mi  è stato raccontato da Giuseppe Casadio Loreti, a cui lo raccontò Alfredo Corvi (Fredino), uno dei protagonisti.

Quando Fredino era un ragazzetto, all’inizo del novecento, ci fu una manifestazione di popolo a Castello, per protestare contro l’alto prezzo del pane e la miseria in cui viveva la gente. Alcuni cittadini, presi dal bisogno ed esasperati, assaltarono i forni e si presero il pane. Alcuni di loro furono arrestati, fra cui Fredino e la sua mamma. Furono tutti rimandati a processo; i fornai capendo la situazione di quella povera gente si accordarono, e in tribunale dissero che il pane glielo avevano dato  spontaneamente. Uno di loro però non seguì questa linea. Quell’uno, era una fornaia che aveva il forno in via Vittorio Emanuele II, poi via Matteotti, quello che poi gestirà Gibilen. La fornaia disse invece che Fredino e la sua mamma erano andati dietro il banco, e il pane se l’erano preso di prepotenza.  A seguito di questa testimonianza, furono condannati e scontarono qualche mese di carcere. Da notare che quella mamma, nonostante la povertà, aveva adottato e allevato due bambini non suoi, presi dall’orfanatrofio (dai bastaerdén) per allattarli e poi tenuti con sé, uno  dei quali  era appunto Fredino.

Forno Loreti (*) – In via Manzoni, sulla sinistra a scendere dalla montagnola, subito fuori dal portico. Fu gestito da un erede del fondatore fino a una decina di anni fa, poi ha cambiato gestione ed ora c’è con Antonio, di cui conosco solo il nome. La rivendita è ancora in via Matteotti, prima della chiesa.

Tabellini (*) – Qualche anno dopo la guerra gestì il nuovo forno in via S.Martino, dopo l’incrocio con la piazzetta, forno che poi si sposterà su piazza Acquaderni, con la nuova gestione di Stanziani.

Forno Melotti  – Era in via Cavour a sinistra, in angolo dopo l’incrocio di via Volta. C’era allora un vecchio fabbricato ed il pavimento del negozio era sotto il livello stradale, per cui bisognava scendere alcuni gradini per entrare. Ricordo che era sempre presente nel forno, e spesso seduto sul banco cassa presso la vetrina, un grosso gatto in momentaneo riposo dalle sue mansioni, interessato a guardare la gente che passava sotto il portico. Era un attento cacciatore di topi, perché si sa che questi amano molto tali invitanti ambienti (c’è anche il detto: stèr cme un pundghén int  la faréina – stare come un topo nella farina). Peccato solo che gli attributi del gatto si appoggiassero sul banco! Ogni tanto la fornaia gli dava uno scappellotto per farlo scendere. Quando durante la guerra il pane era un genere razionato e per acquistarlo occorreva avere la tessera per ogni membro della famglia, da cui ogni giorno si staccava il relativo bollino di prelievo, Melotti se  ne aveva disponibilità, a certe famiglie numerose cercava di dare un poco di pane in più. Per una spiata fu scoperto, e il rigido rigore fascista,  gli fecer chiudere il forno per due mesi. Diversi anni dopo la guerra, Melotti lasciò il forno, e andò a lavorare come dipendente.

L’edificio fu poi acquistato da Pedini che ne fece progettare la demolizione e  ricostruzione ex novo. Dopo la ristrutturazione Pedini gestì il forno per un certo periodo, poi gli subentrarono come fornai i ferraresi Ferruzzi e Merighi che, in un secondo tempo, arretrarono con negozio e laboratorio nella parte di via Volta, per lasciare il posto a Canè per l’apertura della gioielleria.

Nel primo decennio del duemila venne improvvisamente a mancare Marisa, la fornaia, che era il motore dell’azienda e non molto tempo dopo,  la gestione  passò ad Antonio, che poi si trasferì in via Manzoni nell’ex forno Loreti. Il locale è stato chiuso per qualche anno, e attualmente ospita la Croce Rossa locale, dove vi vende abbigliamento usato. 

Forno della Schicca (*) – Era in via Mazzini, parte verso Imola, e la Schicca era una vecchia fornaia attiva dall’anteguerra, di cui non so il cognome.  Dopo di lei subentrò Landi  che mantenne l’attività per alcuni decenni. Dopo di lui la bottega è stata rinnovata ed ora è  gestita di due fornai Robby e Salvo, che hanno denominato il locale  “L’angolo del cuore”.

Panetteria Venturoli (*) – E’ sotto il portico dell’ex Credito Romagnolo. Fu aperta da Pedini, come rivendita  a cui subentrò Venturoli, dove a lato avviò anche il pastificio (che poi Ennio spostò nella zona artigianale sulla via Emilia). Dopo che Celsa, la moglie di Ennio andò in pensione, la panetteria-pasticceria  fu presa da Marina Dal Bagno che la gestisce tuttora. Il negozio si chiama “La Bottega”, ma sul muro esterno sopra le due vetrine ci sono rimaste le vecchie insegne: ”Fratelli Venturoli “ sopra una  e “ Panificio-Pastificio”sopra l’altra.

Infine, da oltre un decennio il forno Bacci di San Martino, ha aperto la panetteria in via Mazzini.

Forno Gardini – Era gestito dalla sorelle Gardini e dedicato alla produzione dei famosi savoiardi, dei quali riforniva l’allora Real Casa dei Savoia, come citava la sua carta intestata.  Ricordo quando il forno era in via San Martino, poco dopo l’incrocio con via Pietro Inviti, e il fornaio era Foresti (Becafurmai). Quando le sorelle cessarono l’attività, la passarono al nipote Edmondo Salieri, che impiantò il laboratorio in via dei Mille. Quando anch’egli cessò, vendette la ricetta a una persona di Ozzano, che dopo qualche tempo fallì. Così andò persa  la ricetta originale, o no (?)  Mi raccontavano che nel periodo fra le due guerre, le Gardini vendevano per un soldo, dei cartoccini con le briciole dei savoiardi, nonché i pezzeti di quelli che si erano rotti mentre li toglievano dallo stampino; l’iniziativa  era  particolarmente gradita ai bambini d’allora che, per via delle scarse risorse delle famiglie, facevano voglia di tante cose, e queste briciole erano una prelibatezza.  Il savoiardo è un biscotto che, dicono, sia di origine piemontese per cui una leggenda metropolitana racconta che le sorelle Gardini, molto religiose e legate alle Suore  della Immacolata (quelle di sopra), l’abbiano avuta da una suora piemontese che viveva in quel convento.

Fotografi (I Fotògraf)

            Questa è una delle arti più recenti, nata nella seconda metà dell’ottocento, per cui a Castello sarà arrivata qualche tempo dopo. Le foto pià vecchie dei miei familiari, ad esempio, risalgono alla fine degli anni dieci del novecento. Ricordo che nel 1941, la nonna mi accompagnò a fare la mia prima foto da Ferlini. Ero sui cinque anni, il fotografo mi fece mettere in posa, dopo avermi guardata bene da un lato e dall’altro, ma la cosa che mi preoccupò fu vedere che egli si nascondeva con la testa sotto un telo nero, poi fece balenare un lampo che mi abbagliò, ma visto che rimasi incolume, mi tranquillizzai e quando alcuni giorni dopo vidi la foto, ne fui molto contenta. Quanta strada ha fatto anche questo settore!  Dalla lastra, si è passati alla pellicola e dalla pellicola alla scheda elettronica: è stata una evoluzione-rivoluzione molto rapida e anche questo mestiere si è trasformato sia negli strumenti, che nella richiesta di prestazioni da parte della clientela.  Ora si mette tutto sul computer e le foto si guardano da lì, o sullo smartphone e molti non le portano nemmeno più a stampare.

Questi artigiani, nel loro archivio hanno avuto la storia del paese dal novecento in poi  con la documentazione  delle distruzioni della guerra, la modifica del panorama  (per lo sviluppo abitativo e industriale del paese), nonché i volti di tanti nostri vecchi concittadini e di personalità varie che qui erano venute per iniziative pubbliche, manifestazioni, feste, ecc.

            Delle vecchie botteghe di fotografo, ricordo:

Ferlini (*) – in via Matteotti, sotto l’ex Pretura, che poi dopo la guerra chiuse, per riaprire anni dopo  come ottico in piazza Galvani, a cui succedette Borzatta.

Prandini Almo (*) – lo storico fotografo di via Cavour – di cui continuò il lavoro il figlio Gianni sempre nella stessa bottega integrandola con l’attività di ottico;  ora è gestita dal nipote Davide.

Negrini Marino (Pila)– aveva bottega in piazza Galvani, attivo dopo la fine della guerra poi, dopo la sua scomparsa, fu tenuta per qualche anno dal figlio, che la spostò nell’edificio della Palazzina, per poi cessare  definitivamente l’attività.

Zaniboni Sandro (*) – aprì bottega a cavallo degli anni cinquanta-sessanta in via Palestro, vicino a Roncaglia, poi la trasferì in via Manzoni, dove attualmente è gestita dalla moglie e dal figlio Giacomo. Sandro, oltrechè fotografo, è stato anche musicista e organizzatore di alcuni spettacoli sulla vita locale di una volta.

Gelatai (I Zladèr)

      Intendo  quelli che producevano direttamente il prodotto da vendere. Allora quella del  gelataio  era un’attività stagionale, perché una volta i gelati si vendevano solo in estate. Fu una sorpresa quando, trovandomi a Mosca nel 1971 (era aprile e nevicava), vidi che i cornetti alla panna venivano venduti dagli ambulanti nelle stazioni della metropolitana! Poi, nei decenni successivi l’abitudine si diffuse anche in Italia, arrivò pure a Castello, e le migliori gelaterie cominciarono a lavorare tutto l’anno.

Era bello vedere la macchina, il cui pistone girando in tondo, lavorava il latte e le uova  amalgamando il tutto e, incorporandovi l’aria, faceva  gonfiare il prodotto che, a lavorazione finita, si manifestava nel denso gelato. Allora con i pochi soldi che c’erano si comprava il cornetto più piccolo con 10 lire, che poi per la stessa misura divennero 50, crescendo via via,  fino a diventare i 2,00 euro di oggi. Allora non c’erano tante qualità, c’era il gelato alla crema, alla cioccolata, alla nocciola, alla panna e al limone.

Di vecchi gelatai ricordo:

Ancarani, aveva bottega sotto il portico dell’ex Pretura (ex biblioteca di fronte alla chiesa) dove vi lavorava il padre con la figlia, poi con i figli maschi. Inoltre, si era organizzato con il caratteristico carrettino bianco a pedale e andava a vendere il gelato in campagna, e in paese quando nel mercato c’erano le giostre. Poi i figli si dedicarono al commercio ambulante e la gelateria fu ceduta per qualche anno da una signora,  poi chiuse definitivamente.

De Luigi (Ringhira), aveva bottega in via Mazzini, parte verso Bologna. Anche quella venne chiusa, quando egli si ritirò.

Il caffè della Nuova Italia, quando c’erano gli Annibali.

Giulietti Gustavo (*)  gestore del caffè della montagnola.

Poi alcuni bar iniziarono a comprare il gelato prodotto industrialmente, finchè a partire  dagli ultimi decenni del novecento, ci fu un ritorno alla produzione artigianale.  Iseppi aprì  la gelateria di viale Terme,  poi  aprì Glassè in via Mazzini e il gelato di Castello si arricchì di nuove gestioni, divenendo ora una specialità da richiamo.

Gestori di macchine agricole(Qui dal màchin)

            La meccanizzazione in agricoltura, cominciò con degli artigiani che acquistarono le grosse macchine, per prestare poi la loro opera ai contadini. All’inizio gestirono soprattutto i trattori e le macchine trebbiatrici. Ho trattato questo argomento nel testo: “C’era una volta…la gente di campagna”, per cui non mi dilungo oltre. Dove tenevano le macchine vi facevano anche manutenzione e riparazione, quindi erano  rimesse-officine.

Dei gestori  che avevano i locali in centro, ricordo:

I fratelli Soglia, che tennero le macchine nei locali di via S. Martino, vicino alla loro osteria, fin verso gli anni sessanta.

Armando….(di cui non so il cognome; lo conoscevo come il marito dell’Ernesta, la fruttivendola) aveva il magazzino-rimessa nella chiesa sconsacrata di San Francesco, e ciò fino al 1944 perché il fabbricato assieme a quelli vicini, furono tutti minati dai tedeschi. In quel luogo, dopo la ricostruzione, ora c’è l’ufficio postale.

Tubatu, è il soprannome, perchè di lui nè io né i miei consulenti ricordiamo né il cognome e nè dove aveva la rimessa.

Calvi, aveva la rimessa già fuori paese, in via Colombarina.

Poi, dopo gli anni sessanta, cominciò la grande rivoluzione del sistema produttivo in agricoltura: il trattore diventò strumento presente in quasi tutti i poderi,  per cui le aziende di gestione macchine perdettero delle occasione di lavoro in agricoltura, quindi si convertirono a servire anche il settore edile-stradale.

Istruttori di Scuola guida(Istrutòur ed Scola guida) (*)

            Non è questa un’attività artigianale, ma l’ho inserita perché la prima scuola era collocata in ex negozio.

            La motorizzazione procedeva velocemente e nel dopoguerra, anche a Castello si ebbe la scuola guida, per istruire e abilitare alla guida coloro che ambivano ad avere la patente. L’iniziativa l’ebbero i fratelli  Masi, Olga e Bruno. Poter fare il corso localmente fu un buon servizio per la comunità e dalla loro scuola passarono diverse centinaia di castellani.  L’ufficio inizialmente era in via Cavour a destra  poi, dopo diverso tempo, fu trasferito nel loro fabbricato in via Marconi, dov’è tuttora.

            Dopo molti anni aprì un’altra scuola, la Mabo  con ufficio in via Matteotti.

Lattonieri e vetrai  (I lantarnèr e vidrèr)

            I lattonieri erano gli artigiani che lavoravano in particolare la latta con la quale costruivano docce, pluviali, bandinelle e lucernai per l’edilizia (volendo anche in rame). Tenevano pure  vetri per gli infissi  e specchi, che tagliavano su misura. Ricordo:

Collina Leo (al Lantarnèr) e Monari Ercole –  avevano bottega in via Matteotti a destra, vicino alla montagnola. Quando cessarono l’attività, il locale fu usato come ufficio da un’agenzia turistica e poi dal genero di Leo, Buonfiglioli Gianni che vi spostò la cartoleria.

Fratelli Reggiani(*) lavoravano i manufatti nel cortile che stava sul retro della bottega di via Cavour, a sinistra a scendere dalla torre. Facevano pure gli idraulici e quando cessarono, subentrò Conti Luciano,  come idraulico e gestore del negozio.

Dopo la chiusura di queste botteghe artigiane, l’attività di lattoniere e vetraio si spostò  nella zona  artigianale.

Lavandaie e tintore(Lavandèri e tintàuri)

            Le lavandaie di una volta esercitavano il loro mestiere soprattutto al fiume, nel canale e nei cortili sotto casa nei mesi più freddi. Era un mestiere da fatica e portatore di malanni. Di loro ricordo la Giaréina, vecchia lavandaia dell’ospedale piegata in due dall’artrosi, e Tisa ed Curti. Alcune oltre a lavare, si offrivano anche per tingere i tessuti.  A quei tempi, specie in campagna, si filava e si tesseva pure in casa, per cui specialmente la lana veniva tinta per poi sferruzzare maglioni, sciarpe e scialli; certi abiti venivano rivoltati e, se ritinti in tonalità più scura, si realizzava qualcosa che sembrava nuovo, perché era ancora l’epoca in cui tutto doveva durare il più a lungo possibile. Nel palazzo ex Sassi, verso la camera mortuaria, esercitavano da molto tempo addietro alcuni tintori, tanto che la strada era denominata Via della Tintoria (la Strè dla Tinturì); è l’attuale via Silvio Pellico. In uno di quei laboratori ricordo d’esserci andata con nonna, da piccolina, alla fine degli anni trenta. C’erano  camino e fugona; nel paiolo bolliva qualcosa, perché sentivo il suo blo-blo, ma mi tennero lontana per timore che potessi scottarmi e, quindi tranne il nero delle pareti e questo paiolo in cui con un bastone muovevano qualcosa di scuro, non ricordo altro. Al tempo di guerra quei laboratori erano già chiusi.

            Poi, per lavare gli abiti più importanti o i tessuti più delicati, la tecnologia mise a disposizione le macchine per pulire a secco. Non so chi fosse per prima a inizire questa attività, ma ricordo che:

Grilli Matilde  – negli anni cinquanta  aveva la lavanderia in via Cavour a destra;

Giogoli e sua moglie  – l’avevano in piazza Galilei, vicino a Pedini.

Curti  Ada – l’avviò in viale Roma

Borzatta Pia – l’avviò in via Marconi

Poggi Patrizia – Grilli Roberta– l’avviarono in via Manzoni (dove c’era prima l’arrotino).

Dopo di loro ne hanno aperte altre, in centro e fuori, con specializzazioni diverse, nonché quelle fai da  te.

Quando  uscirono le lavatrici automatiche ad uso familiare, le vecchie lavandaie pian  piano persero il  lavoro e al fiume  non  andarono più, anche perché con l’estrazione della ghiaia, era diventato impraticabile.

Maniscalchi e  Sellai   (I Manischèlc e i Slèr)

            Questi sono due mestieri ora scomparsi.

            Quando si usava ancora il calesse, i barocciai erano numerosi e il cavallo aveva ancora la funzione traino dei mezzi di trasporto, c’era il maniscalco che  applicava i ferri ai suoi zoccoli, per proteggerli dall’usura. Poi, man mano l’uso dell’automobile, dei camioncini e dei camion si diffuse, il cavallo  andò in pensione, come pure il maniscalco; questo accadde qualche anno dopo la fine della guerra.

Con le grosse tenaglie andava prima tolto il ferro logoro ed i relativi chiodi.  Il nuovo ferro per essere applicato andava prima arroventato (ricorda il lavoro del fabbro) per cui, quando veniva messo sullo zoccolo, sprigionava un odore sgradevole di cotica bruciata che, unitamente allo sterco che l’animale abbandonava nei pressi, per un po’appestava tutta l’aria dei dintorni.

Gli ultimi maniscalchi furono:

Peggi (Pavaraza) aveva bottega all’inizio della vecchia via San Carlo, oggi via Gramsci

Bandini, aveva bottega in via dei Mille.

Il sellaio era l’artigiano che costruiva e riparava le selle e i finimenti necessari alla  bardatura dei cavalli da sella e da tiro. Questi furono gli ultimi due:

Castellari (il conte Scattula) aveva bottega in via dei Mille.

Casadio Loreti (Lungàn) – aveva bottega in via Mazzini, dopo il Tigrai.

Meccanici da biciclette(I Mecànic da biziclàtt)

            La bicicletta è stato il primo mezzo meccanico che ha facilitato lo spostamento della gente, specie per andare al lavoro. Penso ai braccianti e ai muratori che l’usavano per raggiungere i poderi dove erano chiamati a lavorare; penso ai contadini che, con la bicicletta acquisirono maggior autonomia per raggiungere il paese. Costava molto e per questo veniva tenuta con cura, soprattutto al rientro era portata in casa, sia che si stesse al piano terra, che al terzo piano, perché … era un oggetto  molto adocchiato dai ladri. C’erano già quelle da uomo, con il canone, e quelle da donna, senza. I copertoni avevano la camera d’aria che, quando si bucava, si sgonfiava e lasciava a piedi. Così, dopo averla smontata, la si metteva a bagno nell’acqua, per localizzare il foro, quindi si faceva il rappezzo, attaccandolo con il mastice. Poi con la pompa si provvedeva a rigonfiarla. La pompa era un accessorio sempre attaccato al telaio della bicicletta.. Le camere d’aria e i copertoni usati, venivano conservati per le riparazioni successive e per altri usi (ad esempio, la camera d’aria tagliata ad  anelli, si usava come elastico per tirare con la fionda, al tirén).  Il rappezzo, normalmente lo facevano gli uomini, altrimenti si ricorreva al meccanico al quale si facevano sistemare anche le altri parti mal funzionanti o incidentate.

Egli portava la tuta blu.

            La bottega del meccanico da biciclette era un misto di artigiano-commerciante, perché  vendeva pure le nuove e teneva il servizio di parcheggio, specie di lunedì quando tanti contadini venivano al mercato. Quel giorno davanti alla loro bottega e lungo il portico  c’era un vero assembramento di bici che poi, verso mezzogiorno, andava lentamente scemando. 

            Il ciclismo era, prima e specie dopo la guerra, uno sport attentamente seguito dalla nostra gente e c’era ovviamente il solito tifo, c’era chi teneva per Fausto Coppi e chi per Gino Bartali, con interminabili e accese discussioni durante il Giro d’Italia e il Tour de France. Addirittura, siccome Bartali dimostrava la sua fede cattolica, qui da noi si diceva: l’è un pipiàn (termine che la sinistra usava per  indicare gli aderenti al PPI – Partito Popolare Italiano- progenitore della Democrazia Cristiana); di converso, Coppi, che non esternava il suo pensiero al riguardo, era considerato uno di sinistra. Quindi, le tifoserie si differenziavano anche politicamente! Coloro che discutevano avevano un tono e una sicurezza d’opinione, come fossero tutti tecnici e direttori di gara provetti, come succede con il calcio. Anche in rapporto per chi si faceva il tifo, a volte dipendeva la scelta della marca di bicicletta da acquistare.

            Dei meccanici ce n’erano quindi diversi, ed è un’attività ora abbandonata, o quasi. Ricordo:

Carati e Tinti  avevano bottega in via Mazzini, parte verso Bologna.

Lorenzini – aveva bottega in via Mazzini, parte verso Imola.

Branchini – aveva bottega in via Mazzini, di fronte al Cagnolo.

Piana (Balòta)  aveva bottega in via Cavour.

Benassi–  aveva bottega in via Matteotti, nel vecchio edificio dove ora c’è il Jolly, poi si trasferì in via Manzoni.

Bortolotti Silvano, aveva bottega in via San Pietro, poi trasferendosi nella zona artigianale, acquisì la concessionaria  auto VW.  Nei locali di via San Pietro, aprì il negozio la sorella, di biancheria per la casa. Dopo che chiuse lei, aprì un negozio in cui si vendevano tende, che ha chiuso da poco.

Lelli Lorenzo, invece aveva l’officina da meccanico di motociclette in un locale di via Ugo Bassi a destra, prima dell’incrocio con via Decumano, occupando anche il piccolo cortile dell’edificio di proprietà della sua famiglia. Aveva la passione di correre in moto, ma non so in quale categoria competesse e con quali piazzamenti. L’officina l’aprì verso la fine degli anni  cinquanta-primi del sessanta e stette attiva per circa un decennio, poi chiuse, ma non ne conosco le motivazioni.

Meccanici d’auto  (I Mecànic d’automòbil)

            Il meccanico da automobili è un nuovo mestiere avviato tra fine ottocento e inizi del novecento dovuto  allo sviluppo dell’industria automobilistica, specie da parte della Fiat, dell’Alfa Romeo e delle altre fabbriche italiane.

Le prime officine si interessarono a un po’ di tutto, poi iniziò la specializzazione. Ci fu chi si dedicò ai motori, chi all’apparato elettrico, chi alle gomme, chi alla carrozzeria, per cui mi riesce difficile ricordarli tutti. Mi limito a citare  solo quelli che operavano in centro, perché molte officine sorsero poi nella zona artigianale.

            Le prime officine meccaniche furono:

Degli Esposti (Bisaca) – aveva bottega in via Dei Mille. Gli succedette Luigi Galli

(Gigén)  che vi lavorò fino agli anni ottanta, poi andò in pensione e chiuse.

Bazzoni Antonio – storico Concessionario Fiat – oltre alla vendita delle auto,  in via Mazzini aveva anche l’officina.  Tutta l’attività si trasferì poi nella zona artigianale, sulla via Emilia. Nei vecchi locali, ora c’è la Libreria Atlantide.

Dopo la guerra aprirono bottega:

Officina La Volante – di Arpini, Zacchi, Casagrande –  era in via Mazzini, verso l’incrocio con viale Roma.

Officina Roncaglia Otello – in via Mazzini, verso Bologna, ha cessato l’attività da una ventina d’anni e nei locali vi è subentrata un’agenzia di scommesse.

Un altro meccanico o elettrauto aveva l’officina nel cortile interno di Ramenghi, con accesso da via dei Mille (era Trocchi?).

Marmisti  (I Marmurén o marméssta)

            L’artigiano marmista era particolarmete dedito ad eseguire i lavori relativi alle tombe cimiteriali e all’edilizia civile. Poi le esigenze in entrambi i settori aumentarono e il laboratorio del vecchio artigiano ebbe bisogno di più spazio e di più lavoratori.

            In  centro storico c’erano:

Ulivi, era il marmista che fin verso la fine della guerra, ebbe bottega in via Matteotti, scendendo dalla Montagnola, a destra prima del portico.

Poi il laboratorio a servizio delle opere cimiteriali si spostò, con altro artigiano (di cui non ricordo il cognome) nell’area accanto al cementista Bortolotti, all’inizio di via Viara, a cui subentrò Cenni Gastone (Posero), che poi lo trasferì in via Palestro.  Molti anni dopo il figlio di Cenni, ha aperto l’ufficio a ridosso della mura del cimitero.

Come i muratori portavano il grembiale di tela bianca.

Mugnai (I Munér)

            E’ questo un dei mestieri che a Castello è scomparso, di cui ho già narrato qualcosa e per non ripetermi cito solo i titolari dei due mulini che funzionavano in paese.

Mugnaio del Mulino Cremonini, in via Marconi.

Mugnaio del Mulino Viaggi, in  angolo fra viale Roma e via dei Mille.

Entrambi i mulini cessarono l’attività e i fabbricati furono demoliti negli anni ottanta, per far posto a edifici civili.

Il vecchio mulino ad acqua che sorgeva alla Boldrina (tra l’ospedale e via Mazzini), era andato fuori uso già prima della guerra, poi fu bombardato e quindi, demoliti i ruderi, l’area fu convertita ad uso abitativo (il canale che parte dalla chiusa, fu costruito proprio per portare l’acqua a questo mulino; correva l’anno 1452. Ora non è più visibile, perché intubato sotto il viale delle Terme).

Parrucchiere(Al Paruchìri)

            A Castello questo mestiere iniziò al femminile, come parrucchiera,  e solo con Renato Curti negli anni cinquanta, si cominciò a parlare di parrucchiere al maschile. Fu una delle attività sviluppate anche presso l’abitazione, mentre dopo la guerra,  con bottega sulla strada ricordo:

Bernardi Carolina – in via Decumano. L’unico suo figlio Sauro morì ragazzino in un incidente stradale mentre guidava la Vespa, all’incrocio di via dei Mille. Era mio fratello di latte, come si diceva allora, perché la mia mamma lo allattò assieme a me, per qualche mese. Carolina chiuse bottega negli anni settanta.

Corvi Elvia – aveva bottega in via Cavour, a destra. Credo chiudesse quando si sposò Poi con la sorella gestì il Bar delle donne.

Ginevra (moglie di Luciano Cenni) (*), aveva bottega in via Matteotti, dopo il portico dell’ex Pretura, poi la spostò in piazzale Vittorio Veneto. Andando in pensione cedette l’attività e il locale è ancora utilizzato da una parrucchiera.

Renato Curti – fu il primo parrucchiere uomo e inizialmente lavorò nell’ex bottega del barbiere Villa, poi si trasferì nell’ex negozio di Malvina. L’attività fu poi continuata da suo cugino Ermanno. Ora è il locale di EB, negozio di abbigliamento.

Poi aprirono bottega le  giovani:

Conte Giustina (*) – Aveva bottega in via Cavour, a destra prima di via San Pietro, poi si trasferì in piazzale Dante; quindi nel locale subentrò Ines Ottavi, cui a sua volta  subentrò Marina, che vi lavora tuttora.

Gnugnoli Benedetta aveva bottega in via dei Mille e ha smesso da parecchi anni.

Naldi Lucia – aveva bottega in via Ugo Bassi a cui subentrò la sorella Enza, che ha cessato anche lei da molti anni.

Negli ultimi decenni aprirono altre botteghe e saloni tuttora in attività, che fanno parte del presente e che, essendo tante, non elenco per timore di  tralasciarne qualcuna.

Sfogline e pasta fresca(Spujéini e pasta frassca)

            Le donne castellane, da brave emiliane erano tutte maestre a fare la sfoglia, e quando la prima sfoglina aprì bottega, molte di loro pensarono che facesse un buco nell’acqua, perché c’era chi diceva: -“Chi ci andrà mai a comprare la pasta fresca qui da noi?”- Come spesso accade, la novità viene subito respinta.  Quelle brave casalinghe non tenevano conto che le giovani erano avviate a lavorare fuori casa, con minor tempo a disposizione, semmai con il piacere di continuare a mangiare secondo tradizione (e questo specialmente i loro mariti). L’attività, come suol dirsi, prese piede.

            Le prime furono:

Degli Esposti Tina- Fu la prima ad aprire bottega  nei primi anni sessanta, in un locale dove ora c’è la Banca di Bologna, e la continuò per alcuni anni.

Montefusco Gelsomina (*) – L’apertura del suo laboratorio in via San Martino, sotto il primo portico a sinistra,  suscitò ancora più dubbi, perchè la signora non era emiliana…. ma meridionale! Ha dimostrato che nella vita si impara! Ha cessato nel 2016, cedendo l’attività ad un’altra giovane signora di origine straniera, che continua  la tradizione di tagliatelle, tortellini, tortelloni, ecc.

Mimmi Nerio – Aveva bottega in via Palestro e le sfoglie con il mattarello le tirava  la moglie. L’ha gestita  assieme per alcuni decenni e chiusa alla fine degli anni novanta.

Durante la guerra, quando c’era la tessera e i generi alimentari scarseggiavano, ci fu chi si ingegnò a produrre su richiesta pasta fresca, senza uova, con la macchinetta-stampo di tipo casalingo. Ricordo che la nonna, quando metteva assieme un poco di farina,  ricorreva  a un’ artigiana improvvisata, sua conoscente.  La signora svolgeva quest’attività in casa, per cui faccio un’eccezione ad elencarla, ma la ricordo con piacere, in quanto fa parte della nostra storia; era:

Caprara Evelina  (Velina d Cavrèra) – Aveva uno stampo robusto, più grande di quello d’uso casalingo. Lavorava nella sua cucina, e siccome  occorreva lo spazio per stendere la pasta ad asciugare, per facilitare il lavoro era necessario prenotarsi. L’impasto si teneva molto solido, quindi girare la manovella era faticoso. Eravamo alla fine del 1943 o inizio 1944, per cui stando ben attento a ogni bussata alla porta sulla strada, a  volte l’aiutava suo figlio Otello Pedini che, come tanti altri giovani, avendo disertato da militare stava nascosto, perché non intendeva combattere nell’esercito repubblichino. Dopo la ricostruzione dell’edificio del Credito Romagnolo,  aprirono un laboratorio di  pasta fresca, con macchine adeguate:

I fratelli Venturoli  (Mulinèla) – a fianco della bottega che gestivano come rivendita del pane. Quindi: gramigna, spaghetti, maccheroni uscivano dalla macchina, e venivano stesi per l’asciugatura. Poi, come già accennato,  il figlio Ennio trasferì la lavorazione nella zona artigianale.

Tappezzieri(I Tapezìr)

Il primo tappezziere che imparai a conoscere, lavorava in casa ed era Umberto Sandri, che abitava sopra la trattoria della Romagnola. La mia mamma lavorava per lui a cucire la varie ricoperture di poltrone, divani e cuscini, nonchè le fodere dei materassi, perché Sandri faceva anche il materassaio. Mi piaceva odorare il profumo del cretonne, il robusto tessuto di cotone dal nome francese che usava per la tappezzeria,  stampato a disegni floreali multicolori. Poi anche questo mestiere scese  in bottega, sulla strada.

Nella seconda parte del novecento, non riesco ad essere più precisa, aprirono due  botteghe artigiane in paese :

Bellosi Giovanni – in via Mazzini, verso Bologna, che chiuse dopo qualche decennio, credo per motivi di salute.

Tabellini Dario – in via Matteotti a sinistra,  ha tenuto aperto fino agli ultimi mesi di vita. Aveva lavorato per diverso tempo a tappezzare gli interni delle barche da diporto. Si interessava di molte cose, è stato arbitro del tennis, rappresentante degli artigiani locali, curatore di mostre presso la sua bottega, e altro. Dopo qualche tempo dalla chiusura, il locale è stato affittato a negozio  (prima con prodotti alla lavanda, poi di altre cose; ora vi è una fioraia).

Tipografi (I Stampadòur)

            L’arte della stampa è molto antica, e dal 1454 quando Guttenberg la inventò, ha subito  delle notevoli innovazioni nel corso dei secoli, passando dai caratteri mobili, alla stampa con mezzi informatici. Il computer e le fotocopiatrici hanno in parte sosituito certi lavori che prima erano propri della tipografia e alcune aziende sono sorte adottando queste nuove tecnologie, per cui il vecchio mestiere del tipografo si è del tutto trasformato.

La prima tipografia castellana che io ricordo, credo risalga ai primi del novecento (non so se prima ce ne fosse stata altra):

Tipografia Conti –La fondò Alfiero, poi proseguì l’attività il figlio Eugenio (Avgèni). I locali erano sulla destra di via Cavour, dalla strada si sentiva il rumore delle macchine quando erano in funzione e si percepiva l’odore caratteristico dell’inchiostro. Dentro c’erano sempre a terra, negli angoli, dei mucchi di ritagli di carta di tutti i colori,  residuati dal taglio di blocchetti, volantini, ecc. Durante l’occupazione tedesca, Eugenio faceva finta di non vedere che il suo operaio Aldo Bersani stampava materiale per il Comitato di Liberazione; fortunatamente non fu mai scoperto. Quando Conti malandato in salute lasciò l’attività, gli subentrò Giuliano Civolani, e successivamente l’attività passò ai fratelli Cava, che poi spostarono il laboraorio nella zona artigianale. La seconda tipografia la impiantò, credo  negli anni settanta:

Lamberti Gianpietro – in via Matteotti, nei locali ora occupati dal Conad-Margherita; chiuse verso la fine del novecento.

Venditori di mobili (Qui ch’i vindéven i mòbil)

            Specie dopo la guerra diverse famiglie avendo perso la casa, erano anche rimaste senza mobilia, per cui per sistemarsi alla meglio, viste le scarse risorse finanziarie, ci fu chi ricorse all’acquisto di mobili usati. Altri, lo fecero per integrare la poca mobilia che possedevano. Per soddisfare queste necessità, c’erano due rivenditori:

Bedosti – aveva bottega in via San Martino a destra in angolo con piazza Acquaderni; cessò l’attività perché si trasferì in altro comune, tra la fine degli anni quaranta-inizio dei cinquanta. Il locale divenne dopo del tempo,  merceria mentre  oggi ospita il nuovo  negozio Galletti.

Castaldi Giannetto aveva anch’egli bottega cinquanta metri più sopra, sotto il portico, dove c’è la strozzatura della strada dietro l’abside della chiesa. Poi iniziò a vendere anche mobili nuovi. Credo chiudesse negli anni settanta. (Il locale divenne prima magazzino della mesticheria Bacchilega, poi ultimamente il suo punto vendita. E’ chiuso dall’inizio del 2017).

Leoni – Aveva bottega in Via Ugo Bassi a destra, prima dell’incrocio con via Decumano. Vi collaborava anche la sorella;  ha chiuso da diversi decenni.

Questi rivenditori di mobili erano anche falegnami in grado di sistemare ciò che nell’usato era da accomodare, per questo li ho inseriti fra gli artigiani.

Montroni Marino–  Aprì bottega parecchio tempo dopo la fine della guerra e vendeva mobili nuovi. Aveva bottega in via Matteotti a destra,  con il laboratorio da falegname sul retro. Poi si spostò nella zona artigianale. Dopo di lui, il locale lo occupò Lamberti con la tipografia, poi divenne l’attuale market.

In seguito, sorsero diverse fabbriche nella zona artigianale per soddisfare le varie  necessità di arredamento.

Le osterie, i caffè e le tabaccherie

(Ali ustarì, i cafà e al tabacherì)

Dopo aver ricordato le attività artigianali che una volta erano presenti a Castello e le successive modifiche e variazioni intevenute,  ora passo a ricordare le osterie, i caffè e i negozi che occupavano altri locali al piano terra dei fabbricati posti in centro al paese (sia dentro le mura, come si diceva ancora allora, sia nel borgo). Inizio sempre dalla montagnola, andando verso la torre, prima la via principale, poi le secondarie.

L’asterisco (*) indica quelli che esistono ancora.

Osterie e trattorie(Ali Ustarì e al traturì)

Le osterie erano i locali di aggregazione sociale di una volta (per gli uomini, naturalmente), dove si recavano alla sera, dopo il lavoro,  e dove vi trascorrevano molte ore delle giornate di riposo, o di quando i ìren a spàs, cioè quando erano disoccupati. Giocavano a carte, bevevano vino, che veniva servito  a bicchieri, a bottiglia o a litro nella classica vetro-misura. Parecchi ne uscivano sbronzi. Vi si parlava anche di politica, ma visti i tempi (quelli dell’era fascista) lo facevano con la debita attenzione a chi era presente.  Erano un po’ dei centri sociali. Col tempo, specie alcuni decenni dopo la fine della guerra, calò l’abitudine di ubriacarsi ed essendo le osterie particolarmente frequentate solo dagli anziani, perdettero gradatamente la loro missione perché i vecchi avventori, seppure a malincuore, lasciavano questo mondo. Venendo a mancare la clientela, alcune osterie si trasformarono in bar, trattorie, pizzerie ed altre  chiusero.

L’osteria era quella in cui c’era la sola mescita di vino e bevande, la trattoria dove c’era anche il servizio di cucina, la locanda dove si poteva anche alloggiare, cioè avevano  le camere per i clienti, e queste furono le progenitrici degli alberghi. Gli osti mettevano l’uva, come si diceva allora: cioè si approvvigionavano direttamente dell’uva dai contadini, ne curavano la mostatura, la spremitura delle vinacce e la successiva lavorazione di travaso, eccetera. Per cui al tempo della vendemmia, era normale sentire nei vari punti del paese, l’odore del mosto fermentato che usciva dalle cantine delle osterie ed essere attaccati da sciami di moscerini ubriachi e con la fregola di riprodursi. Poi sono cambiati gli usi, non tutti i giovani hanno continuato il mestiere dei padri, per cui, come già detto, molte osterie hanno chiuso e quelle rimaste si sono dedicate soprattutto alla ristorazione.

L’elenco che segue, di vecchie trattorie-locande ne conta ben 21. Di queste, quelle ancora aperte alla ristorazione e all’accoglienza alberghiera, ne sono rimaste 10.

Osteria-trattoria Maràz (*) – Era in via Matteotti – sotto il portico  a sinistra a scendere dalla montagnola – gestita da Dalfiume, detto Maràz, assieme alla moglie Jolanda ed ai figli Zeno e Renato.  Chiusa l’osteria, la famiglia  Dalfiume  aprì il ristorante in cima al Paese, mantenendo lo stesso nome. Poi quando si ritirarono dall’attività, il locale cambiò gestore ed ora è ristorante-pizzeria, conservando però il logo storico da Maràz. E’ anche locanda.

Osteria-trattoria  Forni (*) – Era in via Matteotti a la gestiva la famiglia omonima. Il vecchio Forni, era detto Pulocc’. Più sotto di qualche decina di metri rispetto alla precedente, in passato era detta anche Maraz ed satta. Dopo la scomparsa dei genitori, la trattoria fu gestita per alcuni anni dal figlio minore Sergio, poi venendo a mancare il tiro, chiuse.  Oggi il locale è trasformato in pub irlandese e anzichè il servizio di trattoria, serve birra e spuntini.

Osteria-trattoria del Sole – Era in via Matteotti,  fuori dal portico a sinistra, prima dell’ex Pretura, dove oggi c’e il negozio di abbigliamento. Penso fosse così chiamata, perché posta nella Contrada del Sole (la cuntrè dal Saul). L’ultima gestione fu tenuta da Merighi. Quando chiuse, il locale divenne un negozio di profumeria, gestito da Tiziana la figlia dell’oste, che poi la  sposterà sotto il portico di fronte.

Osteria-Trattoria  Bonetti (*) – Era in via Matteotti, sotto il portico a sinistra, dopo l’incrocio con via Decumano ed era gestita dalla famiglia Bonetti. Gli subentrò Stefano Parenti, che oggi gestisce la storica ferramenta, che la trasformò in “Cicceria”. Poi gli succedette Ramini e ora il locale prosegue l’attività con un altro gestore.

                       

Osteria-Trattoria  Soglia (*) – In via S.Martino a destra a scendere dalla montagnola, dopo l’incrocio con via Ramazzotti (nei primi decenni del novecento aveva anche il festino, dove si ballava).Era gestita dalla famiglia Soglia, a cui dopo la guerra subentrò Bandàn.  E’ stata chiusa per alcuni anni,  poi riaperta ha cambiato più di un gestore e denominazione; ora si chiama “Sapore antico”.

Osteria-Trattoria da JacménEra in via San Martino, angolo piazza Galilei, che solo dopo la guerra diventerà piazza Acquaderni. Fino verso la prima metà degli anni trenta era gestita  dall’Olghina, chiamata al diminutivo perché piccolina di statura, di cui non ricordo il cognome (che poi gestirà il piccolo negozio di cancelleria della Pippa). All’Olghina subentrò Giacomo Gordini (Jacmén), che la gestì assieme alla vecchia madre, che non sorrideva mai, mentre la moglie  continuò a fare l’insegnante elementare. Chiuse  alla fine degli anni cinquanta, inizio sessanta e dopo qualche tempo dalla  morte del figlio Goffredo, Jacmen si suicidò sparandosi, proprio sulla sua tomba.

Osteria Trattoria La Romagnola (*)- Era ed è in piazza Acquaderni, nell’edificio dove nacque il noto esponente cattolico Giovanni Acquaderni. Era gestita da Oreste Liverani e dalla moglie Norina, entrambi romagnoli. Quando loro decisero di ritirarsi dall’attività, la gestione passò a un altro Liverani e ai suoi figli, Raffaele e Giovanni, che tuttora vi operano. E’ rimasta una delle poche trattorie storiche castellane, nello stesso luogo, con lo stesso nome e continuità della famiglia. Nei mesi estivi, per rendere più confortevole l’accoglienza, viene montata una veranda sulla piazzetta.

Osteria della Coroncina – Era in via Pietro Inviti, in angolo con via Palestro. Da prima della guerra fu gestita dalla famiglia di Gnugnoli Leonardo (Nardo). Poi egli si dedicò alla costruzione delle candele per i motori degli aerei, e la gestione passò ad altri. L’ultimo gestore  che ricordo fu Domenico Trocchi detto Minghén Troch. Venne chiusa alla fine degli anni quaranta, inizio cinquanta.

Osteria-locanda dei Ponticelli – Era in via Manzoni, sotto il portico, a sinistra  scendendo dalla montagnola, dopo l’incrocio con vicolo Caselle. Una volta aveva anche il festino. Si ricorda ancora l’oste detto Pulinten.  Credo venisse chiusa negli anni cinquanta; i locali furono utilizzati da Benassi come officina per le biciclette, finchè tutto l’edificio venne ristrutturato. Oggi al piano terra vi è un ufficio.

Osteria da Nibàl –  Era sotto l’ultimo occhio di portico di via Manzoni, in angolo con via Volturno. Fu gestita per diverso tempo dalla mamma di Cenesi (detta la Nibàla). Fu chiusa anche questa negli anni cinquanta. Poi l’edificio fu ristrutturato e il locale sotto il portico,  dopo essere stato adibito ad ufficio di un’assicurazione, ospitò il bar Arnold, mentre ora è sede di un ufficio di pompe funebri.

Osteria-locanda La Palazzina – Era in fondo alla via Ugo Bassi, nell’edificio appunto detto la Palazzina. L’ingresso era dalla scaletta, dove oggi si accede alla rosticceria. Era gestita dalla Fonsa, la madre di Ubaldo Ronchi, poi dalla Pia (di cui non so il cognome). Con la ristrutturazione dell’edificio, la Pia si trasferì a Toscanella ed i locali cambiarono destinazione d’uso.

Osteria-trattoria Del Moro – Era in piazza Garibaldi, palazzo Sassi, poi con la ristrutturazione dell’edificio e diventando trattoria ristorante, si trasferì in via Cavour sulla parte destra. Nei suoi vecchi locali, ora  c’è la Santerno Viaggi. Se non ricordo male, l’insegna portava dipinto il volto di un uomo di colore, il moro appunto. L’ultimo gestore,  con la moglie Luisa,  andò poi a gestire il Bar della Piazza.

Osteria Il Giardino (*) –  Non sono sicura della vecchia denominazione.  E’ in via Cavour, sulla parte destra. Ha cambiato diverse gestioni, fra cui Lorenzini e Cimatti. Ora  si chiama Osteria del Borgo.

Osteria del Commercio (*) – In via Mazzini, angolo via Cavour, a destra. Era nota per essere l’osteria-ufficio dei facchini. Ha già cambiato diverse gestioni, specie in questi ultimi anni. Se non erro ora è un bar.

Osteria da Bernardina Rossi –  Era in via Mazzini, sotto il portico,  dalla parte verso Bologna, quasi di fronte al Tigrai. Dopo la guerra mi pare non abbia più riaperto.

Osteria da Benilde – Era in Via Mazzini tra il Commercio ed il Cagnolo, gestita da Benilde Soglia, moglie di Abdon Varignana. Chiuse all’epoca della guerra.

Osteria-trattoria Al Cagnolo – Era verso il  fondo di via Mazzini, sotto il portico. Era  una delle osterie storiche del paese, gestita dalla famiglia Rossi (Alfredo era il famoso Cagnolo), poi da suo figlio Nino. Dopo Rossi fu gestita dalla famiglia Brintazzoli per alcuni decenni.

Fu chiusa per ristrutturazione edilizia di tutto l’edificio, verso la fine degli anni novanta e quando Sergio Brintazzoli  (Billo) stava per riaprirla come trattoria, cambiò il suo  progetto per il futuro, e  si suicidò. L’osteria del Cagnolo era il secondo ufficio dei facchini.

Osteria locanda del Gallo (*) – Era un poco fuori dal Borgo, sulla via Mazzini, prima del ponte. Era anche questa una locanda storica, esistente da prima della guerra, poi trasferira in via della Repubblica fu per lunghi anni meta preferita dei commercianti di bestiame che dalla romagna andavano a Bologna poi , prima della costruzione dell’autostrada, sosta prefarita dai camionisti. I seguito fu trasformata in hotel ristorante dopo gli anni ottanta.

Osteria-locanda I due Portoni (*) – Sempre in via Mazzini, verso Imola, dalla parte opposta e più avanti rispetto al Cagnolo, è nel nuovo palazzo Casella. Anche questa fu un’osteria storica del paese, ora è gestita a ristorante. C’è una vecchia storia che risale all’epoca del brigantaggio (milleottocento) che narra come il brigante detto Maciàza avesse lì degli incontri amorosi e in virtù di una spiata, fosse poi catturato dalla polizia. Una leggenda metropolitana  racconta  che i briganti vi avessero nascosta, murata  fra i vecchi  muri, una pignatta di monete d’oro, e … prima della ricostruzione dell’edificio le avesse trovate il  proprietario signor Casella; fatto che naturalmente, egli ha sempre smentito. Le vicende che sanno di favola è sempre bello ascoltarle!

Osteria-locanda Al Tigrai – Era in via Mazzini a sinistra, all’incrocio con via dei Mille. Aveva la nomea di essere base per incontri amorosi (non sottilizziamo troppo sull’aggettivo!). Il nome Tigrai deriva da quello di una regione dell’Etiopia, ex colonia italiana in Africa, occupata negli anni 1935-1936. L’osteria credo sia stata chiusa negli anni settanta, poi  tutto l’edificio fu ristrutturato. …e addio al traplàn! Durante la guerra  era gestita dalla famiglia Landi, di cui ricordo la figlia Luciana, ragazza di costituzione robusta e di poca paura che riuscì perfino ad opporsi a un tedesco che cercava di farle violenza (episodio raccontato dalla signora Colombo).

Trattoria Mimma (*) – Era in via San Pietro, verso l’incrocio con via Silvio Pellico; era gestita dalla Mimma, sorella di Mariano il tabaccaio. Rimasta vedova del marito caduto in guerra,  chiuse quel locale e avviò la gestione di una nuova trattoria in via Curiel, quella che ora è la trattoria-pizzeria  Wilma.

Ho accennato che le locande furono le progenitrici degli alberghi, per cui finchè sono in questo capitolo, riporto qualche notizia su quelli del centro storico. Non sono a piano terra, ma sono in qualche modo stati collegati al sottostanti  caffè:

Albergo Corona (*), credo sia stato il primo a Castello a portare la denominazione di “albergo”,  dopo essere stata  locanda. Fra i gestori storici ricordo: Profeti e Pieri. Imponente è l’insegna con la grande corona in ferro battuto, fatta da Salieri, che sporge sulla via Mazzini.  

Al posto di questo edificio, nel medioevo sorgevano le case di Pietro di Bittino che ospitarono lo Studio di Bologna, cioè l’Università, dopo che nel 1338 Taddeo Pepoli venne eletto signore di Bologna. Il papa avignonese Benedetto XII, temendo che la città potesse sottrarsi al dominio della Chiesa, visti i torbidi che c’erano, la scomunicò e interdisse lo Studio. Passò poco tempo e il Papa fece la pace con Pepoli tanto che lo nominò suo vicario per Bologna e per il contado;  quindi lo Studio, dopo alcuni mesi, ritornò nella sua sede tradizionale, e Castello cessò di essere sede universitaria (lo era già stata nel 1306 a seguito di un’altra scomunica alla città di Bologna, da parte di papa Clemente V).

Albergo Nuova Italia–  Ho visto in una vecchia cartolina degli anni trenta che, sulla facciata  dell’edificio rivolta verso la torre porta la scritta Albergo Nuova Italia; quindi ritengo che fosse gestito dagli Annibali, assieme al caffè, però non conosco da quanto tempo fosse avviato. Quando i fratelli Boninsegna tra gli anni sessanta e settanta acquisirono il fabbricato, con la successiva ristrutturazione mantennero il caffè al piano terra e la parte superiore la destinarono tutta ad albergo, che gestirono fino all’inizio degli anni duemila.  Poi  l’edificio fu venduto e trasformato in appartamenti nel primo decennio del 2000.

A Castello l’attività alberghiera più consistente si viluppò poi nella zona di viale Terme, dove sono presenti altri locali di ristoro e alberghi e dove c’è pure l’importante presenza dell’istituto Alberghiero Bartolomeo Scappi.

 Caffè  (I Cafà)

I caffè furono i punti di aggregazione specialmente dei giovani. C’erano quelli particolarmente frequentati dai benestanti, quelli frequentati dai boletèri (cioè da coloro che avevano pochi soldi da spendere, ed erano spesso in bolletta), equelli frequentati dagli appassionati di calcio o di caccia.  Erano per i giovani, ciò che l’osteria era per gli anziani.

Allora tutti i caffè avevano una o più salette accanto a quella del banco, in cui era possibile sedere a tavolino, giocare a carte, leggere il giornale, conversare e in alcuni caffè giocare a biliardo. Specie dopo la guerra, cominciarono a chiamarsi bar, e alcuni assunsero nomi  in lingua inglese. Nel frattempo stavano cambiando le esigenze, e i vecchi caffè si trasformarono. Non stavano più aperti dal mattino presto fino a mezzanotte, perché i gestori non avevano più i famliari sufficienti per i turni di apertura poi, con la diffusione della televisione,  l’apparecchio entrò in ogni casa e la gente divenne più casalinga. Così, gli ex caffè, divenuti bar, non furono più locali di soggiorno, ma divennero locali di passaggio: si consumava e si usciva; alcuni si trasformarono in tavole calde.

Rilevo che, in questi ultimi tempi, qualcuno sta tentando di ritornare al vecchio sistema: anche se non tutti i giorni,  cerca di tenere aperto dopo cena; altri locali stanno riprendendo il nome di caffè, abbandonando quello di bar, in diversi tengono i tavolini sotto il portico.

L’elenco che segue, di quelli “vecchi” ne conta 12,  di cui 8 ancora aperti, ma non siamo rimasti senza, anzi,  dagli anni sessanta in poi ne hanno avviati  altri undici (sette nel vecchio centro: Bar Basket, Star Caffè, Caffè Europa, Caffè della Piazza, Bar Arnold, Bar della Posta, Caffè delle Donne che poi si è spostato in angolo con piazza Acquaderni;  quattro in  borgo: Caffetteria-Pasticceria Luna, Elio caffè, Fashion caffè, e Alibi Caffè), più quelli lungo viale Terme, di cui qualcun altro potrà raccontare. Di questi ultimi undici, dopo alcuni anni ha chiuso l’attività il bar Arnold e Alibi caffè (per cui ora, in centro tra vecchi e nuovi, se ne contano 17).

C’è stato un cambiamento nella clientela; ora specie i nuovi locali, accolgono una notevole clientela femminile, sia per la colazione del mattino che per altra consumazione durante la giornata. Alcuni hanno messo i tavolini sotto il portico, protetti da vetri e piante verso la strada, per creare un angolo accogliente alla sosta e alla conversazione, facendo a  gara con la pasticceria migliore. Ma alla sera alle venti, la maggioranza di questi sta già chiudendo.

Fatta questa premessa, i vecchi caffè che ricordo sono i seguenti:

Caffè della Montagnola (*) – caffè-gelateria, gestito da  prima della guerra da Giulietti Gustavo, posto sulla parte verso il giardino della montagnola. Dopo di lui ha cambiato diverse gestioni, fra cui Montevecchi, e Pippo Mondini. Ora si chiama bar Rialto; ha creato un’area esterna accogliente perché racchiusa da una veranda coperta.

Caffè Frascari (*) –  in via Matteotti, sotto il portico a destra a scendere dalla montagnola, era gestito fino nel primo dopoguerra dalla famiglia Frascari. poi fu trasformato  in bar-tavola calda. Ha cambiato tante gestioni e nome; proprio all’inizio di dicembre ha aperto una nuova gestione ed ha chiameto il locale Bistrot .

Caffè Marzocchi o Bar Sport – Era in via Matteotti, dove oggi c’è la profumeria Merighi. Storico caffè frequentato dai giovani con pochi soldi da spendere,  ai quali  il gestore Otello (vicesindaco socialista, nominato dopo la liberazione), dette ospitalità  con la  tolleranza di un  educatore. Le suore lo chiamavano il caffè del diavolo, perché quando passavano con le collegiali, i ragazzi si appostavano per fare loro i “tirini” o rivolgere  qualche battuta di spirito. Dopo Marzocchi, lo gestì Lazzari, poi cambiò gestione ancora e chiuse definitivamente negli anni ottanta.  Il locale ora ospita il negozio di profumeria-pelletteria delle sorelle Merighi.

Caffè Centrale – da Stangàtt – Era in via Matteotti a destra, scendendo sotto il portico,. Era anche questo un caffè storico, di cui ricordo il vecchio Stangatt che girava col bastone (la stangatta), e la figlia Maria, detta Mariulen ed Stangàtt, che era la mamma della prof.Enrichetta Giacometti, per molti anni preside della Scuola Media. Dopo di loro fu gestito da Pippo e Tullia Mondini, successivamente dai  fratelli Baccianti, poi da Nerini Alfredo (Bagaratta). E’ stato chiuso negli anni novanta. In questo caffè ci andavo qualche volta da bambina con  mamma e  nonna, quelle poche volte che si potevano permettere di prendere il caffè fuori di casa, quando c’era  Mariulen. Dopo che ha chiuso il caffè c’è stato il negozio della Benetton (Sisley), indi l’erboristeria Camomilla

Caffè dei Cacciatori (*) – In via Matteotti, dove prima c’era il negozio di Marchetti sotto il portico, oltre quello di Stangatt. Ha cambiato diverse gestioni, e nome (si è chiamato anche Caffè latino). Ora è gestito da cinesi e si chiama Caffè dei Portici.

Caffè della Palazzina (*) – In piazza Martiri Partigiani,  davanti alla stazione delle corriere, era particolarmente frequentato dalla borghesia locale e, dicono, da giocatori. Gestito dalla famiglia Ronchi e soprattutto da Libera, la moglie di Ubaldo, ha poi cambiato dopo di loro alcune  gestioni, perdendo la clientela tradizionale. Ora è gestito da cinesi.

Caffè Nuova Italia – Era nel bel fabbricato in angolo fra piazza dei Martiri e via Cavour, quindi sulla parte sinistra a scendere dalla torre. E’ stato anche questo un locale  storico, frequentato specie dalla borghesia locale. Anche qui c’era una saletta riservata al piano superiore per ospitare i giocatori; gli aneddoti già raccontati da altri sono diversi, specie riferiti alle visite improvvise dei carabinieri, sollecitati pare, dalle mogli dei giocatori perdenti. Sono note le baruffe che vi teneva Ciro Galvani, in polemica  con i più giovani, perchè parlavano solo di calcio. Dopo la lunga gestione degli Annibali, passò ai fratelli Boninsegna che lo tennero per alcuni decenni. I successivi passaggi l’hanno portato alla chiusura nel 2009. Dopo la ristrutturazione dell’edificio, nessuno si è proposto di riaprirlo, ed ora il locale ospita il negozio di abbigliamento Benetton.  Mi raccontò una volta il rag. Fernando Conti che egli ed alcuni amici erano soliti andare dopo pranzo al Caffè Nuova Italia e alla sera al caffè della Palazzina, così avevano modo di  confrontare e aggiornarsi sui diversi pettegolezzi  di giornata, semmai arricchiti di nuovi e più recenti dettagli ….e  il divertimento era  così assicurato !

Caffè Mongardi (Bertino)(*) – Se non ricordo male, era inizialmente in via Cavour, dopo vicolo Cul di Sacco, poi si trasferì in via Mazzini,  dove c’è l’attuale bar Aurora.

Caffè Corona (*) – E’ in via Mazzini, lato verso Bologna, alla fine del portico, all’ incrocio con via dei Mille. Ha cambiato diverse gestioni. Era il primo locale ad aprire alle cinque del mattino, perché posto sulla via Emilia e verso la strada che porta alla stazione ferroviaria e anche l’ultimo a chiudere alla notte. Negli ultimi tempi era frequentato da immigrati e da alcune persone note alla polizia; negli ultimi anni è stato chiuso tre volte dalla Questura, causa  le liti che vi si erano sviluppate. Ora al mattino poco dopo le otto, è invece il salotto di tanti anziani intenti a giocare a carte, contornati da un folto pubblico di spettatori, stando sotto il portico quando è caldo, o nella saletta  all’interno quando l’aria comincia a rinfrescare. Non conosco invece la frequentazione serale.

Bar-gelateria Modernissimo – Fu aperto da Ado Girotti (Palàn) negli anni sessanta, nell’edificio in angolo di via Cavour-via S.Pietro, dove ora c’è la pizzeria Mc Leod.

Caffè delle Donne (*) – In via Matteotti a sinistra, prima della torre. Ho già detto che una volta i caffè erano ambienti particolarmete frequentati dagli uomini, così Elvia  Corvi, una gentile signora  che abbiamo già incontrato come ex parrucchiera, ebbe la bella idea di aprire con la sorella un locale dedicato appunto alle donne. L’idea fu apprezzata e quando dopo molti anni lei cessò, l’attività continuò con un’altra signora, poi negli ultimi tempi è stata rilevata da Lama che, ristrutturando il locale, ne ha cambiato il nome in Bianco Caffè, sistemato i tavolini sotto il portico, dotandoli anche di una fonte di riscaldamento nel periodo invernale. Il Caffè delle Donne, si è trasferito in angolo con piazza Acquaderni, ma non è più riservato, perché  l’integrazione  di genere è avvenuta da un pezzo.

L’Unica – (*) -Inizialmente non era un bar, ma aveva anche dei prodotti da bar. Era questo un bel negozio che faceva parte di una catena con tale logo e vendeva prodotti dolciari: cioccolate, cioccolatini, confetti, caramelle, biscotti assortiti, the, caffè e l’occorrente per confezionare bomboniere e regali. Prima e dopo la guerra era gestito da una signora, di cui non ricordo il nome, dopo vi subentrò la sorella di Pippo Mondini, che iniziò a servire anche il caffè. Poi, rinnovato, il locale è stato adibito a bar;  ora si chiama  “Caffè pasticceria Luna” ed è molto frequentato.

Le tabaccherie-drogherie (Al tabacarì e al drugarì)

Questi negozi, oltre all’insegna dei sali e tabacchi, con indicato il numero della rivendita, in quanto vendevano prodotti di monopolio statale e valori bollati, esponevano all’esterno anche una tabella bianca smaltata, che indicava i principali prodotti di drogheria disponibli, ed elencava: olio di semi, olio di oliva, saponi. Con la campagna anti fumo condotta negli ultimi decenni, si è notevolmente ridotto il consumo del tabacco, poi sono stati liberalizzati gli altri generi di monopolio (reperibili quindi in altri negozi), di conseguenza per le tabaccherie si è ridotto il volume d’affari.  Siccome nel frattempo hanno chiuso sia il botteghino del Lotto, che le biglietterie della stazione ferroviaria e delle corriere, i tabaccai più intraprendenti si sono organizzati con i nuovi strumenti informatici,  per accettare le giocate al Lotto e altri giochi, per rilasciare i biglietti ferroviari, e anche allargando l’attività ad altri prodotti e servizi, come la pelletteria e il pagamento delle bollette.

Una volta il droghiere, come divisa,  indossava solitamente il grembiule nero, aveva comoda dietro le spalle la scansia con tutti i pacchetti delle sigarette,  dei fiammiferi e ben in vista le immancabili candele. Sono cambiate veramente molte cose!

Tabaccheria Tabellini (*) – Era in via Matteotti, angolo via Ramazzotti. Dopo la guerra il genero di Tabellini, che si chiamava Catullo, oltre a gestire un negozio di casalinghi  creò una filodrammatica, di cui era regista e che si esibiva al teatro della Vallona. Nella tabaccheria si sono succedute diverse gestioni, fra cui Alberici, che la trasformò  in bar-tabaccheria. Ora è  Tabaccheria-Wine-Bar Basket.

Tabaccheria-drogheria con edicola Babbina (*)- Era in via Matteotti, sotto il portico della Farmacia. Per il fatto che vendesse i giornali, il suo gestore era detto: al giurnalesta, creando così una bella confusione fra chi scriveva il giornale e chi lo vendeva (ma i castellani non erano i soli a fare questa confusione, perché ne parlò anche Enro Biagi in un suo libro). Questa tabaccheria teneva pure prodotti di cancelleria. Dopo la guerra fu gestita prima da Musiani e dalla sorella, poi da Abdon Varignana, da Nino Rossi dopo che ebbe lasciato il Cagnolo, quindi da Martoni. A questo punto, ci fu un cambio di negozio: la tabaccheria e l’oreficeria Galanti, si scambiarono il locale. Fu poi gestita da Naldi ed oggi ha ancora cambiato gestore, vende giornali, tabacchi, valori bollati e giocattoli. Quando la gestiva Musiani, per pubblicizzare i giornali e i rotocalchi, mise sotto il portico un tavolo con sopra tutte le riviste esposte in bella mostra, e l’addetto alla vendita era Claudio Brugnoli (al fiòl d Bubàn).

Tabaccheria Gurrieri Ginepri (*) – In via Matteotti a sinistra, prima dell’incrocio con via Decumano. Fu gestita prima della guerra da Maria Guerrieri, poi da lei e dal marito Ginepri. Dopo molti anni, a loro subentrò Marisa Merighi e quindi l’Emporio Galletti, che oltre alla tabaccheria, tiene valori bollati, gestione dei giochi,  pelletteria e bigiotteria.

Tabaccheria Bonetti – Era in via Matteotti, dopo la farmacia Sarti. Da giovane, Bonetti Fernando vi lavorò come commesso e, quando i vecchi proprietari si ritirarono, gli subentrò assieme alla moglie Eugenia. Fuori dal negozio, oltre alle insegne regolamentari,  in alto sopra la vetrina era collocata una grande pipa con la cannuccia ricurva, che fu rimossa quando fu ristrutturato il negozio. Nell’insegna posta sopra l’architrave dell’entrata c’è rimasto scritto che vi si vendeva “chinino di Stato”, il primo medicamento contro la malaria.  Questo dice già a quanto tempo indietro poteva risalire la bottega. Mi raccontava l’Eugenia che, quando si sposò con Fernando, il  padrone per regalo di nozze gli donò una stecca di sigarette. Quando si ritirò Nando, la tabaccheria fu gestita dalla figlia Alessandra e dal genero Bertocchi, quindi fu ceduta ad altra persona, ma nel 2016 ha chiuso. Era un negozio storico e vedere quella serranda abbassata mi mette tristezza. La famosa pipa l’ha conservata a casa la figlia Alessandra.

Tabaccheria Salvatori (*) – In via Cavour sotto il portico a sinistra. Era detta  l’Agozz, perché fino agli anni trenta, nel retro vi era il servizio d’arrotino. Era  famosa perché, oltre alla drogheria, gestiva unvasto assortimento di lane e cotoni per maglieria. Tostava pure il caffè e, quando metteva in funzione la tostatrice, il fumo e l’aroma che sprigionava si spargeva per tutto il paese. Era gestita dai due fratelli  Cesare (Zizarén) e Giovanni (Gianetto) e dalle rispettive mogli Cesira e Mariannina. Poi fu gestita da Franchi e ora da  un altro gestore, che l’ha chiamata “ Bottega Italiana”.

Tabaccheria Cavulli (*) – Era in via Mazzini, a destra verso Imola. Era anche questa un’istituzione quando era gestita dall’Anita Cavulli, detta la Pizinéina che,  per la sua bonomia era conosciuta da tutti.  Era una persona buona e disposta ad aiutare chi era in difficoltà.Oltre ai tabacchi e ai generi di drogheria, teneva le maschere e un cassone di vestiti da carnevale, che affittava per l’occasione.  Dopo il suo ritiro,  continuò la gestione Carmela, una ragazza che a suo tempo aveva adottato e che l’accudì fino alla fine dei suoi giorni. Poi invecchiò anche Carmela quindi cedette la gestione, ed il negozio venne rinnovato e ammodernato. Era una delle tabaccherie più vecchie di Castello, che aveva conservato le cose di una volta, come le prime vecchie cartoline e anche vecchie marche da bollo, perché non si poteva mai sapere….. Era un negozio che sapeva di storia. 

Tabaccheria da Fortuna e Mariano (*) – Era in via Mazzini, a sinistra verso Bologna. Fu gestita per tanti anni da Fortuna Brazzi e successivamente dal nipote Mariano Dallavalle, poi cambiò gestione ed è  tuttora attiva.

Drogheria Colombo  – In via Matteotti, sotto il portico a destra.   Era  solo drogheria, senza tabacchi, gestita dai coniugi Colombo, fino verso gli anni sessanta; teneva  prodotti di qualità e di nicchia.  Poi subentrò Orio Melloni e dopo di lui altri gestori, che poi l’hanno trasformata in bar; ora  è Caffè Europa, con tavolini collocati sotto il portico.

La signora Colombo, era una dolce e robusta signora che da giovane, avendo vissuto e studiato nella Svizzera tedesca conosceva quella lingua e,  durante l’occupazione, si prestò a fare da interprete tra il  Commisario Prefettizio in carica a Castello e il Comando tedesco, insediatosi in Comune. E’ molto interessante leggere le memorie che scrisse  in cui  raccontò le paure, i drammi e le difficoltà vissute dalla nostra gente in quei tragici anni dell’occupazione tedesca.

Negozi di soli generi alimentari

(Al butàig ch’al vindéven sàul dla roba da magnèr)

            Elenco in questa parte quelle botteghe che, almeno all’inizio, erano dedite alla sola  vendita di  prodotti alimentari. Poi sappiamo che il commercio si è evoluto e, chi più chi meno, i negozi hanno  allargato la gamma delle proposte.

Fruttivendoli(I Frutarù)

I vecchi fruttivendoli, erano anch’essi un’istituzione, come i macellai, erano conosciuti da tutti ed a loro volta essi conoscevano tutti, compreso i contadini e gli ortolani che portavano  loro i prodotti per il rifornimento del negozio. Poi, dotandosi dei mezzi di trasporto autonomo, alcuni di loro iniziarono a rifornirsi direttamente al mercato di Bologna. Allora cominciarono ad arrivare  le frutta esotiche e le primizie, ma questo un qualche tempo dopo la fine della guerra. Caratteristica di questi negozi, è l’esposizione all’esterno sotto il portico, delle  cassette piene di coloratissime frutta e verdure.

I fruttivendoli che avevano bottega prima della guerra e che hanno continuato anche dopo, che io ricordo, erano:

Le Bachine – Le sorelle Assunta e Caterina Baroncini  avevano il negozio in piazzetta Acquaderni. Verso la fine degli anni cinquanta,  cedettero l’attività a Renata Varani, attività che fu poi continuata dal figlio Sergio. Negli anni novanta, il negozio chiuse. Ora nello stesso locale vi si vendono i  telefonini.

Billa– Il negozio era in via Matteotti sulla sinistra, sotto l’ultimo  arco di portico, prima della torre. Era gestito da Giuseppe Poggi e dalla moglie Elena Ronzani. Cessò l’attività negli anni cinquanta ed al suo posto fu aperta la latteria, gestita da Bettina. Poi alla fine degli anni novanta chiuse anche la latteria ed ora vi è un negozio di orologeria-oreficeria.

Lina Pizzigotti – Era in via Cavour, sotto il portico, vicino a Dintén. Quando cessò, vi subentrò  un’altra signora  che lo gestì per diversi anni e chiuse definitivamente negli  anni sessanta.

Ernesta – (l’Arnèsta) Era in via Mazzini, a destra sotto il portico, verso Imola. Aveva preso in carico il negozio nel 1926, che prima era gestito dal padre. Lei cessò l’attività verso la metà degli anni cinquanta. Ci andavo da bambina a far spesa con la nonna, che con l’Ernesta  era molto in amicizia; ricordo che mi piaceva andarci perché, finchè nonna attendeva di essere servita, io mi sedevo su uno dei due muretti sotto il portico, che ci sono ancora e  delimitano il passaggio sulla strada, e mi divertivo a osservare il traffico della vecchia via Emilia e  le persone che passavano a piedi.  Armando, il marito dell’Ernesta, gestiva le macchine agricole.

Dopo la guerra aprirono i  nuovi negozi:

Coralli (*), in alto a sinistra di  via Matteotti, a cui subentrò Baroni Michele, che ha da poco ceduto l’attività a un altro gestore.

Bardi (*) con bottega accanto al Jolly;  ai genitori, succedette Vito con la moglie Franca che, pur con tutti gli acciacchi dell’età ne hanno continuato la gestione per tanti anni, però a fine 2017, anche Vito lascia. Pare gli subentrerà qualcun altro sempre con frutta e verdura.

Ragni  (*) con bottega vicino alla Farmacia Sarti, poi ceduta ad altro gestore;

Cristiani Flora –  aveva bottegain via Mazzini, lato verso Bologna, che tenne per alcuni decenni.

Pariani –  a sinistra in via Matteotti, collegato alla latteria. Dopo di lui il negozio continuò per diverso tempo, con altro gestore, chiudendo qualche anno fa. Poi il locale divenne negozio di biancheria per la casa e simili, ma anche questo ha chiuso a fine ottobre 2017.

L’Oasi di Pasotti – in via Cavour sulla destra. Dopo che Concetta e il marito hanno ceduto la gestione nei primi anni del duemila, il negozio ha continuato per un paio d’anni, poi ha definitivamente chiuso.

Granaglie(Al Granài)

Una volta queste botteghe erano in centro. Ora le granaglie, cioè i vari tipi di cereali e le sementi sono venduti nella zona artigianale, assieme a concimi,  fiori e altro. I vecchi negozianti erano:

Maggiorani – aveva negozio sotto l’ultimo portico di via Mazzini, verso Imola. Quando cessò, gli subentrò Cava, che poi chiuse  negli anni settanta.

Pasotti – Aveva bottega in via Cavour a destra vicino alla tipografia. Dopo il padre, continuò  la gestione la figlia e chiuse anche lei tra il settanta e l’ottanta.

Un altro negozio era in via Marconi, ma non  ricordo il cognome del gestore.

            C’era poi un’importante  struttura consortile a servizio dell’attività agricola, ed era il:

Consorrzio Agrario Provinciale. – Era una forma societaria che principalmente forniva ai contadini  sementi,  prodotti anticrittogamici, concimi e consulenza. Aveva il vecchio magazzino in angolo fra l’attuale piazza dei Martiri e via Oberdan, che tenne finchè l’edificio fu venduto (poi ristrutturato, al piano terra ospitò la Cooperativa Contadini, mentre attualmente c’è la Banca di Bologna).

Dopo che nel 1933 fu aperta la nuova via Roma, il Consorzio vi costruì la nuova sede locale, con uffici e  magazzino in  angolo  con l’attuale via Fratelli Cervi. Dopo la ristrutturazione del palazzo Marocci, per recuperare degli spazi spostò gli  uffici da viale Roma in via Cavour, dove  prima c’era la macelleria di Pistultén, mantenendo il magazzino sempre in viale Roma. Negli anni ottanta la Federconsorzi, struttura nazionale, cui aderivano i Consorzi Agrari Provinciali, ebbe delle gravi vicissitudini economico-finanziarie, che successivamente coinvolsero nel suo fallimento anche molti sui aderenti.  A seguito di questi eventi la struttura locale fu chiusa, il fabbricato di viale Roma venduto e trasformato in edificio di civile abitazione, con negozi al piano terra.

Lattai  e formaggiai (Latèr e furmajèr)

Prima della guerra, ed anche per molti anni dopo, il latte veniva venduto sfuso. C’era un lattaio che passava dai contadini a ritirarlo e poi lo distribuiva alle varie latterie.  Per il trasporto usava dei bidoni in ghisa a chiusura ermetica, mentre in negozio la lattaia (erano generalmente donne), lo vendeva attingendolo da una vasca smaltata bianca, posata sul banco. Aveva i misurini da un litro, mezzo litro ed un quarto. Inizialmente questi negozi vendevano  solo latte, poi pian piano introdussero alcuni prodotti caseari e dolciari. Con l’evolversi dei concetti di igiene, presero corpo anche da noi le centrali del latte e questo cominciò ad arrivare in pacchetti, poi nelle bottiglie di plastica, per cui si modificò la distribuzione e ancora di più questi negozi si  dovettero evolvere, e allargarono la gamma dei prodotti da vendere.

Le latterie che c’erano anche prima della guerra, non erano molte.  Ricordo:

Tattini Amelia – Tattini era il cognome del marito. La bottega era in via Matteotti a destra,  ed era sotto il livello stradale. Al rientro da militare, dopo la fine della guerra, suo marito rimase ucciso dallo scoppio di una residuato bellico e lei rimase con tre figli da allevare. Credo abbia chiuso l’attività negli anni ottanta. Il locale è stato poi occupato dall’Ottica Baroncini; attualmente vi è un ufficio immobiliare.

Tomba Faustina e Antonio – Era in via Matteotti a sinistra,  dopo il negozio  di casalinghi. Lei era la sorella di Gustavo Giulietti, lui il fratello di Cleto Tomba lo scultore ed anche lui scolpiva con la creta.  Hanno cessato l’attività negli anni sessanta.

In Borgo, ce n’era un’altra vicino al forno  Melotti, in via Cavour, ma non ricordo chi la gestiva. Dai primi anni cinquanta in poi ne aprirno alcune altre:

Maria Cerè, in via S.Martino a destra, dopo piazza Acquaderni, che poi ne ampliò l’attività con molti altri prodotti, e cessò negli anni ottanta.

Bianca – (non so il cognome) in via Mazzini, dopo l’Osteria del Commercio.

Bettina – aveva bottega dove prima c’era Billa, a sinistra di via Matteotti. Ha continuato la gestione per molti anni assieme a suo marito. La scomparsa di Federico ha pesato molto anche sul suo impegno in negozio e qualche anno dopo ha cessato l’attività. Bettina era anche lei  un’istituzione  per i tanti anni  di presenza nella stessa bottega ed è ancora ricordato l’ottimo squacquerone che vendeva, a cui dedicava un’attenta lavorazione, per mantenerlo morbido. Nel locale ora c’è l‘orologeria-gioielleria  “Oro più.”

Pariani (*)I genitori di Mauro aprirono la latteria a sinistra di via Matteotti, dopo la piazza Galilei, assieme all’adiacente negozio di frutta e verdura. Poi le due attività  furono separate e Mauro mantenne solo la latteria con i relativi prodotti caseari e dolciari, che ha ceduto alla fine del 2016. Ora la conduce una signora, e il negozio è soprattutto formaggeria.

Bondi F.lli (*) – La loro è una storia più antica. Il padre aveva iniziato a vendere il parmigiano (la faurma) come ambulante, ancor prima della guerra e come tale era sempre presente al mercato di Castello, dove aveva un’affezionata clientela. Il suo banco era proprio di fronte a dove successivamente aprì bottega. Lui e i figli si decisero a cessare l’attività ambulante ed aprire il negozio negli anni settanta. La bottega fu gestita dai due fratelli, poi ne rimase uno solo, aiutato dalla moglie.  Ora la gestisce  suo figlio Ugo.

Macellerie bovine (al Mazlarì buvéini)

Nelle macellerie, mi ha sempre impressionato l’enorme ceppo di quercia (la zoca), su cui era tagliata la carne, la serie di grandi coltelli, la mannaia, il pesante batticarne, monchè veder appeso alla rastrelliera gli animali, quando arrivavano dal  macello spaccati a metà, in attesa che finissero di colare il sangue. Solitamente il pavimento delle vecchie macellerie era rosso, proprio perché non si vedessero, anche dopo la pulitura, le macchie di sangue. Delle pesanti tende scure proteggevano la vetrina per tener il più possibile lontane mosche e vespe. I figli dei macellai, non hanno seguito le orme dei padri, i contadini hanno cessato di allevare le bestie per il lavoro, ci sono gli allevamente nelle grandi stalle, ma la maggior parte della carne che si consuma è d’importazione. Inoltre, i market locali  hanno iniziato a rifornire carne di ogni tipo, per cui le macellerie tradizionali sono andate via via scomparendo. Ce n’è rimasta solo una, quasi alla vecchia maniera. Ora la carne arriva al macellaio già in grandi pezzi, a seconda della sua richiesta e il mezzo bue attaccato alla rastrelliera non si vede più.

            I macellai anche allora indossavano la giacchetta e il grembiale bianco che, verso la fine della mattinata, era già pieno di macchie rosse; sul banco c’era sempre uno strofinaccio, ugualmente macchiato, sul quale si pulivano le mani. La carta gialla per fare i cartocci era appesa a un gancio dietro le loro spalle.

Sempre partendo da quelle che erano già aperte prima della guerra, ricordo:

Macelleria Rivalta – In via Matteotti, sotto il portico a destra, prima della Chiesa parrocchiale. Dopo la guerra la gestì Dalbagno. Nello stesso negozio, ora c’è un fotografo.

Macelleria Zucchini Marcello – In via Matteotti, sotto il portico a destra scendendo verso la torre. Dopo Zucchini, fu gestita da Celestino (non ricordo il cognome) e dalla moglie Giulietta Ribani. Fu chiusa all’inizio del duemila ed il locale fu abbinato al negozio di abbigliamento della  Benetton, ora fa parte dell’erboristeria.

Macelleria Santini (*) – In via Matteotti, a destra sotto il portico in angolo con via Pietro Inviti.  Dopo Santini, detto al Minèsster, la gestione fu assunta da Dalbagno, poi passò a Galli e ora a Davide Scalini, che ha chiamato il negozio “Il Portico”. A parte i supermercati  e la CLAI questa  è rimasta  l’unica bottega di sola macelleria, che venda carne fresca a banco di tutte le qualità (bovina, ovina e pollame).

Macelleria Matteucci – Era in angolo fra via Cavour e piazza Garibaldi. Era gestita da Umberto Matteucci, Pistultén, cui subentrò il figlio Lino (Linetto). Cessò l’attività verso la fine degli anni sessanta. Era la più bella macelleria di Castello. Il cancello che proteggeva la vetrata di accesso era in ferro battuto, fatto da Natale Salieri. Il banco del macellaio e quello della cassa erano in marmo bianco; portavano  inciso in rosso, la sagoma intera del bue  preso di profilo in quello del macellaio, e la sola testa in quello della cassa, perchè più piccolo. Di Matteucci ricordo la generosità e l’aiuto che dette a diverse persone, specialmente durante il periodo della guerra. Per nonna teneva da parte le ossa, con le quali faceva il brodo, perché della carne per la popolazione non ce n’era, quella era riservata ai tedeschi. Ricordo che quando Pistultén, usando il ferro ripassava con vigore il taglio al coltello prima di tagliare le bistecche, con la fantasia mi sembrava di vedere un incrocio di spade impegnate in un ardimentoso duello!

Macelleria Degli Esposti Pippo –  Detto anche Pippo dal mazèl.  Era in via Cavour,  sotto il portico, dopo la Nuova Italia. Credo abbia chiuso verso gli anni settanta.   Il negozio dovrebbe  essere quello  in cui vende le borse Andreotti.

Macelleria Farnè Mario (Dariàn)-Era in via Cavour, sotto il portico, prima dell’incrocio con via Volta.  Credo abbia chiuso  verso la fine degli anni sessanta. Sono famosi gli aneddoti su Dariàn, il più carino dei quali è il seguente, che ho già raccontato, ma che merita ripeterlo. Quando Dariàn rientrava dal macello, trainando il carretto rosso su cui trasportava la bestia macellata, prima di andare in bottega, era solito fermarsi al caffè della Nuova Italia a bere qualcosa, per ritemprarsi. Approfittando di questa sosta, una volta qualcuno degli amici pensò bene di fargli una burla. Sfilarono a Bertino Gabrielli, la Giesse (GS),  le stecche metalliche  che portava alle gambe per sostenersi, sulle quali infilarono un paio di scarpe,  le caricarono sul carretto e tornarono a stendervi sopra il telo, lasciando però penzolare le scarpe fuori dallo stesso e rivolte verso l’alto. Quando Dariàn uscì, si pose alle stanghe davanti al carretto, senza lontanamente supoporre cosa vi penzolasse dietro e si avviò alla sua bottega. Una donna si accorse di quel macabro trasporto e, pensando che sopra ci fosse un morto, stette quasi per svenire, ma Dariàn non si accorse neppure di questa. Arrivato davanti alla sua bottega, per scaricare  la bestia macellata, si portò dietro al carretto. Fu allora che vide il paio di scarpe penzolare ….  da cui cadevano pure gocce di sangue. A quella vista, preoccupato  tolse in fretta il telo che ricopriva la carne  e vi trovò lo scherzo, capendo subito da che parte era venuto.  In silenzio scaricò la sua carne, poi ritornò al macello, dove in un secchio raccolse le interiora puzzolenti, residuo della macellazione e…. vendetta, con grazia andò a scaricarle dentro la sala del caffè  Nuova Italia!

Dopo gli anni sessanta aprì la nuova macelleria Lino, di cui non ricordo il cognome, in piazza Vittorio Veneto. Per motivi di salute, ha chiuso da un paio d’anni. 

In via San Martino aprì, e chiuse una decina d’anni dopo, la macelleria  Sangiorgi.  In quel negozio poi andò  la pescheria di Linda Argentesi, che  tenne per diversi anni. Ora vi è il negozio delle chiavi.

Macelleria della“Bassa” – Questa macelleria aveva un’apertura saltuaria e trattava la vendita di carne bovina, di bassa qualità, in genere di animale  incidentato che era proibito vendere nelle macellerie ordinarie. Il veterinario comunale ne dava l’autorizzazione sanitaria e la carne veniva venduta a prezzo ridotto, cioè popolare. E purtroppo, dal tipo di clientela che vi si affollava  davanti, si capiva quante e quali erano le famiglie bisognose o più in difficoltà. All’epoca la carne era un consumo di lusso e per molti castellani, se andava bene, era mangiabile una  sola volta alla settimana (il lesso).

La macelleria attrezzata per la bassa, era in piazza Acquaderni, in angolo con via S.Martino, dove oggi si entra nel forno Stanziani, e veniva aperta solo per queste occasioni. Poi, i contadini non tenendo più le bestie per lavoro, e con lo spostamento della macellazione ai macelli centralizzati, questo commercio è cessato verso la fine degli anni  cinquanta, inizio anni sessanta.

Macellerie ovine (al Mazlarì dla pigra)

La tradizione castellana dell’allevamento e poi del consumo di carne ovina, è confermata  dal fatto che prima della guerra esistevano  ben tre macellerie nel centro storico,  dedicate solo a questo prodotto. Attualmente, che venda solo carne di pecora, c’è rimasta la macelleria Baldazzi. Queste carni sono ora vendute anche nella macelleria bovina e nei market locali. Le tre vecchie macellerie erano:

Macelleria Santucci –  in via Matteotti, a sinistra, di fronte alla chiesa, sotto  il portico dell’ex Pretura, e gestita da  Mario Santucci. Chiuse  a cavallo fra la fine degli anni cinquanta, inizio anni sessanta.

Macelleria Galavotti Luigi (Gigetto dla pigra) – in via Matteotti, sotto il portico a destra dopo l’incrocio con via Pietro Inviti, poi ceduta ad altro gestore, penso negli anni sessanta, e quindi chiusa all’inizio degli anni novanta. Il  negozio fu poi occupato dalla Gelateria Glassè, mentre ora ospita Ottica Inn.

Macelleria da Pippo (Pippo ed Minèl). Non ne ricordo il cognome. Erain via Cavour, sotto il portico a sinistra, vicino a Dariàn. E’ stata chiusa negli anni settanta ed il negozio  adibito ad altra attività.

Macelleria Baldazzi Renzo (*) – In via Mazzini, sotto il portico a destra, verso Imola. Credo abbia iniziato l’attività il papà di Renzo  nel dopoguerra. E’ l’unica macelleria ovina, che sia  rimasta dedicata solo a questo prodotto; ha una clientela affezionata che viene anche da fuori comune;  serve Feste e Sagre.

Macellerie equine (al Mazlarì dal cavàl)

La carne di cavallo è da sempre ritenuta particolarmente adatta per soggetti anemici e una volta a Castello avevamo una macelleria ad hoc. Ora questa carne, si trova nei supermercati.

Macelleria Cermasi Torquato (Al Cavalèr) –  Se non erro era in via Matteotti a sinistra,  vicino al  negozio di casalinghi.  Ha chiuso da moltissimi anni.

Macelleria Abanelli – Panciolino – Aprì la macelleria equina dopo che chiuse Cermasi ed ha cessato da alcuni decenni.

Salumerie  (al Salumerì)

Le salumerie castellane erano numerose ed hanno avuto sempre buona tradizione di qualità. Una volta per affettare  usavano il coltello, poi  le affettatrici manuali che furono attive per diverso tempo dopo la fine della guerra, finchè introdussero quelle elettriche. I modesti ritagli che risultavano dall’affettatura della mortadella e degli altri salumi, venivano diligentemente conservati e venduti poi a prezzo ribassato a chi aveva minori possibilità; erano i così detti stajòzz, che alcuni operai prendevano con sé per andare al lavoro e che, con un pezzo di  pane e una cipolla, servivano loro come pasto di mezzogiorno. Il  prosciutto era il prodotto di maggior pregio ed era anche allora molto caro. Non era un genere che potessero acquistare gli operai;  per esempio la prima volta che l’ho assaggiato avevo già nove anni, e avvenne quando la nonna riuscì ad avere un osso di gambuccio con un poco di prosciutto attaccato! Bisognava prenotarlo, perché le richieste  erano diverse e non ne vendevano tanto da averne iniziati otto o nove, come hanno oggi i nostri salumieri.

Inutile dire che al prosciutto non si toglieva tutto il grasso come si fa ora; quello che era tolto più vicino alla cotenna, veniva poi venduto assieme a quello di pulitura della  pancetta che, anche se un poco irrancidito, era utilizzato per fare la crescente al forno. Gli odori  che si percepivano in salumeria erano i più diversi: assai gradevoli quelli dei salumi insaccati, pancetta, lardo e  prosciutto;  forti  e assai sgradevoli in inverno, quelli del baccalà e delle arringhe che inpestavano il locale, con una scia puzzolente che si avvertiva anche dall’esterno. Anzi, a volte tenevano il  baccalà a bagno nella bacinella e il barilotto delle arringhe proprio fuori dal negozio, sotto il portico per non asfissiare i clienti che entravano in negozio! Diversi chili di arringhe erano collocate a raggera dentro una botticella scoperta per cui è evidente che l’olezzo fosse reale e non una smanceria di qualche nasino sofisticato!

Era d’uso che la lavorazione delle carni fosse fatta direttamente dal salumiere, poi man mano le industrie perfezionarono i loro processi produttivi, alcune  diventarono solo delle rivendite. Quelle attuali, oltre ai tradizionali salumi, propongono dei loro preparati di tipo casalingo, come cotolette, polpette, zucchine ripiene, svizzere, e soprattutto un ottimo ripieno per i  tortellini.

Il salumiere indossava, come ora,  giacchetta e grembiale bianco; la matita, allorchè usata per segnare man mano gli importi degli acquisti di ogni cliente,  gli ritornava sempre dietro l’orecchio destro.  Se a banco erano in più d’uno, ciascuno aveva il suo foglio di carta su cui segnava e barrava le cifre incassate. Nel cassetto vicino ai soldi, c’era il quaderno dalla copertina nera, in cui segnavano le  vendite  fatte a credito.  Oggi c’è il registratore di cassa. Le  salumierie che ricordo, erano:

Salumeria Montroni – Era in via Matteotti, sotto il portico a destra,  in angolo con via Ramazzotti. Dopo i Montroni  subentrarono i fratelli Marchetti che cessarono l’attività   quattro  o cinque anni fa. Nel locale subentrò una para-farmacia, che ha chiuso a maggio 2017.

Salumeria Grandi –  Era in via Matteotti, angolo piazza Acquaderni. Era gestita da Vittorio Grandi, inizialmente assieme alle sorelle. A lui subentrò Domenico, al Budgaren, e dopo questo la gestione passò a due ragazze, di cui non ricordo il cognome. Fu chiusa alla fine degli anni novanta, quinid il locale divenne negozio di abbigliamento per bambini; ora ospita il Caffè delle donne.

Salumeria Canè (*) – Era una delle più antiche del paese. Era in via Matteotti, sotto il portico a destra andando verso la torre, vicino a Gigetto dla Pigra. Ricordo il vecchio Pavlen,  a cui succedette il figlio Giulio con la moglie Elvira Galanti. Anche un figlio di Giulio lavorò in bottega, poi nel pulire un’affettatrice, si avviò il motore elettrico,  una mano gli andò sotto la lama e rimase mutilato. Per problemi  di carattere finanziario, la famiglia dovette vendere tutto il capitale, si trasferì altrove e l’attività fu ceduta ai fratelli Baldassarri verso la metà degli anni settanta e  questi, dopo averla gestita per una trentina d’anni, l’hanno ceduta  a tre giovani, che hanno chiamato il negozio “ Il castello dei sapori”.

Salumeria Marzocchi – Era gestita da Dante Marzocchi, detto Dinten. Era in via Cavour, sotto il portico a sinistra, in angolo con via Volta. Dopo Dinten  continuò l’attività uno  dei figli, poi fu definitivamente chiusa negli anni ottanta. Il negozio divenne  una profumeria, mentre ora è un ristorante specializzato nel servire il pesce.

Salumeria Ronchi Giovanni (Giuvanén) – Era in via Cavour, a sinistra, in angolo con via Mazzini verso Bologna. Credo sia stata chiusa negli anni settanta. Il locale ha avuto diversi utilizzi, ora ospita un negozio di telefonia.

CLAI (*)  E’ il negozio di una cooperativa di Imola società che, sorta dopo la guerra, si è progressivamente ingrandita, lavorando direttamente le carni insaccate e i prosciutti, aprendo altri punti vendita in Regione e oltre. Il negozio castellano è in via Matteotti a sinistra, è piccolo ma ha una notevole varietà di carni fresche (bovine,ovine, suine) salumi e prodotti pronti. Se non erro, il locale è quello che una volta gestiva la lattaia Faustina.

Salumeria Mezzetti – Aveva aperto bottega, mi pare alla metà degli anni sessanta,  in via San Martino in angolo con via Pietro Inviti, strada  secondaria e di minor passaggio. Il negozio resse per una ventina d’anni, poi Mezzetti andò in pensione e  chiuse. Il locale fu poi utilizzato da Paolo Stock per la vendita di capi d’abbigliamento, intimo e simili, aperto non tutti i giorni;  anche questo  chiuse definitivamente un paio d’anni fa. Ora vi è la sede del locale Partito Democratico.

I market (i Enpòri)

            La trasformazione intervenuta nel commercio, ha visto l’affermarsi dei market, dei super market e degli iper mercati, concentrando così in un solo locale, una vastissima gamma di prodotti (una volta si diceva emporio), dagli alimentari, ai prodotti per la persona, prodotti vari ed oggetti per la casa. Quindi, la spesa non si fa più solo a Castello, ma c’è chi va a Toscanella, a Imola, a Poggio,  cioè dove il prezzo è più conveniente.

La Coop di Consumo (*) Nei primi decenni del novecento ci fu la prima cooperativa di consumo, che fu poi chiusa all’epoca del fascismo. L’entrata al negozio di allora era sulla piazza del Comune nell’edificio centrale, preceduto da un cortiletto, oggi completamente ristrutturato. Sconfitto il fascismo, dopo la Liberazione si costituì la nuova Cooperativa di Consumo con due punti vendita: uno in via Matteotti, dopo la piazza, dove ora c’è il negozio di Canè, gestito da Naldi Tommaso, poi da Diana Baruzzi e uno in borgo in via Cavour a destra, gestito da Italo Poli. Allora erano negozi particolarmente incentrati sui prodotti alimentari e, come facevano anche molti bottegai, aiutavano i più poveri, con il credito di banco (la spesa veniva segnata e pagata, quando avrebbero avuto un po’ di soldi).

Con l’evoluzione del mercato, negli anni sessanta, la Coop procedette ad una ristrutturazione organizzativa, chiuse i due spacci e creò il primo market in via Cavour, nel locale dove c’era stato il cinema Nuova Italia (trasferito nel frattempo nel nuovo edificio in via Silvio Pellico). Lì vi stette alcuni anni, poi forse perché il negozio non era funzionale, chiuse credo alla fine degli anni sessanta.  Iniziarono i periodi delle fusioni societarie, e la nuova struttura cooperativa di Coop Adriatica, negli anni ottanta, dopo la definitiva chiusura dell’ombrellificio Sassi, acquisì una parte del fabbricato in viale Roma e aprì il nuovo super mercato, ben servito da parcheggio.  L’ampio spazio ha consentito di vendere non solo i generi alimentari;  vi si trova quasi di tutto e questo facilita la spesa di quelle persone che, per motivi di lavoro, hanno bisogno di impiegare il minor tempo possibile per gli acquisti ordinari, e avere particolari condizioni di sconto su i prodotti e il ristorno, se sono soci.

La Margherita-Conad  (*) –  fu aperto da Alberici negli anni  novanta, in via Matteotti, dove prima c’era la tipografia.  Dopo diversi anni, Alberici  cedette la gestione che continua tuttora..

Negozi non di alimentari

(Al butàig ch’al n vànnden brisa roba da magnèr)

            Questa è la parte più confusa della mia narrazione, per la diversità di tipologie,  per i molti passaggi e cambiamenti di gestione intervenuti. Inoltre, alcuni di questi locali erano gestiti da artigiani, per cui vi prego di non sottilizzare troppo sulla classificazione, ma di tener conto più della mia buona volontà e della mia memoria.

Abbigliamento e mercerie (Abigliamànt e marzarì)

Prima della guerra ed anche fin verso gli anni sessanta, l’abbigliamento era confezionato dalle sarte e dai sarti nei piccoli laboratori familiari. C’erano le sarte da donna, le pantalonaie, le camiciaie ed i sarti da uomo. Per cui c’erano diversi negozi di merceria, che tenevano stoffe, fodere, fusti, cotoni, bottoni e le altre finiture necessarie per il settore sartoria. Con la produzione industriale dell’abbigliamento, c’è stata una trasformazione anche per questi negozi. Le poche  sarte rimaste si dedicarono più che altro a lavorare per i negozi di abbigliameno (per accorciare, stringere e adattare gli abiti confezionati) e le mercerie allargarono il loro settore merceologico, tenendo delle confezioni accanto alla più ridotta merceria generica.

Le vecchie botteghe nate come mercerie  nell’ante-guerra, erano:

Merceria Molinari (*) – In via Matteotti a destra. Erano due sorelle, poi si divisero e le mercerie divennero due. Attualmente ne è rimasta una sola, gestita da Roberta Raggi, la figlia minore di Carolina. Mamma e figlia hanno promosso diversi corsi per trasmettere alle giovani di oggi la loro eccellente capacità di lavorare a maglia e di ricamare.

Merceria Mazzucchelli – Era in via Matteotti, a sinistra in angolo con la piazza. Dopo di loro, la gestì Luisa Zacchi e venne chiusa credo negli anni settanta. Poi il negozio ha cambiato diverse destinazioni d’uso.

Merceria Malvina – (*) – In via Matteotti a destra aveva negozio di merceria, da diversi anni prima della guerra, Malvina della quale non  ricordo il cognome, mentre ricordo il soprannome del marito, che era Sfalésster, cioè Scintilla. Teneva  anche  tessuti, con un assortimento di qualità, per cui  era considerato un negozio caro. Poi negli anni cinquanta cedette l’attività a Renato Curti, dove nel retro fece il laboratorio da parrucchiere, mentre nella parte negozio, subentrò sua moglie Diana, che  ampliò la parte profumeria ed iniziò la vendita di capi d’abbigliamento, attività poi ampliata quando entrò Bruna. Per primo lasciò Renato, a cui succedette il cugino Ermanno come parrucchiere, poi lasciò anche Diana, e  Bruna la moglie di Ermanno allargò l’assortimento con l’inserimento di capi confezionati prodotti da importanti case di moda. Quando Ermanno smise di fare il parrucchiere, tutto il negozio fu dedicato all’abbigliamento, tralasciando il comparto profumeria . Dopo la ristrutturazione dell’edificio, tutto il piano terra divenne il loro negozio, con la parte verso via San Martino, riservata all’abbigliamento maschile e seguita da Ermanno. Il negozio si chiama “EB”, lettere iniziali dei loro nomi.

(Ermanno, dopo che smise l’attività di parrucchiere, gestì per alcuni anni  un negozio di profumeria, poco sotto la Cicceria che poi cedette, per seguire la nuova parte dell’abbigliamento uomo, come abbiamo visto sopra. La profumeria è stata aperta per diversi anni, poi nel 2017 ha chiuso e  il locale  ora ospita un negozio di borsette).

Merceria Cremonini (*) Prima della guerra il negozio era sotto il portico del Credito Romagnolo. Poi si spostò in via Matteotti a destra prima dell’incrocio con via Pietro Inviti, era gestito da Maria Cremonini, poi le  subentrarono la nipote Vittoria e la figlia Gabriella.  E’ un negozio molto piccolo, dove la merce è sempre stata poco visibile,  ma  la capacità delle Cremonini era di saper trovare velocemente le cose richieste. Oltre alla vendita della merceria, vendevano borsette ed intimo; tenevano pure la macchinetta per ricoprire i bottoni, e si incaricavano di far rimagliare le sfilature delle calze di nylon (!). Quando, dopo Vittoria smise anche Gabriella, il negozio cambiò altre due gestioni. La signora che lo gestisce ora, lavora pure  da sarta.  

Merceria Ronzani Ines (*) – Era in via Cavour a sinistra, dopo l’angolo con via Cul di Sacco. Teneva anche le stoffe. Era la mamma della professoressa Enrichetta Giordani. Ines cessò l’attività negli anni cinquanta, poi il negozio cambiò gestione diverse volte. Divenne meno merceria e più negozio di intimo e maglieria. Negli anni novanta, durante i lavori di ristrutturazione, per  l’apertura di una nuova gestione, si sviluppò un incendio che distrusse tutto l’arredamento. Solo dopo alcuni anni di chiusura, il negozio fu riaperto proponendo confezioni di intimo. 

Altri negozi di solo abbigliamento furono aperti  dalla fine degli anni cinquanta in poi. Di questi, alcuni si sono spostati, qualcun altro invece ha chiuso. Credo che a un certo momento si siano trovati in troppi per il nostro territorio, perché il settore risente pure della tradizionale presenza del mercato del lunedì, e della nuova concorrenza degli Outlet, più o meno vicini. Per questo indicherò solo quelli che ricordo presenti da maggior tempo.

Marchetti – Fu il primo negozio dedicato all’abbigliamento maschile. Aprì dopo che fu ristrutturato l’edificio con la torretta nella piazza del Comune, dove  prima c’era un laboratorio-magazzino della canapa.  Dopo che chiuse Marchetti, i locali ospitarono il Bar della Piazza. 

Canè (*) – E’ in via Matteotti a sinistra, dopo la piazza del Comune. Credo abbia aperto all’inizio degli anni settanta e tratta  abbigliamento per entrambi i sessi.

Galletti (*) E’ stato per molti decenni sulla destra di via Cavour. Poi Galletti cedette la gestione, e anni dopo nel 2016 la nuova gerente trasferì il negozio in via San Martino, angolo piazza Acquaderni, mantenendo  lo stess logo “Galletti”.  I vecchi  locali ora ospitano gli uffici di  un’Associazione di volontariato.

Via Oberdan (*) – nella strada omonima, fu aperto negli anni ottanta dalla Gasperini che lo tenne per diverso tempo,  poi lo cedette.

Ross (*) – Quando negli anni ottanta fu ricostruito l’edificio in via Palestro, angolo via San Francesco, distrutto dalla guerra, vi aprì un ampio negozio di abbigliamento. Purtroppo, le strade secondarie del paese sono meno frequentate e forse quell’ubicazione non era la più favorevole; dopo una ventina d’anni, la gestione fu  trasferita in via Matteotti, nei locali dove prima c’era la profumeria Tiziana, e prima ancora la vecchia osteria del Sole. La superficie è più ridotta, ma le vetrine sono sotto gli occhi di tutti. Ross è  il logo attuale, e non ricordo se era lo stesso del precedente negozio.

Sisley (*) –  Il negozio in via Matteotti, occupò i locali del vecchio caffè ed Stangatt, vicino alle Cremonini; vendeva soprattutto abbigliamento giovanile. Dopo che nel primo decennio del duemila fu ristrutturato l’edificio della Nuova Italia, dove una volta c’era l’omonimo caffè, aprì un negozio Benetton, che incorporò  Sisley.  Nel posto lasciato vuoto vi si trasferi l’Erboristeria Camomilla, che prima era in via Cavour a destra.

Botteghino del Lotto

         Non era un negozio, però ugualmente vendeva qualcosa: l’illusione di poter mettere assieme qualche soldo, attraverso il gioco. Questo diminutivo del sostantivo bottega, declinato al maschile, indicava propriamente dove si poteva  fare una giocata al Lotto, il vecchio gioco  d’azzardo, a cui si affidava anche la povera gente, sempre sperando che… la ruota della fortuna una volta tanto girasse anche a suo favore!

L’origine del Lotto risale alla Repubblica marinara di Genova, quando nel 1634  decise di disciplinare le gare di commesse che si facevano per l’elezione del Senato e delle altre Magistrature cittadine. Fu presente anche in altri paesi europei, che poi l’abolirono, mentre in Italia rimase; fu sempre gestito dallo Stato, prima da  quello  Ponteficio e poi dal Regno  d‘Italia. Si giocano al massimo cinque numeri dall’1 al 90. Era tradizione che questi venissero estrapolati dai sogni fatti dal giocatore. Si diceva che i numeri più fortunati fossero quelli dettati in sogno da un defunto, altrimenti si ricercavano dal  racconto del sogno stesso, consultando la Smorfia. E’ questo il libro che deriva il suo nome da Morfeo, il dio pagano del sonno e naturalmente dei sogni.

A Castello il botteghino del Lotto era in via Mazzini, vicino alla tabaccheria dla Pizinéina. Poi da quando la statistica e il calcolo delle probabilità sono diventate una scienza popolare, i numeri, in carenza dei sogni si giocano anche in funzione del tempo trascorso dalla loro ultima uscita.

Il botteghino è chiuso da qualche decennio, e le giocate vengono effettuate in modo informatizzato, attraverso le tabaccherie autorizzate.

Ricordo il soprannome della signora che gestì per tanti anni il botteghino fin verso gli anni cinquanta, che era   l’Augusta ed Camàc’.

Caccia e pesca (Càzia e passca)

            E’ un settore un po’ particolare, sviluppatosi negli anni cinquanta quando la gente cominciò a cercare un  qualche passatempo (dovrei dire hobby?).  Zio Giorgio mi dice che le cartucce per andare a caccia, dopo che ritornò dalla prigionia in Germania, le comprava nel negozio di Marchetti (in via Matteotti, angolo Pietro Inviti), locale che poi ospitò il Caffè dei Cacciatori.

            Per la sola pesca c’era il vecchio negozio di Malossi, abbinato alla calzoleria (v.calzolerie)

            I negozi aperti dopo la guerra furono:

Conti Francesco (*) – in via Mazzini, dopo il Tigrai. E’ particolarmete noto perché Conti è un  armaiolo esperto e proprio per questa sua capacità di lavorare sulle armi, ha una clientela di cacciatori che viene da diverse parti della regione. Il suo locale è anche quotidiano  salotto buono di alcuni cinghialai che lì si ritrovano, per raccontare non solo dell’ultima battuta di caccia, ma per rivivere le immancabili scenette comiche che hanno coinvolto, a turno,  i numerosi componenti della squadra.

Marzocchi (al Stiuptèr o Sc’iuptèr) – Aveva negozio nel suo fabbricato di via Mazzini, dalla parte della chiesina dell’Annunziata. Il soprannome vuol dire: lo scioppettaio, cioè colui che costruisce e vende gli schioppi.  Il negozio chiuse a seguito della morte di Marzocchi, una ventina d’anni fa.

Nanni sport (*)  Feo aprì il negozio in piazza Galvani per la vendita dell’attrezzatura da pesca, poi ampliò l’attività con l’abbigliamento sportivo.  Ora è gestito dal figlio.

Calzolerie (al Calzularì)

Una volta, come abbiamo visto parlando dell’artigiano calzolaio, usava farsi fare le scarpe su misura, poi le fabbriche iniziarono a porre sul mercato il prodotto confezionato di tutte le misure, in modo da soddisfare le diverse esigenze.  Si può sintetizzare che allora i negozi proponevano la qualità migliore, il mercato quella più alla buona e quindi meno costosa.

In paese c’erano due negozi storici,  fin da prima della guerra, che erano:

Fratelli Bernardi –  in via Matteotti a destra sotto il portico, dopo il caffè Marzocchi.  Vi lavoravano i tre fratelli; credo abbia chiuso negli anni ottanta. Dopo la ristrutturazione dell’edificio, ora ospita un negozio di abbigliamento per bambini.

Malossi Michele (Malusén) – era in via Cavour a destra, ed ha chiuso dopo gli anni cinquanta. E’ quello che vendeva anche l’attrezzatura per la pesca.

Dopo la guerra, aprirono altri negozi:

Cooperativa Calzolai – Il negozio era in via Matteotti, dopo la merceria di Malvina, e gestito dallo storico commesso Guerrino Nardi. Qui capitò un fatto grave. Verso la fine degli anni quaranta, il socio Narciso Ronchi, durante una banale discussione, col trincetto aggredì Guerrino ferendolo al ventre. La cosa fece molto scalpore, specialmente conoscendo l’indole bonaria dell’aggredito. Narciso fu arrestato e scontò diversi anni di carcere. Guerrino guarì e riprese il suo lavoro. Passarono gli anni, i calzolai invecchiarono e la Cooperativa chiuse prima il laboratorio, e poi anche il negozio. Purtroppo Guerrino, a seguito di una forte depressione, dopo diversi anni che era in pensione si suicidò. Dopo la coop. il negozio  lo presero due signore  che lo rinnovarono sia come ambiente, che come qualità del prodotto. Lo chiamarono La stringa. Dopo di loro cambiò ancora gestione e come calzoleria ha chiuso alla fine del 2016. Nel locale, nel 2017 si è trasferito da via Decumano l’orafo di “Sorite”.

Neo ’71 (*) –  E’ in via Cavour a sinistra vicino a Reggiani, aperto negli anni  ottanta; è tuttora gestito da Licia Braghin.

Cappellerie (al Caplarì)

            Era abitudine, fin verso la metà del novecento di portare il cappello, e gli uomini  se lo toglievano  in segno di rispetto nel salutare una signora, cosa che faceva sorridere se  incontravano diverse conoscenti, una dietro l’altra, tanto che una canzoncina ironizzava dicendo:  …. e giù il cappello, e su il cappello! Per gli uomini usava sia quello a tesa, che il meno impegnativo berretto con la visiera, nonché  il basco.

Per le donne, era segno di distinzione indossarlo, specie per i matrimoni e per assistere alla messa domenicale. Intanto dopo la guerra era scomparsa la moda della veletta e il viso delle signore anche per la strada si cominciò a vedere scoperto. Le popolane,  in testa portavano solo il fazzoletto (la parola foulard, sarebbe venuta di moda diverso tempo dopo)  Ora le donne portano il cappello di lana o di pelo, oppure una cuffia,  per ripararsi dal freddo invernale, e qualche signora  lo porta per le cerimonie importanti.

               

Cappelleria Baldazzi – In via Matteotti a sinistra, prima dell’incrocio con via  Decumano. Fu gestita fin da prima della guerra, e per molti anni, dalla mamma dei fratelli Baldazzi, poi da Gianna la moglie di Italo, che ampiò l’attività con l’assortimento di pelletteria. Ha chiuso nei primi anni del duemila. Oggi il locale ospita l’oreficeria Sgarzi.

Cappelleria Ragni (Ragnén) –  Non sono sicura se questa fosse la sua prima collocazione, ma ricordo che subito dopo la guerra, era nel piccolo locale che c’è sotto la scala esterna del Cassero,  in piazza Galvani. Credo abbia chiuso negli anni settanta.

Carbonai (I Carbunèr)

            I carbonai di cui tratto erano i rivenditori  di carbone e non i montanari che lo producevano.

            Nei periodi estivi quando non si accendeva né il camino, né la stufa, si cucinava sul fornello a carbone per cui ci si approvvigionava dai carbonai che, oltre a vendere il carbon  dolce (quello di legna fatto dai ‘carbonai’ del nostro Appennino), vendevano anche il carbon cock per i primi impianti a termosifone, le palline di polvere di carbone pressata  e le crescenti di vinacce pressate ed essicate per scaldare i letti, nonchè la carbonella e le fascine di potature per accendere il camino o la stufa. Il carbone per il commercio al minuto (se ne comprava qualche chilo per volta), lo tenevano sfuso a terra e per venderlo, con il badile lo mettevano nel secchio, pesandolo sulla basculle, per cui è ovvio che le loro botteghe fossero nere, e di colore nero dovesse essere anche il grembiule che indossavano.

            Quando si propagò l’uso del fornello a gas, rifornito con la bombola,  e gli impianti di riscaldamento esistenti furono convertiti a gasolio, i carbonai cominciarono ad andare in pensione. Ricordo che tutte e tre le rivendite di carbone erano gestite inizialmente da donne, di cui conosco solo il cognome da sposate:

Roncaglia Adalgisa(Dalcisa) aveva bottega in via San Martino, era la moglie del corriere. Ricordo che quando nonna mi mandava a comprarne, e lei  non era presente in bottega (che naturalmente restava aperta),  le davo la voce dal cortile e, se stava facendo la sfoglia, dovevo attendere che avesse finito di tirarla.  Aveva ragione, perché tra il carbone e la farina c’è una bella differenza di colore e le tagliatelle non potevano venire bicolori!

Facchini Ida – Era la moglie di un impiegato comunale, aveva bottega in via Volta, in angolo fra due edifici. Quando cessò, passò l’attività a Bruno Serrattini, e quando andò in pensione anche lui, la bottega chiuse definitivamente.

Biondi Ida– aveva bottega in via Manzoni, dove teneva anche il deposito delle biciclette.

Cartolerie (al Cartularì)

             Questi negozi si sono affermati, specie dopo che l’istruzione è diventata obbligatoria, si sono sviluppati con l’avvio in paese di nuovi istituti scolastici e con l’aumentata  presenza di bambini in età scolare, nonché di nuove aziende sul territorio. Le cartolerie curavano anche la prenotazione e la vendita dei libri scolastici. Poi l’arrivo dell’informatica ha cambiato le esigenze specie negli uffici, e come per altri settori, anche questi negozi  hanno dovuto aggiornarsi e porre attenzione all’evolversi del mercato. Altre strutture si sono attivate, per esempio, con il servizio di prenotazione libri scolastici, come la Coop e la  Libreria Atlantide, per cui si è ampliata la concorrenza.

 Le cartolerie del centro,  oltre ai prodotti di cancelleria, vendevano pure giocattoli.

Cartoleria Giuseppina Galavotti (La Pippa) – Aveva il negozio nel primo edificio a destra di viaMatteotti, dove ora c’è la gelateria, in montagnola. Lo aprì negli anni trenta  e, per la vicinanza delle scuole, era  il negozio più rifornito ed attivo. Per noi bambini era un piacere curiosare davanti alla vetrina, specie quando metteva in mostra i giocattoli. Quando si ritirò dall’attività, nel negozio subentrò Gianni Buonfiglioli per diversi anni, poi lo spostò nel fabbricato di sotto (dove prima c’era il lattoniere), denominandolo Birobiglia. Quando anche Gianni si ritirò,  rimase la sua socia, poi  cambiò gestione fino a che,  nel luglio  2017 ha definitivamente chiuso, perché la signora da sola non riusciva e gestire tutta l’attività.

Così se n’è andato un altro pezzo di storia e di ricordi di quando eravamo bambini!

Cartoleria dell’Olghina – La Giuseppina Galavotti, forse per alleggerire il lavoro sul suo negozio, aprì una piccola succursale di cancelleria in via Matteotti, affidandola all’Olga, nel fabbricato di famiglia, vicino alla macelleria del fratello Gigetto. Credo fosse all’inizio degli anni cinquanta. Dopo che l’Olghina si sposò, lasciò la gestione. e vi subentrò l’Ancilla, che dopo qualche anno trasferendosi, lasciò il  negozietto, che rimase chiuso per diverso tempo. Ora è la vetrina piccola di Ottica Inn.

Cartoleria della Torre (*) – E’ in via Matteotti a sinistra, prima della torre, dove  per tanti anni c’èra stato  l’Ufficio postale. Qui si spostò l’Ancilla che tenne il negozio per molti anni. A lei subentrò Castellari, poi continuò Grandi, quindi cambiò ancora gestione. Oggi è rimasto l’unico negozio di cartoleria in centro.

Casalinghi  (i Negòzi ed casaléng) 

Anche questi, come altri tipi di negozi, hanno sempre avuto la concorrenza del mercato ambulante. Nel dopoguerra un altro elemento di concorenza era  dato da alcune aziende che, abbinando dei punti ai loro prodotti,  raggiunto un certo numero davano diritto a un servizio di piatti, di tazzine da caffè, da the, e via discorrendo. Mancando allora di molte cose, questa fu un’idea che soddisfece diverse esigenze, ma ovviamente non favorì i negozi locali.

C’erano due negozi storici in paese:

Giulietti (Al Sdazèr) – Era un bel negozio in via Matteotti a sinistra poco prima della torre. Passò dal babbo al figlio, poi morto in guerra, quindi fu gestito dalla nuora Antonietta e successivamente da suo figlio Ermanno. E’ stato chiuso all’inizio del 2010, dopo la morte di Ermanno e lo è tuttora. Aveva questo nome perché il vecchio Giulietti costruiva i setacci; lo faceva, specie in estate,  lavorando sotto il portico, davanti al suo negozio. Abbiamo già visto che per gli artigiani era normale lavorare all’esterno della bottega.

Tomba Lino (Tombolino) (*) – E’ anche questo in via Matteotti, dalla stessa parte  del precedente. Gestito prima dal padre Lino, che legato al cognome veniva abbreviato in Tombolino, poi dalla nuora e dal figlio; oggi  dalla loro figlia e  dal genero.

Dopo la guerra, ne fu aperto un altro in borgo in via Cavour, verso l’Annunziata gestito da Bortolotti. Fu chiuso alcuni decenni dopo.

Cinema (I Cìnnema)

            Anche i cinema non sono negozi, però in questi locali si vende ugualmente qualcosa, cioè si vende il divertimento, elemento di cui la gente di ogni tempo o età ha bisogno, per alleggerire il peso degli affanni quotidiani. Oltre a questo, il cinema ha rappresentato una grande novità culturale e ha dato un notevole contributo alla divulgazione, specie della conoscenza storica e sociale dei vari paesi del mondo, compreso il nostro. Poi, come per tutto ciò che riguarda il lavoro dell’uomo, c’è quello che riesce bene e quello no. Ricordo la sensazione di stupore che provai quando per la prima volta la mamma mi portò a vedere un film, fu un’esperienza bellissima! Mi riuscì però difficile capire come, dal quel fascio di luce che usciva dalla piccola finestrella in alto sulla parete dietro le mie spalle, si generassero  le immagini in movimemto sullo schermo bianco!

            All’epoca del fascismo, e a guerra iniziata, ogni proiezione era preceduta  dal Film Luce, un cine-giornale, allora inneggiante alle  battaglie, al valore eroico delle varie forze armate, al prodigarsi del Duce per  accrescere la  gloria della nostra nazione, e garantirle  un posto al sole, nonché altre immagini della famiglia reale e dell’amico Hitler. Immagini di propaganda del regime che giungevano sempre qualche settimana dopo, essendo Castello un piccolo paese di provincia.

            Dopo la guerra, cambiò la musica e il cine-giornale fu “La Settimana Incom” che si presentava con il volto del Davide di Michelangelo;  mostrava i partecipanti ai vari consessi politici nazionali, con particolare riguardo a evidenziare le personalità democristiane che arrivavano a inaugurare questo e quello… Da non dimenticare che c’era ancora la censura, “esercitata dalle autorità di polizia, allo scopo di impedire la diffusione di notizie nocive per l’ordine costituito o contrarie al buon costume” (dall’Enciclopedia Garzanti); per questo molti film, avevano delle scene tagliate, mentre  altri invece erano vietati ai minori di 14 anni; anche se non era nell’intento dei censori, in questo modo cresceva l’interesse per assistere alla proiezione!  Spesso, a seconda del soggetto che trattava il film, si sviluppavano fra il pubblico emozioni o reazioni diverse, e di frequente c’era chi esternava la sua diretta partecipazione, con scenette da teatro comico.

            I film d’amore quando degeneravano in tragedia (i famosi piangerai con Amedeo Nazzari e Ivonne Sanson), vedevano  la partecipazione attiva del pubblico femminile alle disgrazie della protagonista o del suo bambino e quindi molte spettatrici si commuovevano ed uscivano poi dalla sala con gli occhi rossi e il fazzoletto in mano.  C’era una signora che, quando nel film  un uomo infieriva con cattiveria su una donna inerme, tanto si era immedesimata, esplodeva a voce alta, incitando la protagonista al grido di: – Amàzel! – (Ammazzalo!). 

Invece quando c’era un  film in cui la cavalleria  arrivava  di gran carriera  a salvare gli assediati, con la musica che sottolineava la corsa sfrenata dei cavalli, diversi ragazzi del pubblico partecipavano alla cavalcata, sobbalzando sulle sedie, come fossero in sella, al grido consolatorio di: –L’ariva i nuster! –  (Arrivano i nostri !), a volte accolti da battimani. C’erano poi le coppiette che nelle sere di minor affollamento, si mettevano isolate nelle ultime file, sulle sedie esterne verso la parete,  perché avevano altri “interessi”oltre che seguire il film. C’era però spesso qualche curioso che le teneva d’occhio e poi relazionava agli amici nel caffè!

Come avrete ben capito, una volta andando al cinema, si poteva assistere ad un doppio spettacolo.  Poi l’arrivo della televisione, gradatamente ha sottratto gli spettatori al cinema, e questo è accaduto in tutto il paese per cui le sale cinematografiche sono andate in declino e molte hanno chiuso, altre si sono convertite in multi sale in modo da offrire diversi tipi di film in contemporanea.

I ragazzini ambivano andare a “stracciare i biglietti” a chi entrava, perché così avevano  modo di vedere il film gratuitamente, ma i gestori con questa mansione davano soddisfazione a qualche ragazzo in difficoltà. Le locandine pubblicitarie e le foto di alcune scene dei film in proiezione nella giornata, erano attaccate sotto il voltone della torre del Cassero, protette così dalle intemperie. 

I locali di Castello da uno, arrivarono  a tre nel dopoguerra, e un poco di concorrenza fu positivo, perché contribuì ad  elevare il livello qualitativo dei film in programma.

Cinema teatro BIOS – Già il nome era tutto un programma, perché era l’acronimo di: Bisogna Intervenire Ogni Sera. Era in via San Pietro, a destra, sull’area dell’antica omonima chiesa. Da circa la metà degli anni trenta, il cinema lo gestì sempre  Augusto Guidi (detto il Mago), fino alla chiusura negli anni ottanta. Era anche teatro, perché aveva palcoscenico, quinte e camerini. Oltre al cinema vi furono rappresentate operette, riviste e spettacoli di arte varia.

Durante la seconda  guerra mondiale (non so la data esatta, ma era di sicuro dopo l’8 settembre 1943, perché c’erano già i tedeschi, forse verso la fine anno o all’inizio del ‘44), i fascisti vi avevano organizzato una serata in cui erano ospiti anche loro camerati provenienti da fuori paese e mi dicono, anche dei tedeschi; nel corso dello spettacolo all’interno del locale,  verso il palco a sinistra, scoppiò un ordigno, che si presume vi fosse stato nascosto in precedenza. Rimasero feriti,  alcuni di coloro che sedevano nelle prime file, fra cui si racconta,  in modo grave il figlio dell’ex podestà Lenzi. Come si può ben capire la cosa creò molto scompiglio, ma non si è mai saputo chi avesse organizzato l’attentato.  Ovviamente, viste le difficoltà e i rischi,   Guidi  sospese l’attività del cinema. Il Bios fu poi sgombrato dalle sedie, e per il restante periodo dell’occupazione divenne un magazzino che accolse i mobili e altre cose  recuperate di coloro che avevano perso la casa causa i bombardamenti o gli abbattimenti fatti dai tedeschi. L’attività riprese dopo la liberazione.

O certe pellicole erano malandate o era il vecchio proiettore che ogni tanto le rompeva, sta di fatto che le frequenti interruzioni dei film creavano malumore fra gli spettatori, così da parte dei ragazzi cominciavano le proteste con lunghi fischi che si alternavano da un lato all’altro della sala. Ovviamente, quando dopo qualche minuto riprendeva la proiezione si notava che,  oltre ad essere scomparsa una parte delle immagini, era scomparsa anche parte del relativo parlato, e la ripresa non legava più con l’ultimo pezzo di frase ascoltato, così qualche altra protesta riprendeva vigore…e anche questo faceva spettacolo, specialmente se le rotture si ripetevano  duranta la stessa serata!

Un’altra cosa divertente era quando all’inizio del film scorreva l’elenco degli attori  e allora specialmente qualche giovane donna, per far vedere che sapeva leggere, lo faceva a voce alta; il guaio però capitava quando il cast era americano, allora dopo i vari strafalcioni di pronuncia si rendeva conto della difficoltà, lentamente la sua voce si spegneva, per finire in un indistinto ” hhmmm hhmmm”!

Quando uscirono i primi programmi televisivi, per invogliare la clientela a continuare ad assistere alle proiezioni, il giovedì sera prima del film, Guidi accendeva il televisore in sala e il pubblico poteva così assistere a “Lascia o raddoppia”, il noto  programma  di Mike Bongiorno. Dopo che ebbe insonorizzata la sala con i pannelli di sughero, questi servirono anche per attaccare i grandi manifesti pubblicitari dei film che sarebbero stati proiettati in futuro (sempre dopo molto tempo..!), e i volti di quei  divi americani che tappezzavano le pareti, a forza di vederli lì appesi, ci erano diventati familiari, come se li avessimo conosciuti nella realtà. Negli ultimi anni, vista la crisi che investiva il settore, per mantenere attivo il locale e attrarre degli spettatori, Guidi dedicò un giorno della settimana alla proiezione di film a luci rosse (questa però  non era più cultura, ma sottocultura!).

Negli anni cinquanta, nei mesi estivi, le proiezioni avvenivano all’aperto nell’area che anticamente era occupata dal cimitero del borgo e attigua all’ex convento (il  vecchio fabbricato in confine era appunto detto “al cunvintén”). Dopo diversi anni che ebbe cessata l’attività,  tutta la proprietà fu acquistata dalla CESI, chi vi costruì un edificio ad uso abitazione. Terminati gli scavi ed i ritrovamenti di reperti antichi, fu aperta l’area archeologica che mise in luce le fondazioni della vecchia chiesa risalente all’epoca di Teodorico.  I  balconcini che  si affacciano sull’area dove sorgeva la chiesa,  sono stati aperti  in corrispondenza  delle porte di sicurezza del vecchio cinema Bios.

Cinema Nuova Italia – Presso l’ampio locale di fianco all’omonimo caffè,  negli anni cinquanta i fratelli Giorgio e Alfredo Annibali, aprirono questa nuova sala cinematografica, che qui rimase fino a quando costruirono il nuovo  “Cinema Astra”, in via Silvio Pellico. In un secondo tempo, Fredino seguì solo il cinema e Giorgio  il night Papillon  costruito sotterraneo di lato all’Astra, che rimase attivo per alcuni decenni. Chiuse prima il cinema, poi alla fine degli anni novanta chiuse anche il night e  nel primo decennio del duemila, venduta la proprietà alla CESI, sull’area venne costruito un edificio di civile abitazione. A ricordo dell’attività qui svolta, in una vetrina in angolo al primo piano del nuovo edificio, è conservato alla vista di tutti,  il vecchio proiettore cinematografico.

Cinema Teatro Jolly (*) Se non ricordo male, fu aperto negli anni sessanta.

 Dopo la chiusura del cinema teatro “Vallona” in via Matteotti, cui seguì la totale demolizione dell’edificio, il cinema parrocchiale fu aperto nel nuovo locale ricavato dalla ristrutturazione dell’ex chiesa di San Bartolomeo, sempre sulla stessa via e che fu chiamato  Jolly. Per alcuni anni, durante i mesi estivi, il cinema parrocchiale fu attivo all’aperto, in quello che è il giardino Pantaleoni, che si sviluppa fra le vie Ugo Bassi, Decumano e Oberdan. Il giardino è caratterizzato dal ponticello che, scavalcando via Ugo Bassi,  lo collega al fabbricato.

Elettricisti  (I Eletrizéssta)

            Questi negozi erano gestiti da elettricisti e loro familiari;  vendevano molti oggetti che con l’elettricità avevano a chè fare, come: lampadari, radio,  elettrodomestici (facendone anche le relative riparazioni), e infine le televisioni. Poi gli elettricisti si dedicarono agli impianti per l’edilizia, altri si associarono ai fontanieri, spostarono il magazzino e la vendita nella zona  artigianale, i più anziani andarono in pensione. Intanto, aprirono nei comuni vicini i grandi magazzini specializzati nel settore degli elettrodomestici così, poco alla volta, questi negozi cominciarono a chiudere. Ricordo:

Emiliani Armando (*) – aveva il negozio in via Cavour a sinistra, vicino agli Agòzz e in bottega ci stava la figlia Alda, che  continuò la gestione per molti anni dopo la scomparsa del padre e del marito. Credo abbia ceduto l’attività verso l’inizio degli anni novanta.  Ora il negozio si chiama Electro 2000.

Ricordo che dopo la guerra alla fine degli anni quaranta, nonna acquistò a rate da Emiliani la prima radio (allora erano con le valvole!),  e per me si aprì un nuovo mondo.

Baruzzi e Casadio – Elettricista e fontaniere –  Subentrarono nel negozio che prima gestiva Landi Floriano. Il negozio era gestito dalla Diana, la moglie di Claudio Baruzzi, che era l’elettricista. Chiuse verso la fine degli anni ottanta e il locale divenne la  gioielleria  La Perla di Casadio Loreti Gaetano.

C’era poi quello di Telari Alfo in via Mazzini, dei fratelli Frascari, di Mazzanti, di Bertolini tutti e tre  in via Matteotti e di ZuppiroliJones in piazza Acquaderni, dove ora c’è il forno.

Poi aprì Garavini a destra di via Cavour, che ha chiuso verso metà del 2017. Sono stati aperti tutti per un paio di decenni, poi qualcuno si è spostato nella zona artigianale e qualcun altro ha chiuso l’attività.

            Un giorno di giugno sono entrata nel negozio di Garavini per cambiare la pila alla bilancia di cucina, ho visto qualcosa di cambiato poi, mentre cercavo di orizzontarmi, un gentile signore  mi ha detto: -Buon giolno signola, desidela? – era successo che Garavini aveva chiuso la sua attività e subito dopo aveva aperto una sartoria cinese della quale, in quel momento, non avevo alcun bisogno!

Farmacie, Sanitas  ed Erboristerie (al Farmazì,  la Sanitas e ali Erboristerì)

            La storia delle farmacie parte da molto lontano, dai monaci del medioevo dediti all’erboristeria,  poi dai chimici e dai biologi, che dal settecento in avanti si dedicarono alle analisi, alla ricerca ed alla sperimentazione. Con l’uso del microscopio scoprirono molti batteri e su questi cominciarono gli esperimenti dei clinici e dei chimici per migliorare la cura delle malattie infettive e non.

Presso alcuni monasteri è rimasto attivo l’antico laboratorio di farmacia, incentrato sull’utilizzo delle erbe, con gli antichi arredi e contenitori (come esempio cito La Verna e Pomposa).  Il farmacista era anche detto speziale, perché appunto, faceva dei preparati con le erbe (il termine deriva da spezie, chesono appunto di origine vegetale).  Molte delle prime medicine composte di preparati in polvere, erano confezionate sulla base della ricetta medica, direttamente dal farmacista e racchiuse in cartine dalla caratteristica piegatura, medicine che poi andavano assunte dentro l’ostia. Per questo nelle farmacie più antiche ci sono quelle belle collezioni di vasi di ceramica che portano sulla pancia, spesso in carattere gotico, il nome della specialità che contenevano. Per dosare la quantità dei singoli eccipienti, utilizzavano una piccola bilancia con i mini-pesi in ottone. Ancora oggi  quando si vuol dire di un peso esatto, da pignolo, si chiede se lo si è fatto con la bilancia del farmacista.

            Ritornando sulle Corporazioni di origine medievale, quella dei Medici e Speziali era fra le più importanti, soprattutto per il peso politico che aveva nella  varie città. Dante entrò nel governo di Firenze come priore, proprio perché faceva parte della Corporazione dei Medici e degli Speziali, avendo frequentato a Bologna, oltre ai corsi di  giurisprudenza, anche quelli di medicina. Forse  per questa tradizione antica il farmacista è sempre stato considerato,  anche a livello locale, una persona autorevole assieme al parroco e al maresciallo dei carabinieri. Le farmecie locali sono:

Farmacia dell’Ospedale (*) E’ in via Matteotti a destra, in faccia al municipio.

Dalla Storia dell’Ospedale di Castel San Pietro, scritta dal dott. Mario Maragi, riporto testualmente: Per l’approvvigionamento dei medicinali, l’Ospedale della Carità si era sempre valso dell’antica “Spezieria di Piazza”. Dai verbali del Corpo Amministrativo rileviamo che l’Ospedale non avendo potuto pagare le forniture di medicinali dal 19 febbraio 1748 al  27 giugno 1755, ne fu interamente bonificato impegnandosi però, con atto pubblico  ‘di proseguire in perpetuo a servirsi degli occorrenti medicinali… da levarsi dalla detta Spezieria’ E così sempre avvenne finchè, nell’aprile 1923, l’Ospedale acquistò l’immobile e la stessa Farmacia. Questa fu gestita in affitto fino al 1934, da allora è in gestione diretta.

Poi sono cambiate le leggi, nella seconda parte del novecento la Farmacia divenne comunale, e dopo confluì in una gestione provinciale, di cui non  conosco gli aspetti economico-organizzativi. Questa farmacia, come abbiamo visto,  era già presente nel 1748 quindi, oltrechè la più vecchia del paese, mi sa che sia anche il negozio più antico di Castello, per ubicazione e continuità di gestione. Il locale è stato  ristrutturato più volte e all’interno sono rimaste le antiche volte, decorate a stucco nelle costole, ma dell’arredo di antico, in vista  non c’è rimasto nulla.

Ricordo che nel dicembre 1944 il farmacista  dott. Gabella rimase ucciso,  mentre era sotto il portico, dallo scoppio di una granata caduta in piazza,  scoppio che provocò, altri cinque morti, e diversi feriti (fra cui Tilén). Dopo di lui, la farmacia fu gestita per diversi anni dal dott. Monari. Negli anni novanta ha aperto una succursale alla Bertella.

Farmacia Sarti (*) – E’ anche questa in via Matteotti a destra prima della torre. Trovo indicato in una pubblicità di alcun anni fa:

Antica Farmacia Sarti

Detta della Madonna della Vita. Fondata nel 1793

Dopo che nella gestione della farmacia si succedettero diversi eredi Sarti, se non erro,  la dottoressa Sarti sposò il dott. Tosi  e assieme gestirono per tanti anni la farmacia. I miei ricordi risalgono al dott. Ugo a cui subentrò il figlio Giuseppe, quindi ora la gestisce il nipote Ugo Maria. Il logo è rimasto sempre quello del fondatore. Nel 2015 è stato ristrutturato tutto il piano terra,  ma la parte antica del locale è rimasta con lo stesso soffitto decorato, con gli stessi scaffali di legno, sui quali sono esposti alcuni dei tanti vasi di ceramica di cui parlavo nella premessa. C’è sempre, sistemata al centro dello scaffale di fronte ai clienti, l’immagine in ceramica della Madonna a cui era dedicata la farmacia. L’organizzazione invece è ultra moderna e  informatizzata, in più sono stati aggiunti nuovi servizi a favore del pubblico (CUP e rilievo della pressione a titolo gratuito,  servizio di estetista, massaggi e altro).

Negli ultimi decenni ha aperto un’altra Farmacia in via Mazzini e due parafarmacie, di cui una ha chiuso qualche mese fa, mentre l’altra è attiva in via Palestro, vicino alla montagnola.

La Sanitas (*) – Fu fondata negli anni cinquanta da Zeno Zappi, con una gamma ancora limitata di prodotti sanitari a cui subentrò Rosina Dallavalle. Inizialmente il negozio era in fondo alla via Cavour a sinistra, poi le figlie della Dallavalle, spostarono il negozio all’inizio della stessa strada a destra, ampliarono l’assortimento e lo gestirono assieme per molti anni. Dopo che si ritirò Maria Giovanna per motivi di salute, rimase Claudia, ma anche lei per impegni di famiglia,  pochi anni fa cedette l’attività alla società Sant’Orsola, che gestisce altri negozi simili  e che continua  la gestione della Sanitas castellana, senza interruzione.

            Le erboristerie, di così antica tradizione, sono ritornate a rifiorire in questi ultimi decenni in tutto il paese. Per cui, proprio per motivi storici, le ho elencate con le farmacie. Quelle locali, per la loro “età” non sono ancora negozi storici, ma  meritano di essere evidenziate.

Erboristeria Durca (*) E’ aperta da alcuni decenni  in Via Ugo Bassi, presso la Palazzina.

Erboristeria Camomilla (*) E’ aperta anche questa da alcuni decenni,  Inizialmente era in via Cavour, sulla destra, poi si è spostata nel negozio di via Matteotti, dove prima c’era l’abbigliamento Sisley (ex cafà ed Stangàtt).

Fiorai (I Fiurèr)

            Una volta, con le poche risorse che c’erano, l’acquisto dei fiori era soprattutto fatto per onorare i morti, per le cerimonie religiose, per matrimoni e funerali. Insomma c’erano pochi soldi  da spendere nei fiori. Per soddisfare il bisogno di bellezza congenito nell’animo umano, le nostre nonne e mamme coltivavano garofani, gerani e violacciocche nei vasi fuori dalle finestre, attaccando anche vecchie pentole agli scuri, o appoggiandole fuori dalla porta, sulla strada. Il concime di allora era lo sterco di cavallo, che raccoglievano quando questi passavano lungo la strada, tirando il barroccio. Il periodo di maggior vendita dei fiori, era per il giorno dedicato ai morti, quando si formava la fila davanti al chiosco. Allorchè le condizioni economiche delle persone cominciarono a migliorare, i fiori divennero un più diffuso elemento di omaggio per determinate ricorrenze personali, come i compleanni,  o collettive, come il garofano rosso in occasione del primo maggio, e la mimosa per l’8 marzo. Si propagò poi l’uso di tenere piante verdi per abbellire gli interni delle case,  piante e fiori per i balconi dei nuovi condomini. Infine le piante da fiore divennero la contropartita per ricevere offerte da parte di associazioni di volontariato dedite alla ricerca medica, o all’assistenza. Altri concorrenti all’attività dei fiorai furono i vivai  e gli ambulanti presenti al mercato con piante e sementi.

            Quindi per molto tempo un fioraio o due furono sufficienti. Ricordo di seguito quelli storici.

Poli  (*) – Da prima della guerra, Poli era il custode dell’arena e giardiniere comunale, mentre la moglie e uno dei figli  gestivano il chiosco vicino al campo sportivo, posizione comoda per portare i fiori al cimitero e sufficientemente vicina al centro, per soddisfare le altre necessità. Non so da quanto tempo avessero tenuto questa gestione, ma quando l’ultimo dei fratelli Poli si trasferì fuori comune, il chiosco fu preso da Bruna Bersani, credo negli anni sessanta, che poi lo gestì assieme al figlio Walter. Quando il comune  nei primi anni del duemila, riorganizzò l’area davanti e di lato al cimitero, Walter vi si trasferì nella struttura fissa in muratura.

Dall’altra parte della strada  c’era un altro fioraio, Martelli, che cessò l’attività  circa una trentina d’anni fa.

La Floreale – Il negozio fu aperto da Franca Emiliani che vi lavorò assieme al marito, in via Mazzini, lato verso Imola. Lei aveva una vera passione per il suo lavoro e gestì  l’attività per diversi decenni. Quando pensò di ritirarsi, si preoccupò di preparare il giovane che le sarebbe subentrato. Forse il non abitare a Castello, non gli fu di stimolo e, dopo poco,  credo nel primo decennio del duemila, questi chiuse definitivamente il negozio Fu un  peccato, perché quell’attività creava colore, rallegrava e rendeva vivo quel tratto di portico.

Curti (*) – Il negozio è in Piazzale Vittorio Veneto, a sinistra a scendere dalla montagnola. E’ attivo dagli anni settanta, e lo gestiscono marito e moglie; vorrebbero ritirarsi dall’attività, ma non trovano da cederla, così tengono ancora aperto in attesa…

Ferramenta (la Frarazza)

            Anche questi sono negozi sorti indietro nel tempo, proprio perché si affiancarono ai fabbri per rifornire, in particolare, attrezzi da lavoro a diverse categorie, fra cui i contadini in primis. Con lo sviluppo industriale, integrarono la loro gamma di prodotti, oltre che con la ferramenta spicciola, con accesori e attrezzzi per falegnami, per l’edilizia, per la casa, insomma di tutto e di più. Anche le ferramenta stanno subendo una forte concorrenza da parte dei vari market di hobbistica  e fai da te.

Ferramenta Antonio Parenti (*) –  E’ in via Cavour, sotto il portico, a sinistra. Oltre ad essere la ferramenta più antica, è anche uno dei negozi più vecchi di Castello. Fu  fondata nel 1860, cioè  oltre 150 anni fa, all’epoca della proclamazione del Regno d’Italia. La sua attività  inizialmente rivolta al mercato contadino, si allargò poi ai settori artigianali dei calzolai e dei muratori, come ricordò qualche mese prima di morire, Marco Parenti in una conferenza, per raccontare la storia dell’antica ferramenta di famiglia.  Ricordò anche il settore segheria che preparava le traversine di quercia per la ferrovia e come, specialmente dopo la fine della guerra, venisse ulteriormente ampliata la gamma dei prodotti. I locali sono rimasti gli stessi e gli eredi li hanno mantenuti com’erano, con i banchi e le scaffalature di una volta…. anche con un poco di polvere antica. Dopo la scomparsa di Marco è gestita  dal fratello Stefano, tris-nipote del fondatore, di cui è rimasta l’antica denominazione della ditta.

Ferramenta Nello (*) – In via Oberdan, angolo via Decumano, cioè si affaccia sull’area del mercato. E’ stata aperta negli anni ottanta ed il figlio ne continua l’attività, che si allarga sempre a nuovi prodotti. Vi si vende di tutto dalla ferramenta, alla carbonella, dai vasi da fiori ai prodotti per lucidare i mobili, a oggetti per la casa, e altro.

Giornalai – Edicolanti (I Giurnalèr)

Ho già indicato il giornalaio della piazza, abbinato alla tabaccheria, tuttora aperta. Gli altri erano:

Edicola Giordani (*) – Era in via Mazzini a sinistra, verso Bologna, aperta da prima della guerra. Poi ha avuto dei cambi di gestione, che non so indicare, e attualmente si è spostata in via Cavour a  sinistra.

Edicola Longhi Otello (Tilén) (*) – Fu aperta dopo la guerra dai genitori di Otello, di cui non ripeto la storia, perché già ripresa in altro testo. L’edicola prima in legno, poi in muratura sorse sulla piazzetta davanti al Cassero a destra, guardando il borgo. Poi cambiò gestione e dopo l’apertura del passaggio pedonale sotto il Cassero verso la fine degli anni settanta,  venne lì collocata e gestita per tanti anni da Marino Bersani. Nel 2016 Marino ha definitivamente lasciato ed ora c’è un altro gestore.

Oreficerie-Orologierie  (Butàiga da uràvvs e arlujr)

 Una volta chi possedeva un orologio era già considerato un benestante. Ricordate i vecchi film quando mostrano quelli da taschino, con la catena attaccata al panciotto (al panzén)? Poi uscirono quelli da polso, assai più comodi. Essendo l’orologio un oggetto di valore, doveva durare una vita, perciò chi li vendeva doveva anche saperli accomodare. Per farlo, l’orologiaio si infilava il monocolo e con le pinzette, iniziava a saggiare i vari meccanismi. Per mantenere regolato il bilanciere, erano montati sul retro diversi piccoli rubini, altro elemento che ne rendeva elevato il prezzo (anche se mi dicono fossero rubini sintetici). Oggi è cambiato tutto e per sapere l’ora, basta un oggetto da poche decine di euro, che se si ferma è da buttare. Una volta andavano caricati a mano giornalmente, oggi  vanno a pila e stanno carichi almeno per un anno!

Sulla gioielleria, nei paesi come Castello, un tempo le  richieste più comuni erano per le fedi matrimoniali (la vargàtta) e, per chi aveva un più di risorse, per l’anello di fidanzamento. Poi era di moda che le donne, anche le più modeste,  portassero gli orecchini e al collo la classica catenina con la medaglietta e le perle granate, per  quando si mettevano in toletta.

 Il tutto soggetto a essere ereditato, quindi erano oggetti che si tramandavano per più generazioni, secondo norme legali prestabilite. Ora che molte coppie convivono senza sposarsi, delle fedi  ne venderanno  senz’altro di meno.

Non va dimenticato che gli oggetti d’oro sono sempre stati un bene rifugio, facilmente commerciabile e, fin dal tardo medioevo, chi si trovava in difficoltà economiche li impegnava al Monte di Pietà, con l’obiettivo di poterlo riscattare, rimborsando il prestito. Dopo l’ultima grave crisi economica del 2009, un ulteriore segnale delle sue conseguenze, è dato dall’apertura di molti negozi “Compro oro”, di cui uno è stato presente pure a Castello, ma non per molto tempo.

Oggi si sono modificati i costumi, si sono perse molte tradizioni, sono entrate nuove mode (il piercing, l’anello al naso e all’ombelico), l’oreficeria ha trovato altri oggetti di valore da commerciare, e qui alle prime due oreficerie-gioiellerie, ne seguirono altre.

Oreficeria Nerini (*) – Il negozio risale al 1926, quando l’aprì Gino Fontana, noto orefice bolognese. Dopo di lui fu  gestito da Umberto Galanti, che per diverso tempo mantenne il logo “Fontana”.  Galanti prese a lavorare con sè il nipote Luigi Nerini  (Gianpietro), figlio di una sorella. Quando egli si ritirò dall’attività, gli succedette Gianpietro che a sua volta inserì il figlio Mattia, che lo gestisce attualmente.  Il negozio è in via Matteotti a destra sotto il portico, di fronte alla piazza. Inizialmente era nel locale dove ora c’è la tabaccheria dal giurnaléssta, poi con questa come già detto, fecero  cambio.   

Oreficeria Badiali – Era in via Matteotti, nel palazzo dell’ex Credito Romagnolo (ora Unicredit). Dopo che questo fu  bombardato, nel dopoguerra il negozio non fu più riaperto, anche per l’età già avanzata del titolare. Era in uno dei locali dove poi fu avviato il panificio-pastificio Venturoli.  Dopo la guerra, con i lavori di ricostruzione dell’immobile, la Cooperativa Muratori recuperò l’antica e pesante cassaforte del quattrocento bolognese di Badiali, e la pagò allora, ben diecimila lire! Era in legno,  verniciata di nero, foderata in ferro all’esterno con spigoli rinforzati da listelli sempre in ferro, fissati da chiodi dalla larga testa, che ne decoravano l’esterno e tutto lo sportello  Fra l’altro aveva una bellissima e grossa chiave, in ferro battuto, molto elaborata nella parte che si innestava nella serratura.

Oreficeria Canè (*) – Credo abbia iniziato l’attività  nel dopoguerra, ma non ricordo bene quale fosse il suo primo locale, mi pare sempre in via Cavour, poi Claudio si trasferì dov’è ora, in via Cavour angolo via Volta. Da diversi anni è gestita dai figli.

Negli ultimi decenni del novecento aprirono  nuovi negozi.:

La Perla (*) di Casadio Loreti Gaetano (Gaetàno d Lungàn)  in via Matteotti, dove prima c’era l’elettricista Baruzzi.

Preziose Follie (*) di Sgarzi con il primo negozio sulla piazza, che poi si trasferì in via Matteotti  dove prima c’era la Cappelleria Baldazzi.

Oro Più (*), sempre  in via Matteotti, dove prima c’era Bettina la lattaia.

All’inizo del duemila  è sorto un laboratorio che lavora i metalli preziosi e crea gioielli, si chiama Sorite (*); da via Ugo Bassi in angolo via Decumano, si è trasferito dall’inizio di settembre 2017 in via Matteotti, dove prima c’era la calzoleria “La Stringa”.

Uffici

         Fino agli inizi degli anni cinquanta gli uffici al piano terra,  oltre alle Poste e al Credito Romagnolo (la Cassa Risparmio in Bologna, aveva anche allora una palazzina a parte), erano i seguenti tre:

geom. Ludovico Rinaldi –  Era in  via Matteotti a sinistra vicino al citato Ufficio Postale, dove oggi c’è il negozio di abbigliamento.

geom. Parenti Gian Battista – Era in piazza dei Martiri, nella parte a nord dovè oggi c’è l’ambulatorio medico del figlio.

Lega Barrocciai-  di cui ho già raccontato a pag. 11.

            Attualmente, gli uffici  di professionisti  vari  aperti al piano terra sono 36 (!)

Conclusioni

          Esaminando questo lungo elenco (una sessantina di attività diverse),  trovo la conferma di quanto sia cambiata la struttura commerciale del nostro centro storico.  Molte attività si sono spostate nella zona artigianale, mantenendo pur sempre a Castello la presenza dell’arte o del mestiere, mentre altre hanno completamente cessato, perché non più richieste, e così è successo anche per alcuni negozi di vendita al minuto. I locali che si sono liberati sono poi stati riaperti vendendo altri prodotti e altri servizi, ma il saldo non pareggia. In aggiunta, sono molti i locali al piano terra di nuovi edifici, lasciati liberi (da laboratori e uffici), che sono tuttora vuoti, come ad esempio quelli dell’edificio ex mulino Viaggi, all’inizio di  viale Roma.

           Le attività cessate che prima occupavano negozi o botteghe artigiane, hanno lasciato il posto a: filiali bancarie, uffici di assicurazioni, di professionisti, di pompe funebri, agenzie immobiliari,  turistiche, di scommesse, ambulatori,  parrucchieri; negozi di accessori per PC, di telefonia mobile, di formaggi, di detersivi sfusi, di telerie, di abbigliamento, di prodotti equo solidali; nelle vie secondarie alcuni  sono ritornati magazzini o garage, mentre dei garage sono diventati uffici o simili. Alcune attività sono passate come delle meteore, cioè hanno aperto e chiuso dopo pochi anni o solo  dopo qualche mese,  altre sono ancora attive e faranno parte della storia che qualcun altro un domani andrà a raccontare.

            Inoltre, sono presenti a Castello alcune comunità di stranieri (cinesi, pachistani, marocchini) e alcuni di loro si stanno inserendo in qualche settore del commercio al dettaglio e, soprattutto in alcune attività artigianali in centro storico.

  • I Cinesi – gestiscono un ristorante, alcuni bar, un laboratorio da parrucchiere e due di sartoria.
  • Altri di cultura araba, gestiscono due punti di ristoro con cucina mista: pizza e Kebab,  in montagnola e in via dei Mille.
  • Se non erro dei pakistani avevano aperto un negozio di frutta e verdura in montagnola, ma nonostante stesse aperto fino alle dieci di sera, non è riuscito a destare sufficiente interesse e  dopo pochi mesi ha chiuso nel 2016.
  • E’ stata aperta in via Gramsci una macelleria che opera secondo le consuetudini di macellazione musulmana.

          Ho parlato solo del vecchio centro storico, come del naturale Centro Commerciale  Castellano, senza fare alcun accenno ai negozi ed alle attività artigianali aperti nelle zone di sviluppo urbanistico: viale Terme, piazzale Dante, Bertella, Scania, Borghetto, via della Repubblica, zona artigianale, Poggio, questo perché sono di più recente istallazione.

           In questo lavoro ci saranno senz’altro  delle imprecisioni, di cui mi scuso, ma la memoria mi ha dato solo questo. Non avendo  fatto una ricerca storica, anche per le date sono andata sull’approssimativo; è comunque un materiale che metto a disposizione. Per elaborarlo ho ricordato persone di una volta di cui ho sentito parlare o che ho direttamente conosciuto; è stato come aver  risentito le loro voci, rivisto i loro modi di porsi, ricordato anche aspetti tragici accaduti. In questo viaggio della memoria, ho ritrovato conoscenti e amici, è stato piacevole.  Tutti hanno lasciato un ricordo alla nostra comunità, perché gestendo un esercizio aperto al pubblico, o una bottega artigianale erano conosciuti da tutti.

          Il modo di acquistare che si sta sviluppando oggi cambia di molto i rapporti fra negoziante e cliente. E’ impensabile che i commessi  turnisti che lavorano, per esempio, nei vari negozi dei Centri Commerciali possano intessere rapporti di amicizia con la marea di clienti che passa loro davanti, proveniente anche dalle città vicine, che entra,  semmai anche solo per curiosare ed esce a volte  senza nemmeno salutare.  Per non parlare poi di coloro che acquistano tramite la rete!  Scadono i rapporti interpersonali o addirittura si anullano. Questa nuova organizzazione commerciale (luogo  e persone), cosa lascierà di ricordo a chi verrà dopo ?  Solo il cartellino del prezzo?

         Nelle pagine che seguono, ho predisposto un elenco delle botteghe e negozi che, a  fine dicembre 2017 erano attivi, e quelli che invece erano inutilizzati, sempre con riferimento ai soli locali posti al piano terra degli edifici. Sarebbe interessante (forse pure utile) inventariare anche tutte le altre attività poste nelle zone di espansione, per avere un quadro completo dell’economia locale; potrebbe essere di aiuto per  impostare una politica del futuro. Qualcuno certamente l’avrà già fatto, perciò chiedo scusa se mi sono permessa il suggerimento.

          Avevo deciso di fermare il rilievo al mese di agosto, poi visto che c’erano degli allestimenti nuovi per riattivare qualche negozio chiuso, ho spostato il rilievo a settembre, poi a ottobre, ma visto che c’è un susseguirsi di chiusure e nuove aperture che porterebbero il mio lavoro all’infinito, ho deciso di chiudere anch’io bottega  e di fermarmi qui!

Gennaio  2018

Marisa Marocchi

P.S – hanno cessato l’attività             gli arrotini

                                                                  i barrocciai

                                                                  il maniscalco

                                                                 il sellaio

                                                                  il ramaio

                                                                  i mulini

                                                                  la segherie

                                                                  il falegname delle bare

      – si sono trasferiti          :                 i negozi di granaglie

                                                                  le botteghe dei fabbri

                                                                  le botteghe dei falegnami

                                                                  le botteghe dei fontanieri

                                                                  le botteghe degli elettricisti

                                                                  i magazzini-officine delle macchine agricole

                                                                  le botteghe dei lattonieri e vetrai

                                                                  le botteghe dei meccanici auto,  bici

                                                                  le botteghe dei marmisti

                                                                  le botteghe dei tappezzieri

                                                                  le botteghe dei tipografi

                                                                  le botteghe dei venditori di mobili

                                                                  i saloni dei venditori di automobili

Negozi,  laboratori e altre  attività, posti in Centro a Castel San Pietro Terme Al 31 dicembre  2017

L’elenco inizia con le vie longitudinali del vecchio centro, dalla Montagnola al Cassero, e prosegue  con quelle trasversali

Via Matteotti– lato est                    Chiuso                                              ex Birobiglia

                                                           Generi vari– Equo solidale                      

                                                           Laboratorio sartoria

                                                           Market – Margherita

                                                           Parrucchiera – La Sibilla

                                                           Ufficio immobiliare

                                                           Merceria – Raggi

                                                           Autoscuola – Mabo

                                                           Bistrot                                              

                                                           Gioielleria – La Perla

                                                           Bar – Basket

Chiuso                                              Ex para-farmacia

                                                           Abbigliamento bambini – solo vetrina

                                                           Profumeria, pelletteria – Merighi

                                                           Abbigliamento bambini

                                                           Panetteria

                                                           Fotografo

                                                           Caffè delle donne

                                                           Tabaccheria – edicola

                                                           Farmacia dell’Ospedale

                                                           Oreficeria – Nerini

                                                           Abbigliamento – EB

                                                           Gioielleria – Sorite

                                                           Caffè Europa

                                                           Erboristeria  – Camomilla

                                                           Merceria – Cremonini

                                                           Caffè – I Portici

                                                           Macelleria – Il Portico

                                                           Salumeria – Il Castello dei sapori

                                                           Ottica – Ottica Inn

                                                           Fruttivendolo

                                                           Farmacia Sarti

                                                           Chiuso                                              Ex  tabacc.Bonetti

                                                           Panetteria  – La Bottega

                                                           Banca – Unicredit

Via Matteotti – lato ovest              Fruttivendolo

                                                           Barbiere – Caprara

                                                           Fiori – Frida’s                                            

                                                           Pub – Grace O’Mally

                                                           Chiuso il 31.12.17                          ex Bardi Vito

                                                           Cinema  Jolly

                                                           Chiuso                                              ex teleria                                                                              Formaggeria – latteria

                                                           Abbigliamento – Nero

                                                           Caffè- Star Caffè

                                                           Abbigliamento – Ross

                                                           Prodotti naturali – in angolo con la piazza

                                                           Abbigliamento – Canè

                                                           Ufficio immobiliare

                                                           Abbigliamento – solo vetrina Canè

                                                           Gioielleria – Preziose follie

                                                           Tabaccheria – Emporio Galletti

                                                           Trattoria – La Cicceria

                                                           Pelletteria – Dettagli di moda

                                                           Abbigliamento  intimo – Venere  

                                                           Casalinghi – Tomba

                                                           Salumeria, macelleria- CLAI

                                                           Formaggeria – Bondi

                                                           Chiuso                                              Ex Giulietti

                                                           Caffè – Bianco caffè

                                                           Oreficeria – Oro più

                                                           Abbigliamento – Target

                                                           Cartoleria –giocattoli

                                                           Edicola del Cassero

Via San Martino – lato est                        Trattoria – Sapore Antico 

                                                           Chiuso                                              Ex mestich. Bacchilega

                                                           Pizzeria – da asporto

                                                           Laboratorio di sartoria

                                                           Abbigliamento – Galletti – angolo  p.za Acquaderni

                                                           Prodotti naturali- Natura in bottega

                                                           Estetica Chandra

                                                           Ufficio – Unione Com. PD

                                                           L’angolo della chiave

                                                           Chiuso

                                                           Chiuso

                                                           Ufficio – studio legale

                                                           Chiuso

                        -lato ovest                Pasta fresca – Lilly

Via Palestro    – lato est                 Negozio cose varie

                                                           Lavasecco – anche tappeti

                                                           Ufficio  – Confesercenti

                                                           Ufficio

                                                           Estetica – Abbronzatura – in angolo v.S.Francesco

   -lato ovest              Parafarmacia           

Calzolaio – riparazioni

Chiuso                                              Ex pasta fresca Mimmi

Ufficio  –  geom. Cavina

Laboratorio sartoria

Laboratorio elettronica-informatica

Parrucchiere –LG

Via Manzoni  – lato est                   Ufficio – infortunistica      

 – lato ovest               Elettrodomestici – vetrina Studio DM

                                                           Pizzeria da asporto

                                                           Negozio dischi, dvd – Studio DM

                                                           Parrucchiera – Veronica

                                                           Ufficio

                                                           Cornici – Alpi Isabella

                                                           Forno – Antonio

                                                           Fotografo – Zaniboni

                                                           Ufficio

                                                           Ufficio – pompe funebri Chiodini

Via Ugo Bassi –  lato est                Ufficio – partito Forza Italia

                                                           Chiuso                                             

                                                           Ufficio – Assoc. De Gasperi

Parrucchiera                                               

Enoteca di Bacco

                         – lato ovest               Ufficio Pro Loco

                                                           Chiuso                                              Ex Sorite                  

Barbiere – Mauro

                                                           Pizzeria da asporto

                                                           Ufficio assicurazioni – Gualandi

                                                           Rosticceria

                                                           Erboristeria  Durga

Via Oberdan                                    Ferramenta –  Baldazzi – angolo v. Decumano

Abbigliamento- Blues

Via Marconi                                    Distributori cassette film – Studio DM

                                                           Chiuso                                              Ex lavasecco Pia

Banca – Cassa Risparmio di Cesena

Ufficio – Tecno casa

                                                           Autoscuola – Masi

                                                           Lavanderia – Oggi lavo io

                                                           Pizzeria da asporto

                                                           Moschea

Piazzale Andrea Costa                  Ristorante Pizzeria – Maraz

                                                           Gelateria Crème de la crème- angolo v.Matteotti

                                                           Caffè Rialto

Piazzale Vittorio Veneto               Fioraio – Curti

                                                           Tavola calda – Kebab

                                                           Chiuso                                              ex macelleria Lino

                                                           Parrucchiera

Piazza Galilei                                  Market – CRAI

Via Ramazzotti                                Ufficio – CISL

Piazza Acquaderni                         Telefonia – TIM

                                                           Forno – Stanziani

                                                           Trattoria – La Romagnola

Via San Francesco                         Chiuso                                              ex Bimbus

                                                           Bar della Posta

                                                           Ufficio postale

Piazza XX Settembre                      Bar della piazza

                                                           Negozio – La moka del caffè

                                                           Chiuso                                              ex Compro oro

                                                           Ufficio – assicurazioni

Via Pietro Inviti                              Distributore automatico di latte

                                                           Parrucchiera

Piazza Galvani                                Ottica – Borzatta

                                                           Abbigliamento sportivo – Nanni

                                                           Parrucchiere

                                                           Gelateria –  Gusto antico – angolo v.U.Bassi

Piazza Martiri Partigiani– sud     Caffè della Palazzina

                                                           Banca di Bologna

L’elenco prosegue con il Borgo, prima con la parte davanti al Cassero, poi con le vie longitudinali e quelle trasversali, fino a via Mazzini compreso.

Piazza Martiri – parte nord          Fioraia – Rose’s

                                                           Chiuso

                                                           Ambulatorio medico

Piazza Garibaldi                             Banca di Imola  -in angolo con via Cavour

                                                           Agenzia Turistica – Santerno

                                                           Pompe funebri – Frascari              interno Arcata

                                                           Ufficio                                              “

                                                           Parrucchiere – Iole e Loris                        “

Via Cavour– lato est                       Bar Elia

                                                           Solo vetrina –Sanitas

                                                           Sanitas

                                                           Lavasecco

                                                           Chiuso                                              ex macelleria

                                                           Ufficio-  Assoc. di volontariato

                                                           Ufficio – B & B pratiche auto

                                                           Chiuso

                                                           SoloVetrina  – F.lli Reggiani

                                                           Chiuso

                                                           Osteria del Borgo

                                                           Parrucchiera – Marina

                                                           Pizzeria – Mc Leod

                                                           Ottica – Prandini

                                                           Chiuso                                              ex porte blindate

                                                           Chiuso                                              ex accessori per p.c.

                                                           Fruttivendola  – Lina

Faschion cafè

Chiuso                                              ex  telefonia “ La 3”

Sartoria Cinese

Via Cavour – lato ovest                 Abbigliamento – Benetton – angolo p.Martiri

                                                           Pelletteria – Andreotti

                                                           Ferramenta – Parenti

                                                           Caffetteria pasticceria – Luna

                                                           Barbiere – Roberta

                                                           Electric 2000

                                                           Tabaccheria –Bottega Italiana

                                                           Idraulica- F.lli Reggiani

                                                           Calzoleria – Neo 71

                                                           Chiuso                                              ex agenzia turistica

                                                           Abbigliamento

                                                           Arredamento – Interior

                                                           Abbigliamento

                                                           Ristorante – Vintage- pesce

                                                           Gioielleria Canè

                                                           Solo vetrina  – Gioielleria Canè

                                                           Abbigliamento – intimo

                                                           Bigiotteria

                                                           Fioraia

                                                           Edicola

                                                           Parrucchiera – Marisa

Via Silvio Pellico                            Ufficio Pompe funebri – L’umanitaria

Via dei Mille                                               Pizzeria – Kebab

                                                           Meccanico – Euro Moto

                                                           Enoteca

                                                           Pony express – Salieri

                                                           Chiuso                                              ex pasta fresca        

Via Mazzini – v. Bologna-sud      Telefonia – Vodafon

                                                           Chiuso                                              ex ufficio

                                                           Chiuso                                              ex distrib. acque min.

                                                           Tabaccheria

                                                           Estetica – Aries

                                                           Ristorante- cinese

                                                           Caffè Corona

                                                           Ufficio

                                                           Ufficio – Intervacum

                                                           Caccia e Pesca – Conti

                                                           Sartoria

                                                           Chiuso

                                                           Chiuso

                                                           Agenzia scommesse

                                                           Parrucchiere cinese

-nord       Farmacia

Ufficio Auser

                 Panetteria Bacci

                                                           Lavasecco

                                                           Negozio di animali

                                                           Riparazione calzature

                                                           Ufficio  – Rizomedia

                                                           Tatuaggi

                                                           Fruttivendolo

 Via Mazzini – v. Imola -sud         Bar – angolo via Cavour

                                                           Parrucchiera

                                                           Macelleria ovina – Baldazzi

                                                           Bar Aurora

                                                           Chiuso

                                                           Agenzia Pompe funebri – Antica Rosa

                                                           Chiuso

                                                           Protesi acustiche

                                                           Tabaccheria

                                                           Alibi caffè                                        chiude al 31.12

                                                           Forno  – L’angolo del cuore

                                                           Parrucchiere- Cristian

                                                           Chiuso                                              ex studi medici

                                                           Studio dentistico

                                               -nord  Ambulatori medici (cortile ex Badiali)

            Parrucchiera                 “               “

                                                           Agenzia immobiliare  -SIR

                                                           Libreria Atlantide

Via Curiel                                        Trattoria, Pizzeria – Wilma

                                                           Uffici – Confartigianato

Via Gramsci                                    Pizzeria- Il Rifugio

                                                           Parrucchiera

                                                           Agenzia immobiliare

                                                           Macelleria musulmana

Via Volta                                          ANT – Abbigliamento usato e varie

Via San Pietro                                 Chiuso                                              ex negozio di tende

                                                           Chiuso                                              ex Simsalibin

                                                           Chiuso                                              ex – CIA

                                                           Falegname – Casadio Loreti Tino

Bigiotteria

                                                           Parrucchiere

                                                           Stireria del Borgo

Viale Roma –lato nord                   Banca Popolare Emilia Romagna

                                                           Agenzia Alianz

                                                           Diversi locati vuoti al p.t.              ex mulino Viaggi

                                                           Ambulatorio- clinica odontoiatrica

                                                           Agenzia Immobiliare Monti

                                                           Bachery caffè

Torteria Simo

                                                           Bar Time out

                                                           Chiuso                                              uffici ex CESI

                                                           COOP            

           lato sud                      Studio grafico

                                                           Estetista  – Paola

Via F.lli Cervi                                 Fotocopie, eliografie – Centro Arcobaleno

Totale locali aperti        ………………….              n. 233

Totale locali chiusi………………….              “    38 *

Totale locali in centro………………             n. 271*

(*)  più quelli al piano terra dell’edificio ex Mulino Viaggi         ??

SINTESI TIPOLOGICA

 Parte prima                                      Artigiani vari –  servizi  – uffici

1   Ambulatori medici                                            n.         5

2   Barbieri, parrucchieri                                       “       18

3   Calzolai per riparazioni                                    “          2

4   Estetiste                                                              “          4

5   Fotografi                                                             “          2

6   Fornai – pasticceri  (5+2 rivendite)               “          7

7   Gelatai                                                                “          2

8   Istruttori Scuola guida                                      “          2

9   Laboratori di Sartoria                                       “          5

10 Lavanderie-stirerie                                           “          5

                                                                                  n.      52

11 Uffici: Vari                             36

                 Banche                 5

                  Posta                              1                    “       42

 Attività uniche:

 12            Eliografia, fotocopie     1

 13            Falegname                      1

 14            Meccanico moto            1

 15            Pasta fresca                    1

 16            Rosticceria                     1

 17            Poni express e varie      1

 18            Riparaz. Elettron.          1

 19            Tatuaggi                          1

 20            Riproduzione chiavi     1

 21            Costruzione  cornici     1                     “       10                       n.        104

Solo vetrine, staccate dal negozio principale                                       “             6

                                                                                                                        n.       110

Parte seconda          Locali di ristoro – negozi alimentari –  e negozi vari

Locali di ristoro:

 1               Caffè, pub, enoteche   22

 2               Ristoranti, pizzerie      11

 3               Pizzerie da asporto        5                     n.      38

 4  Formaggerie                                                       “          2

 5  Frutta e verdura                                                 “          4

 6  Macellerie                                                          “          2

 7  Salumerie                                                           “          2

 8  Market                                                                “          3

 9  Abbigliamento                                                   “       15

10 Bigiotteria                                                          “          2

11 Farmacie, parafarmacie, sanitas                     “          5

12 Ferramenta                                                         “          2

13 Fiorai                                                                  “          4

14 Erboristerie                                                        “          2

15 Edicole                                                               “          3

16 Gioiellerie,oreficerie                                        “          6

17 Mercerie                                                             “          2

18 Ottica                                                                  “          3

19 Profumerie, pelletterie                                     “          3

20 Tabaccherie                                                       “          4

21 Telefonia mobile                                               “          2

22 Prodotti naturali                                                “          2         

                                                                                  n.    106

Negozi unici:

23 Materiali idraulici                     1

24 Calzoleria                                    1

25 Caccia e pesca                           1

26 Cartoleria                                   1

27 Casalinghi                                   1

28 Cassette film a nolo                  1

29 Elettricista,elettrodomestici     1

30 Animali                                       1

31 Equo solidale                             1

32 Cose d’arredo                            1

33 Oggetti vari                                 1

34 Dischi ed elettrodom.               1

35 Cose per il caffè                        1

36 Cose d’arredamento                  1

37 Distributore latte                        1

38 Libreria                                       1

39 Cinema                                        1                     n.         17                   n.         123

Totale locali utilizzati (da 62 diverse attività) ………….                  n.         233

Totale locali vuoti ………………………………………                   “            38 *

Totale locali  in centro …………………………………                    n.         271 *

(*) A cui si aggiungono i locali vuoti dell’ex edificio Viaggi            “          ? ?

SINTESI PER STRADE

                                                           Aperti   Solo vetrina  Chiusi          Totale

-Dalla Montagnola alla torre

Via Matteotti                                     54                 2                6                 62

Via San Martino                                10                                  4                 14

Via Palestro                                       11                                   1                 12

Via Manzoni                                      10                 1                                   11

Via Ugo Bassi                                    10                                   2                 12

Via Oberdan                                        2                                                         2

Via Marconi                                         7                                   1                   8

Piazzale Andrea Costa                       3                                                         3

Piazzale Vittorio Veneto                   3                                   1                   4

Piazza Galilei                                      1                                                         1

Via Ramazzotti                                    1                                                        1

Piazza Acquaderni                              3                                                         3

Via San Francesco                              2                                   1                   3

Piazza  XX Settembre                         3                                   1                    4

Via Pietro Inviti                                   2                                                         2

Piazza Galvani                                    4                                                         4

Piazza Martiri  sud                              2                                                         2

                                                           128                 3             17               148

-Dalla torre a via Mazzini

Piazza Martiri  nord                          2                                  1                    3

Piazza Garibaldi                                  5                                                         5

Via Cavour                                         31                 3               7                  41

Via Silvio Pellico                                1                                                         1

Via Dei Mille                                       4                                  1                    5

Via Mazzini                                       34                                  8                  42

Via Curiel                                             2                                                         2

Via Gramsci                                         4                                                         4

Via Volta                                              1                                                         1

Via San Pietro                                      4                                 3                     7

Viale Roma                                        10                                 1*                 11*

Via Fratelli Cervi                                1                                                         1

                                                             99                 3             21                123

Totale ……………………            227                6            38                271*

(*) Più Locali vuoti ex mulino Viaggi

TENTATIVO DI CONFRONTARE IL NUMERO E IL TIPO DI BOTTEGHE ESISTENTI AL TEMPO DELLA GUERRA E QUELLE ESISTENTI A FINE 2017

Riferite al solo Centro Storico

Botteghe spostatesi nelle zone nuove fuori centro storico  (qualcuna avrà anche chiuso)

Fabbri                                    4

Falegnami (11-1)   10

Lattonieri, vetrai      2

Meccanici auto        2

Marmisti                   1        19

Botteghe cessate per attività non più richieste o praticate in altro modo fuori centro

Arrotini                     3

Canapini                   3

Forno savoiardi       1

Granaglie                 3

Maniscalchi              2

Meccanici bici         5

Sellai                         2

Mulini                                   2

Mobili usati              3

Macelleria equina   1

Botteghino Lotto     1

Cappellerie               2

Carbonai                   3          31

Totale………………                       50                                                                  –          50

  Anni ‘40   –  fine   2017

Botteghe di artigiani-commercianti

Barbieri/e-Parrucchieri/e               16                  18

Calzolai                                               4                    2

Fornai +panetterie                             5                    5+2

Falegnami                                            1                    1

Fotografi                                              2                     2

Gelatai                                                 4                    2

Lavasecco                                           3                    5

Tipografia-eliografia                         1                    1

                                                            36                  38

Corniciai                                                                    1

Estetiste                                                                     4

Laboratori di sartoria                                               5

Pasta fresca                                                               1

Meccanico moto                                                       1

Poni express e varie                                                             1

Riparazioni elettroniche                                         1

Riproduzione chiavi                                                            1

Rosticceria                                                                1

Tatuaggi                                                                      1

Totale ………………..                   36                   55                                           +         19                                          

Locali utilizzati ad uffici

Uffici  vari                                       5                    42

Ambulatori medici                                                   5

Scuole guida                                                              2

Totale……………….                       5                   49                                           +         44

Locali di accoglienza

Osterie,trattorie,pizzerie                21                   11

Caffè, bar, tavole calde                  12                   22

Pizzerie da asporto                                                   5

Totale………………..                    33                   38                                           +           5

Botteghe di generi alimentari

Drogherie, tabaccherie                     8                     4

Fruttivendoli                                                 4                     4

Lattai- formaggiai                             3                     2

Macellerie bovine                             6                     2

Macellerie ovine                               3                     1

Salumerie                                          5                     2

Market                                                1                     3

Totale ………………                     30                   18                                           –          12

Botteghe e negozi vari

Abbigliamento, mercerie                 5                   17

Caccia e pesca                                   1                     1

Calzolerie                                           2                     1

Cartolerie                                           2                     1

Casalinghi                                          2                     1

Cinema                                               1                     1

Negozi da elettricisti                        1                      1

Negozi da fontanieri                         1                     1

Farmacie, para farmacie, Sanitas    2                     5

Fiorai                                                  2                     4

Ferramenta                                         1                     2

Edicole                                               2                     3

Orefici                                                2                      6

                                                           24                   44

Bigiotterie                                                                  2

Erboristerie                                                               2

Ottica                                                                          3

Profumerie                                                                 3

Telefonia                                                                   2

Prodotti naturali                                                       2

Nolo cassette film                                                   1

Distributore latte                                                     1

Animali                                                                     1

Equo solidale                                                           1

Cose d’arredo                                                          1

Oggetti vari                                                               1

Dischi ed elettrodomestici                                     1

Cose per il caffè                                                      1

Libreria                                                                      1

Totale……………..                        24                  67                                           +         43

Solo vetrine  (separate dal negozio)                      6                                           +           6

                                                                                                                                 ———–

TOTALE COMPLESSIVO 178             233                                            +         55

Scaletta

Premessa

  1. Piacere di scrivere: “Storia della mia famiglia” – “C’era una volta il mio paese” – “C’era una volta la gente di campagna”.
  2. I miei sono ricordi: come tali riproducono nella mente immagini, sensazioni e nozioni del passato.
  3. La  storia invece fa un collegamento di fatti con elementi documentabili. Io non ho fatto ricerche di archivio,  i periodi temporali sono approssimativi.
  4. Questo lavoro quindi è una raccolta spontanea di ricordi e non mi è stato  commissionato  da nessuno.
  5. Dopo la stampa, ne ho fatto avere alcune copie al Sindaco, poi  ad alcuni amici, fra cui qualche negoziante  e a persone che me  le chedevano.
  6. Da questi passaggi, siamo arrivati a questa sera, cioè mi è stata chiesta la disponibilità ad illustrare  il lavoro.

Come si sviluppa

  1. Bottega: sono così detti i locali al piano terreno sulla pubblica via o sotto i portici, che ospitano laboratori artigianli e il commercio (deriva da una parola  greca e poi latina e significa: deposito). Negozio invece è composto da due parole latine che vogliono dire: non ozio
  2. Le botteghe prese in esame stanno dentro il perimetro circoscritto dalle vie: Silvio Pellico, Carducci, Montagnola, Marconi, dei Mille, Mazzini, con punte in via Gramsci, Curiel,  F.lli Cervi e Roma). Cioè solo Centro storico.

Ho escluso la Circonvallazione, Viale Terme e tutte le altre zone di sviluppo urbanistico.

  • I capitoli sono dedicati a:

-Botteghe artigiane: quelle di produzione di beni e    prestazioni di servizi.

– Osterie, caffè, tabaccherie.

– Botteghe di generi alimentari e  non alimentari.

Come curiositàC’è un poco di storia dei singoli mestieri artigianali e delle attività commerciali.

Qualche aneddoto.

Sono inseriti anche soprannomi di artigiani e negozianti.

I  titoli e il nome dei mestieri fugurano tradotti in dialettIl colore del grembiule, la giacchetta o della tuta, distinguevano le diverse categorie di artigiani e negozianti.

————

 

Nel ragionare sui confronti va ricordato che dopo la guerra Castello era sui 13.000 abitanti, ora sono più di 20.000.