Lom a Merz 28/02/2017
Il rito di fare luce a marzo affonda le sue radici nelle remote tradizioni europee di accensione di fuochi lustrali e propiziatori all’inizio del nuovo anno che coincideva anche con l’arrivo della primavera.
Presso i romani , fino al 153 aC, l’anno cominciava il primo giorno di marzo,allora si accendevano fuochi in onore di Cerere dea dei campi edi Marte , dio della guerra ma anche protettore della natura e della fertilità, lo stesso facevano i Celti per ringraziare i loro dei per il risveglio della natura.
Nelle nostre zone e, in particolar modo in Romagna, si rinnova l’antico rito di far luce al mese di marzo affinchè veda la strada per arrivare a sconfiggere il gelo, perché la luce prenda il sopravvento sul buio,per avere un raccolto abbondante .
All’imbrunire dell’ultimo giorno di febbraio , si preparano “al fugaren” grandi falò , si incendiano, cantando canzoni rituali quali: “ Lume , lume a marzo, una spiga produca una bica,una bica una bichetta, ogni spiga un quartirolo”, testo risalente all’inizio dell’8oo . Oltre ai falò, un tempo, si facevano manipoli di paglia , legati all’estremità di un palo e li si portavano ovunque, in altre zone i ragazzi tracciavano una grande croce sul posto in cui il falò era bruciato, per evitare che il diavolo andasse a ballare sulla cenere , pronunciavano le seguenti parole: “Croce di legno, croce di ferro la Madonna sempre il diavolo mai” a tutela del potere propiziatorio del falò.
Nel fare lom a merz si compenetravano tradizioni pagane e cristiane, i nostri contadini cercavano nel sacro la protezione del raccolto e la conseguente sopravvivenza della famiglia senza escludere usi e consuetudini del mondo precristiano.