ERCOLE OTTAVIO VALERIO CAVAZZA

RACCOLTO DI MEMORIE ISTORICHE di CASTEL SAN PIETRO Volume 4°

Trascrizione a cura di Eolo Zuppiroli.

Prefazione
Questo quarto volume è il Raccolto dei 17 anni che vanno dal 1776 al 1792. Il periodo considerato si sta notevolmente accorciando, mentre sempre più il Cavazza diventa testimone privilegiato.
E’ nato l’anno 1735, nel 1776 ha 41 anni, da 20 è notaio, da 18 consigliere del Consiglio della Comunità, nel 1779 sarà per la prima volta Console. Le notizie che ci da, a parte il loro interesse per noi, sono di prima mano e, per quanto riguarda fatti castellani, certamente affidabili.
Il periodo è abbastanza tranquillo, i conflitti importanti si svolgono lontano, in America con la guerra di indipendenza (1776/1780) o dalle parti della Crimea tra Impero Russo e Turco.
E’ però in arrivo un avvenimento sconvolgente, la rivoluzione francese del 1789. I sentori a Castello si cominciano ad intuire solo nell’anno successivo 1790 con notizie di rivolta ad Avignone, possedimento papale in Francia, volantini sovversivi a Roma e Bologna. Arrivano notizie vaghe su un certo Avvocato Rovespierre.
Negli anni successivi le notizie si fanno più precise, arrivano fuggiaschi francesi e, come succedeva anche allora, le autorità timorose si preoccupano di chiudere i confini, nel nostro caso verso la Romagna. Poi si accorgono che lasciare fuori i religiosi perseguitati dai giacobini non è proprio opportuno. C’è però il dubbio se siano davvero religiosi e non piuttosto furbetti o addirittura propagandisti delle idee rivoluzionarie o comunque spie. Si fanno quindi gli opportuni esami sulla conoscenza dei riti cattolici.
A Castello arrivano anche due preti francesi che danno sicure prove della loro identità e raccontano le cose strane che fanno i francesi, framassoni e giacobini, come l’albero della Libertà e le nuove monete di carta.
In ambito locale l’avvenimento più clamoroso di questi anni è il terremoto di martedì 1° giugno 1779. Le prime due scosse sono sentite verso mezzanotte e sono molto forti, altra scossa 2 ore dopo, poi la mattina altre più deboli, le scosse di assestamento si susseguiranno per tutta la settimana poi a intervalli più lunghi per diversi mesi.
Il rendiconto del Cavazza è molto dettagliato, la gente fugge dalle case, si attendano negli spazi aperti, la piazza, il mercato dei bovini davanti al Cassero. Le cerimonie religiose, molte e con numerosissima partecipazione, si svolgono su altari provvisori all’aperto. Lo spavento è stato tanto, per fortuna non ci sono state vittime, i danni hanno riguardato i camini e gli edifici più grandi cioè le chiese, che hanno subito lesioni ma sono rimaste in piedi.
E’ nell’immediatezza di questo sconvolgimento che viene deciso, in ringraziamento per lo scampato pericolo di erigere in piazza una colonna su cui porre una statua della madonna. La cosa non sarà immediata, occorrerà permesso del Senato, del Legato, della Comunità, trovare denaro, progettare ma finalmente 5 anni dopo il 1° settembre 1784 verrà, sulla colonna, scoperta la statua che allora fu eseguita in terracotta.
Altra opera pubblica che è giunta fino a noi è l’apertura della entrata al Castello sotto la torre. Più giustamente si tratto di riapertura perché era stata richiusa all’inizio del 1400 durante la ristrutturazione di tutto l’apparato difensivo del Castello, per una migliore difesa dell’ingresso.
L’ipotesi di apertura prese corpo nel 1776 e incontrò due problemi. Il primo era il dubbio sulla stabilità della torre che fu subito sciolto da una opportuna perizia. Il secondo era la proprietà della torre e annessi. Proprietari erano divenuti nel XVII secolo, e non si sa perché, i conti Malvasia. La soluzione fu trovata in un contratto di enfiteusi rogato il 9 agosto 1780 dal notaio Ercole Cavazza, come risulta inciso nella lapide che fu affissa all’interno del nuovo passaggio. La porta sarà poi inaugurata il 22 maggio 1782. Anche allora tra il dire e il fare.. soprattutto nelle opere pubbliche.
Ora che la Comunità aveva la disponibilità della torre si decise di ornarla di un orologio moderno con due sfere, una per le ore e l’altra per i minuti mantenendo comunque la mostra con sei ore.
Nel 1778 arriva a Bologna un giovane Legato, Ignazio Boncompagni Lodovisi che oltre ai soliti offici ha il compito di risanare le finanze della legazione. Il suo intervento provoca la forte opposizione del ceto senatorio e delle corporazioni laiche e religiose. Infatti si propone, eliminando molte tasse dirette di aumentare le entrate, con tasse progressive sulle proprietà agrarie iniziando la creazione di un moderno catasto che doveva verificare lo stato e l’estensione dei poderi, togliendo tutte le esenzioni e i privilegi di nobili ed enti religiosi. Non solo ma intende togliere vincoli al libero commercio e circolazione delle merci.
La cosa interessava molto i Castellani che si trovavano sempre impediti nel commercio della canapa, dei bachi da seta, delle pelli ecc. dalle corporazioni bolognesi. Un piccolo risultato di queste nuove norme fu la nascita l’anno 1781 nel Borgo di una fabbrica di veli di seta, assoluta riserva bolognese, con 12 telai.
Il prossimo 1793 sarà ancora un anno abbastanza tranquillo rispetto a quando nel 1796 arriveranno i francesi .
Per prevenire i prossimi tempi tempestosi il nostro Cavazza aggiunge “in appendice” alcuni pronostici e profezie. C’è il famoso Nostradamo, S. Margherita da Cortona, un sacerdote svizzero ma il più sostanzioso è quello di S. Malachia Vescovo, riguardante i papi, che va dal 1143 al 1800 con facoltà di andare oltre fino all’ultimo prima del giudizio universale.
Eolo Zuppiroli
marzo 2020

RACCOLTO
DI MEMORIE ISTORICHE DI
CASTEL S. PIETRO SUL BOLOGNESE
Compillate e scritte da me
Ercole Ottavio Valerio Cavazza dello stesso castello
Dall’Anno 1776 fino all’anno 1793

1776
Adi primo genaro, secondo il solito dandosi il possesso ai novi officiali per l’anno presente, il sacerdote D. Domenico Lugatti priore del SS.mo, ottenuto il governo, fece cantare ad alta voce S. Maria Lauretana, colla quale invocazione volle significare, secondo l’uso antico di questa compagnia, che il priore voleva andare col miracoloso crocefisso alla S. Casa di Loreto a proprie spese, contribuendo solo la compagnia le cappe, stendardi e il regalo alla Santa Casa e nel resto il priore.
Adi 6 genaro li supressi della compagnia di S. Cattarina, affine di potere confabulare in unione, diedero suplica all’E.mo Branciforti Legato di potersi fra loro unire in figura di congregazione per trattare e deputar anco legale caso occoresse, e tale congregazione fare nella casa abitata da Prospero Posolini contigua a quella mia o in altro loco. La suplica fu suretizia poiché in essa non si espressero le proibizioni contenute nel Breve apostolico di supressione e li precetti successivamente seguiti per la parte del vescovato come agli atti Sachetti. Il Legato rescrisse benignamente e li 18 d. si tenne una picola sessione in tempo noturno.
Adì 21 d. in questa arcipretale si fecero solennissime esequie all’E.mo Malvezzi con apparato a lutto e torcie a spese dell’arciprete e vicariato di questo Castello, concorrendovi infinità di celebranti. Eravi in mezo la chiesa un alto catafalco contornato di torcie, in cima del medesimo eravi un cossino con mitra dorata e croce e pastorale incrociato sopra, per la chiesa eranvi le armi del defunto pastore, tutta la chieresia assistiva alla funzione che fece l’arciprete Domenico Cervelati di S. Martino di Pieve di Riolo, dall’altra parte assistevano il nostro arciprete D. Bartolomeo Calisti vicario foraneo con mantelletta e stola, seguivano poi li altri curati tutti del Vicariato. Fori del prebitero erano otto cantori, vi andarono le religioni claustrali, tutti li preti e li exgesuiti a celebrare, a loro fu data bella cera.
Terminata la funzione seguì una copiosa neve, la quale durò a cadere fino al giorno d’oggi primo febbraro con orido freddo per cui gelavasi il vino, aceto e liquore.
Giunse contemporaneamente lettera della E.ma Assonteria di Governo significante essere stato deputato a questi affari pubblici il Cavaliere Senatore Marchese Vitale de’ Buoi. Al med. la Comunità diresse li consiglieri Flaminio Fabbri e Vincenzo Mondini a prestarle ossequio in nome pubblico e a pregarlo per la permuta della inghiarazione nella condotta di sassi e sabbia per la selciata del Borgo.
Si scrisse altresì al senat. Malvezzi che ne procurasse la grazia giachè l’anno scorso al tempo del suo governo ne aveva date bone speranze. L’uno e l’altro senatore si offerse pronto a secondare le premure del paese, ma per che Castel S. Pietro era obbligato al senatore de’ Buoi per la via nova ne suoi beni fatta nella villa di Poggio, fu sugerito che si addimandasse la inghiarazione dei due comuni di Varignana di sopra e di sotto, che formano pertiche 200 di ghiara, le quali ripartite a carra 4 a pertica, venivano ad essere appunto sufficienti per la strada del Borgo dalla porta del Castello fino all’oratorio della SS.ma Annunziata, che sono pertiche 50 quadre di selciata, lo che si fece fino sotto il di 23 andante.
Adi 24 fu terminato il bell’altare novo in questa arcipretale per il legato del fu D. Giuseppe Cariglia exgesuita affine di colocarvi un imagine di M. V. Addolorata. La manifatura e invenzione del disegno e sua esecuzione è opera di Antonio Lepori luganese, discepolo del fu Giovan Battista Canepa, che di sua mercede ebbe lire trecentodieci quattrini moneta di Bologna.
Adì 5 marzo inerendo la Comunità ad un suo consulto fatto l’anno scorso per abbassare la via destra all’ingresso del Castello inferiore e interire la fossa affine di ridurla a piazza per il mercato de bovini, cominciò il Console di quella sig. Agostino Ronchi assieme colli coleghi sig. Giuseppe Vachi, cap. Lorenzo Graffi, Ottavio Dall’Oppio e me Ercole Cavazza a fare sbassare d. strada a proprie spese per non aggravare la spesa publica.
Il lavoro, essendo di piacere al popolo, fece sì che molti contribuirono alla spesa e furono molti contadini che, da sud. comunisti pregati e pagati in parte, concorsero colle fatiche di birozze, opere, arature, biolcate e simili onde la spesa in tutto amontò alla somma di lire quaranta moneta bol.
Adi 8 d. essendosi inoltrato in questo comune il male ne’ bovini e dilatato molto venendo a medesimi una vescichetta in bocca nella lingua, gengiva e labbri, ne fu perciò dato avviso all’Assonteria di Sanità.
Adi 9 d. passò di quivi andando a Bologna l’E.mo Card. Ignazio Boncompagni, il quale lasciò l’avviso come nella Congregazione dell’Aque per il taglio reale era nato il decreto che tutti i terreni sotto la via Emilia cominciando dal Silaro andando fino al Senio, fiume di Castel Bolognese, pagassero soldi due per ogni tornatura di agravio.
Adi 10 marzo l’Assonteria di Sanità rescrisse alla Comunità per la invigilanza delle bestie attacate, al qual effetto spedì Bando colla ricetta del medicamento.
Adi 14 d. la Comunità diede suplica all’Assonteria di Governo per colocare il mercato de pollami nella publica piazza levandola di sotto li portici e così pure per la pescaria del pesce fresco per colocarla sotto la porta del Castello.
Adi 20 Aprile, essendosi inoltrato novamente in questo comune Battista Cerè, detto volgarmente Peschiera e Limbruno, di questo loco giovinastro feroce ed assaltando genti alla via, alle case ed anco in Castello, per cui nessuno ardiva nelle genti caminar di notte e alla campagna pochi senz’armi, fu perciò preso di mira da alcuni di questo Castello. Furono Sandrone Ruggi e Domenico Cenni, detto Gattino, quali tenendo la di lui traccia fino a Russi verso Castenaso, ove la notte con altri cinque compagni il d. Limbruno aveva assalito una famiglia, ma indarno. Fu in quei contorni, con stratagemma del d. Ruggi e Giuseppe Mingoni di questo loco, detto Mazzal’omo, e con Gattino, ferocemente assalito colli altri compagni. Fece argine qualche tempo il Limbruno coll’armi da taglio e suoi compagni ma, sopragiunto rinforzo di quei villani maltratati, venne il Limbruno di Peschiera cedere e lasciarsi, dopo lungo strepito, caturare.
Fu indi condotto a Castel S. Pietro in questo carcere e consegnato al publico esecutore, di dove fu poi ricevuto dalla Curia il di 29 e menato alla città, non avendo finora potuto la sbirraglia fermare l’impeto di costui e suoi compagni banditi.
Fu publicato in questo tempo il Giubileo universale con delega di dare alla visita di quattro chiese in Bologna quindici volte in termine di sei mesi, che scadevano a tutto li 21 ottobre. Le chiese sono S. Pietro, S. Petronio, S. M. Maggiore e le monache del Corpus Domini.
Adi 5 maggio, prima domenica, si scoperse l’altare di scoltura nella arcipretale in cornu epistole, fatta secondo il testamento di D. Giuseppe Cariglio sacerdote exgesuita messicano, come per rogito di Ser _ Rampionesi not. di Bologna. La scoltura e dissegno fu di G. Battista Lepori luganese. In tale circostanza essendosi fatta una bellissima imagine di stucco portatile della B. V. Addolorata, fu questa levata dalla chiesa dell’Annunziata con processione di tutto il clero e 20 exgesuiti, la compagnia del SS.mo Rosario e a suono di trombe e tamburi con infinità di popolo portata in Castello a d. arcipretale al suo altare, ove si cantò messa solenne in musica da D. Gio. Ravedilta exgesuita, assistita in forma dall’arciprete Abbat. Francesco Calderoni e Abb. Marchese D. Giuseppe Castagnizza exgesuiti. Fuvvi grandissimo concorso, fu colocata nella sua nichia coperta da saracina dipinta da _ Varotti bolognese. In tale ocasione vi fece la seguente composizione da Francesco Conti. Aimè che sento! Il tuo diletto figlio a morte tratto sul Calvario monte e teco non avrò bagnato il ciglio soferti da lui martirio ed onta Vergine, a me fu questo breve esiglio dona di pianto inessicabil fonte. Figlia d’alto (…), come al Car….. sgorghin dagli ochi miei lacrime pronte che se il pianto è quaggiù d’un aspra guerra fine e principio d’un alto soggiorno Vergin il pianto in me apri e disserra. Fu in tale solennità di messa celebrato erudito panegirico sopra i dolori di M. V. del P. M. Pellegrino Fachini servita bolognese e riescì la funzione assai bella. Il doppo pranzo poi si fece solenne processione con d. imagine solo per il Castello dove era un infinito popolo, condusse la processione l’arciconfraternita del SS.mo Rosario e in piazza diede su alto palco la S. Benedizione. Adì 19 maggio la Comunità attesa la determinazione parochiale di fare la processione del Corpus Domini nel quartiere superiore di questo Castello, cioè per la via Maggiore alla porta Montanara, e voltando dietro le mura e discendendo per piazza Liana, a piazza Maggiore del Castello e questa traversando fino alla parocchiale med., la Comunità fece ristorare la facciata della porta Montanara del Castello nella facia interiore di esso, alzando e dilattando l’apertura un piede per ogni parte. In tale circostanza, per facilitare il corso della processione dietro il teraglio delle mura fino alla via di piazza Liana, la comunità ottenne dal senatore Vitale de’ Buoi l’assegno di N. venti miglie di questi nostri contadini del Comune per trasportare via N. 50 birozze da scrocco nella fossa avvanti il palazzo Malvasia levandolo da d. teraglio. L’incombenza fu data al figlio del Cap. Lorenzo Graffi. Li Padri Bernabiti pure, sucessori nel possesso delle case Morelli in questa pubblica piazza, edificate nel suolo della rocca pubblica, ed affette non solo ad un annuo canone al Senato, ma anco in caso di soldatesche affette, per il ristoro de paesani, al quartiere per le truppe facendovi sgombrare in tali circostanze tutti li inquilini come è andato del 1708, del 1735 e 1743 al 1746. Nel prospetto delle quali case verso la piazza vi erano li stemmi del papa Gregorio XIII, del Card. Casoni Legato, del vice legato e del Senato con iscrizione sotto affatto sdruscita indicante tal asserzione. Furono tutti questi monumenti levati da muratori e colla calce cancellati.
Adi 27 d. essendosi da Fedele Gattia, D. Luigi sacerdote Facendi, D. Francesco diacono Inviti con altri suoi compagni imparata la bella tragedia del P. Gio. Granelli gesuita titolata: Sedecia, ultimo re di Giuda, ed avendo ottenuta la licenza del vescovo di far la rapresentazione nell’oratorio di S. Cattarina perché era inoperoso.
Li supressi della compagnia di d. oratorio, avendo ottenuto dal Papa il Rescritto per avere l’aperizione della Bocca affine di impugnare non meno il decreto di visita pastorale dell’E.mo Malvezzi, ma anco il breve di Clemente XIV confirmatorio, il qual Rescritto essendo stato spedito a questo mons. Vescovo pro informatione et voto, cominciarono a sussurrare per la concessione di tal’oratorio all’effetto di d. rappresentazione, opponendosi per via indiretta. Ciò non ostante seguì la recita.
In appresso li supressi spedirono legale al vescovo con rapresentanze eronee e malevoli, onde essendosi sospese le recite avvenire, furono costretti li recitanti, spaleggiati dal paese, fare suplica formale al vescovo facendole costare la perfidia, torbidezza e sedizione de med. supressi, onde il vescovo adirato scrisse all’arciprete che facesse andar avanti i recitanti nelle rappresentazioni non ostante qualunque istanza in contrario.
Un tal fatto procacciò una non poca comozione nel paese contro i supressi, alla testa de quali vi era Francesco di Lorenzo Conti, Roco e Gianfranco Andrini fratelli.
Li aministratori della sudetta compagnia, avendo presentito la spedizione del piego dal Papa per la riforma della compagnia al vescovo, adunati nella canonica della arcipretale fecero elezione e procura nel sig. Savino Savini, altro del ceto suo, affine di sciegliere legali per la validità e sussistenza della supressione, come ne appare da mio rogito.
Adì 6 giugno, giovedì giorno del Corpus Domini, non essendosi potuto compiere il lavoro delle fabriche e abellimento dalla arcipretale fino alla porta di sopra d. porta Montanara e dondi volgendosi dietro la mura giù per la piazza Liana alla piazza, fu perciò differita la processione alla domenica sucessiva, domenica 9 d., in cui fu ultimato il tutto e spianato il teraglio della mura al di dentro contro capucini.
Tutti assestarono le case e appararono anco i portici eccetto li frati di S. Bartolomeo che non volero far niente, onde li paesani titubavano contro li frati e li schernivano con motteggi. La funzione fu più decorosa dell’anno scorso.
Li supressi di S. Cattarina non cessando di tempestare il Vescovo di Bologna con memoriali orbi, lettere anonime contro cod. arciprete, si mossero vari onesti galantuomini e più d’ogni altri degni di fede e di moto proprio fecero al med Vescovo una esatta informazione della onesta condotta e cura pastorale del med. paroco.
Adì 14 avendo il sig. cap. Lorenzo Graffi riferito in publico consilio come il Bando della permuta del mercato de comestibili era stato stampato per trasferire quello nella piazza e così pure la pescaria sotto i laterali della porta di sotto, fu ciò di sommo piacere a tutti. Susseguentemente aggiunse che avendo avuto discorso col sig. senatore de’ Buoi circa le cose del paese e segnatamente dell’intavolato contratto di emfiteusi col sig. sen. Malvasia per la torre, al fine di colocarvi l’orologio publico e farvi altresì al di sotto l’apertura per la porta, affine di avere un retilineo per la via Maggiore che dal Borgo introduce in Castello ed avendone riportato dal sig. senatore addimostranze piacevoli, soggiunse che per effettuare meglio le cose, essendovi necessario il consenso della Ec.ma Ass.ria, sarebbe stato cosa proficua prima d’inoltrarsi nel contrato, scoprirne la mente della med. Ass.ria, medesimamente il sig. sen. de’ Buoi, il quale avendo buone parole, in ocasione che passava per queste parti alla volta di Romagna coll’architeto publico Giacomo Dotti, avrebbe anco con esso fatto osservare il lavoro e li edifici affine di farne la relazione all’Ec.ma Assonteria in caso di occorenza. Lo che proposto in Consilio fu da questi pochi tutti di unanime volere determinato che si scrivesse prontamente al senatore e si pregasse di intender il tutto e perorare a nostro vantaggio, come già si fece.
Oltre ciò li med. consilieri per il piacere di tanto si offersero alla rinoncia del proprio onorario di console qualvolta ne fossero sortiti dalla borsa del consolato e furono il sig. Agostino Ronchi Console, sig. Cap. Lorenzo Graffi, sig. Gio. Calanchi, io Ercole Cavazza e sig. Ottavio Dall’Oppio.
Adì 24 d. fu chiamato il Consiglio e, convocato in N. di sette, fu estratto console il sud sig. Calanchi il quale a prima vista ricusò accettare stante il di lui pregiudizio nell’udito, ma animato dagli altri coleghi per la cordialità de med., non ostante la sua grave sordità, accettò l’impegno.
Adì 26 il console Ronchi ordinò che, avendo conseguito il Bando per la permuta del mercato ed in esso la invigilanza del V. Podestà per il puntuale adempimento del med. e di più fatte stampare le nove tariffe dell’esazione, che può fare il condutore del mercato e piazza conforme ne’ statuti della Comunità al cap. 19, di scrivere al dott. Paolo Ragani V. Podestà acciò il med. ordinasse a questi suoi conotari l’invigilanza appogiatale per l’adempimento di d. Bando.
Bando che ancora ecitava l’osservanza del Bando de lettami, porci e strade del Castello e come che li merciari ed altre persone venditrici in mercato pagavano indebitamente a rispettivi padroni delle possidenze avanti cui si faceva il mercato un quid per il posto, dovendosi questa contribuzione alla Comunità, così il med. console, a spese della med., fece fare 10 banchetti da colocarsi in piazza per uso di d. merciari.
Nel med. Bando pure ordinandosi che la pescaria di pesce fresco si dovesse fare sotto la porta di sotto lateralmente dandovi li banchi la Comunità, fu per ciò fatto fare tre banchi con le cassette per il pesce, per la cui manutenzione fu tassato soldi due per uomo e soldi due per la bilancia, coll’approvazione dell’Ec.ma Assonteria di Governo a cui erasi scritto per ciò.
Adì 29 giugno, giorno di S. Pietro, furono affissati a suon di tromba li Bandi del mercato e porci e tariffe. Copia de quali hai nelle seguenti pagine. La sera poi fu chiamato Consiglio in cui il console Ronchi deputò il sig. Graffi, sig. Dall’Oppio e me Ercole Cavazza affine di distribuire li posti alli intervenienti al mercato.
Adì primo lulio lunedì la mattina di bon ora li sud. deputati di Comunità andarono colli esecutori alla piazza e distribuirono li posti delli intervenienti al mercato, la cosa fu da tutti piaciuta e plaudita.
Adì 4 d. giovedì, essendosi scritto dalla Comunità alla Ec.ma Assonteria per intendere se avrebbe aderito alla apertura della porta antica sotto la torre, qualvolta si facesse il contratto proposto di enfiteusi perpetua col sig. sen. Conte Giuseppe Malvasia, venne a Castel S. Pietro per ciò il sig. sen. De’ Buoi nostro deputato coll’architeto publico Giacomo Dotti a visitare la d. torre per farne poi la opportuna relazione al Senato. Quindi col d. senatore De’ Buoi, d. Dotti unito al proconsole Ronchi e me Ercole Cavazza entrassimo sotto detta torre e casa anessa a dispiegare le nostre intenzioni pubbliche. Ordinò il d. sen. De’ Buoi che si facesse il memoriale all’Ec.mo Senato, che L’Assonteria di Governo avrebbe per noi favorevolmente informato e rissoluto; poi se ne partì prontamente per Bologna lasciando questo popolo in somma aspettazione e contentezza per le sue premure alla nova porta.
Nel med. giorno attese le premure fatte dai parochi assenti alla città per conseguire il S. Giubileo, il novo vescovo aministrativamente avendo scritto al Papa che, per la scomodezza e distanza dalla città, per li popoli sarìa stato per essi inoperosa la concessione dei tesori di S. Chiesa, non potendo compiere, senza un gravissimo incomodo, la prescritta visita alle chiese destinate in Bologna per il conseguimento del S. Giubileo come nella Bolla. Che però, avendo avuto rescritto pontificio favorevole, furono esentati dalla gita alla città e questa permutata nella visita di quattro chiese nei luoghi dove esistevano se pure vi fossero e quando vi fosse solo la parocchia quella suplisse per tutte le quattro chiese da destinarsi da respettive parochie. In seguito di ciò ne fu affisso l’editto di stensione da cominciarsi il dì primo corente e da finire in ottobre.
Attese le replicate recite dell’opera del Sedecia nell’Oratorio della supressa compagnia di S. Cattarina, essendo stati castigati alcuni ragazzi per corezione a quel tempo dalli nostri esecutori, li quali ragazzi ad insinuazione di alcuni supressi insolentivano colle guardie della porta ed avendone questi, per le loro sassate, ingiurie e violenze sotto alla med. porta, riportate snervate, furono poscia costretti stare in dovere. Ma li d. supressi che avevano ciò insinuato fare, procurarono che li sud. ragazzi dessero querela alli esecutori, lo che non avendo volsuto fare, essi supressi a nome de med. ragazzi diedero in Bologna la querela nel vescovato.
Il Vescovo, informato del fatto, ordinò al suo uditore farne il processo e, perché non acadessero sussuri, fu delegato cod. arciprete V. F. e me notaio a farne il processo criminale come già si è cominciato il giorno d’oggi.
Dalli primi constituti di Filippo Zogoli si ha che erano li capi di di questa insinuazione Gio. Francesco Andrini tenente, Nicola Bertuzzi detto Nicolon Reale, Giacomo Costa, Bartolomeo Giorgi, Luca Gordini, Giocondo Dall’Oppio ed alcuni altri, li quali pagavano biscottini, donavano robba a detti ragazzi per che insolentissero verso le guardie della porta dell’oratorio e gli altri che vi si introducevano facendo forza e ciò per che nascesse scandalo, per oppugnare poi l’arciprete d’imprudente.
Li med. supressi avendo già fin dal principio data suplica al S. Padre per la restituzione ad integrum della loro supressa compagnia, il Papa spedì al vescovo la med. suplica unita con un grosso somario pro voto et informazione. Nella suplica co’ documenti uniti si cerca di provare che il Breve di Clemente XIV sia stato soretizio ed oretizio. Il med. somario col memoriale è stato comunicato a questa parte dell’arciprete per averne le istruzioni contrarie su le quali poi, colle adotte dalli supressi, farà il suo voto. Per questa causa si è spogliato tutto l’archivio di S. Cattarina dove che da documenti uniti a deposizioni si giustificano bastantemente li tre ogetti del parere che si impugnano dai supressi, cioè mala amministrazione, negletta erogazione delle rendite in cause pie e opere e liti e discensioni.
Qual sia per essere il voto ed informazione del vescovo si sentirà in appresso.
Adi 5 lulio, giorno di venerdì, si fece per la prima volta la pescheria di pesce fresco sotto la porta di sotto del Castello da suoi laterali, avendo la Comunità soministrati li banchi opportuni, per ogni posta de quali quando è in uso pagano soldi due li pescivendoli.
La cosa fu plaudita da tutto il paese per essere stata colocata in loro comodo a tutti. Li stessi pescivendoli hanno esultato per che si sono levati da un sito cativo che era a capo del Borgo presso l’oratorio della SS.ma Anunziata allo scoperto sotto li stalicidi dei Lugatti nel cantone della via Maggiore, si perché si sono sgravati da una pensione di tributare tanta parte di pesce ai d. Lugatti che valeva più di soldi due. Si perché d. Lugatti non vi soministravano niente del suo a med. pescivendoli, e così in questa settimana si è data la plenaria esecuzione al novo Bando delli mercati, copia del quale è la anessa in data delli 18 maggio 1776. [A1]
Adi 15 lulio, sicome alcuni del paese e segnatamente quelli delle botteghe avanti le quali eravi il mercato sussuravano per che si vedevano privi di certe colette, così si amutinarono in dieci o dodici e determinarono fare un ricorso al Cardinale e susseguentemente si sforzavano solecitare le genti a non andar in piazza. Però si scrisse all’ Assonteria circa l’approvazione della tassa dei soldi due per ogni posta di banco e conseguentemente si procurarono attestati a pro della Comunità da valersene in ogni caso di bisogno.
Intanto la Comunità non perdette di vista d’affare quest’altra esecuzione, anziché ordinò ai birri caturare chi ripugnava all’obedienza.
Quindi il dì 22 d., giorno di lunedì, essendosi sparsi sotto li portici e non più alla piazza li venditori, furono caturati molti, per lo che li mercati sucessivi andarono tutti alla piazza.
Adi 24 agosto more di rabbia canina Domenica Cuzzani Marzochi, contadina al loco detto il Chioso in questo comune di ragione delli Cavazza di Bologna, colateralmente cugini di me Ercole Cavazza. Questa morì nel 37° giorno dopo essere stata morsicata da cane, né le valsero le operazioni chirurgiche e molto meno le medicinali e polveri contrarie alle rabbie. La d. urlava orridamente e quando sentiva cani bajare, dava in impetuose smanie che niuno la poteva fermare, abboriva tutti il liquidi, per modo che entrando qualcuno in stanza ella sapeva e conosceva dai modi che le produceva la naturalezza, avere questi o aqua o altro elemento liquido in guisa che ella si esortava fugire per oviare alla sua violenza.
Si comunicò il 36 giorno con gran fatica facendo star lungi il sacerdote, ma l’estrema unzione non vi fu uso di poterla ricevere non ostante ella la bramasse.
Adi ventotto d. furono chiamati a Bologna dal Vescovo Rocco Andrini, Francesco Conti e Gio. Francesco Andrini, li primi due, per essere maldicenti dell’arciprete, furono severamente precetati per gli atti criminali, l’ultimo per altre mancanze a causa di donne da bon tempo, per cui era stato processato, e per cagione di alcune insolenze fatte fare da esso lui per alcuni ragazzi alla chiesa di S. Cattarina in tempo che si facevano le recite dell’opera per le quali cose fu processato e coretto strettamente.
Adi primo settembre, giorno di domenica, l’arciprete pubblicò avere determinato le due giornate di sabbato e domenica venture, cioè li 7 e li 8, per due processioni al popolo e compagnie, affine di ricevere il S. Giubileo, coll’andare alla visita delle 4 chiese da lui destinate cioè Arcipretale, S. Bartolomeo, S. Francesco e P.P. Capucini.
In questo fratempo essendosi fatta istanza contro l’arciprete di S. Martino di Pieve di Riolo, volgarmente d. Pedriolo, don Francesco Conti ed alcuni altri di lui seguaci per avere tagliato arbori ne’ beni della chiesa e fatto altre mancanze per le quali venne fuori un uditor vescovile che, stante il deposito di 10 zechini per la cavalcata contro il med. ed essendosi difeso l’arciprete, procurò documenti comprovanti il pessimo carattere di Francesco Conti affine di cacciarlo di paese col ricorere al Papa. L’esito di che resta per anco sospeso.
Adi 7 settembre improvisamente si cominciarono le missioni de capucini nella parochia affine non solo di ricevere il S. Giubileo, ma anco per porre qualche pensiero catolico in capo alli supressi di S. Cattarina, che di novo tornavano ad insolentire. Li capi delle missioni sono P. Luigi Celtini di Bologna e l’altro P. Agostino Pasquali da Fusignano, ebbero gran concorso e il quarto giorno della missione vennero 16 capucini d’Imola ad ascoltarle. In questo corso di predicazioni, che la mattina facevasi nella arcipretale ed il doppo pranzo nella pubblica piazza, venne una dirottissima pioggia che durò tre giorni doppo la sicità di 70 e più giorni oltre li venti impetuosi. Si fecero ancora le processioni del popolo alle chiese destinate per il Giubileo.
Adi 11 d. terminò la S. Missione alla quale essendovi intervenuto un numero infinito di persone, e paesane e forestiere che si calcolò fino a 12 mila e più persone nella pubblica piazza, venne in tempo della benedizione papale uno scroscio d’aqua teribile che le genti fugendo alle chiese dell’Oratorio del SS.mo, nell’arcipretale e sotto li portici vicini non vi potevano apena capire. Calmata la pioggia e ritornato il missionario nella piazza dopo poche parole diede la papal benedizione al popolo che ivi era ritornato, e poi consegnò all’arciprete il Cristo facendo al med. la riconsegna del popolo e gregge con devota orazione. Questa finita l’arciprete ascese il palco e colla stola al collo ricevuto il Cristo, prima di inviarsi alla chiesa col clero e popolo, fece una belissima esortazione al popolo a tenersi bene impresse nella mente e nel cuore le evangeliche prediche del missionario e così terminò la funzione portando il Cristo nella parochiale cantando il Te deum.
Adi 20 settembre essendosi portati a villegiare in Castello li sig. Conte Giuseppe Stella e Contessa Anna Castelli coniugi nel loro palazzo già del fu Tadeo Riguzzi e da lui fabbricato 30 anni sono, vi concorsero infiniti nobili il giorno della B. V. del Rosario molto più perché Gio. Battista Bergomi, priore della arciconfraternita, fece fare a proprie spese un bell’apparato nella arcipretale e solenne musica all’altare maggiore ove fece collocare l’Imagine e la sera furonvi li fochi artificiali. La festa fu sontuosa e molto più per esservi intervenuto L’E.mo Ignazio Boncompagni che allogiò in casa Stella e molti nobili cioè Ghisilieri, Confalonieri di Bologna, famiglie, li Marsigli, li Cospi, li Bargellini senat., Malvasia senat., mons. Alessandro Malvasia, conte Benati, Malvezzi marchese, Savioli senatore, Angelo Lelli senatore, Sampieri, Morandi, Tedeschi conti, Guidotti e molti altri. La sera poi si diede a tutti quanti dal sig. Stella sontuoso rinfresco.
Adi 26 ottobre partì da Bologna l’E.mo Legato Branciforte Colonna e passò per di quivi alla volta di Loreto per Roma e fu inchinato dalli nobili che erano a casa Stella.
Mancavano nella Comunità due consiglieri e segnatamente uno per il posto di Gio. Antonio Bolis che aveva rinonciato, onde L’Assonteria scrisse alla Comunità che ne riempisse il posto, il che non si fece prontamente per difetto di consiglieri, ma non andò guari che occorsero impegni per che recedesse dalla rinoncia onde egli, a persuasiva delli suoi colegati e dell’Assonteria, ritornò in posto mediante comendatizia delli signori di Governo. Cosa che diede a ridere all’universo per inchinarsi l’Assontaria a pregare un sudito a servire come se vi fosse mancanza di sogetti idonei, quando che ve ne erano di lui migliori.
Adi 16 dicembre fu estratto per podestà di questa giurisdizione il marchese e senatore Giorgio Cospi e fu conferito l’officio al dott. Ragani secondo il solito.
Adi 26 d., giorno di S. Stefano, Giovanni Mattioli, detto Gambino, mastro di posta d’Imola, avendo convenuto di dare la posta delle lettere a Mariano Manaresi, oste al Portone all’insegna di S. Giorgio, ove era anco del 1673, come si vede dagli atti di Comunità al Campione, e così escludere Matteo Farnè, oste della Corona nel Borgo ove ora è di presente il buco delle lettere, perciò fece affissare a luoghi pubblici notificazioni qualmente il primo giorno dell’anno avvenire 1777 dovesse ognuno riconoscere d. Manaresi per postiere e portare alla d. osteria le lettere.
E come che tali notificazioni furono affisse alla casa della Comunità e alle colonne del sig. Ottavio Dall’Oppio comunista, attento che il med. portava molto il Farnè per avere seco attinenza, quindi fu convocato il dì successivo 27 dicembre Consiglio ove disaminatosi l’affronto non solo fatto al consigliere per l’affissazione sud. alla di lui casa non essendo loro solito attribuendosi ciò ad un’ingiuria, ma anco alla ressidenza comunitativa senza veruna convenienza, fu per ciò risoluto nel med. consilio, sebbene iregolare, che il sig. Dall’Oppio sud. comparisse avanti chi di ragione in nome publico per annichilare d. notificazione affissa in Castel S. Pietro da chi non vi aveva giurisdizione.
Quindi il Dall’Oppio, colla credenziale pubblica portatosi a Bologna, munito anco del documento che fino dal 1673 la Comunità è solita fare il custode delle lettere, si presentò a mons. Vicelegato il quale inteso l’affare lo comise al suo uditore, il quale tosto fece estradare precetto a Mariano Manaresi oste al Portone, prescelto dal Mastro di Posta di Imola, a non ricevere lettere di sorte alcuna e ciò ad istanza della Comunità e di Matteo Farnè per gli atti di Francesco Schiassi.
Tale precetto eseguito colle citazioni il dì 28 fece che il Manaresi prese la cosa più a petto, quindi ne avvanzò le sue lagnanze al Sig. Girolamo Evangelisti cesenate Tenente delle Poste di Romagna il quale aveva, in virtù del di lui instrumento di apaltatore della Camera di Roma per anni nove, ottenuto la posta delle lettere sud. fra le quali era anco Castel Bolognese e Castel S. Pietro.
Onde l’Evangelisti essendo in Imola per mettere in possesso il novo ministro Mattioli, a vista di tale avviso si portò a Castel S. Pietro con il suo legale e, ricercato il console e vicepodestà per riparare alle incrociature, non essendovi Francesco Conti v. podestà, che era in Bologna, ed il Sig. Giovanni Bertuzzi, che ne era stato novo Console estratto, non volendone briga molto più per che aveva dato l’ordine che si affissassero avvisi publici in virtù del d. precetto che pro interim serviva la posta alla Corona, il med. Evangelisti tenente interpellando ancora me qual cancelliere della Comunità e non ricavandone alcun frutto a suo favore, senza dir altro la mattina vegnente, che fu il mercore, senza dir altro col suo legale, improntò inibizioni coram E.mo Camerlengo urbis di dovere tenersi l’officio delle lettere al Portone presso il Manaresi e così le fece eseguire tanto al Bertuzzi quanto al Farnè per mezzo de sbiri che quivi erano per altri affari e per li medesimi fece turare il buco antico alla Corona.
La esecuzione al Bertuzzi qual Console è nulla per se stessa poiché esso solo il di primo genaro entra in posto. Ciò fatto il d. Evangelisti fece affissare per il nostro esecutore il novo Bando della Posta di N. S. Papa Pio VI e suo Card. Camerlengo Carlo Rezonico, come pure la tassa delle lettere e una notificazione al popolo che il vero Ministro di Posta in Castel S. Pietro per le lettere era Mariano Manaresi e il tutto fu affisso sotto il portico della Comunità.
Una tale novità diede molto a dire al popolo si per il procedere che per lo scomodo dell’Offizio di Posta, per questo il Dall’Oppio novamente si portò a Bologna da superiori e l’esito si sentirà nell’anno avvenire, essendosi questo compiuto con tale novità lesiva l’interesse publico e la giurisdizione di Bologna
mentre che un tal atto fatto da un ministro di Romagna in questo loco che per tutte le sue parti dipende da Bologna è uno smembrarlo dalla sua metropoli, lo che se auressi in vista dal Senato sperasi nell’anno avenire qualche provisione.

1777
Giunto l’anno 1777 dopo la nascita di Cristo ritornato da Bologna a Castel S. Pietro Ottavio Dall’Oppio e Francesco Conti comunisti dopo aver rappresentato a Monsignor Vicelegato le novità fatte fare dal tenente delle poste di Roma in questo loco, essendosi sdegnato il superiore, novamente estradò per gli atti Schiassi precetto diretto a Mariano Manaresi novo officiale della posta di dover chiudere la bocca delle lettere fatta all’osteria del Portone ed in difetto si facesse ex officio da questo nostro esecutore manu suprema.
Quindi per tanto il Conti e Dall’Oppio per fare la cosa vistosa aspettarono il primo giorno di mercato che fu martedì 7 genaro in cui li esecutori nostri con un muratore fecero a vista di molto popolo chiudere la bocca delle lettere al Portone e fecero aprire l’altra alla Corona, già chiusa, con ordine di Roma, poi fu eseguito precetto al Manaresi, indi per li stessi atti si affissero a molti luoghi e portici di questo loco ordini di Mons. Vicelegato che ordinavano (di) riconoscere l’officio della Posta alla Corona, come si legge dall’annesso ordine delli 4 andante:
Nos Marianus d’Aquino Protonotarius Ap.licus utriusque Signature SS.mi Refferendarius et Modernus Civitatis Bononie eiusque Legationis Pro. legatus
Comandiamo ad ogni e qualunque Esecutore della Città e Contado di Bologna ed a qualsivoglia altra persona soggetta alla nostra Giurisdizione che non abbi ardire di fare alcuna benchè minima innovazione circa l’Officio della Costa delle Lettere situato nel Castello di S. Pietro all’osteria della Corona e che non abbi ardire di trasportare, aprire o in qualunque altro modo variare un tale officio o altrove collocarlo senza nostro espresso ordine iniscrito, sotto pena in caso di contravenzione di scudi 50 d’oro, della carcere, di incorrere in Processura Criminale e di altre pene a nostro arbitrio e le pred. cose ad instanza delli Signori Console, Proconsole ed Uomini della Comunità di Castel S. Pietro agenti ancora a comodo del Sig. Matteo Farnè, quali hanno ottenuto il presente in vigore di petizione e ragioni. In quorum N. Angeloni Aud. de mand. F. A. Schiassi Not. Datum Bononie hac die 4 Jannuarij 1777
Il Manaresi ne riportò (….) tutto al tenente della Posta, il quale spedì una staffetta a Roma ed un’altra
al Manaresi responsiva che il tutto si sarìa dibattuto in Roma avvanti l’E.mo Camerlengo.
Adi 25 genaro giorno della conversione di S. Paolo cominciò sul far del giorno si dirotta piova che, oltre la grossa neve che era in terra la quale sciogliendosi fece che si sentirono molte lavine, quindi la notte seguente cadde la metà del muraglione del sen. Malvasia dalla parte de frati di S. Francesco. La via Cupa detta di Viaro contro li beni delli exgesuiti ora de Barnabiti fu chiusa per un tratto di tre pertiche, quella della fontana fece lo stesso, la via pure che dalla Santa porta al Valesino contro li beni della Tombazza ancor essa dilattandosi ne rivaloni laterali si chiuse per tre pertiche circa. Le case erano in questo loco ripiene d’aqua a motivo de geli ne coperti, insomma fu cosa mirabile.
Adi 22 d. giunse lettera dell’Assonteria alla Comunità confirmante deputato alli affari publici il Senatore Marchese Vitale de’ Buoi. Contemporaneamente D. Lodovico Dall’Oppio sacerdote di questo loco e che due anni sono entrò maestro di questa publica scuola per un monopolio di Francesco Conti, essendosi da lui fugita la scolaresca della lingua lattina andando qua e la li scolari per studiare dalli exgesuiti, per cui vi era sussuro nel paese, vedendosi esso sacrificato nell’onorifico, rinonciò alla carica col pretesto di andare a predicare nella ventura quaresima. Tal fatto rallegrò l’animo de comunisti buoni non che di tutto il paese.
Adi 12 febraro fu chiamato Consilio attesa la vacanza della scuola e in esso fu questione se si doveva procedere all’elezione del novo maestro senza procedere l’esame. Fu rissoluto si sentisse l’oracolo dell’Assonteria e che infrattanto si tenesse scuola latina dal sacerdote D. Pietro Vachera exgesuita.
Si pubblicò parimenti la nova notificazione edittale che in avenire le strade pubbliche tutte del contado si dovessero da qui in apresso mantenere a spese della Comunità secondo lo statuto e si omettese la consuetudine abusiva che le padronanze adiacenti alle vie dovessero queste dalle padronanze stesse mantenersi, lo che sarà di molto agravio a tutte le povere comunità. Si determinò pure di suplicare l’Assonteria per la permuta della inghiarazione nella condotta di sassi e sabbia per fare la selciata al Borgo.
Adi 2 marzo terza domenica di quaresima si fece una funzione singulare, non più usata, nell’arcipretale all’altare novo della B. V. Adolorata. Questa fu inventata da D. Mauro Calisti fratello dell’odierno arciprete e fu chiamata settenario poiché durò sette giorni continui. La med. consistette in N. sette donne proprie che si presentavano avvanti all’altare in una riga con avvanti per se ciascuna una torcia accesa. Tutte recitavano ogni sera col popolo il Rosario di M. V. poscia lo Stabat Mater, indi seguì un discorso del predicatore quaresimale agostiniano per nome P. Pietro Scavelli sindico di Bologna poi si esponette il SS.mo e cantate le litanie si diede la S. Benedizione. Questa è un’imitazione della Matrona de francescani, la funzione riescì decorosa e piacevole.
La domenica poi seguente fu messa l’Imagine nel suo altare e d’indi dal clero fu portata all’altar maggiore dove si diede la S. Benedizione. In apresso furono notate le persone che servirono e furono le seguenti: signore Maria Coppi moglie del cap. Lorenzo Graffi, Cattarina Bachettoni moglie di Ercole Cavazza, Francesca Giorgi vedova del fu Lorenzo Sarti, Maria Lorenza Costa moglie di Barnaba Trochi, Maria Sarti moglie di Pietro Vergoni, Francesca Biozzi moglie di Giuseppe Paglia e Rosa Nanini moglie di Antonio Inviti; queste sette furono le prime sette priore o sia custodi dell’altare in memoria de sette dolori di Maria V..
Adi 5 d. l’Assonteria ordinò che li concorenti alla publica scuola fossero sogeti al esame, che per ciò la Comunità determinò per esaminatore il Maestro di retorica del seminario di Bologna.
Adi 12 d. essendosi ottenuto per parere apostolico fino dal 1774 la facoltà di erigersi una congregazione sotto l’invocazione di S. Giuseppe nella arcipretale detta volgarmente delli agonizzanti ed espostosi però il Transito dipinto da Varotti pittore bolognese all’altare sud. della B.V. de Dolori, per ciò si cominciò quest’oggi a farne il setenario.
Questa congregazione ha per uso ogni anno di pagarsi da congregati soldi 12 per celebrare tante messe, usa ancora di fare l’esposizione del SS.mo in ogni circostanza de congregati che sono in agone mortis e si fanno infinite celebrazioni di messe, oltre ciò viene condecorata di moltissime indulgenze come si legge nel d. Breve che si unisce in questa. [A2]
Adi 17 d. venero i Tribuni in loco e fecero le loro perquisizioni fra le quali catturarono Remigio Cella per vendere una sorta di carne investita d. volgarmente zambudello composta di una parte fatta di budelle di porco, fegato bianco, sale, fior di finochio e cuore di porco anticamente detta Induttile come si vede nei bandi del 1606, 1608 e 1610 Provisioni di carne e Tariffa.
Riclamarono per ciò li altri, li quali socorendo il d. Cella, anco per sostenere il privilegio della esenzione dell’arte, fecero in seguito istanze nell’ Officio de Tribuni med. il dott. Cosimo Grotti onde per ciò il magistrato rilasciò la robba e la causa restò in silenzio senza decreto.
E come che si era opposto per parte di Francesco Conti nella Comunità alla enfiteusi della torre e suoi uniti col sig. senatore Malvasia per ciò adducendo che facendosi la porta sotto la med., come era anticamente, quindi per tanto ne sarìa precipitata la torre e non doversi attendere per ciò la visita e relazione del sig. Giacomo Dotti perito ed architetto pubblico, quasi che fatta da uomo di poca pratica.
Onde pertanto li sig. di Comunità impegnati in questo procurarono la venuta di altro professore, quindi chiamarono il peritissimo Antonio Lanfranchini, capo mastro di fabriche e che tiene singular cura anco delle fortificazioni di Forte Urbano e a cui anni pochi sono fortificò e rifece un baluardo tutto che, per essere in agochie di rovere mal regolate, precipitava, avendo di piano tutto rifatto e bene molto.
Il med. visitata la torre ne sue parti tutta e li archi giudicò potersi fare e restituire sicuramente l’ingresso del Castello sotto la med. senza pericolo onde faria ogni fede al sig. senatore Malvasia per la sussistenza naturale della torre. Ciò fatto se ne parlò in consilio e si incombenzò il sig. Fabbri e Graffi ad appurare alcune dificultà col sig. senatore per venire all’esito di questo contratto.
Adì 20 d. si cominciò a sbancare fuori delle mura il teraglio della fossa nel mercato de bovini per interirlo e riempiere la fossa e contemporaneamente si cominciò a lavorare per il campanile della parrochiale. Il lavoro fu intrapreso da Pietro Petrocchi capo mastro muratore imolese come rissulta da scrittura delli 16 genaro 1777, colla sigurtà di Felice Pariani imolese riconosciuta per rogito di ser Valerio Carlo Bornioli not. colegiato d’Imola fatto il dì 12 marzo.
Adi 6 aprile, domenica in Albis, D. Luigi di Giuseppe qd. Felice Farnè, giovine di singular virtù ed aspettazione, dopo aver consumati onorevolmente tutti li studi di filosofia morale e teologia scolastica e discusse le sue tesi more academico in S. Pietro di Bologna sotto il celebre dott. Dall’Oca, celebrò il suo primo sacrificio con solenissima pompa in questo loco nella arcipretale assistito dal cancelliere del vescovo odierno mons. Andrea Giovanetti, dall’arciprete nostro, da quello di S. Martino in Pieve di Riolo, dal rettore del seminario di Bologna e molti altri raguardevoli sacerdoti di d. Castello e ciò fece alla capella maggiore di questa arcipretale tutta apparata sontuosamente con solenne musica ed espostavi la imagine di M. V. del Rosario, perché il di lui padre era priore attuale dell’arciconfraternità, per che era anco priore della Compagnia del SS.mo SS.to Matteo, uno zio paterno del celebrante.
Così essendo la prima domenica di aprile seguì la solenne processione del SS.mo la mattina e nel modo che si fa per il Corpus Domini a cui intervenendovi la compagnia del SS.mo e Rosario si ecittarono da alcuni (…) de inezie di disturbi per convenienze di assistere alle funzioni di messa e processione, massime il dopo pranzo per la solenne benedizione di M.V. per cui furono, al Magnificat del vescovo, licenziati li scalchi o siano bastonieri del SS.mo dalla funzione, mediante ordine dell’arciprete, così che diede a dire non poco la mattina e doppo pranzo.
Vi furono sparate la sera fuochi e accompagnò ancora la funzione una elemosina belissima fatta fare dal padre del celebrante con dare a poveri della parocchia due tiere di pane bianco a testa a 200 persone oltre la dispensa di due botti vino ed elemosina pecuniaria. Molte altre cose accadero onorifiche per il celebrante che lungo sarìa il dirle, cioè seguito di parentele e di famiglie principali del paese oltre le forestiere ed il fratello del vescovo sud. col conjugate, quali tutti in N. di 50 coperti furono trattati sontuosamente di lauto pranzo alla prima tavola senza le altre moltissime persone e coredi di seconda e terza mensa, il che tutto era distribuito in due pasti e da grasso e da magro con frutti e pesci ed ortaggi forestieri, onde fu ragionato essere stata una spesa di 100 zecchini in tutto. Il celebrante per le sue rare qualità meritava anco di più per se stesso e per il peculio paterno.
Adi 7 d. fu fatto il novo maestro di scuola publica e fu il sacerdote D. Vincenzo Costa faentino che era all’attual sevigio della nobile terra di Cotignola, il med. è oriundo di questo loco. Suoi competitori furono D. Antonio Pighi e D. Alessio Camaggi già precedente maestro. Questi restò escluso dalla balotazione e inconsiderata la sua suplica, per che fu creduta non solo mordace, essendo stata scritta in versi come siegue cioè
Ill.mi Signori
Mi è stato detto, scritto ed ho saputo
che il seggio magistral costì è vacato
per aver a tal posto rinunziato
Don Dall’Oppio incapace conosciuto.
Il Camaggi per tanto per ajuto
ricorre al sig. Console onorato
e a tutti gli altri, ch’han luogo in Senato
per che venga al sud. sostitato.
L’orator suplicante non è ignoto
avendo altri nov’anni olim servito
codesto illustre publico devoto.
Se questo è sufficente requisito
ognun lo proverà col voto
o almen nol taccierà di troppo ardito
E’ da notare ancora che il med. quandochè fu escluso più per il suo procedere satirico e scrivere pungente. L’anno 1774 fece il seguente sonetto sopra la elezione di P. Lodovico Dall’Oppio, diretto alla Comunità, ma ocultamente
Mi rallegro con voi signori cari
che un asino maestro abbiate fatto
questi dell’ignoranza è il ver ritratto
atto solo ad allevar muli e somari.
Voi vedrete ben presto i vostri lari
ripieni di sciempiaggini a tal patto
che ……….
Il resto del qual sonetto per essere improprio non che sconcio si omette, onde la Comunità giudicollo un tiro di vendetta del Camaggi, onde avendo per tanto ciò penetrato, si tenne a mente e perciò fu ritenuta maligna anco la suplica.
Che però accadde che il 10 andante fu scritta una lettera colla direzione alla Comunità in un bellissimo caratere col seguente epigramma, La lettera conteneva la diffida del Camaggi.
Versibus in nostris non sunt mordacia dicta
nam Deus Omnipotens, lux hominum vetat
vos equidem nostros si versus spernitis (…)
et leges hominum spernitis atque Deum
Ma perchè non vi fu modo di provare che desso fosse stato l’autore, perciò fu creduto inutile l’istanza criminale al vescovo di Faenza che era mons. Vitale de’ Buoi, e così si passò sotto silenzio il tutto.
Si cominciarono per tanto ad assetare le vie di Framella per il viaggio della processione del Corpus Domini.
L’antichissimo oratorio di S. Maria della Annunziata in capo al Borgo, essendosi ridotto in cattivo stato e presso che sospeso si misero per ciò a pietà alcuni borghesani e segnalatamente Michele Corticelli macellaro che lo riattò tutto onde per ciò d. Pietro Gagliardo le fece l’annesso jambico. [A3]
Li supressi di S. Cattarina avendo pressentita contro loro l’intimazione del vescovo amministratore, si maneggiarono in guisa che dal Tavolino pontificio ne ebbero copia, alla quale di presente si oppongono con scritture legali e si sta in dubbio di porsi il tutto in la tortura legale.
Nicolò Comelli di questo Castello fino dal 160_
, avendo sostituito nella sua eredità l’altare del Crocefisso nella arcipretale di questo loco, estinta che fosse la di lui discendenza, così in oggi essendosi purificate le condizioni del testamento, cod. chiesa ha conseguito non piccola eredità, cioè di due case in Bologna, di un podere nel comune di Casalecchio e di vari crediti ancora, il che tutto amonterà al valore di l. 20 mila circa.
Adì 20 aprile 1777 si cominciò il novo lavoro nel campanile della chiesa arcipretale a spese della Comunità, li ponti furono fatti tutti con lodevole maestria da Barnaba qd. Lorenzo Trochi di questo Castello.
Questi è uomo mirabile nelle sue manifature e di somma acutezza di pensare e quello è più considerabile in esso che mai ha studiato e dalla campagna, portandosi in questo loco cominciò ad esercitare il falegname ed in poco giunse nella maestria anco di lavori fini a tal segno che fu chiamato fuori a fare tabernacoli, machine di legno ed altro. Il med oltre ciò diresse il suo talento ad altre cose e vi riescì perfettamente. Fece orologi da sole, meridiane, orologi da ruota con batterie diverse, senza avere alcuna maestranza e direzione ma solo colla sua perspicacia in mirare e sciorre i lavori fatti. Fu ed è bon mecanista onde esso pochi anni sono con solo quattro bovi trasportò da questi nostri coline due gran macine da olio da esso lui cavate nella Ghisiola monte del Castelletto, portandole in Castello senza carro e birozzi ma con le sole due rote, cosa che fece stordire.
Il detto oltre il ponte sud. del campanile, che tutto in un pezzo con pochi uomini ed a forza di un argano da lui inventato, mezo sepolto in terra e in meno di un’ora lo tirò al suo posto stabile, fece anco un’altra bella operazione il giorno 22 cadente aprile in Imola per cui ne riscosse aplauso universale nonché degna memoria a fronte di malevoli, lo che per fatto trascrivo.
E’ dunque da sapere che essendosi compiuto il teatro novo nella città di Imola, ed essendosi da capi mastri e segnatamente dal cav. Morella, architetto pontificio nella Romagna, tentata ogni via e modo di portare al coperto i lunghissimi abeti, nè per lungo spazio di tempo essendosi per mezzo d’uomini potuto mai alzare alcuno de detti travi, perciò fu pregato il med. Trochi ad interessarsi a tal lavoro.
Esso prontamente con tutta la sua facilità piantò a terra un argano da lui inventato e a forza di girelle e taglie con pochissimi uomini alla vista di tutto il popolo, che era numerosissimo, tirò sopra il coperto non solo i travi ed abeti ma anco un armatura intera del d. coperto che chi vide il lavoro pare impossibile.
Seco non aveva altro che Luigi di Angelo Dazzani di questo Castello giovane fidatissimo che fa il calzolaro e lo portò seco per la sola fedeltà, lasciandolo alla custodia delle funi e bon per lui poiché si scopersero varie frodi, alle quali avendo riparato il d. Trochi, prontamente furono portati li abeti al colmo del teatro.
Il trasporto di tali legni fu si ben equilibrato e dolce nel moto che ciò vedendo un temerario imolese, per non dir pazzo, corse a sdraiarsi in atto di dormire sopra uno di que’ legni che si tiravano suso da cui, niuno potendo levarlo, si fece tirare fino a capo del colmo del teatro colla pancia supina. Terminato il lavoro seguirono inumerabili eviva.
La matina seguente affisso al teatro si trovò posta la seguente sattira sotto un asino dipinto, lo quale era ridendo in onore del Trochi e sua patria
Delli imolesi mastri son ritratto
che doppo aver il bel teatro fatto
per non saper alzar legni al coperto
deperdono il più bel del loro merto.
Ben merta laude e laude eternamente
quel de Castel S. Pier, che Trocchi è detto
pochè in poc’ore alza gli abeti al tetto
onde li spettator gridan sorpresi :
Bravi Castel S. Pier , fiochi imolesi.
Nel tempo che d. Trochi stette in Imola fu regalato di preziosi vini dal Conte Roberto Sassatelli e poscia fu condotto a S. Cassiano a dar scorta per li ponti della fabrica ed un argano vi fece.
Adi 3 maggio subornati quelli della compagnia del SS.mo dalli suppressi di S. Cattarina, capi de quali Roco Andrini e Francesco Conti, a Pietro Gattia a non ricevere nelle loro funzioni l’Arciconfraternita del Rosario, fecero per ciò congregazione quelli del SS.mo il giorno d’oggi in domenica, al quale effetto chiamarono il not. Bertuzzi a rogarsi dell’atto in cui fu proposto se si doveva prender alle iminenti rogazioni di S. M. di Poggio l’arciconfraternita sud. co’ suoi distintivi e segnatamente del gonfalone, atteso che alcuni dicevano ciò pregiudicarli, mentre la processione era iniziata dal gonfalone accompagnati da due del Rosario, ma però preceduti e diretti da due scalchi del SS.mo, indi seguiva dietro il confalone la compagnia del SS.mo poi il corpo del Rosario, indi li Capucini, Zocolanti, Agostiniani, Comunità e clero.
Fu perciò concluso di N. 33 votanti con N. 15 neri esclusivi che non volevano ricevere l’Arciconfraternita, al qual effetto deputarono Fedele Gattia e Fedele Amadesi a notificare ciò all’arciprete col not. Bertuzzi.
Ciò inteso il paroco diede tosto avviso di questa novità al vescovo il quale di suo pugno rispose che non voleva novità anzi sotto rigoroso precetto ordinava a quelli del SS.mo ricevere nel modo solito l’Arciconfraternita. Tacque l’arciprete fino al lunedì venturo delle rogazioni, poi chiamati quelli del SS.mo li notificò il precetto.
Arestarono quelli e sucessivamente spedirono Sebastiano Lugatti, Carlo Conti, Fedele Gattia e Nicola Tamburini per vedere se susisteva dal vescovo il fatto dell’arciprete e ne riportarono la condegna ripassata e così il lunedì e martedì quelli del Rosario andarono more solito in processione co’ distintivi e precedenze.
Lo si tenero a mente quelli del SS.mo e pensarono di declinare dal tribunale del vescovo e ne ricorsero per ciò a Roma all’ A. C. riportandone inibizione da eseguire a quelli del Rosario il giorno del Corpus Domini quando fossero all’atto di procedere in processione.
Ciò penetratosi, per oviare ai disordini e scandali, quelli del Rosario non essendo invitati stetero a casa e si fece la processione del Corpus Domini con una sola compagnia, fratterie, Comunità, clero e popolo. Da ciò ne naquero amarezza le quali hanno in campo molte pazzie che se accaderanno si annoteranno di mano in mano
Adi 29 magio, giorno del Corpo di Cristo venne gran pioggia e si diferì la processione alla domenica che fu fatta per il quartiere di Saragozza e di Framella.
Adi 9 giugno fu presentato alla comunità memoriale dal popolo affine si procurasse da mons. Prolegato la facoltà al V. Podestà, con due deputati dalla Comunità, di visitare le carni da macellarsi e, poscia macellata, pria di essere sbancate si marcassero affine di ovviare a molti inconvenienti e pregiudizi che si temevano della salute delli uomini, motivo per cui anco molti paesani erano andati fuori alla Toscanella, onde poi ne furono processati dalla Grascia, pretendendosi che la presa di poca carne dovesse andar per inquisizione, onde parechi pagarono la pena pecuniaria. Fu acettato il memoriale e concesso l’affare al not. Ragani V. Podestà.
Adì 12 giugno fu proposto in Comunità il contratto dell’emfiteusi della torre col sig. sen. Malvasia con essa Comunità e fu concluso mediante li due assonti Fabbri e Graffi sotto diversi patti e segnatamente di aprire la porta entro otto anni i quali patti, se saranno approvati dall’Eccelso Senato si poranno in questa ferie. Per formare poi la porta li d. Graffi e Fabbri si obbligano sborsare scudi 100 cioè l. 50 per ciascuno da reintegrarsi colle pigioni non solo di d. beni emfiteutici, allorché saranno in potere di detta Comunità, ma anco col Cassaro e porta vecchia, lo che fu approvato da essa Comunità.
Adi 20 d. venne un orido temporale di pioggia e fu veduto il turbine detta Biscia bora, il qual temporale fu tale che non potendo le chiaviche comportare la piena e neppure le strade si riempirono d’aqua le cantine dalla torre fino al primo stradello de Graffi e Vanti e durò un quarto bono d’ora, che se più durava restava anegata metà del Castello.
Adi 24 d. sieguono tutt’ora le pioggie e li vilani non possono raccorre li grani, esendo da 15 giorni e più che o poco o molto fa pioggia con venti freddi, onde si porta il tabarro e fu estratto console il sig. Gio. Antonio Bolis.
Adi 30 giugno Francesco Conti a contemplazione del dott. Anibale Bartoluzzi procurò un attestato da quattro persone che il grano questa mattina erasi venduto pavoli 19 e mezzo la corba e che ne addimandavano venti e fu pertanto deposto una tale falsità da Francesco Giordani, Giovanni Giorgi detto de’ Pavoli, Giacomo Lugatti e Battista Bergomi, fattore del sen. Malvasia. Tale attestato fu spedito a vista a Bologna dal superiore per avere il decremento al peso del pane, ma sortì cattivo effetto poiché conosciuta la falsità, il superiore non volle altrimenti che si calasse il pane e fece precetto a Francesco Verardi fornaro di Bologna che aveva ciò machinato di non venire più ai mercati di Castel S. Pietro.
Ciò supostosi dal popolo di Castel S. Pietro, cominciò la ciurmaglia a gridare contro Francesco Conti e li testimoni sud. falsari poiché il grano si vendeva al più pavoli 16 e mezzo e non come era stato asserito. Quindi ne naque che, sparso il suposto che la città scarsegiasse a grane, il lunedì seguente 7 lulio li mercanti chiedevano l. 10 per corba al grano e l. 6 al formentone.
Nel med. giorno l’Arciconfraternita del Rosario fece eseguire inibizione di Roma al priore ed officiali del SS.mo di questo loco a non vuotare il possesso di alzar il gonfalone e a dir contro il Breve e Bolla di Clemente XIII e Benedetto XIV.
Adi 9 lulio si ebbe nova come li supressi di S. Cattarina, avendo avuto ricorso novamente al Santo Padre per la riviviscenza e rivisione della loro supressione non ostante l’Imprimatur del Vescovo amministratore, ebbero il rescritto pontificio che la causa fosse rivista dalla Congregazione del Concilio.
Adi 26 lulio la Congregazione dell’Ospitale de Poveri, avendo sentito ciò, deputò, in assenza del priore sig. Savino Savini, il sig. cap. Graffi per vice priore affine di assistere alli interessi del med. Ospitale, sucessivamente la med. Congregazione fece quattro assonti che comparissero avanti li superiori ecclesiatici affine di assicurare, al più che si potesse, l’interesse del pio loco povero nelle circostanze presenti di aplicazione de beni della supressa compagnia, che di presente volersi dalli supressi ex integro, cioè che se ciò sucedesse sofrirebbe non poco danno l’Ospitale e furono per ciò li seguenti cioè sig. Gio. Pelegrino Coppi e sig. Savino Savini per Bologna e sig. cap. Graffi sud. col sig. Giuseppe Farnè per Castel S. Pietro, non ostante che il sig. Bernardi Nicola priore de supressi riclamasse in principio.
Finalmente detta congregazione determinò che, sicome dietro la via del teraglio del Castello alla destra dell’ingresso inferiore vi era un soteraneo picolo che vietava lo sbassamento di d. strada, così fu determinato che si levasse a spese però de ricorrenti non mai dello spedale. Ciò fatto ed avendo li supressi intese le proposte cose, cominciarono fra di loro a far conventicole per modo che non si vedeva altro in Castello e Borgo bozzoli di persone.
Adi 27 giorno di domenica ad ore 10 e mezza in un punto si levò un turbine misto a tempesta dalla parte di Liano e traversando questi contorni passò nel quartiere della Lamma poi alla Toscanella, Castel Guelfo, Fantuzza e più altri, che dissipò la campagna e le uve, svelse da terra querce, schiantò grossissimi pioppi, scoperse case e fece mille mali in d. quartiere. Al loco detto Casette dei Sega, levò un paro di bovi da terra che pascevano e li portò fino al loco detto il Prato in questo comune.
Medesimamente a S. Martino in Piè di Riolo internossi in chiesa e caciò in mezo di quella l’organo che era sopra la porta e fu fortuna del popolo che non potendo chiuder la porta all’impeto del turbine, fugì tutto alla capella maggiore, onde niuno restò offeso. Alcuni bovi che erano nella barleta del molino di d. chiesa colpiti dalla tempesta cominciarono a fugire e, perdendo la traccia della casa propria non potendo le genti frenarli, fugirono fino alla chiusa di questo Castello. Il danno dato nell’uva in questo comune fu valutato per più di ottanta castelate. Quello poi delli arbori svelti e formentono guasti, migli ed altro restò in terra è inesprimibile.
Adi 3 agosto mons. Vice legato Mariano d’Aquino, attesi li sconcerti acaduti per l’attestato fatto da Francesco Conti come dicemmo, ordina per sua lettera a questa Comunità che ogni lunedì d’oggi in apresso se le mandi un raguaglio autentico de prezzi che farà ogni formento. Che però fu decretato dalla Comunità che si esaminassero testimoni e se li mandassero come difatti si fece e li prezzi furono pavoli 18 e mezzo e diecinove del formento di ottima qualità vecchio ed il novo pavoli 16 la corba.
Adi 5 d. si terminò l’aggiunta della fabbrica del campanile e fu coperto tutto, prima di ciò compiere vi furono aposte nel friso del corniciotto ultimo nelle quattro facciate reliquie di Santi entro piciola teca di rovere chiuse con pece greca, aponendovi esteriormente, come si vede, un impronto del nome Gesu in terra cotta. Le reliquie furono di S. Andrea apostolo, S. Barbara, S, Agata e S. Enardo, Agnus Dei, cera del triangolo, oliva di S. Pier martire e palma santa.
Adi 9 agosto gli ebbe riscontro da Roma che il rescritto pontificio per la riviviscenza de supressi era una mera comissione al Concilio cum c.ta aperationis oris, onde dovendo li supressi dimandar l’Apertura della Bocca per contradire al Breve conviene che facino l’esposto e in apresso citino poi li officiali di questo ospitale, onde questa matina li assunti eletti nella congregazione hanno fatto per mio rogito il mandato nel sig. abb. Francesco Maria Ruffini legale in Roma ad lites et causas e segnatamente per insistere nella supressione a causa dell’aplicamento de beni all’ospitale. Adi 17 d. per che li schiantini da canape facevano molte facende per le qualità del loro lavoro, lasciando di prendere la licenza dal vicelegato, furono per ciò caturati ad istanza de gargiolari lavoranti alla bolognese e fino ad ora non hanno potuto avere la licenza e vanno a spasso più di 80 famiglie cosa invero lacrimevole.
Adi 25 d. si ebbe nova come quelli della compagnia del SS.mo avevano fatto istanza alla signatura di Roma per avere la comissione della causa alla Congregazione de Riti circa la dilazione del gonfalone che pretendevano impugnare alla arciconfraternita di questo SS.mo Rosario e fu rigettata l’istanza. Contemporaneamente si ebbe il voluminoso somario delli supressi di S. Cattarina pretendendosi la riviviscenza coram la Congregazione del Concilio.
Furono finalmente affissati li anessi bandi per il mercato de porci.[A4]
Adi 28 d. essendosi sferati una quantità di galeotti in una barca, dopo avere uciso il capo di quella ed altri, venero in questi contorni essendosi fatto capo Marco Mazzanti della Toscanella, Antonio Marani detto Bromblino da Castel S. Pietro, uomo di brutto aspetto non meno che di corporatura fiera, Battista Cerè di d. Castello detto volgarmente Peschiera, con altri molti armati e gente cattiva al N. di 10 ed assaltavano alle strade. Un altro corpo di simili 10 persone è sparsa verso Casale e nella podestaria e fanno rapresaglie. Vanno travestiti chi da donna, chi in una maniera chi nell’altra e si addomesticano anco ne luoghi murati.
Adi primo settembre, avendo fino dal mese di lulio ordinato mons. Vicelegato a darle un raguaglio autentico de prezzi di grane, così esendosi fino al di 20 scorso ciò effettuato e non potendosi più ciò effettuare, si scrisse al med. che si incontravano difficultà grandi ad avere simili attestati quando non prevedeva.
Il Vicelegato negligentò tale aviso, onde in oggi non si è potuto avere che un solo testimonio, avendo li altri misuratori e padroni da grane ordita tra loro una catena per cui è impossibile scoprire la loro negoziazione. In questo med. giorno si diede del tutto relazione a monsignore.
Questa mattina li supressi di S. Cattarina hanno fatto eseguire, per gli atti del not. Clemente Paci avvanti al Tribunale del Concilio, intimazione del rescritto pontificio all’arciprete nostro, a Giuseppe Forni e cap. Lorenzo Lorenzo Graffi amministratori de beni della supressa compagnia e al Fiscale del vescovato di Bologna a contradire per l’aperizione della Bocca, copia della quale è l’annessa. [A5]
Li gargiolari mal soffrendo li progressi delli schiantini in questo loco, spallegiati da Sebastiano Lugatti leguleio nipote di ex sorore di Francesco Conti, fecero una gagliarda istanza avvanti mons. prolegato affine facesse carcerarli tutti sul riflesso di non avere non solo la licenza, ma anche per contraventori al Rescritto Pontificio, e alla lettera di Segreteria di Stato scritta all’E.mo Branciforti, il tenore della quale e la susseguente alla citazione sud. [A6]
Quindi in vista di ciò fu spedita la squadra della Grascia e furono catturati moltissimi schiantini e condotti colle robbe in prigione il di 10 settembre, fu indi fatta istanza e furono rilasciati e in apresso diedero suplica tanto al V. L. che all’Assonteria di solievo per averne le debite licenze.
Adi 30 d. essendo stato consegnato in confessione al sig. D. Gio. Battista Vanti in un picolo sacco molti documenti già della supressa compagnia di S. Cattarina sigilati e spettanti alla amministrazione di quei beni, così il med. affine di dare scarico alla di lui incombenze consegnò d. sachetto sigillato al sig. cap. Graffi qual uno delli amministratori sud. e di tale consegna se ne fece pubblico instrumento rogato per me Not. quest’oggi coll’inventario de recapiti consegnati, fra quali un Campione in folio ed un fascio di conti e (….). Dal che si vede che si era rubbato alla compagnia da supressi. In tal Campione vi sono molti atti della compagnia supressa giustificanti la cattiva qualità de supressi.
Adi 5 ottobre giorno della domenica del SS.mo Rosario si fece una solenne benedizione di confratelli nella Arciconfraternita del Rosario in N. di 32, vi fu solenissima musica ed apparato nella arcipretale con intervento di molta nobiltà e dell’E.mo Boncompagni allogiato a casa Stella nel Borgo, vi furono le allegrezze il lunedì sera per che la domenica era stata piovosa la sera, alle quali intervenne il porporato.
La processione del Rosario fu solenne si per il numero de confratelli che per il concorso di popolo. In tale ocasione l’arciconfraternita spiegò per la prima volta una bandiera col nome di Maria, la quale velegiando all’aria dava ottimo pregio alla processione, la quale giunta alla piazza e schierati li confrati tutti avvanti l’imagine SS.ma nella strada colle insegne tutte cioè prima Confalone, poi la Bandiera, indi il Crocefisso, poscia il Tronco d’argento e in fine la Paliola, sembrava una truppa armata e dava non tanto piacere all’ochio per la pompa, quant’anco di edificazione e comozione nelli animi delle genti.
Li supressi poi con quelli della compagnia del SS.mo male sofrivano ciò per le etichette ed invidia che portavano all’arciconfraternita onde molti si milantarono volere in apresso disturbarli e vietarli cottanta bella funzione a Dio decorosa.

(33s) Adi 17 ottobre essendosi compiuta la bella chiusa di questo molino nel Silaro tutta legnami ben legata da ferrami, venne tal fiumana che se ne portò via da nove pertiche e fu di gran danno.
Si pubblicò poi un Bando rigorosissimo pontificio sopra le monete in cui erano banditi pavoli romani, testoni ed altre monete che non erano di giusto peso, furono altresì bandite le monete oltramontane, trajeri, argentine, bavarese, pezze di Spagna e altre fino al N. di quattordici Cunji, onde fu gran rumore universale nelle provincie di Bologna, Romagna, ferarese, Marca e ciò fu all’unico oggetto di fare novi Cunj e far lega inferiore, impiagnare per questo si dice il tesoriere Gambi di Bologna ed altresì la Camera di romana.
Adi 22 novembre avendo rifiutata questa Comunità dare all’agente di Camera la nota delle Boche anco delli abitanti di questo Castello, ne scrisse per ciò l’assonteria di nuovo acciò si dasse tale nota. Ma perché si trattava di novità e di imporre un agravio, la Comunità rescrisse che a ciò non voleva prestarsi e molto meno credeva cge, alcun altro ministro se si fosse messo all’impresa, vi auria riuscito mentre era lo stesso che sacrificar il med. e le famiglie de comunisti e che avendo di già mandata la nota a norma dal 1763, conforme il prescritto nella notificazione, la Comunità aveva adempito il solito ed a suoi doveri.
Adi 16 dicembre fu estratto per podestà di Castel S. Pietro il cavaliere sig. Ercole Tanara detto volgarmente Tanarino e sicome li schiantini non potetero avere le desiate licenze dal Vicelegato ed Assonteria di Solievo così questi ricorsero al S. Padre in Roma facendole costare l’opressione sotto il pontificato di Clemente XIV.

(33d) L’esito della suplica restò sospeso attese le ricorenze de gargiolari. Copia della suplica sud. è presso il dott. Giovanni Simioni in Roma ed in Bologna presso il dott. Franzoni.
Adi 20 d. venne nova come Mons. Andrea Giovanetti, vescovo di Bologna fu dal Santo Padre fatto prima arcivescovo di d. città e diocesi, da vescovo amministratore che egli era e dippoi fu fatto cardinale onde per ordine del vicario si alzò un doppio di campane a tutte le chiese il giorno di Natale.
L avigilia di Natale di N. S. G. C. si terminò di coprire il torrazzo della rocca posto a ponente nelle mura di questo Castello e si ritrovò nel nel pieduzzo dell’arco del Portello levatore il milesimo di quella alzata così: 1540 adi 7. J, fu interpretato di settembre o di febraro.
In questi giorni avendo terminata la predicazione dell’avvento il P. Fedele Galanti, capucinoda Castel S. Pietro teologo, missionario apostolico e confessore del Legato card. Borghesi di Ferara e sua corte, fece anco li esercizi spirituali a questo popolo con molta edificazione e poi il secondo giorno dell’anno partì per ferara al suo impiego colla chiamata dal Cardinale sud..
Essendo stato estratto Consolo il di 27 corente il sig. Ottavio Dall’Oppio per la prima volta e per l’anno avenire, al med. giunse avviso dal legale Gianbattista Calzechi che in ordine all’oficio del Custode delle Lettere in questo Castello, che era in questione se competeva alla Comunità o al Tenete delle Poste di Romagna Girolamo Evangelisti di Cesena, il Card. Camerlengo Razonico aveva decretato l’Osteria del Portone a pro di Mariano Manaresi, non ostante il possesso centenario della Comunità.

1778
Giunto appena l’anno 1778 il di 4 genaro giunge lettera dall’E.mo card. Ignazio Boncompagni moderno novo legato di Bologna nella quale significava a questa comunità che avendo avuta lettera dell’E.mo Razonico card. camerlengo, che avendo esso disaminato le ragioni tanto di Girolamo Evengelisti cesenate e tenente delle poste pontificie nello stato della Chiesa nella Romagna, quanto quelle di codesta Comunità circa la deputazione del Custode delle Lettere missive in questo loco e del posto dove si dovevano ricevere, aveva esso E.mo determinato che il posto fosse quello della osteria del Portone e che la Comunità per ora lasciasse codesto sfogo per ora, lasciandoli però in qualunque tempo salvo il diritto di esperimentare le di lei ragioni.
A tale strozzatura di causa ed ad un tale volere supremo convenne chinare il capo. Ma perché l’Evangelisti ,essendo venuto quivi in persona, pretendeva che la Comunità lo mettesse in posto, fu dal consilio riclamato onde si ricorse una parte e l’altra all’E.mo Legato novo, il quale novamente ordinò che si lasciasse in libertà l’Evangelisti. In seguito di che niuno si oppose e il giorno 6 fu aperta per la prima volta all’osteria del Portone la bocca delle lettere.
Adi 10 d. fu affissato novo bando sopra le monete calanti d’oro, cosa al certo che partorì non poca comozione e sussuri per tutto lo stato.
Adi 18 d. fu deputato per senatore della Comunità il conte Federico Calderini dall’Assonteria di Governo a cui furono diretti il sig. Flavio Fabri e Francesco Conti per complimentarlo come pure complimentare il novo sig. card. legato Ignazio Boncompagni.
Adi 3 maggio essendo passato tutto l’inverno senza neve, ma solo con pioggia e ritrovandosi la strada guasta questa si pensò pertanto ricorere all’Assonteria affine desse la permuta della nostra ghiara in sassi e sabbia. Fu perciò nel di 18 spedito l’architetto Giacomo Dotti,il quele misurò la strada tutta e ne diede il rincontro all’Assonteria.
Adi 30 d. essendo ritornato a Bologna di Roma il card. D. Andrea Giovanetti arcivescovo, fu perciò in questa arcipretale fatta cantare solenissima messa e Te Deum in musica dalla arciconfraternita del Rosario ed arciprete. La funzione fu assistita da tutti i parochi del plebanato e vicariato di questo Castello in forma all’altare del rosario, ove da un canto in una capella eravi il trono e il ritratto del cardinale. Vi fu gran concorso e nel tempo della messa come pure la sera dopo la benedizione del SS.mo, seguì un copioso sbaro di mortaletti. In tale circostanza si dispensarono ritratti del cardinale sud. [A7] e la descrizione della funzione fu messa in foglietti.
Adi 2 giugno nel colegio seminario di Bologna il sacerdote D. Luigi Farnè di Castel S. Pietro sostenne dodici punti teologici more academico sopra l’eucarestia con singulare applauso.
Battista di Clemente Roncovassaglia detto il Guercino di questo loco, essendo a studio a Bologna per la pittura figurista sotto _ fece una incisione in rame ancora di M.V. di S. Luca e fu lodata.
Adi 24 d. fu estratto fu estratto console il sig. flaminio Fabbri, Il giorno seconso poi di lulio essendosi ottenuto dall’Assonteria di Governo la permuta della inghiarazione delli comuni di Varignana di sopra e Castel S. Pietro per due anni nella condotta di tanta sabbia e sassi per fare la seliciata dal portone del Borgo fino a tutto l’abitato, contro le case Gini detto volgarmente il Ghetto, dove anticamente si rinchiudevano li giudei ed inoltre per la via che conduce al Castello, ne venne quindi il di 4 con capo maestro a prendere li livelli e piantò i termini e punti nella d. via romana, risservandosi l’altro braccio del Borgo conducente al Castello il levellarlo poscia, terminata la seliciata prima.
Indi comunicò li ordini dicomando al sig. Agostino Ronchi da noi deputato a ragione di carra otto per ogni pertica di ghiara, fu indi pubblicato il comando a Varignana il quale sembrando gravoso, ricorsero que’ villani all’Assonteria di Governo e fu ridotto il numero a carra sei per perica.
Adi 12 d. non essendosi potuto far l’apparato il giorno del Corpus Domini nel Borgo per la generale procesione fu in oggi per tanto questa trasportata e fatta con tale magnificenza che nulla più. Cominciò questa dal duomo indi rivoltando verso S. Francesco nella via di Saragozza di sotto tutta apparata di panaroni si fermo quindi contro il palazzo Malvezzi posteriormente dal toronazzo, ove eravi in facia d. strada una capella ove si fermò il SS.mo per un Tantum ergo accompagnato da strumenti musicali e dapoi un belissimo concero fatto dalla banda militare della fortezza urbana in numero di otto fra oboe, corni, fagotti che di la si erano ottenuti dal sig. card. Legato. Ciò fatto si riasunse il giro della processione composto dalla compagnia del SS.mo, tre religioniregolari, corpo della Comunità, dal corpo sud. militare d’intrumenti co’ suoi distintivi, indi la chieresia, diaconi, sodiaconi, sacerdoti e celebranti, susseguendosi poscia infinito numero di lumi; si passò contro il palazzo Malvezzi nobilmente apparato e di qui nella via Maggiore del Castello contro la mia casa, poi rivoltandosi al Borgo fuori della porta si entrò nel belissimo apparato che nel suo ingresso formava un belissimo arco trionfale con due porte laterali, da ogni canto del quale ingresso fuvi fatto l’incontro da borghesani con quaranta torcie accese, che inchinato il SS.mo si acompagnarono al ceto laicale di dietro, prosseguì la processione fino alla voltata della chiesa di S. Pietro, poi andò verso il portone nella cui piazzetta avanti intro il Borgo eravi una superba capella sopra alta scalinata e palco d’asse lavorata a velami e dipinti di Francesco Parmeggianini bolognese che fu l’inventore, giovine ecellente come si vede da suoi dipinti nella Compagnia di S. Rocco di Bologna.
Fermatosi quivi il Venerabile e cantatovi come sopra il Tantum Ergo si prosseguì il viaggio per il Borgo fino alla Annunziata e rivolgendosi alla via Magiore passò per la casa Landi, indi allo stradello morto poi alla casa dell’Andrini e venendo novamente per il Borgo si ritornò alla parochiale per la stessa via e data la benedizione all’infinito popolo e nobiltà accorsavi si terminò funzione a cui seguì ina copiosa sbarata di mortaletti e la sera vi furono fochi sulla piazza del mercato. Furono contati in tal giorno più di ottomilla persone, vi fu anco in tale circostaza fatte due elemosine di pane ai poveri del Borgo, una dal cap. Pier Andrea Giorgi e l’altra da Lorenzo Bakdazzi del proprio.
Adi 14 d. si cominciò lo scavamento per la selciata del Borgo.
Adi 6 agosto venendo alli 7, giorno di S. Gaetano alle sette di notte si sentì uno scuotimento di terra che durò tre buoni minuti d’ora.
In questo giorno fu pubblicato l’unito bando del Cardinale sopra la polizia delle strade. [A8]
Dalla parte del monte verso oriente fino a Sassoleone si sentì con spavento universale delle genti il teremoto d’onde patirono li edifici per il maggior scuotimento.
Adi 9 agosto fu pubblicato il bando dell’E.mo Boncompagni sopra le monete d’oro calanti e ridotte le stazzate più di tre grani al taglio della zecca.
Sicome la Comunità non aveva fatti li deputati sopra la selciata, così essendosi avuto avanzi l’assonteria contraditorio fra li interessati del Borgo e il publico architeto, fu rissoluto che si osservasse il solito dell’antre castella e della città di Bologna a norma delle provisioni dell’ornato di essa città, quindi fu scritto alla Comunità che si facesse tale deputazione, la quale seguì tosto nelle persone del sig. Agostino Ronchi e di me Ercole Cavazza.
Sucessivamente fu pubblicata la conferma del bando sopra li consumi e majali d’ordine del del sig. card. Legato, il quale vi aggiunse dippiù che in avenire non si dovesse far più il mercato de strami, quadrelli e valumi nelle vie del Borgo ove già facevasi anco quello de bovini, ma si dovesse stabilmente fare dietro le mura del Castello a mano destra dell’ingresso della nova piazza de bovini detta Foro Boatrio come si legge il tutto nella anessa stampa.
Siccome li uomini della podestaria di Caslfiumanese, attese le controversie avute col Senato di Bologna, non volevano più riconoscere chi dovevano, fu perciò dall’E.mo Legato ed Ec.to Senato deputato giudice privativo per tutta la podestaria il senatore Gio. Francesco Aldrovandi, cavaliere di somma prudenza e fornito di ogni prerogativa atta al governo con facoltà di formare li Statuti a tutto il corpo della podestaria, affine di togliere li tumulti che nascevano ne’ Comizi generali, che si tenevano in Casale capo e matrice di tutta la podestaria, per cui di certo era nato un scompiglio e criminalità onde furono querelati molti nel Torrone.
Quindi adunque furono chiamati tutti la massari di quella comunità a dovere sciegliere per ciascuna due deputati avanti l’Assonteria di Governo. Alcune comunità ubidirono ed altre non volero far tale deputazione come si può vedere dagli atti dell’Assonteria.
Adi 7 settembre si cominciò il novo selciato nella via del Borgo cominciando dal Portone fi a capo dell’altro abitato de conte Gini e fu di spesa l. 840: 14: 11, fu pertiche 155 e piedi 47. Nel mentre che si faceva tal selciato stette sempre chiusa e baricata la strada da una parte all’altra per modo che la posta e li altri legni passavano dallo stradello morto fino alla fossa del Castello e andavano alla volta di casa Vachi fino al Portone. Le strade si tenevano iluminate la notte. Tali spese risultanti più a minuto risultano da campione registrato in Comunità nel libro delle strade e via. La parte di sotto fu terminata di ottobre attese la grandi piogge seguite. Si cominciò indi al principio di d. ottobre l’altro selciato dalla chiesa della SS.ma Annunziata fino alla porta del castello che fu di pertiche 109 e piedi 39 in quadro, la spesa fu di l. 996: 7: 6 come si può vedere da d. Campione.
Adi 19 ottobre attese le controversie sud della podestaria venne in Castel S. Pietro il sud. sig. senatore Aldrovandi col ministero pubblico essendovi seco l’agente di Camera Felice Marchi, Gio. Giacomo Dotti architetto publico ed ora deputato Proveditore, il corriere Brancolini publico ed altri della corte del cavaliere, il quale andò subito ad alloggiare in casa del senatore Calderini. Fu incontrato e ricevuto dal cap. Lorenzo Graffi, deputato dal nostro console Flaminio Fabri a far le sue veci e da me Ercole Cavazza vicepodestà di Casalfiumanese.
Adi 12 d. giorno di lunedì si tenne da d. sig. senatore una sessione in d. casa Caldarini dove intervenerotutti li capi delle comunità della podestaria e preti ancora e ciò fu sopra la riduzione de deputati al consilio generale che fu determinato per giovedì venturo 15 corente.
Tutta questa giornata e sera il cavaliere fu trattato e conversato dalle migliori famiglie del paese a gioco e festa.
Adi 15 d. il med. senatore, accompagnato da tutto il ministero sud., a cui intervenni ancor io come vicepodestà di quella comunità, si portò per la parte d’Imola a Casale in legni e cavalli di posta, scortavano due squadre di sbirri il nostro viaggio fino alla casa Ercolani ove è il molino ed d’ivi stetero ne vicini luoghi per venire ad ogni cenno in caso di tumulto. Furono però assicurati in questo giorno tutti li contumaci di giustizia per qualunque caso, ecetto capitale, finchè il senatore stette in Casale. Si arivò poi verso le 14 a casa Ravaglia fuori di Casale. Quivi fermatosi il senatore, io come vicepodestà mi portai in castello e fatta battere la campana, feci aprire la casa comunitativa detta il Palazzo di Casale, poscia ordinai all’arciprete D. Matteo Mongardi che preparasse un genuflessorio in chiesa e stesse in pronto per ricevere il senatore faciente la figura in questa circostanza di principe, indi adunati que pochi del consiglio della podestaria, io li scortai a casa Ravaglia ove li presentai al senatore ed essi si sottomisero tutti a ricevere le di lui sovrane ordinazioni, poscia fu condotto in Casale e presa la perdonanza avvanti il SS.mo nel duomo, ricevuro dall’arciprete sud. e clero fu da me introdotto nel palazzo comunitativo col seguito del ministero e di tutti li deputati componenti il corpo della podestaria.
Addagiato e fatto circolo li deputati al senatore, in questo consesso si determinarono le capitolazioni per il bon governo di que popoli. Cio fatto si partì e si andò a pranzo a casa Ravaglia, ove erano ancora vari signori d’Imola, l’arciprete sud. e vari de capi della podestaria.
In tale contratempo cominciò una dirottissima pioggia per cui fino alle 21 si tardò e poi si partì per Imola dove si stette tutta la notte e la mattina si venne a Castel S. Pietro, di donde partì la sera il senatore ed il ministareo alla volta di Bologna.
L’atto delle rissoluzioni sud. fu scritto dal segretario pubblico per l’Ec.ta Assonteria e per la Comunità di Casale ed uniti, servij io da segretario non ostante essere vicepodestà, così incaricato. Una tale gita e facenda costò di spesa l. 1800 le quali l’assonteria donò e rimise alla podestaria a cui tocavano.
In questo tempo fu riproposto al sig. senatore Aldrovandi l’emfiteusi della torre per cui diede a questa nostra Comunità di Castel S. Pietro speranze di felice esito col rinovarne esso le premure nell’assonteria. si pregò altresì che si compiacesse di dare per quella la facoltà alla Comunità questa di levare li morizzoli che servivano di riparo al Cassare della Porta di sotto.
Fu estratto Podestà il Conte Giovanni Fantuzzi.

1779
Console di questo primo semestre fu il Sig. Vincenzo Mondini.
Primo genaro, essendo stato fino a questo giorno ottima stagione, con serenità, la notte scorsa cominciò una buffera tale con neve, che durò tre giorni continui in modo tale che molti arbori patirono, massime li pioppi e castagni che furono svelti, schiantati e spaccati in moltissimi luoghi.
Adi 4 d. essendo stata conferita la carica di V. Podestà di Castel S. Pietro a me Ercole Cavazza, andai per la prima volta, essendo giorno di lunedì nella ressidenza nova fatta nella casa comunicativa, nella quale ressidenza dal dì che fu redipinta nell’anno cioè 1768, niuno da vicepodestà vi era stato ad abitare, e però vi fu , d’ordine di questo consilio, la seguente iscrizione fatta rinovare a mia istanza.
D. O. M.
Gregorio Philippo M.ra Casali Bentivolo Paleotto
Marchione, ac Bononie Patritio
Qui cum prefechera Rebus Communitatis huius
Castri S. Petri
Anni 1768 et 1769 sedulo fungeretur
Pretorium, hunc, scolarium Gymnasium refici
totamque eolem hanc confabularem
situ , ac rudi squallore confectum ubiq. retaurari
Sumptibu Comunitat. etiamq. vicariatus
Multaque in Comitiis Consularibus Studiose Sanciverit
Duedecemviri eiusd. Castri Benefactori optime
A. D. MDCCLXX M.P.
Hercules Cavatia pro D. Co. Elefantutio Pretore Notarius
Sortens Propretor anni 1779 renovare curavit.
Adi 10 d. Nicola di Giovanni Grandi, speciale nativo di questo loco e già fatto Minore Oss. colli nomi di P. Francesco Andrea Grandi, doppo aver fatto tutti li corsi di filosofia e teologia e divenuto lettore in Ferrara nella sua Religione, fu altresì dopo dichiarato lettore pubblico di Fano città e predicatore, celebrò la di lui prima messa in questa sua patria nella di lui chiesa di S. Francesco con pompa solenne e intervento di tutti li parenti suoi.
In tal circostanza si ammogliò Luigi Grandi, di lui germano, nella Signora Gertrude Fantaguzzi di questo loco nella quale si estingue la di lei casa Fantaguzzi. Il matrimonio seguì in d. chiesa, presente l’arciprete e benedì li sponsali esso P. Francesco nella solennità della messa sua prima.
Contemporaneamente vestì li abiti clericali in d. chiesa Andrea Grandi fratello del celebrante. Tutte le cerimonie della chiesa furono fatte da d. Padre Francesco delegato dall’arciprete sud. Tutti li garanti, padre cioè, madre, fratelli, e sorelle del candidato fecero la S. Comunione, cosa certo che inteneriva tutti. La solennità di questo giorno, seconda domenica dell’anno, fu altresì condecorata da sinfonie e composizioni poetiche frale quali il Dott. Marco Antonio Zacherini imolese in una sua anacreontica, espose egregiamente l’occaso, come siegue in alcune stanze…
Parla per me veridica
quella che in te si anida
pietà, che in lane povere
a santità ti guida.
Parla della tua gloria
Ferrara illustre, dove
desti ne dotti circoli
di gran saper la prova
………………..
e piu’ oltre esprime che l’altro fratello veste l’abito clericale
…a te la madre tenera
reca il fratello innante
onde al tuo bello esempio
veste le bende sante
……………..
finalmente espone così la benedizione del matrimonio dell’altro fratello:
Voi genitori amabili
ben fortunati siete
ed a ragion il Giubilo
col pianto ora esprimete
all’altro figlio accopiansi
del grande Abramo i pregi
Invitta fede eroica
vien che l’adorni e fregi.
Adi 17 febraro giorno primo di quaresima, si cominciò a suonare colla campana grande i tochi della predica, come si usa nella Catedrale di S. Pietro di Bologna, dove che per l’avanti si faceva la chiamata col campanello a tocchi fino alla montata del predicatore.
Adi 21 d. fu publicato l’indulto di ova e laticini per tutta la settimana, toltone i venerdì e sabato. Contemporaneamente fu pubblicata cedola contro il Consolo e uomini assunti al Campione dell’estimo e tasse fatto anni sono per questi tereni sogetti all’estimo, il quale amontava in corpo quanto ai secolari alla somma di l. 137980 di fondo, e quanto a beni patrimoniali alla somma di l. 21415, e ciò a motivo che essendo questo mancante del vechio campione fatto del 1750 per la somma di meno di l. 19188: 17: 6, perciò doversi difendere per tale smanco con cause legittime altrimenti non comparendo od riconoscendosi le (..) irellevanti si farà un riparto di proporzione alli fondi stimati per d. somma di l. 19188: 17: 6, sichè su ciò fu determinato comparissero d. assonti alli Assonti di Governo.
Adi 22 essendosi fatta istanza all’Assunteria di Governo che le mura di questo Castello abbisognavano di universale riattamento e spesa, così fu spedito l’Architetto Giangiacomo Dotti a peritare la spesa da porsi in comparto alle 16 comunità sogette alla Podestaria di Castel S. Pietro.
Adi sud. Lorenzo Dott. di Legge figlio del Cap. Vanti, dopo aver sostenuta la carica per piu’ di venti anni di Podestà di Castel Bolognese, cessò di vivere e questa famiglia si è stabilita in d. loco e quivi estinta.
Adì primo aprile fu richiesto alla Comunità il fondamento per cui si debbono assogettare le Comunità della Podestaria alla spesa delle mura, lo che fu tosto spedito il decreto del 1416 sopra la unione e reintegrazione del vicariato in cui si acenna e si decreta da sedici reformatori che: omnes comunitates subiecta vicariatum C. S. P. tenent pro suis taxis ad forma statutor: et Juris concurrere ad manutentionem meniorum, murorum et fortiliorum C. S. P.ri.
Fu altresì accordato dall’Ecl.a. Assunteria ad Ercole Cavazza per anni 15 in godimento il Torazzo a levante nelle mura del Castello con questo che vi facesse due stanze abitabili.
Dal primo giorno dell’anno corente, in cui nevicò fortemente, essendosi serenato il tempo fino ad oggi 12 corrente senza mai cadere aqua, fu fatto in Bologna un triduo a S. M. della pioggia, la quale subito addimostrò la grazia con una levissima pioggia. Ma perchè seguiva la aridità, con danno alli seminati che si perdevano, alle erbe che non si movevano, ed alli marzatelli che non nascevano, ne era perciò nato un grande esclamo, le robbe si accrescono di prezzo, per tutto si fanno orazioni.
Quivi si sono fatti tridui alla B. V. del Rosario a tutte le fraterie e processioni di penitenza, ma inesaudite. Oggi che siamo al 18, essendo il terzo giorno che è esposto Il SS. Crocefisso dell’Oratorio e si fa la S. Processione, il tempo si è ben fatto nubiloso, ma Dio non ha per anco voluto esaudire le preci comuni. Alla processione sono intervenute tutte le tre religioni claustrali cantando il miserere, vi fu popolo infinito e quantità di lumi, finita la processione fu deposto nella porta della chiesa sopra un altare la S. Imagine, ove fatta una pia esortazione dal paroco, si diede la S. Benedizione assistito dal clero e tutta la Compagnia del SS.mo.
Adi 19 il grano si vendette a l. 12 la corba e il formentone l. 7.
Adi 18 furono levati totalmente li morelli o siano ripari laterali del cassaro vecchio della porta di sotto attesa la facoltà dell’Assunteria, massime perché la fossa si era interita per il mercato de bovini da una parte e dall’altra si coperse il chiavicotto, e si fece un muro in linea diretta al Borgo per sostenere la terra, che non oprimesse la fossa, e fosse ferma per la via alla proposta nova porta, servendosi de materiali di d. ripari, d. muro è lungo piedi 36 e per ogni piedi 12 vi è un grosso pilone, affine di valersene in caso di fabrica per il colonato di un portico.
Sicome per anco la pioggia non si era potuta ottenere non cessavano le orazioni publiche quindi, essendosi esposta all’altare maggiore dell’arcipretale la statua di S. Antonio Abbate, li contadini in numero di 140, adunati nell’oratorio della SS.ma Annunziata, copertasi la faccia col capuccio della cappa del SS.mo Rosario, discalci tutti e cappati, precedendovi un sacerdote con due chierici discalci, portando il primo un crocefisso di rilievo inalberato e li altri due lumi, poscia a due a due li cappati in voce dimessa, a versetto per versetto del miserere recitato in voce bassa, corrispondevano col: misere nostri domine, miserere nostri. In fine della processione eravi un altro sacerdote discalzo che dirigeva i versetti del salmo. La divozione, la mestizia e il numero delle persone comoveva al pianto.
La processione fu condotta all’arcipretale dove, recitate le litanie in voce bassa e fatta una piccola predica, l’arciprete diede la benedizione col SS.mo SS.to al popolo che gridava misericordia e così fecesi per tre giorni continui.
Il motivo di tante supliche si è perchè il formento non è apena alto mezo palmo da terra che ha la spiga formata e fori del baccio, onde universalmente si teme la carestia sì per le genti che per le bestie.
Adi 20 la d. compagnia in N. di 98 andò alla visita del SS.mo SS.to alle 4 chiese dove si conserva, cioè a S. Francesco, a S. Bartolomeo, a Cappucini ed all’arcipretale, a piedi nudi e velato il capo, ed in ogni chiesa ove giungeva a braccia aperte si dicevano cinque Pater noster, finalmente ricevendo la S. Benedizione del SS.mo nella arcipretale dopo le preci di penitenza.
Adi 21 medesimamente la stessa compagnia fece nel modo sud. la sua processione di penitenza, visitando il SS.mo a tutte le chiese sud.. A questa processione vi intervennero anco la fanciulezza della dottrina Christiana a piedi nudi con lumi in mano, che terminata si fermò nella arcipretale ove, recitate le preci solite di penitenza , fu data la S. Benedizione del SS.mo. Fu numeroso il popolo, l’arciconfraternita era composta di 114 confratelli e li fanciulli erano N. 60, cosa in verità che moveva il pianto.
Terminato questo divoto triduo, ne fu proposto un altro più devoto e fu quello dell’esposizione dell’imagine del S. Crocefisso della chiesa della SS.ma Annunziata. Questa è una imagine antichissima di cui se ne vedono le memorie antiche nella mia cronica e perché dal popolo fu chiamato il Cristo della Pioggia, così in simile urgenza del 1755 li 25 aprile fu esposto e il terzo dì dopo il triduo fece la grazia di una abbondante pioggia.
Essendo fino lunedì scorso venuti li tribuni in questo loco, non ostante il privilegio dell’Arti ed il giudicato a nostro favore in Roma in piena segnatura, caturarono alcuni per il sapone quivi fabricato, pretendendo si sogiacia al magistrato questa manifatura. Intanto la Comunità si mette alle difese legali.
Alli 22 aprile, giovedì, si cominciò il devoto triduo sud. all’imagine del Crocefisso della SS.ma Annunziata, la matina vi furono infinite messe, essendo all’altar maggiore di quella chiesa l’imagine. Il dopo pranzo la Compagnia, o sia Arciconfraternita del SS.mo Rosario, velato il capo e piedi nudi in N. di 98 confratelli andarono alle chiese all’adorazione del SS.mo, poi su le 22 si spicò la processione solenne in questa forma dall’arcipretale: precedeva la Dotrina christiana di 48 fanciulli scalzi col lume, seguì l’Arciconfrat. sud. vestita e scalza come sopra, avendo avanti per insegna una croce portata da un sacerdote scalzo e due chierici scalzi con lume, poi seguivano li Capucini a piede nudo, indi li Zocolanti, poi li Agostiniani ed indi il clero in N. di 28 fra frati, sacerdoti, exgesuiti e chierici, avendo ciascun Corpo la sua croce.
Si recitava il miserere alla capucina ed ad ogni versetto tutti rispondevano: miserer nostri Domine, miserere nostri. Finalmente giunta tutta la processione a d. chiesa fu inalberata la S. Imagine e trasportata fuori dall’arciprete, poi fu consegnata ad un sacerdote e così di mano in mano, dandosi la muta fra di loro, si venne giu’ per il Borgo verso il Portone, indi per la via di S. Pietro e poi, volgendosi nel mezo del Borgo, fu portata la S. Imagine nella arcipretale all’altar maggiore, recitandosi da due preti li 7 salmi penitenziali nel capo della processione a cui interpolatamente versetto per versetto rispondevasi: misere nostri Domine.
Nella arcipretale, fermato all’altar maggiore il Crocefisso, si dissero le litanie del S.S. e preci e poi si fece dal paroco un discorso ortatorio alla penitenza, fatto il quale si diede la benedizione col venerabile a piu’ di 6 mila persone.
Adi 23 di aprile, giorno di venerdì, essendovi mezo mercato al solito il formentone si vendette pavoli 15 ed il grano pavoli 25 la corba a mottivo di vedersi il tempo troppo fermo nella serenità.
Questa sera la compagnia del SS.mo in N. di 76 confratelli col capo velato, a piedi nudi si è portato alla visita del SS.mo alle quattro chiese ove conservasi in questo Castello, nel mentre si caminava gridavasi: misericordia mio Dio intercalarmente ad ogni invocazione che si faceva de SS. nelle litanie. Intanto sorse un gran vento.
Adi 24 d. la notte scorsa Iddio inoltrò il suo miracolo con far cadere per un quarto d’ora una lieve ruggiata in questa pianura del nostro comune su le 7, ma poscia rissorto un vento sgombrò le nubi e le dileguò affatto.
Prima però delle sei si vide un segno nel cielo verso le parti di Lombardia in figura di croce tutta folgoreggiante. Le sere antecedenti figurava un aurora boreale che illuminava il mondo, dicesi che questo è il terzo pontificato che un simile segnale si vide in cielo, preludio di morte al sommo pontefice. L’aria è corotta d’assai fino al 4 grado attesa l’esperienza de medici e naturalisti, onde si paventa pestilenza e si fanno giornalmente osservazioni nelle Università di Studio.
Si è proposto che al primo arrivar di pioggia ognuno per suo preservativo usi la lavanda di aceto alla facia ed altre parti scoperte prima di esporsi all’aria aperta. Queste sono le miserie correnti. Oggi la Compagnia del SS.mo fece la stessa processione di jeri.
Adi 25 d. la notte scorsa su le 7, li gargiolari del paese tutti uniti andarono alle sette chiese cantando il miserere. Oltre il castigo sud. di serenità, si è aggiunto da jeri sera su le 21 un contrasto di venti sirocale, boreale e levantino che le genti non possono star fuori, onde ha schiantato viti, arbori e inaridisce maggiormente la campagna e durò tutta questa giornata.
Questa mattina le compagnie del SS.mo e del Rosario hanno fatto nell’arcipretale la comunione generale. Oggi doppo pranzo è fatta la processione di S. Marco, vi è intervenuta tutta la Compagnia del SS.mo nel modo delle altre sere e il clero in N. di 28 fra frati e chierici, a capo della qual processione si è portato il crocefisso dell’Annunziata ne tre luoghi, cioè nella piazza de Capucini, indi nella piazza del Castello, poi in quella del mercato fuori della porta di sotto e finalmente alla sua chiesa, e in ogni piazza de sudd. quattro luoghi ha data la S. Benedizione. Vi fu numerosissimo popolo per cui fu stimato esservi da ottomila persone.
L’arciprete per placar l’ira divina ordinò che a tutte l’ore del giorno in avvenire cominciando dalle 12 fino alle due di notte, sonasse la campana della parochiale, e che ognuno al suono dicesse un Pater noster in genochio con dieci Ave Maria alla B. V. in genochio affine di placare Iddio.
Adi 26 d. fu trasportata la S. Imagine del Rosario all’altar maggiore, questa mattina all’ora 12 essendo il lunedì si cominciarono li segni per le dieci salutazioni angeliche e il Pater noster, e così si vide in punto un popolo grande genuflesso chi per la strada, chi nelle botteghe, chi nella piazza ed ovunque si trovava con un imediato silenzio e devoto sussuro.
Il di 27. 28. la compagnia del SS.mo andò discalza e coperto il capo alla sud. chiesa alla visita del SS.mo e dapoi entrata nella arcipretale, dopo divoto ragionamento e le solite preci, si diede la S. Benedizione col venerabile.
Adi 29. 30. fecero lo stesso quelli della Arciconfraternita del Rosario e il dì primo maggio la med Arciconfraternita, senza portar veruna imagine, in N. di 99 confratelli andarono alle sette chiese, coperti il cappo, con corda al collo e piedi nudi. Il Corpo della compagnia era intermediato da cinque confratelli in mezzo alle linee laterali, portanti cinque croci su le spalle, l’ultima delle quali, per essere assai grande e pesante, si diedero la muta li confratelli fra loro, così che facevano ribrezzo e conciliava tenerezza. Fatto questo si fece la solita funzione della benedizione del SS.mo.
Adì 2 maggio, prima domenica del mese, la mattina la Comp. del SS.mo si portò processionalmente all’arcipretale e quivi fece la S. Comunione nell’uso che si suole per Pasqua, il dopo pranzo si fece la processione del SS.mo per il Castello e Borgo e, siccome che cominciò una lenta piova, così solecitamente si restituì il SS.mo nell’arcipretale ove accompagnato da infinito numero di lumi si diede la S. Benedizione.
Adi 4 maggio la Comunità, attese le presenti circostanze determina di andare in forma a ricevere la S. Imagine di Poggio la prima domenica delle S. Rogazioni e poi accompagnarla con lumi il giorno dell’Ascensione fin alla chiesa della SS.ma Annunziata a ricevere la S. Benedizione e che, in tempo delle Rogazioni, si batta sempre la campana pubblica.
Adì 5 d. li Capucini alle ore 8 cominciarono l’Orazione delle 40 ore avvanti il SS.mo nella loro chiesa, con invito pubblico e di giorno e di notte. Ciò spiace all’arciprete e ne fa doglianze, onde la Congregazione del SS.mo per fugire tutte le ostilità non va alla visita in forma, ma bensì mandò le cappe alla chiesa e quivi si faceva con d. cappa in N. di 4 capati la muta di persone ad ora per ora, senza richieder limosine nè benefattori per questo fatto.
Adi 6 maggio ad ore 23 termino l’Orazione delle 40 ore de P.P. Capucini colla S. Benedizione a numeroso popolo. A tale funzione intervenero processionalmente li francescani ed agostiniani e fecero un’ora tutti assieme quale terminata in N. di 50 capati del SS.mo assisterono con lumi alla S. benedizione dopo le solite preci di penitenza. Alle 2 di notte si terminò il segno delle 10 salutazioni angeliche proposte dal paroco come sopra per la ricorente calamità e penuria di pioggia.
Adi 8 maggio, giorno di sabato, si andò a pigliare la B.V. di Poggio per le Rogazioni.
Adi 9 d. la domenica mattina si levò secondo il solito dall’Oratorio della SS.ma Annunziata, ivi intervenne la Comunità in forma, si fecero i tre giorni susseguenti le solite processioni e la sera si diede , dopo le preci, la benedizione del SS.mo.
Tutti tre li giorni fino alla mattina dell’Ascensione di quando in quando si aveva un poco di pioggia.
Oggi poi, giorno dell’Ascensione, accadde che, esendovi numeroso popolo, certo Giovanni Nanni del comune di Doccia venne a parola con altro suo compagno a motivo di giocare all’ova, quindi fatto un susurro Giovanni Cervelati, confratello della compagnia del SS.mo, essendo con altri quattro confratelli capati alla solita questua colla Torcia per la S. Imagine sud., amorosamente volle amonire il sud. Nanni ad omettere la rissa.
Costui forsenato diede mano ad una pistolla e le scroccò l’archibugiata ma per grazia della S. Imagine non pigliò foco. Replicò l’insolente l’archibugiata e così acade quello di prima, finalmente Giuseppe Nepoti di d. Castello ancor esso volendo infraporsi a calare l’ira del Nanni, costui le fece lo stesso tiro, per la qual cosa accostandosi con bon modo Francesco Beltrandi le levò l’arma e così per grazia di Maria SS.ma niuno pericolò dove dovevano partire molti se andava l’archibugio, ne fu ciò attribuito a miracolo della S. Imagine.
Terminato poi il vespro la Comunità in Corpo formale, unita alle fratterie, con lumi andò nella piazza a ricevere la benedizione della S. imagine, lo che seguentemente accompagnò quella colle Religioni fino all’Oratorio della SS.ma Annunziata ove ricevette l’ultima benedizione e congedò l’imagine. Ciò è stata singolare edificazione al popolo e si pensa che ciò sia per usarsi sempre in avvenire, quall’ora la Compagnia del SS.mo usi le dovute convenienze.
Adi 24 maggio, giorno primo delle pentecoste fu di novo messa nell’altare maggiore della arcipretale la S. Imagine del Rosario affine di ringraziare per quel poco di pioggia che si era ottenuta e nello stesso tempo di pensare a graziarci di nova pioggia, attesa la grande aridità, poichè le marzole e fave sono tutte andate in rovina, e solo il grano regge e si teme assai per il formentone che non nasce, e li mercanti vendono il formento l. 13 la corba. Il dopo pranzo si fece solenne processione per il Castello e Borgo col venerabile.
Adi primo giugno la notte alle quattro e un quarto venendo verso li 2 giorno di mercoldì, si sentì una orenda scossa di tremuoto, poi diminuendosi dopo mezz’ora replicò piu’ forte, le genti perciò sortirono tutte di casa e corsero alle piazze del Castello, Capuccini e del mercato de bovini, indi suonandosi all’arcipretale si andò alla chiesa, ove replicando il tremuoto fuggirono tutti alle piazze.
Alle 5 e 6 replicò piu’ forte con spavento oribile, le genti gridavano misericordia ad alta voce. Poi fu posta l’Imagine del SS.mo Rosario all’altar maggiore, ove l’arciprete, spaventato, dopo breve svenimento, corse alla piazza a predicare. L’altre chiese erano tutte aperte e si suonava alla Lunga. Nella piazza del mercato, fuori del Castello, predicò D. Francesco Caldoreni spagnolo exgesuita, nell’Anunziata P. Pietro Galiardo exgesuita messicano.
Si scopersero le Imagini miracolose tutte del paese, cioè a S. Bartolomeo S. Nicola, a S. Francesco S. Antonio, all’Oratorio del SS.mo il S. Crocefisso, nell’Oratorio della SS.ma Anunziata l’Imagine del Cristo.
Durò tutta la notte fino alle 9 ove replicò ma con poco strepito. Caddero camini parecchi e rissentì tutta la casa dei Fiegna appresso S. Bartolomeo per cui, essendosi resa minacciosa dalla parte dello stradello che va al palazzo Locatelli, fu tosto pontellata. La volta di S. Francesco sopra la porta si comosse. L’oratorio del SS.mo nel coro dalla parte dell’Epistola, cominciando dalla volta e sopra il fenestrone e calando fino al pavimento se le fece una picola rima, la faciata della chiesa de Capucini si scostò dal volto interiore, in somma pochissime furono le fabbriche che non patissero.
Giunta poi l’ora delle 13 e mezo del mercoledì, giorno secondo di giugno e vigilia del Corpus Domine, si sentì un altro scuotimento grande per cui si vedevano da tutti con orrore tremar li fabricati, onde ognuno, abbandonate le proprie abitazioni, fugì novamente nelle piazze sud. colle familie, ove si fecero trabbache con stuore, trabbache di legne, di paraventi e di tende per modo che sembrava un campo d’Armata, e quivi si mangiava e stava nonostante la pioggia che cadeva dal cielo. Le genti gridavano misericordia e si cantavano le preci tutte.
In tale frangente, per grazia di Dio niuno periclitò ancorchè picolo o vechio cadente. Le bestie urlavano e fra il fragore del teramoto, le strida, strepito di genti, suono di campane, sembrava il giorno del giudizio allo scompilio.
La sera stessa si dissero le litanie de santi e preci al S. Crocefisso dalla Compagnia del SS.mo. Tutta la piazza e luoghi di campagna vicini, attorno il Castello e nel prato dietro li Capucini, vi erano coperti di case matte di legno e nella piazza med. si confessavano uomini e donne, tanto da capuccini in due confessionari fuori nella loro piazza, quanto da preti nella piazza del Castello. In Bologna seguì lo stesso tremuoto.
La sera ad un’ora di notte si sentì un’altra scossa ma discreta, venendo poi la matina del giovedì, giorno del Corpus domini 3 giugno, alle nove si sentì un altro scotimento. Giunto il meridio si fece la processione del SS.mo solo attorno la piazza colla Compagnia del SS.mo, differendosi la processione generale ad altro giorno piu’ quieto.
Terminata la processione l’arciprete propose al popolo che per tre giorni consecutivi si facessero tre processioni di penitenza alle chiese ove si adora il SS.mo e vi intervenga ora la comp. del SS.mo ed ora quella del Rosario, poi ordinò che per dieci anni consecutivi si facessero medesimamente in tali giorni, come per voto, le pred. processioni, indi replicò la recita delle 10 Avemarie e Pater nostrer al suono di ogni ora del giorno e della notte.
Alle ore 18 in quella giornata replicò il tremuoto ma con scuotimento discreto.
Adi 4 giorno di venerdì alle 11 e mezo della mattina replicò una scotimento sensibile per cui caddero camini e le genti sortirono di casa. A Bologna fece strepito sensibile e lasciò segni nelle chiese e fabricati. Da queste genti di C. S. Pietro, via più spaventate, si fecero capanne fuori alla campagna circonvicina e nella piazza si acrebero fino al N. di ventitrè capanne.
La sera li Agostiniani diedero la benedizione colla reliquia di S. Nicola in chiesa e poi, sortiti processionalmente nella strada, la replicarono nel crociale della strada in quattro luoghi, cioè oriente, ponente, borea e meridio, dopo le preci di penitenza li sacerdoti tutti nella messa dicevano l’orazione del teremoto.
Adi 5 d., giorno di sabbato, avendo l’arciprete ottenuta la licenza di far un altare di legno fuori la chiesa, fu fatto per le divine funzioni sotto l’ultimo ochio di portico della casa già Rinaldi, vicino la piazza
e la casa della Comunità riguardante al di sopra verso il meridio, però le genti sussuravano aducendo essere l’altare nello stesso pericolo e piu’ delli altari della chiesa per essere nel mezo e sotto le fabriche.
In queste giornate D. Luigi Farnè di questo Castello, dimorando in Bologna fece altre diffese di teologia in S. Pietro di Bologna, more accademico, contro al N. di 60 tesi con aplauso singolare, a cui intervenne l’Arcivescovo personalmente, copia delle quali si conserva presso me.
Li capucini pure nella loro piazza, ad imitazione dell’arciprete, che aveva fatto costruire l’altare e capella sud. nell’angolo inferiore della piazza sud., fecero anco essi una picola capella coll’altare. Questa sera nel sud. altare dall’arciprete si diede la benedizione col SS.mo.
Li Tribuni della plebe, che avevano già querelati e processati Giuseppe Muzzi e Filippo Conti per il sapone, furono in quest’oggi inibiti per la purgazione delli attentati avanti la signatura di Roma.
Adi 6 d., giorno di domenica, si fece la processione solita generale del Corpus Domini colla fratteria, clero, compagnia del SS.mo e Comunità. Si levò questo dalla sud. capella fatta sotto il portico nella piazza e poi atraversandosi la med. piazza lungo l’oratorio del SS.mo, incaminandosi per lo stradello che porta alla rocca, poi dietro le mura, indi rivoltandosi dietro l’orto Calderini, direttamente alli stradelli Graffi, Vanti fino alla fornace delle pentole e rivoltandosi dietro l’orto di S. Francesco, poi per la piazza di S. Francesco fino alla d. capella ove, cantate le solite preci, diede la S. Benedizione col SS.mo il quale stette nel ciborio fino alla sera nella d. capella, ove poi fu trasportato nell’arcipretale.
Li Capucini medesimamente si fecero una capella fuori nella loro piazza ove ogni sera per quest’opera del Corpus D. danno la S. Benedizione.
Adi 8 d. lunedì, attesa la capella sud., le divine funzioni che in essa si fanno e le capanne che sono in piazza, si trasferisce il mercato de pollami e simili dietro le mura del Castello presso la porta di sopra e fuori di essa.
Alle 15 ore si sentì uno scottimento mediocre.
Il dopo pranzo l’arciprete predica ad uso di missionario in piazza e finita la predica si da la benedizione col SS.mo levato dall’arciprete. Le compagnie del SS.mo e del Rosario alternativamente una un giorno e l’altra l’altro fanno processioni di penitenza alla chiesa.
Al suono di ogni ora si batte la campana grossa, e il popolo genuflesso dice 10 Avemarie ed un Pater a S. Giuseppe ed in fine la giaculatoria Sanctus Deus .+. Sanctus fortis. +. Sanctus imortalis. +. Miserere nobis a flagello teremotis.
Il Vescovo di Bologna ha ordinato la coletta per il teremoto ed inoltre ha prodotto le imagini di S. Emidio Vescovo d’Ascoli portentoso per il tremuoto con infine un esorcismo al castigo perchè cessi, come si vede nella annessa stampa. [A9]
Adì 9 giorno di martedì su le 19 si sentì un picolo tremore insensibilmente per modo che sembra svanisca a poco a poco. Questa sera all’ora di notte nella d. capella si trasportò il SS.mo all’adorazione del popolo e stette esposto fino alle 5. La prima ora fino alle 2 fece l’adorazione l’Arciconfraternita del Rosario, dalle 2 fino alle 3 la unione de gargiolari che si levarono processionalmente dalla SS.ma Anunziata, dalle 3 fino alle 4 tutti li borghesani che processionalmente, pure con lumi si erano adunati nell’Oratorio della SS.ma Annunziata. Dalle 4 fino alle 5 vi andò la compagnia del SS.mo con lumi a far l’ora nel corso della quale sicome era l’ottava delle scosse oribili ocorse, si fece dall’arciprete un discorso della misericordia di Dio, quale terminato si diede la S. Benedizione e così terminò la funzione.
Adi 10 all’ore 13 seguì un breve scotimento che fattosi sentire da tutti, se ne fuggirono alla piazza e li sacerdoti dalli altari. Oggi alli P.P. di S. Francesco si è cominciato un triduo ad onore di S. Francesco Solano protetore universale per i teremoti.
Questa sera le tre fratterie col clero andò alla visita delle sette chiese e così durò fino al sabato sera, levandosi la processione dalla sud. capella posta ove era stata colorata l’Imagine di Maria SS.ma del Rosario e vi stette sempre. Li agostiniani ancor essi intimarono un triduo a S. Nicola esponendolo alla pubblica venerazione nella loro chiesa e cominciò il di 12 d., giorno di sabato, dandosi la sera la solita benedizione colla reliquia.
In questo giorno prese la laurea dottorale in teologia D. Luigi di Giuseppe Farnè nella Università di Bologna, ed in questa sua patria, alla di lui casa furono affisse molte composizioni poetiche.
Adi 13 d. giorno di domenica il dopo pranzo su le 21 si fece la processione colla reliquia di M. SS.ma. Si levò dalla sud. capella in piazza dalla Arciconfrat. del Rosario, poi si incaminò fuori della porta maggiore del Castello, dove rivoltandosi nella nova piazza de bovini cantate le quattro preci a fulgures, a flagello teremotus, ut sanctus torre, ut nos exaudire, facendosi dal sacerdote ad ogni proferta di tali preci il segno della croce verso il popolo a risserva della prece a flagello che segnava la terra, benedì le 4 parti del mondo, indi l’asperse coll’aqua santa e poscia l’oremus del teremoto, data tale benedizione, si prosseguì dietro la folla alla volta de Capucini, ove fermatosi novamente contro la rocca del Castello, diedesi fine le benedizioni.
Così si replicò contro la porta superiore del Castello nella piazza avanti l’ospitale, poi entrati in Castello fu riposta la S. Reliquia nella d. capella, avvanti la S. Imagine sudd. Nel corso della processione furono dispensare le anesse S. Imagini [A10] colle giaculatorie sue che furono recitate dopo dal Popolo. Indi fattosi un breve colloquio dal Dott. Antonio Graffi, si portò il venerabile dalla parochiale alla d. capella, ove datasi la S. Benedizione fu riportato nella med. chiesa e la funzione terminò all’Avemaria.
Il sig. Cardinale Legato, attese le cattive nove avute per il teremoto così acaduto, spedì il suo segretario in quest’oggi a sincerarsi e così fece a Medicina.
Adi 14 d., giorno di lunedì, essendosi intimata la processione di penitenza per li agostiniani col portarsi la statua di S. Nicola da Tolentino dalla Compagnia del Suffragio, su le 13 della mattina cominciò una gagliarda pioggia che durò fino alle 22 ora della processione, quale fermata, subito si levò la statua dalla chiesa di S. Bartolomeo e fu portata in piazza alla capella sud. in questa forma: precedeva la Paliola de frati, poi li frati con lume, indi dodici cappati del Suffragio colla loro cappa, cioè sacco bianco e mozzetta nera, indi il Santo che venne portato da alcuni sacerdoti, poi incaminandosi alla piazza, ventiquattro confratelli venero con lumi ad incontrare il Santo fino alla casa della Comunità, ove accompagnaronlo fino alla d. capella a fianco della quale essendovi entro un altarino a finestra di M.ra SS.ma fu quivi collocato il Santo.
Poscia il P. Vicario Agostino Gasparini del S. Ufficio in d. convento fece un bellissimo discorso, terminato il quale si diede la S. Benedizione dopo le solite preci, fu indi poscia accompagnato il Santo non solo dalli sud. cappati del Rosario, ma anco dalla chieresia con lumi fino contro la chiesa delli agostiniani ove si collocò il Santo
Adi 15 d. su le 23 fu portata la S. Imagine del Rosario nella arcipretale ove se le cantarono le litanie e poscia il Magnificat, indi l’arciprete ordinò per la sera stessa che fino alle 4 1/2 si esponesse il SS.mo ove intervenne dall’ora fino alle 2 la Comp. del Rosario a far l’ora, dalle 2 fino alle 3 quella del SS.mo, ove cantò formalmente il vespro di M.ra SS.ma con molta divozione, dalle 3 fino alle 4 la congregazione de Gargiolari, e dalle 4 fino alle 5, tempo in cui accadero le fiere scosse il primo del corente, fece l’ora il popolo di Borgo che spicatosi processionalmente con lumi infiniti offersero anco a M.ra SS.ma due mazzi di cera di N. dieci, poi si diede la S. Benedizione.
Adi 16 d., 17,18 fino alla domenica 20 l’Imagine SS.ma del Rosario stette esposta nella Capella maggiore della arcipretale dandosi ogni sera la S. Benedizione del SS.mo, ove si compì la funzione come apresso si dirà.
Venne in questo tempo nova di Bologna come la S. Imagine SS.ma di S. Luca, che a quest’efetto era in S. Petronio , averne già liberata quella città dall’orribile flagello avendo dati manifesti segni della grazia, imperciò che il cristallo che sta davanti per quanto si tenesse pulito da sacerdoti affinchè l’imagine fosse visibile al popolo sempre era offuscato ed adombrato, ma il venerdì di notte si fece limpido, bello e chiaro da sé e l’imagine si vide , come al presente, chiaramente.
Venne altresì notizia come li 6 maggio nell’Armenia presso l’Eufrate erano subissate 2 mila case con perdita di 8 mila persone a causa del terremoto, in Gerusaleme cadde la metà dell’antico S. Tempio, in Costantinopoli trecento case furono incenerite da un foco aereo. Sul principio di questa in Firenze accade un turbine strepitoso con un profluvio d’aqua grandissimo e il turbine scopiò in molte saette a guisa di una tempesta che ucise moltissime persone.
Adi 18 giorno di venerdì l’unione devota de giovani sotto la protezione di S. Luigi, d. volgarmente li Luigini, assieme coll’altra unione delle donne, sotto la protezione di S. M.ra Maddalena de Pazzi, si unirono nell’oratorio del SS.mo SS.to e quivi, spicatasi prima i giovani colla croce in bon numero, a due a due con lume aceso e poscia in simil guisa le sud. donne, con lume ancor esse, si portarono all’adorazione di M.ra SS.ma, facendo ciascuna di esse unioni la sua offerta di una torcia di cera, la prima con un troffeo di gigli, allusivo alla verginità e pudicizia di S. Luigi, la seconda con corona di spine e rose allusivo alla penitenza di S. M.ra Maddalena. Fatta l’adorazione e dimessa l’offerta alla S. Imagine sud. e ricevuta la benedizione del SS.mo, ritornarono così processionalmente al d. oratorio, ove si licenziarono.
Adi 19 d., giorno di sabato, l’unione di tutti li falegnami in N. di 52, radunati nell’oratorio di S. Caterina con lume si spicarono processionalmente da quello e poi andarono con due torcie, coll’insegna e cartello dipintovi un manarino, intrumento incidente, lo dimisero in offerta a M.ra SS.ma nella arcipretale, di dove ricevuta la benedizione del SS.mo ritornarono processionalmente al d. oratorio ove furono licenziati.
Adi 20 d., giorno di domenica, la mattina adunati li gargiolari dell’arte grossa in N. di 96, esclusi li lavoranti alla schiantina, nell’oratorio della SS.ma Annunziata, tutti cantando salmi di penitenza, andarono alla parochiale ad ore 13 ove presentarono sei falcoletti di cera in due mazzi ed uno di candele alla B. V. del Rosario poscia, fatta la generale comunione col ricevere il SS.mo corpo di G. C., cantarono il Te deum. Tale funzione fecero all’altare loro di S. Vincenzo martire a cui cantarono dopo la S. Messa l’inno: Deus tuorum militum, sors et corona premium. Terminato il quale e partiti li gargiolari, vi intervenero al ringraziamento ed offerta li vetturali in N. di 26, ma con oferta miserabile per trattarsi di povera gente.
Adi 21, giorno di lunedì, la sera tutti li fanciulli di Borgo, condotti da D. Pio Galiardo messicano exgesuita, processionalmente con offerta di cera andarono alla B. V. sud. Li sartori medesimamente in N. di 33, in memoria delli 33 anni di Cristo, adunati con 18 donne sartrici , tutti con lume, levati processionalmente dall’oratorio del SS.mo, offrirono 33 candele ed una torcia di cera ed avuta la benedizione del SS.mo si ritornorono al d. oratorio ove si erano uniti.
Adi 22 d. martedì la sera tutti li fabbri e feracieri si unirono nell’Oratorio del SS.mo e processionalmente andarono in N. di 20 col lume alla adorazione di M.ra SS.ma e vi offrirono un mazzo di candele cera di poi, ricevuta la S. Benedizione del SS.mo SS.to se ne ritornarono al d. oratorio.
Adi 23 d. fu chiamato Consilio da questa Comunità ove raddunatosi fu rissoluto, nelle presenti emergenze, di presentare il giorno di dimani a M. V. un regalo di venti lire in tanta cera e che la Comunità la presentasse in forma e che andasse alla S. Benedizione di essa assieme coll’Arciconfraternita del Rosario, indi si soministrasse alli P.P. di S. Francesco libre due cera e libre due cera all’altare di S. Nicola da Tolentino nelli agostiniani e poi libre 6 cera al S. Crocefisso dell’Oratorio del SS.mo ed a questa chiesa vi andasse il Corpo della Comunità in forma, finalmente si rissolvesse per partito di passare alli P.P. francescani l. 60 e l. 30 a capucini per solievo del danno soferto ne loro conventi dalla scossa di tremuoto, salva l’approvazione dell’Assunteria.
Finalmente si determinò per partito secreto di elegere la B. V. del Rosario per protetrice del paese assieme colli SS. Pietro, Paolo e Bernardino da Siena.
Adi 24, giorno di S. Giovanni, la mattina tutti li contadini del quartiere della Lama, doppo aver fatta una bona coletta e ridotta in tante monete in una torcia, fu presentata con un mazzo candele alla S. Imagine levandosi li d. processionalmente dalla madonna del Cozzo ed ivi fatta l’offerta se ne ritornarono.
Alle 10 ore e 3 quarti si sentì uno scuotimento discreto di tremuoto.
Sucessero in appresso tutti li muratori processionalmente levati dall’Oratorio del SS.mo, che fecero ancor essi la loro afferta. Indi li bottegari tutti si levarono di Borgo con bon numero offerendo sei candelotti, dietro loro vi seguirono tutte le donne che avevano l’abito votivo di M.ra SS.ma e tutti vi fecero l’elemosina di cera per modo che le tre botteghe erano sfornite di candele, torcie e candelotti.
Il doppo pranzo poi andarono all’offerta di una torcia li calzolari, indi il quartiere de contadini del Gaggio, portandovi anco essi una torcia con dodici scudi d’argento, finalmente venuta l’ora 21 fu intimata la processione a cui vi intervenero le tre religioni e poi la Comunità in forma portandovi in offerta quattro torcie con la sua bandiera sopra.
In appresso vi venne il clero con una torcia segnata di 24 pezze messicane che vagliono ora pauli nove e soldi otto, fatta tale offerta si intonò l’Ave maris stella, indi procedendo l’Arciconfraternita del Rosario col solo crocefisso, incaminossi per il Castello, dietro a questa seguirono li Capucini, poi li Francescani, indi li Agostiniani poi il Corpo cumunitativo, seguivano a questo sei fanciulli vestiti da angiolo con palma in mano, poi il clero, indi la S. Imagine, e trasportata fino alla porta di sotto al palazzo Malvezzi e trapassato questo per Saragozza indi per Framella strada poi, rivoltandosi per la piazza di S. Francesco, alla piazza publica, fu l’imagine portata sopra di un palco fatto a posta, ove colocata e fattosi un discorso dall’arciprete e dette le litanie e preci, si diede la benedizione al popolo numerosissimo e di persone e di lumi infiniti. Lo che fu fatto, fu riportata la S. Imagine col Tedeum alla sua chiesa ove, dette le preci di ringraziamento, fu ognuno licenziato.
La Comunità intanto, ricevuta da dodici scalchi del SS.mo SS.to alla porta dell’arcipretale, fu accompagnata alla sua residenza donde, spicatasi di novo col corpo della Compagnia del SS.mo che la venne a ricevere, fu condotta al suo oratorio della piazza all’adorazione del miracoloso crocefisso a cui la Comunità, dopo averle recitati cinque Pater con infinito popolo, vi oferse sei libre di cera in tante candele e sei messe. Ciò fatto la Compagnia alzò di novo lo Stendardo e cola Comunità si portò a S. Francesco, intonando il Jubilate Deo omnis terra e poi l’ Iste confessor, ove giunti si fece a S. Francesco Solano una offerta di libre due di candele cera, si cantò ivi l’inno del Santo e cinque Pater colli oremus per la liberazione dal teremoto, ciò fatto si incaminò processionalmente a S. Bartolomeo, ove ricevuti da quei padri e scopertosi S. Nicola, vi si cantò l’inno suo e poi si riceve la S. Benedizione colla sua reliquia, la quale in appresso fu data da baciare al Corpo comunitativo, il quale prima di partire vi lasciò ancor a questo altare un offerta di due libre di cera. Ciò fatto si ritornò a casa accompagnati dalla sud. compagnia, la quale congedatasi procedette all’estrazione del console, e fui io Ercole Cavazza per il secondo semestre.
Adi 29 giugno, attesa la cessazione del teremoto, riconoscendosi questa dalla B. V. del SS.mo Rosario, la Comunità ordinò per suo decreto di andare il terzo giorno di giugno per anni 10 alla adorazione del SS.mo nella arcipretale con offerta di l. 15 per la cera e di più dare la elemosina di 20 messe basse alla Arciconfraternita da celebrarsi avanti la S. Imagine scoperta.
In oltre si determinò di erigere una colonna nella pubblica piazza colla statua di M. V. del Rosario a spese di alcuni divoti che la dimandavano.
Adi 8 lulio Pietro qd. Andrea Sarti per scrupoli e spavento del teremoto acaduto si getto nel suo pozzo ove finì miseramente sua vita. In Bologna si pubblicò pure un voto a M.ra SS. di S. Luca per anni 50 come si vede dalla unita notificazione.[A11]
Adi 13 lulio il Senatore Angelelli venne a C. S. Pietro commissionato dall’Ecc. Assunteria col segretario Garimberti e l’architetto Dotti per affari della Comunità e vi stette allogiato in casa Malvasia, a spese però della Comunità, fino a mercoledì mattina 14 d., la sera delli 13 visitò la mura, il lavoro del Silaro al ponte, la torre per la nova porta, il mercato de bovini e la piazza per il posto della colonna proposta da erigersi colla imagine della B. V..
La sera poi, su le 2 di notte nella sala del sud. palazzo Malvasia tenne un congresso fino alle 3 e mezzo col Corpo della Comunità tanto per il novo lavoro della porta quanto per l’enfiteusi col senatore Malvasia. Approvò la spesa per 10 anni alla visita di M.V. del Rosario, indi decretò che alla nova imborsazione si accrescesse ai consoli l’onorario fino a l. 50 qualvolta l’Assunteria concoresse nella proposta, si parlò ancora per vedere di accrescere le entrate alla nostra Comunità med. un di lui progetto di cui se ne attendeva poi l’oracolo dal publico, e finalmente si trattò l’acomodo di queste mura.
Adi 14, giorno di mercoledì, su le 24 del giorno si sentì una fiera scossa di teremoto per consenso, essendo già seguita altra in Bologna, per cui la città restò tutta atterita con danno alla chiesa di S Martino maggiore, de P.P. Serviti, S. Michele in Bosco, S. Giovanni in Monte ed altri fabricati particolari. Codesti castellani e borghesani atteriti ritornarono alla campagna ed a fare nove orazioni.
Essendosi stampata la relazione delle funzioni costì seguite, vi furono non poche ciarle e sussuri per essere difettosa, ed essersi omesse molte cose di verità relativamente alle orazioni dell’altre chiese, per la qual cosa il P. Agostino Gasparini agostiniano, odierno vicario del S. Officio di questo loco, richiamò a se tutte quelle stampe che potette mediante il dispensatore di essa, delle quali ne avuto una copia.
Adi 19 lulio, giorno di lunedì, attesa la raccolta mediocre del formento, siegue il prezzo del grano vechio in l. 11 ed il novo in l. 10. Le bestie bovine per scarsezza di strami si vendono a vilissimo prezzo che quelle che valevano scudi 30 si danno per scudi 12, li vitelli di latte si vendono all’ingrosso a macellari soldi 35 il peso, cosa che rende compassione.
Li Tribuni della Plebe che per anco insistevano contro cod. artisti a causa delle manifature e massime contro li fabbricatori di saponi, cioè Filippo Conti e Giuseppe Muzzi, e pretendevano per vie indirette estorcere la giustizia del Card. Boncompagni, affine però di elidere una tale pretesa dopo aver citato per la purgazione delli attentati la parte avversa, fecero nel di 24 lulio eseguire la seguente Inibizione di Roma.
Joannes de Gregorio Archimendrita Messanensi. Causarum curie camere ap.lice suis audit romaneq. Curie index ordinarius a SS.mo D. N. D. P. P. specialis elactus et deputalus. Universis et singulis RR.DD. Abbatibus Prioribus, Prepositis, Decanis, Diaconis Arcidiaconis, Scolasticis, Cantoribus, Custodibus, Tesaurariis, Sacristis tam Catedralius, qual… colegiatam. Eclesiarum, Canonicis, Clericis. Notariis, Tabellionibus quibuscunque, illique vel illis (…) in D. Noverit quod ex parte et ad instantia periillis Comunitatis Castri S. P.ri, artificum nec (..) D.D. Joswephi Muti et Philippi Conti aliorumq. artificum exercitantium in d. Castro S. P.ri principalium coram notis p. acta incti Not. fuit comparitam et expositam alias, et de anno 1763 seu vigore Monitori coram nobis introducta os, fuisse litem et causam inter II.DD. Justantes ex una et Difranciscus Tugnoli, ceterusque Macerios, (…) ill.mi Magistratus F.F. D.D. Tribunos Plebis, aliosque Massarios artium Civit. Bononie, et D. Xsto… Locatelli, et litis super manutentione in quieta, et pacifica possessione ac libertate exercenti per eodem exponientes quamlibet artem in d. Castro S. petri absque ulla subjectione artibus, et Massariis Bonon. Civit. nec non absque ulla solutione pecuniarum eiisdem Artibus, et Massar. rebusque aliis. Cumque cenpta sic coram Notis introducta adac indecisa pendeat, illaq. sic pendante nihil esset innovandum in prejudicium instantium, ac vilipendium Jurisdictionis nostre coram quocunq. alio Trbunali et Judice Nihilominus ad aures nostras pervenit quod d. D.D. (…) se se jactaverint, et jactant velle eosdem In.ftes in pergiudicium, et damnu eoracdem, ac vilipendium nostre jurisdictionis in partibus et coram aliis judicibus, aut alibi, qua coram Nobis. Ideo ad hos recorsum habuerunt qd.. ex parte nostra inhibemus sup.tis D. Francesco (…) aliisque nominatis ut s.. exallibus omnibus, et singulis aliis in executione (…) nominant et cognominant ne sub 500 ducatorum auri R. C. Ap.lice aplicant et pro illis mandati executivi, et in Juris subsidio excomunicationis, aliisq. arbitrio (…) penis andeant seu presumant, aut aliqui ipforum andeat, seu presumat dd, D. exponeunas in partibus et coram aliis Judicibus, quam coram Nobis p. acta in.cti Curia nostre Not. ad Judicium habere, vocare et convenire, ac molestare, et postulare, seu ad Judicium trahi, et conveniri neq. molwstari facere, nec quidquam aliud contra formam, et tenorem pat… nostram Literarum Aplicarum, et in pregiudicium et damnum dd. exponen. facere, et innovare, seu fieri, et innovari facere p. se se quovis sub pretexta quod si secus ansolutionem. In fidem,
Dat. Roma ex magna Curia Innocentiana Montis Citatorii hac die 17 Juli 1779. Valeianus Amati A. C. Not. J. de Gregori A. C. Citatio sp.lis vigore Litis pendentis Lib. Mem. f. 8. L.+.S.
Adi 6 agosto, giorno di venerdì, sull’ora di notte il Sig. Giovanni Bertuzzi fratello del fu Dott. D. Giovan Battista Bertuzzi di questo loco e già arciprete, dopo un assalimento di volvolo a capo di 48 ore se ne morì Era Notaio in età di anni 70 passati, fu filio di Antonio Bertuzzi, lasciò due figli maschi ed una femina, il primo per nome Giuseppe, l’altro Antonio ambi nubili e la femina per nome Antonia maritata nel Sig. Francesco qd. Lorenzo Conti al presente notaro.
Fino a questo tempo ogni bottegaro e farinotto in questo Castello e Borgo poteva vendere farina d’ogni sorte cola sola licenza della Cancellaria del Sig. Cardinale Legato, che a capo d’anno si rinovava. In oggi essendosi fatto un Monopolio in Bologna,restando per anco oculto l’autore, di fare una privativa di farina si è dalla cancellaria sud. richiesta la sigurtà a bottegari e farinotti che chiedevano la rinnovazione delle licenze.
Questi non volendosi astringere a tale obbigo di sicurtà di dovere mantenere il paese provisto a farina, ricusarono dare la sigurtà e perciò il popolo era privo di questo genere. Questi in vista di tal pregiudizio ricorsero alla Comunità con suplica firmata da 4 capi di famiglia acciò si interponesse presso il Sig. Card. Legato per avere secondo il solito le oportune licenze. A tale supliche li bottagari e farinotti ricorsero ancor essi alla Comunità coll’esporne la loro ragione appogiate col pregiudizio che ne avrebbero sentito per tale sigurtà li paesani non solo ma eziandio essi farinotti poichè il macinato non si sarìa potuto più dare a meno della Tariffa, come già si faceva.
La Comunità in vista di ciò aderì alla premura tanto de farinotti e bottegari in N. di 21, quanto del popolo quindi fece la suplica al Sig. Card. a cui fu presentata dal Dott. Nicola Minelli, nostro legale, argomentandosi in essa che il paese disagiava a farine a motivo della negata licenza a farinotti, la quale se loro non si fosse concessa secondo il solito, ne sarebbe avenuto che un venditore solo avria jugulato il paese e per la qualità di robba e per il prezzo, mentre da presenti farinotti si da la farina sempre un quattrino meno la libra della Tariffa.
Adi 9 d. la sera, su l’ora di notte si sentì un discreto tremuoto ma ad una ora e tre quarti si fece sentire forte con un grave urto che in alcune fabriche lasciò le cicatrici per la sua violenza.
Adi 10 agosto, giorno di S. Lorenzo, essendosi chiamato Consilio fu in esso esibita lettera dell’Assunteria di Governo riguardante le proposizioni fatte da esso al Sig. Senatore Angelelli per averne l’approvazione di quelli come si seguì felicemente. Il tenore della qual lettera è il seguente:
Vexilifer Justitie et Gubernio Communitate Bonon. Prefecti. Mag.ti Nostri Amatiss.: Fattaci dal nostro Sig. Colega Senatore Angelelli una esatta relazione sopra la vostra Comunità, dopo averne egli presa particolare informazione costì anco colla ocular sua ispezione, è a Noi piaciuto, a norma pure de savi di lui suggerimenti, di prendere la corrispondenti rissoluzioni che ora vi vengono in questo foglio da Noi partecipate.
Abbiamo primieramente approvato che a riparare la corusione cagionata alla strada romana dalle aque del Silaro si rissarciscano e si protragono anche i penelli esistenti nel letto di esso, compiacendosi che il Cap. Graffi ne abbia sopra di se assunta l’esecuzione pel rimborso della quale verrà da noi ordinato un riparto della spesa sopra le comunità della Podestaria da riscuotersi in due anni consecutivi, terminato che sia il lavoro. Intanto sarà vostro pensiero di fare che il d. lavoro cominci con tutta solecitudine, onde prima che termini la buona stagione possa essere terminato, del che ne aspettiamo quanto prima la notizia. Così pure ci siamo determinati ad ordinare altro riparto di scudi 24 nel Libro Camerale della vostra Comunità, conforme l’istanza già fattaci nel marzo scorso, per terminare quel tratto di selciato del Borgo in sassi e sabbia che rimane fino all’imbocatura della porta del Castello e quanto al rifacimento delle mura si è da Noi dato novo impulso a questo pubblico Sindaco per prendere in considerazione gli stati da voi alegati e riferircene in appresso il suo sentimento.
Volendo poi mostrarvi qual sia la nostra amorevolezza per voi, sentendo il comune vostro desiderio che si aumentasse l’onorario de consoli dalli scudi 6 fino alli dieci, ci siamo tosto prestati in seguito delle premure fattocene dal med. Sig. Senat. Angelelli ad annuire a d. aumento, persuasi massimamente che questo può conciliarsi colla forza della Comunità e lo abbiamo però fin da ora approvato e decretato, onde anco il Consolo presente potrà a termine della sua carica portarne il beneficio.
Passando all’affare della proposta enfiteusi della nota torre di ragione del Sig. Senat. Malvasia per aprirvi una nova porta del Castello per maggior ornato e decoro del med., assicurati noi essersi appianate tutte quelle difficultà che finora hanno sospeso il corso dell’affare med. e che p. nulla possono rimanere lese le pubbliche convenienze, abbiamo rissoluto di portarne favorevole relazione al Senato allorchè si presenti oportuna occasione, mentre a questi giorni non è sì agevole avere senatorie adunanze di legittimo numero, acciò conceda alla Comunità la permissione di eseguire il contratto, seguendo però sempre il piano per la effettuazione de lavori vari per l’apertura della nova porta risultante dall’obbligo assunto dai due consilieri Graffi e Fabbri.
Lo stesso pure faremo per impetrare simile facoltà all’unione delli devoti costì formatasi per erigere nella pubblica piazza una colonna con sopra l’Imagine della B. V. del Rosario in riconoscenza della preservazione ottenuta dal flagello del terremoto. Ma quanto a questo, prima che noi ci presentiamo al Senato, vogliamo essere certi che siasi cumulato tutto il danaro ocorente, poichè siamo determinati che, intrapreso che siasi il lavoro, debba avere il suo pieno compimento nè abbia a rimanere imperfetto con poca convenienza e forse poi anche con dispendio della Comunità stessa.
Voi pertanto vedete di assicurarvene e sappiate poi dare il riscontro, mentre da questo assolutamente dipenderà che l’affare abbia esecuzione e diversamente non resta, per quanto da noi dipenda, luogo a sperarlo. Continuate voi intanto coll’ottima vostra condotta e defferenza ad impegnare sempre maggiormente la nostra premura per i vantaggi della vostra Comunità, sicome vedete che non restiamo continuamente di fare, e Dio signori vi prosperi.
Bologna li 7 agosto 17719. Philipus Manzinus a sacretis.
Fu altresì esibita lettera dalla comunità di Budrio diretta a questo consilio, a cui fu anco esibita lettera de legale nostro di Roma, essersi ottenuta nella S. Rota sentenza favorevole contro li dazieri di Bologna
per l’apertura due macellerie di carne grossa per ogni comunità del territorio che avesse diritto di macellerie. Li budriesi che avevano contestato tal lite si sono fatti grande onore e in oggi chiedono alle Comunità la tangente quota respettiva per le spese a norma del decreto dell’Assonteria dell’anno 17__ ottenuto per questo frangente.
Adi 10 agosto, atteso che li bottegari budriesi venditori di farina si vedevano incagliate le farine a motivo che codesti fratelli Carlo Tomba, Crispina e Crispiano, e Sebastiano Tomba di Castel S. Pietro trasportavano colà farine e le vendevano meno della Tariffa a vantaggio bensì di quelle povere genti, ma in suplanto de farinotti budriesi, così questi si maneggiarono in guisa che il sig. Card. Legato ordinò che la licenza solita darsi dalla sua cancellaria si sospendessero a farinotti quando questi non dessero la sigurtà di mantenere il paese per tutto l’anno secondo le mete e tariffe.
Ne naque quindi che il nostro paese non solo, ma anco li altri del teritorio, cominciò a scarseggiare di farine. La povertà per ciò fece ricorso alla nostra Comunità, questa tosto avanzò suplica al sig. Cardinale facendole constare il grave danno che ne pativa il popolo per che li bottegari non vendevano farina per essere terminata la loro licenza, né si volevano prestare a dar sigurtà.
Aggiungevasi ancora che per tale novità non venivano più farine per la parte di Casal Fiumanese ed altri contrabandieri, finalmente per che la macinatura delle farine non potendosi avere sempre per cagione dell’aqua, convenendo rivolgersi a molini d’Imola, così non potersi abligare li farinotti per tutto l’anno a tale sigurtà e per altre ragioni convincenti.
In vista di ciò il Sig. Cardinale fece alla suplica della Comunità il seguente rescritto:
11 agosto 1779: Essendo la legge diretta non meno all’oggetto di assicurare alla Povertà la provisione, che a preservare li spaciatori med. dal suplanto, non si accorda la richiesta deroga. Per modo però di provisione, e purchè non passi in esempio, si concede a presenti farinotti senza innovazione di licenza, che continuino il loro spazio fino alla metà di ottobre ed ingiungiamo a Consoli di denunziare alla nostra Cancellaria se qualcuno di essi chiude; J. Card. Boncompagni Legato. Regist. a C. S. P., Gio. Paolo Fabbri Cancell. L’originale è in archivio di Comunità.
Adi 17 d. si cominciò a votare dai terizzi il baloardo o sia Torazzo nell’angolo inferiore di questo Castello a levante.
Adi 30 agosto si chiamò Consilio ad oggetto di dare esito a varie cose. Tra queste eravi una che la Congregazione de Riti non amette più di un Santo Protettore, a fronte delle nostre rissoluzioni di eleggere M.ra SS.ma del Rosario con li S. Apostoli Pietro e Pavolo e S. Bernardino come già si fece nello scorso giugno, onde si decretò che fosse dichiarata protettrice singolare di questo loco Maria SS.ma, omettendo in silenzio li altri su acenati.
Secondo: sicome, attesa la morte del Not. Giovanni Bertuzzi nella di cui casa si esercitava l’officio di vicepodestà, per essere molto incomodo il quartiere già fattosi sopra due scale a motivo della estradazione delle Bolette, così non convenendo tenere un tribunale in casa di un particolare che nemeno è notaro, fu per ciò, a petizione mia e del Sig. Conti, esposto alla Comunità che invece del quartiere sud. sarìa stato meglio permutarlo nella stanza inferiore presso l’orologio col farvi una porta corrispondente alla piazza, lo che facendosi si sarìa rinunciato a d. quartiere a beneficio della Comunità, come pure la botteghina che è sotto il portico di d. casa, sito dell’oficio antico. Ciò inteso dalla Comunità, vi aderì ed ordinò l’effettuazione di d. porta.
In terzo loco, essendo tenue l’onorario dello scrivano, fu rissoluto aumentarlo a l. 12 di sette che se le pagavano ne Libri Camerali e così di l. 5 piu’ del solito.
Finalmente attesi li inconvenienti che acadevano per la viltà de prezzi de bovini per la scarsezza de strami, onde le bestie, per così dire, si donavano, fu proposto, per oviare alle frodi de mercantini, che si asportavano e bestie e prezzo, di esigere un depositario che ricevesse i prezzi della Sanità, qualvolta si ottenesse il permesso del Sig. Card. Legato, da chi volesse farne il deposito colla regalia di un bajoco per scudo, e così ciò determinato, si dovesse per l’anno avvenire incominciare tale ministero che si esercitasse da persona piacevole alla Comunità e il posto del depositario fosse per ora nell’officio del vicepodestà.
In questo med. giorno fu pubblicato come il giorno di jeri sera.
Fu proposto in Senato l’apertura della nova porta sotto la torre, col fare di essa un emfiteusi perpetua col Sig. Senatore Malvasia, che lo passò per partito restandovi solo l’approvazione del Sig. Card. Legato che si avrà in ottobre venturo.
Adi 10, 11, 12 si fece un triduo ad onore di S. Nicola da Tolentino cominciato il venerdì sera dandosi la S. Benedizione col venerabile per avere presservato fin’ora dal tremuoto questo loco, la chiesa fu apparata sontuosamente ed esposta la S. Statua all’altar maggiore della chiesa di cod. P.P. di S. Bartolomeo.
La domenica mattina vi fu solenne messa in musica con Panegirico recitato dal P. Maestro Nicola Bibiano bolognese agostiniano, la sera vi fu la processione solenne per il Borgo e Castello intervenendovi prima la Compagnia del SS.mo indi li P.P. di S. Francesco, poi li P.P. Agostiniani, e finalmente un Corpo di confratelli del Suffragio, eretto sotto la protezione di d. Santo, tutti capati con sacco bianco e mazzetta nera e suo lume, indi un copioso numero di lumi.
Nella piazza maggiore si diede la S. Benedizione col Santo, poi trasportato alla sua chiesa, seguì in questa l’esposizione del Venerabile indi la S. Benedizione del SS.mo, quale data al numeroso popolo, se ne incominciò un solenne Te Deum in musica, doppo la S. Benedizione sud. seguì uno sbaro copioso di mortaretti. La sera poi finalmente di notte vi furono fochi artificiali e così con giubilo si terminò il Triduo sud..
Adi 22 settembre mercoledì ad ore 13 si sentì il tremuoto mediocremente.
Adi 3 ottobre, prima domenica, giorno dedicato alla gloria di Maria SS.ma del Rosario, avendo ottenuto l’arciprete dall Em. Sig. Card. Boncompagni Legato di Bologna la facoltà di coprire 20 soldati di cod. truppa dell’uniforme millitare ed armi affine assistere a tutta la funzione del Rosario di mattino e sera, quindi la mattina si spiccò dalla casa del Capitano Giorgi un pichetto di Granatieri, li quali vennero alla arcipretale con moschetti e baionette in canna e poscia, messi alle bocche delle porte e alli ingressi dello stecato fatto in chiesa per le persone pulite, vi stettero tutta la messa cantata in musica, finita la quale partirono. Seguì poscia doppo la processione del SS.mo la quale, per non essere decorata dalla truppa sud. fece molto da dire, e molto piu’ per che terminata la processione del Venerabile non v’era pure chi sonassse l’organo.
Quanto di sussuro eccitasse nel popolo una tale novità e disdicevole per vedersi onorificata piu’ l’Imagine di M.V. che lo stesso figliol di Dio sacramentato, ognuno lo si può imaginare molto piu’ perchè fu vociferato avervi mano in questo l’arciprete, atteso avere esso alcune differenze colla compagnia del SS.mo per ragione d’interesse.
Finalmente, mosso da zelo un calzolaio attinente alla Compagnia del SS.mo per nome Antonio Campagnoli filio di Giuseppe, detto Jusfone, fu interpelato il mastro di capella, a cui donato un mezo zechino, cantò un solenne Tantum Ergo.
Terminata la funzione della mattina, il doppo pranzo si fece la solita processione del Rosario colla imagine di M. SS.ma, fu la processione decorata di infiniti lumi, era guardato il clero dalli 20 soldati, cioè dodici granatieri e il resto moschettieri tutti in uniforme a cui precedeva il Capitano colla spada nuda in mano, indi il sergente, poi li altri granatieri.
Fu condotta la processione pel Borgo indi alla piazza pubblica, ove schierate le truppe nell’atto della S. Benedizione fecero la loro presentazione d’armi alla B. V., li granatieri in un modo e li moschettieri col capitano nell’altro. Ciò fatto si accompagnò alla chiesa la B. V. ove deposta ritornò la truppa al suo quartiere del capitano con li tamburi e zuffoletti.
Nel tempo della processione fu dispensata una orazione col rame della S. Imagine per la recita della qual’orazione il Card. Boncompagni, fino sotto li 17 agosto anno corrente, concesse in perpetuo ogni volta che fosse recitata l’indulgenza di duecento giorni, l’esemplare della qual orazione è l’unito a questo. [A12]
L’accompagnamento della truppa fu accordato dall E.mo sud. tutto il tempo di sua legazione. La sera di notte poi vi furono fuochi artificiali e illuminazione di tutto il Castello.
Adi 6 ottobre la notte del martedì venendo al mercoledì su le 4 sonate della notte, si sentì una picola scossa di teremoto e poi alle 8 replicò medesimamente con poco strepito.
Ogni qualvolta si è fatto sentire il tremuoto si è fatta una osservazione nel cielo. Quando è stato sereno si faceva vedere dalla parte del meridio una nube rossicia lunga in figura di pesce accuminata nelle estremi, ma piu’ dalla parte che riguardava il bolognese. Questa osservazione fatta da contadini parecchie volte ha dato l’aviso o, per dir meglio, ha servito da avviso precedente il tremuoto, per cui le genti sortivano di casa a vedersela mezzora prima dello scotimento e così anco dopo lo scotimento per mezz’ora, poi dileguandosi cessava il teremoto sicuramente.
Adi 9 giorno di sabato la mattina su le 10 si sentì uno scotimento di tremuoto ma più in cod. Borgo presso la via Coriera che dentro il Castello, nè fece alcun male.
Adi 23 ottobre sabato ad ore 11 circa si sentì il teremoto ma discretamente.
Adi 31 d. su le 19 1/2 circa morì il Dott. Antonio Maria Fracassi qd. Bartolomeo, di filosofia e medicina Dott. Coleg. di Bologna, medico condotto di questa comunità, cavaliere palatino, tenne questa condotta anni 29 con indicibile applauso sebbene da alcuni malevoli perseguitato, fu caritatevoli al sommo, niuno può lagnarsi che siasi di lui vendicato.
Fece il suo solenne testamento rogato per me notaio, in cui lasciò eredi egualmente tre figli, cioè il Dott. Luigi Gorgonio Governatore di Gatteo, giovine di gran talento e somma verbosità, Maria e Cattarina nubili, fece vari legati perpetui a cod. P.P. Francescani all’altare di S. Antonio e a S. Diego di Alcalà, fu sepolto con deposito avvanti l’altare del med. santo presso la porta maggiore alla destra e fu universalmente compianto.
Adi 7 novembre, domenica notte venendo al lunedì, ad ore 7 1/2 circa si sentì il teremoto appena. La sera pure delli 9 sul colpo delle 3 di notte si sentì sensibilmente il med. teremoto e alle 7 medesimamente replicò con rugito preventivo.
Adi 11 d. li gargiolari memori della grazia avuta nelli passati teremoti, si univano nella chiesa della SS.ma Annunziata di Borgo e processionalmente vennero alla arcipretale al loro altare di S. Vincenzo, ove fatta la generale Comunione se ne ritornarono alla sud. chiesa salmeggiando. Questa giornata per essere di S. Martino non si sentirono nè videro perciò ubriachi come in adietro.

(72s) Adi 19 novembre la compagnia del SS.mo SS.to, memore della grazia ottenuta e liberazione dal tremuoto, espose la miracolosa imagine del suo S. Crocefisso all’altare maggiore, ove fatto un aparato ed illuminazione per tre giorni cosecutivi, cioè oggi venerdì fino alla domenica sera, si celebrò un solenne trimesse, dandosi la sera la benedizione col Venerabile a riserva della domenica che si fece la processione coll’Imagine attorno tutta la piazza e poi si diede la S. Benedizione con essa, avendo preceduto un bel sermone fatto da P. Nicola Bibiena agostiniano.
Questa sera dopo le 23 si adunò il Consilio in cui si lessero le supliche di concorenti medici a questa condotta, tutti uomini illustri ed in N. di 14.
Adi 22 d. lunedì mattina stette esposta la S. Imagine sud. fino al merigio ove se le celebrò messa solenne col Tedeum, a cui seguì un corposo sbaro di mortaretti, la sera in tempo della processione si dispersero le orazioni simili all’unita stampa. [A13]
Adi 23 d. mercordì alle 2 di notte, essendo cominciata nel plenilunio l’eclisse di luna, si sentì il teremoto e in appresso, essendo coperta la luna per un terzo, si sentì piu’ forte. Verso la tre seguì nella oscurazione totale una fiera scossa per cui le genti fugirono. Si aperse la chiesa del SS.mo e si celebrarono li pater noster colle litanie alla S. Imagine, fu tale l’oscurazione della luna che la notte era tenebrosissima ed in cielo le stelle scintillavano oltre modo, dopo le 4 si sentì un’altra scossa grossa, per cui cadero camini, ma senza offesa. Terminata l’eclissi su le 5 si levò un vento bello freddo e tutta la notte seguì fieramente e solo sul far del giorno si sentì appena un piccolo scotimento. Piovette ancor la notte.
Adi 24 novembre ad ore tre si sentì il teremoto, così alle 5 fino sul far del giorno per fino a sette volte addurabilmente.
Adi 25 d. giorno di S. Caterina sul meridio e le 23 del giorno replicò facendosi vedere nel cielo nube rossa in figura di lingua.
Adi 5 dicembre giorno di domenica su le 23 si radunò il Consiglio affine di eleggere il novo medico condotto in concorso di 14 medici, due de quali poi ritirarono il loro memoriale e furono il dott. Pietro Serra bolognese, al presente lettore pubblico nella citta di Fano e l’altro il dott. Annibale Bartoluzzi a motivo di essere mal veduto dal popolo. Oltre li due concorrenti vi erano li seguenti: Dott. Lorenzo Spisni medico di Dozza, Dott. Giuseppe Muratori bolognese, Dott. Girolamo Marchesini bolognese, al presente provisionale, Gaetano Gobbi medico di S. Mauro, Dott. Bontalini bolognese, Dott. Masetti bolognese, Dott. Poggi cesenate, Dott. Pio Crarlini, Dott. Salvatori ferrarese, Frajulia ferrarese abitante in Bagnacavallo.
Nel tempo che si stette in Consilio a votare, il popolo tutto si era amutinato alle porte della ressidenza comunitativa a gridare: vogliamo Marchesini, vogliamo Marchesini, al diavolo, al foco Bartoluzzi, al foco, al foco. Per sedare un tal rumore furono chiamati li sbirri, che fortunatamente erano in paese, per liberare la porta comunicativa. Questa abbandonata, corse il popolo giù ad amutinarsi nella piazza facendovi fallò e fochi e quivi a gridare novamente: Marchesini, Marchesini, al foco, al foco Bartoluzzi.
Sciolto finalmente il Consilio e recata la nova al popolo della scielta fatta dalla Comunità in medico Marchesini, si alzò dal popolo e plebalia, con oribbilissime strida : Viva, viva la nostra Comunità. vivano, vivano li padri della patria, grazia, grazia.
Adi 2 dicembre la notte venendo verso la giornata della Concezione, mercoledì su le 8 di notte si sentirono tre scosse di teremoto sensibilmente, la giornata seguente durò la terra a stare in tremore.
Adi 16 dicembre fu estratto podestà di Castel S. Pietro il Marchese Agostino Marsili. Adi 17 dicembre fu estratto Consolo il Sig. Capitano Lorenzo Graffi per il primo semestre 1780.

1780
Adi primo genaro 1780, giorno di sabbato, attesa la nova locazione de Dazi Generali di Bologna e Contado al Cav. Francesco Gallantini parmegiano, si videro comparire in questo Castello due borlandotti, o siano due guardie, con una squadra di sbirri volante. Le guardie portano una tracolla di davante coll’arma della S. Chiesa in ottone, queste vigilano per le introduzioni e frodi a spese del fermiere co compagni. lo che si dispiace quasi a tutti dello stato e voglia il cielo che non accadino omicidi, poichè si vedono e sentono le voci in cattivo sentimento.
Adi 8 d., sabato veniente la domenica, alle 9 della notte si sentì una legerissima scossa di teremoto. Fin d’ora il tempo favorisce la serenità, le sorgenti sotteranee da agosto fino a questa parte per l’aridità si sono universalmente arrese.
Adi 14 genaro essendi stato eletto dall’eletta Assunteria di Governo per Senato Prefetto alli affari di questa Comunità di Castel S. Pietro il Marchese e Senatore Giorgio Cospi, così ne fu dato l’avviso a questa Comunità per lettera, la quale deputò il Sig. Fabri a riconoscerlo per presidente.
Contemporaneamente il novo Firmiere dei Dazi di Bologna fece istanza a questa comunità acciò le producesse il Privilegio dell’esenzione del Dazio Pesce. La Comunità rispose che essendo incamerato fino dal 1566 circa, come al Libro de Dazi e così al med. sig. Firmiere fatto l’appalto del pubblico, perciò potersi il med. soddisfarsi su tale Documento. Quando poi non volesse aquietarsi, la Comunità avria riassunta la lite già incominciata agli Atti Dilajti del 1775 in Bologna per mantenersi in questo possesso di tale esenzione.
Adi 24 d., lunedì di notte venendo al martedì 25 d., si sentì alle sei di notte il teremoto discretamente poi alle 7 replicò, indi alle 9 che si fece sentire sufficientemente non ostante che fosse la terra coperta di neve.
Adi primo febraro il novo Firmiere delli Dazi di Bologna e suo territorio, caval. Francesco Galantini parmeggiano e per esso il sig. Gaetano Terzi suo procuratore, fece amichevole interpellazione a codesta Comunità per il dazio pesce affine esibisse il privilegio per abbonarglielo.
In vista di tale atto di urbanità e polizia, pensò la Comunità essere ella la prima a scrivere al sud. Firmiere e le significò che a memoria d’uomo, non solo la nostra Comunità aveva avuto sempre incamerato il dazio pesce, ma anco col pressidio de libri Camerali di cento e più anni, giustificava l’incamerazione colla consueta contribuzione di lire tre e soldi cinque nel modo che si esprimeva nel Libro della Imposizione dei Dazi, che però credeva tanto essere bastevole a persuaderlo di non eccitare questioni legali per non impegnarsi l’una e l’altra in lunga contesa. In seguito di che esitò nel far novazione e sospese le rissoluzioni.
Adi 5 febraro, giorno di S. Agata sabato primo di tal mese, su le 22 del giorno fino alle 23 si sentirono tre scuotimenti di teremoto e furono discreti, non ostante che, con rugito e rombo precedente la terza scossa, prevenisse.
Adi 6 febraro alle ore undici e un quarto si sentì una fiera scossa di teremoto che durò un Ave Maria senza alcun pericolo e danno.
La matina imediata, giorno di domenica ultima di carnevale, si pubblicò l’indulto di ova, carne e laticini per tutta la settimana a risserva delli primi quattro giorni di quaresima e li ultimi quattro della settimana santa, la vigilia di S. Mattia e le quattro tempora. Fu altresì concessa facoltà di mangiar carne porcina.
Adi 10 febraro il novo Firmiere de dazi pubblici di Bologna, spedì il comissario de borlandotti assieme con la squadra di sei uomini armati, che uniti ai due stabili erano in 8 in questo Castello, poscia si portarono alle botteghe de pescivendoli salume che furono Sabatino Galanti, detto Paradiso, Santino Facenda e Giuseppe Farnè e le fecero pagare tutti li pesci, poscia uniti ad un ministro della Firma cercarono che io, come notaio, mi portassi a prendere l’obbligazione delli sud. bottegari di pagare Dazio e Firma senza alcuna riserva. Ricusai, fui rimproverato e minacciato di ricorso alla legazione che come persona pubblica avevo ricusato servire il governo.
Replicai che la mia professione era un arte liberale ed ero di mia ragione e però a queste cicalate non mi sottomettevo, e quall’ora il sig. Card. vole esser servito da suditi, le spedisce ordini segnati dal suo Cancelliere o da altri ministri di Curia civile, in questo modo per cui volevasi io servissi in danno della mia Comunità, della mia patria e de compatrioti.
A tale risposta si arese il ministro convinto, ma non soddisfatto. Ricorse al Console sig. Graffi, al segretario sig. Francesco Conti per averne qualche intento. Fui ancor io presente ove fatta una lunga sessione senza risolversi cosa alcuna, partì in volo il ministro per Bologna affine di avere qualche provisione.
La mattina seguente poi alle ore 15 del venerdì 12 febraro, per tentare la parte de comunisti, furono citati li sud. bottegari all’offizio della Grascia nel modo che siegue:
D’ordine si intima in voi Giuseppe Farnè, Sante Facenda e Sabbatino Gallanti che vista la presente e doppo la esecuzione di essa in persona alla bottega e come meglio dentro il termine di sei giorni corenti dobbiate avere riportata la debita rinonzia dalli presenti sig. firmieri a questo Tribunale della Grascia, e spirato d. termine e non avendo adempito, sarete pignorato e condannato alla forma del Bando. In fede. Dato dall’officio della Grascia questo dì 10 febraro 1780, Bernardo Monti Not.
Adi 19 febraro fu proposta la causa della supressione della Compagnia di S. Cattarina nella Congregazione del Concilio, ove furono prodotti tre dubbi:
1) Se competesse l’aparizione della Bocca a suppressi per contradire al Breve pontificio.
2) Se si dovesse dare la reintegrazione in tutto e per tutto a supressi.
3) Finalmente se si dovessero restituire i frutti parcetti a de supressionis, in caso fosse accordata la reintegrazione.
Su ciò furono fatte delle Parti Pasanti Scritture, e la vittoria sortì a favore dell’Ospitale con voti favorevoli N. otto e un solo contrario, per modo che fu aggiunto alla decisione la (..) amplius, onde li supressi facilmente chiederanno una riproposizione.
Su le 13 di questo giorno si sentirono tre scosse di teremoto, ma discrete.
Adì 12 d. li dazieri per il dazio pesce, non intendendo star più al tratato proposto di vedersi le ragioni reciproche a tavolino, prosseguirono li atti contro li pescivendoli, per tale motivo si cominciò la lite alli atti della Grascia di Bologna.
Adi 25 d. giorno di S. Matteo giunse la nova colle stampe contro li supressi, ove si vedono nell’archivio di questo Ospitale tutta le loro iniquità passate e le calunnie presenti date ai diffensori della povertà e protetori dell’Ospitale dalli sud. supressi, gente torbida. Ne fu perciò chiamata la congregazione e fu rissoluto in essa che in caso li supressi addimandassero la riproposizione in tal caso se le dovesse far fronte in giudizio come per il passato.
Adì 26 d. giorno di sabato, morì sul meridio D. Pietro Sassati exgesuita spagnolo messicano in casa di Bartolomeo Giorgi. Fu uomo di santa vita, si lasciò la sepoltura per carità nella chiesa di questi francescani dove fu sepolto nell’arca magiore all’ingresso del presbiterio, in cassa di rovere, con ristretto di sua vita che fu chiuso in un tubo di piombo, per avere lasciato dopo di sé odore di santità e fu accompagnato alla sepoltura dalla compagnia del SS.mo e tutti li exgesuiti con lumi la domenica sera al sepolcro. Si mantenne tre giorni flessibile come noi viventi.
Adi 29 febraro, ultimo del mese, alle tre di notte cominciò una aurora boreale che durò fino alle cinque dalla parte di borea, questa su le quattro si accese tanto che pareva volesse incendiare il mondo molto più perché ripercoteva su l’alta neve che fino da domenica scorsa era venuta grossa ed alta fino al ginocchio.
Adi primo marzo, giorno di mercordì ottava nelle quattro tempora, su le ventuno del giorno fino alle ore 22 si sentirono tre scosse di tremuoto ma sofribili per che si credettero di consenso come che derivanti dalla parte di Bologna.
Li supressi di S. Cattarina si vedono in conventicole e tenaci nella sue opinioni, pensano addimandare una nova proposizione non ostante la sentenza passiva in tutto e per tutto su li dubbi proposti.
Adi 3 marzo, essendo morto Antonio qd. Giovanni Facenda di questo Castello, il med. nel suo testamento, da me rogato e pubblicato oggi, costituì un fede comesso da purificarsi a favore di questo Ospitale delli Infermi, estinta la sua linea maschile e l’altra di Sante Facenda suo nipote ex frate.
Li supressi di S. Cattarina, non ostante la rissoluzione passiva avuta nella Congregazione del Concilio, in oggi hanno citato per la nova riproposta all’oggetto solo di inquietare l’aministrazione dell’Ospitale e strascinarla così pel tribunale con notabile dispendio, per la quale maligna vendetta Iddio ne farà il giusto retribuitore.
Adi 8 d. attesa la pendenza della lite del Dazio Pesce fra questa Comunità e li novi firmieri, fu fatto decreto provisionale che fino a tanto che fosse decisa la lite dovessero li introduttori di pesce pagare il dazio in forma di deposito, come si legge nell’unito decreto per gli atti di Pietro Amadesi, sucessore nelli atti di Pio Diolaiti nel foro civile di Bologna. [A14]
Adi 12 d. venerdì si cominciò tale deposito non ostante il quale il pesce si vendeva secondo la solita discretezza de pescivendoli.
Adi 18 d. in giorno di sabato su le 14 e ½ si sentirono due scosse di tremuoto discretamente e per consenso senza far danno ad alcuna persona.
Adi 20 giorno di lunedì fu affissato un invito pubblico per il di 24 marzo da borghessani nella loro chiesa, ossia oratorio della SS.ma Anunziata, ad onorare l’immagine del S. Crocefisso in quella esistente, essendosi fatto capo D. Pietro Galiardo exgesuita messicano, come si legge nell’anessa copia di suo pugno fatta e per esso inventata la pia orazione
Adi 3 aprile giorno di domenica la notte ad ore 4 fino a giorno durò un vento così impetuoso che svelse arbori, scoperse case, atterrò caminaroli infiniti nella campagna e questo castello e in altri luoghi del territorio.
Le case tremavano per modo che molti volero che vi fosse unito anche un teremoto e bon per noi che fu discreto lo scotimento che guai saressimo tutti precipitati, alla fine cadde su queste nostre montagne, due miglia lontane da questo Castello, neve e granello rapreso il martedì giorno quinto di questo mese.
Adi 8 d. la mattina dalle 14 fino alle 22 giorno di venerdì, si fece sentire il tremuoto placidamente per nove volte, solo su le 18 che si fece sentire con poco di rombo, ma per consenso procedente dalla parte occidentale.
Adi 3 maggio giorno della Ascensione su le 5 di notte si sentì bene il tramuoto.
Adi 9 d. in martedì la mattina ad ore 7 e tre quarti su le otto si sentì una buona scossa di teramuoto, ma di poca durata, le 8 suonate al far del giorno replicò una sopribilmente si bene di lunga durata e così la sera su le 22 seguì.
Il caldo è tanto avvanzato che, attesi li sperimenti e le osservazioni fatte nell’Istituto di Bologna, è 10 gradi più del dovere onde non si ha memoria che in questi giorni sia mai così aumentato per lo che si temono scosse fiere di teremoti e Dio ci guardi che non accada come a Messina nell’anno corente, ove si è aperta una voragine.
Adi 12 di giovedì ad ore 20 si è veduto passare sopra questo Borgo e Castello un infinità di farfalle rosse come quelle da seta grandi, provenienti dalla parte di borea, passando sopra la chiesa della Annunziata di Borgo e così valicando sopra il Castello alla volta del monte meridionale. Sembrò una nube di neve che oscurò il sole per dove passò a guisa di nebbia bianca, onde la gente erano tutte sortite fuori a vedere una tale infinità di bestie volanti uniforme, durarono a passare per tre ore continue in una lunga striscia.
Adi 19 d. il P. Filippo Conti di Castel S. Pietro dell’ordine de Servi, al secolo Giacomo di Pietro di Giacomo Conti, volgarmente detto della Bottega Nova e che è fratello di D. Luigi Conti, arciprete di S. Agata, castel del bolognese, non avendo ancor compito il suo officio di priore nel monastero de Servi di Imola, fu chiamato a Roma dal generale della sua religione e fu quivi fatto di lui segretario, dove fu accolto con particolare distinzione.
Adi primo giugno, giorno di giovedì, sulle 9 si sentì una scossa di teremoto sensibile, che in un mezzo quarto d’ora replicò poi tre volte ma discretamente.
Sul meridio passò da questo loco D. Francesco di Lorenzo di Arcangelo Dal Fiume nativo di questo Castello prete e se ne andò a Roma in qualità di tenore cantante nella capella di S. Giovanni Laterano. Fu scolaro del maestro di capella Domenico Barbieri di Bologna. Fu raccomandato a molti signori di Roma da nostri di Bologna come uno de primi cantanti della città e segnatamente al Card. Segretario di Stato. Seco partì ancora Luigi Dall’Olio imolese notaio criminalista, che se ne andò al servizio de que’ supremi tribunali.
La sera di questa giornata, in memoria della grazia avuta pel teremoto dell’anno scorso, che in oggi si compie, fu esposta l’imagine SS.ma del Rosario in questa arcipretale sull’avemaria. La chiesa stette aperta fino a quell’ora in punto che cominciò il tremuoto e le genti vi andarono a salmeggiare poi andarono alle sette chiese, secondo il voto fatto.
Adi 2 d. la compagnia del Rosario il dopo pranzo, dopo avere tenuta esposta la S. Imagine al suo altare tutta la mattina con quantità di messe, andò alle sette chiese processionalmente e poscia ritornatasi all’arcipretale ricevette la S. Benedizione dal SS.mo.
Adi 3 d. sabato il dopo pranzo pure nella arcipretale si fece all’altar maggiore l’esposizione del venerabile a cui vi concorse la compagnia del SS.mo e il Corpo comunitativo in forma a fare l’adorazione di un ora con offerte di cera per lire 15 ed elemosine di oro, messe per la B. V..
Data la S. Benedizione del SS.mo passò la d. compagnia colla Comunità alla venerazione della S. Imagine scoperta ove, cantati li inni Gloriosa virginis e il Quem tanta pones sidera, poi si intonarono le litanie de SS. e giunti al Santa Maria tutti si congedarono e la Comunità andò alla sua ressidenza scortata dalla compagnia del SS.mo, la quale poi prosseguì il suo viaggio alle sette chiese.
Adi 4 d. giorno di domenica nella arcipretale sud. si tenne la comunione generale della compagnia del Rosario avanti la S. Imagine posta sull’altare, indi così fece la compagnia del SS.mo, il dopo pranzo questa compagnia si portò alla S. Imagine a cantare li cinque salmi componenti alle iniziali lettere il nome di Maria e poi se ne partì la compagnia.
Su le 13 tutte le religioni regolari si portarono alla arcipretale ove, con la compagnia del Rosario e clero processionalmente portarono la S. Imagine sud. nella pubblica piazza su di un palco ove, cantate le litanie, le preci, dopo breve discorso dell’arciprete, si diede a numerosissimo popolo la S. Benedizione, a cui seguì uno sbarro di mortaretti. Cantandosi l’inno ambrosiano fu riportata la S. Imagine al suo altare.
Il giorno di jeri 3, in Roma fu riproposta la causa de supressi nella Congregazione del Concilio colli primi tre dubj della passata proposizione e ne andò decreto passivo ai supressi per omnes albas di voti N. otto e il decreto si fu E.mi P.P. S. Congregat. Consilii Staterunt in decisis et amplius, onde non vi fu loco a nova riproposizione.
Nella passata fu fatto un foglio volante stampato in cui si enunciavano molti recapiti da me rogati e come sognati e falsi, però nella presente riproposizione furono tutti li miei documenti e colletanea giustificati per rogito del sig, Giuseppe Guermani Not. colegiato di Bologna, come si legge nella (…) e sommario della Amministrazione.
Adi 24 d. su le 8 si sentirono tre scosse di teremoto e la sera fu estratto Consolo per il secondo semestre il Sig. Francesco Conti.
Essendo stato pubblicato un editto provisionale da questa legazione che tutti li gargioli e stoppe fossero sgravate dal pagamento di dazi e questi fossero posti sopra la canapa gregia e pesi graffiati per l’estrazione e per anni due, colla condizione altresì, che volendosi estrarre de gargiolo e stoppe, si dovesse prendere la boletta di Bologna e non delli officiali del contado allorchè passasse il peso di libre cinquanta, come si legge in notificazione stampata, così ne naque un grave mormorio di popolo nelle comunità di Budrio, Minerbio, Castel S. Pietro e Molinella per vedersi così incagliato lo smercio per la dura condizione di doversi li mercanti di canapa portarsi a Bologna a prendere tale bolletta, per modo che tutti la lavoranti canapa e negozianti che erano sul labro del confine avevano pensato chiudere le botteghe.
Quelli della Molinella bolognese erano già andati nel ferarese, queste altre comunità fecero alto in Bologna presso il Legato facendolo costare che la provisione della boletta per le lire cinquanta era un danno considerabile e lo stesso che rovinare tutto il teritorio.
Si poneva dall’altra parte l’avvocato Francesco Galvani, qual priore della Dogana, più per interesse privativo che pubblico, poiché tali bolette tocavano ad un di lui nipote ministro di gabella, detto __ , modenese, ed adduceva fra le altre proposizioni di progetto, per quiete del sussurro, che li negozianti canape del territorio si riducessero in città tutti, dove che sarìa fatto colli altri negozianti un maggior credito ai lavori di canepa. Progetto veramente ridicolo.
Impugnarono tanto li budriesi negozianti in canape, che è l’unico nerbo e sostegno di quel paese, assieme co nostri che finalmente si mosse il Legato ad un temperamento e si fu che li officiali del contado avessero facoltà di fare le bolette sud. fino a libre trecento e non più a cinquanta.
Così fu ristorato in parte l’incagliamento e la rovina del teritorio che certo, nelli due anni che si erano prescritti nel d. editto provisione, mandava a precipizio molte famiglie e non aurìa che prodotti ladri per povertà, non potendo questa per l’incagliamento lavorare più che tanto e trattandosi in questo nostro Castello di più di quattrocento lavoranti alla giornata che si mantengono da sette capi che sono Giulio Andrini, Giovan Battista Castellari, Giuseppe Farnè, Nicolò Giorgi, Sebastiano Tomba, Giuseppe Magnani, Michele Corticelli ed altre famigliole che da se lavorano, che li fratelli Lelli, detti li Lunghini, li Poggipolini, le famiglie Oppi lavoranti alla schiantina e Rocco Andrini che fu uno de capi che fece alto in Bologna per tutti e con sommo calore.
Ottenuta la grazia furono memori li molti sanpierani di pagarne al legato un attestato della loro gratitudine mediante il seguente sonetto, che alla città e Castello fu affisso.
All’e.mo e Reverendissimo principe
il sig. Cardinale
Ignazio Boncompagni Ludovisi
Legato a Latere di Bologna
In occasione dello sgravio provisionale de gargioli e stoppe
dal pagamento de dazi d’estrazione pubblicato li XXIII giugno 1780
Poco al felsineo suol giovar parea
d’util canepa aver ampio tesoro,
quando occupar ed arrichir dovea
solo terre straniere il suo lavoro.
Tizio infingardo per la via sedea
vi fosse pur copia d’argento e d’oro
e chi l’industria per richezza avea
come trovar al viver suo ristoro
Ignazio al suo favor venne il riparo,
già ferve l’opra e l’util suo prevale.
Alla fecondità che diè natura
seguì, e qual monumento illustre e chiaro
della paterna sua provida cura
Segno di vera gratitudine e ringraziamento, li gargiolari di Castel S. Pietro
Dal P. Luigi Sambuceti, barnabita
)Adi 18 d. la matina del martedì si sentì sul far del giorno il teremoto per due volte sensibilmente e il di 19 d. il senat. Cospi pressidente a questa Comunità venne fori coll’architeto Dotti alla visita di questa mura del Castello per accomodarla e fu proposto che, quanto al vicolo che passa dietro alla mura superiore ove sono li cancelli, si chiudesse e desse a (rispettivi) padroni aderenti colli corti e fabriche.
Il cavaliere promise tutta l’attenzione e premura per l’effetto della proposizione.
Adi 9 agosto il Sen. Conte Giuseppe Malvasia, essendosi portato in questo loco per altri suoi affari, nella med. ocasione stipulò con questa Comunità l’instrumento publico di enfiteusi per la porta nova inferiore sotto la torre come per rogito di me Notaio Ercole Cavazza coll’annuo canone di lire sessanta all’anno e sotto diversi altri patti e cioè della rinovazione di ventinove in ventinove anni, col capsoldo di quattrini tre bolognesi, patto del biennio e di apporre sopra la nova porta una iscrizione cantante la concessione di tale fondo e per la apertura della porta a decoro di questo loco.
Contemporaneamente fu promosso l’accomodamento della mura ruinata del Castello verso la parte de cappuccini col porre in comparto la spesa per la metà al nostro Castello e per l’altra metà alla podestaria, fu altresì promosso la facoltà di chiudere lo stradello del teraglio superiore verso ponente col cederlo alli aderenti padroni col peso di mantenere le mura.
Adi 21 agosto D. Francesco Dalfiume filio di Lorenzo, che già mesi sono si era portato a Roma in qualità di cantore di musica figurata, avendo già avuto il posto nella capella di S. Maria delli Agonizanti in qualità di secondo

(85bis,d) tenore, dopo avere sofferta una malattia mortale, fu costretto ritornarsene a Bologna a respirare l’aria nativa per rimettersi in salute.
Contemporaneamente fu fatta affissare l’unita notificazione [A15] in cui si promette un novo governo affine di togliere di mezzo, che Dio lo voglia, tante spese inutili e ressecare tanti uffici superflui in Bologna per pagare i debiti publici di trenta milioni di lire, quando non se ne facino de novi e non sia da questo governo ideata una nova maniera di esanguare il sudito, come tutto il popolo si aspetta.
In Bologna, a motivo dei gravami sopra i terreni tutti e supressione de privilegi, si è eccitato non poco tumulto fra la nobiltà e legazione, ma convenne stare alla pasione, poiché questo male deriva dal complesso senatorio che, ideandosi una sovranità, ha sempre trascurato il bene del sudito non che inventarsi di giorno in giorno nove maniere di suchiarle il sangue civile.
Quello si è che si tiene per cosa ottima sarà la libertà di lavorar il folicello anco per il contado, dove che per l’adietro erano costretti i poveri, sotto rigorissime pene ed una legge barbara, di dover introdurre solo nella città il folicello, ovecchè tosto era, conveniva darlo a discrezione da mercanti cittadini, nè si poteva estrarre dalla città nemeno col pagarne il dazio il quale per questo capo non si admetteva ed erano infinite le bestemie per ciò che proferivano i poveri comitatini astretti a tal legge, che fino a soldi otto tallora si dava la seta, quando che valeva più la stoppa di canape ben trista
L’altro capo sarà quello di poter vendere il vino ciascuno di sua entrata, dove che in addietro conveniva darlo alli osti a quel prezzo piacevole loro ed essi poi lo vendevano al doppio, come quest’anno che lo pagavano pavoli 10 la corba e poi lo vendevano alla minuta a ragione di pavoli ventiquattro. O Dio che leggi usurarie.
Il terzo capo si è di avere un libero comercio, e siano levate tante trapole di che ne va pieno il contado, non che ogni paese picolo. In somma tutto ciò derivò dalla cativa condotta del Senato per cui si può dire col poeta che le le pazzie de grandi le pagano i suditi Quidquid delirant Reges plechentur achivi.
Tutto ciò derivante dalle agressioni, angustie, cavillazioni, ruberie, sotterfugi usati da ministri dell’erario publico che, se si fosse dalli senatori atteso del senno al maneggio publico, le cose de concittadini non sarebbero giunte a questo deplorevol segno e non soffrirebbero essi tanto rossore e danno ne propri effetti, né socomberebbero a quelle leggi che essi, con aria di sovranità, volevano jugulatamente imporre al povero e così Dio farà ancor loro pagare in quel modo la pena della loro cattiva condotta e si dirà di Bologna quelo che dicono le sacre carte di Gerusaleme, Pecatum pecavit fera falem, proptera instabilis facta est, e in altro loco, Dabo vobis regem insipientem / idest quod fagit et nolit nescire / et castigabo inimicos meos cum inimicis meis.
Codesta machina è stata con tal destrezza condotta dal legato Boncompagni ove si dice che il _ , che sarà poi senatore per la stretta intrinsichezza col Papa, vi abbia avuto ancor esso mano con alcuni mercanti, per cui non si è penetrato nulla se non a cosa fatta. Adi 22 d. nella chiesa di questi padri di S. Francesco Minori Osservanti ove fu sepolto il Dott. Fracassi di Bologna, memoria vi apposta la seguente iscrizione latina a memoria perpetua de posteri. Antonio M. Fracassi Cive Bonon. Equit. aurato Medic. ac Philos. Doct. colleg. Probitatis ac relligionis vivo integerrimo A XII viri huiusce Castri Publicis stipendiis duct. Post XXX, optime funct. Mun. Ann. Omnium ploratu Kal Novem. MDCCLXXIX Log. hic sibi sepul. FF. M. P. OM. P. P. Adi primo settembre venne in Bologna uno stacamento di soldati di Forturbano a guardare la città in N. di 50 a loro fu assegnato il quartiere di S. Felice e porta Galliera, ne seguì per ciò sussuro in Bologna. Il Senato, mal soffrendo ciò, passò le sue lagnanze al Card. Legato il quale rispose esser ciò mente pontificia che però, fatto un novo parlamento, ne seguì in esso la deputazione di 4 senatori, che rispetto a due cioè Ariosti ed Isolani, per nome il primo ed il secondo ___ stettero in città e determinassero ciò che conveniva per il carteggio colli altri due senatori spediti al Papa cioè Angeletti e marchese Filippo Ercolani i quali adi 5 passarono di quivi per la Posta Sforzata alla volta di Roma, convoliati del bisognevole a spese proprie, come si disse.
E’ da notare che in questo frangente Il Sen. Conte Lodovico Salvioli, che entrò confaloniere, non voleva assumere la carica però a petizione di tutti li altri senatori l’accettò per iscansare ogni infelice incontro.
Adi 8 d. alle 13 e 15 di questo giorno si sentirono due picoli scoppi di tremuoto.
Attese le continue pioggie che settimanamente da giugno a questa parte si sono avute in ogni quarto di luna per modo che li contadini non possono arare né rivolgere le terre, si sentono per ciò esclami ed il grano sta nel prezzo di pavoli 18 la corba non ostante che siasi fatta e facciasi una fertilissima raccolta di formentoni, migli ed altre biade serotine. L’uva stessa, per la pioggia, si marcisce prima di maturarsi e le padronanze di stabili mettono l’uva in casa.
Adi 13 settembre mercordì la mattina su le 10 e ½ si sentì tre volte il tremuoto e su le 14 medesimamente altre 3 volte e sensibilmente. Prossiegue il tempo cattivo.
Adi 20 d. mercordì sera dalle 20 ½ alle 21 ½ del giorno, dopo pranzo quatro tempora, si sentirono tre scosse di teremoto delle quali una fu sensibile assai.
Adi 23 d. sabato sera venne l’E.mo Card. Giovanetti arcivescovo di Bologna a fare in questo loco la sua visita prima pastorale. Fu incontrato al’osteria del Gallo da questo clero e molte persone secolari e giunse la sera all’ora di notte in Castello. La mattina seguente domenica 24 d. tenne la cresima e il dopo pranzo fece personalmente una dottrina cristiana instruttiva assai per li grandi e picoli e dispensò elemosine colle propria mani alli poverelli e si vide il suo ritratto in mano di molti che è l’unito [A7], si mostrò affabile con tutti, fu visitato dalle Religioni e Compagnie in forma e così fece la Comunità mediante quattro deputati che furono sig. Flaminio Fabbri, decano, sig. Lorenzo cap. Graffi, sig. Giovanni Calanchi e me Ercole Cavazza, che tutti in cappa nera e colare fu visitato nella canonica ed ivi complimentato.
Adì 25 d. lunedì si portò a S. Martino di Pieve di Riolo dove stette fino alla sera e poi ritornò in Castello. Il martedì mattina poi si portò nell’oratorio della Compagnia del SS.mo SS.to dove ebbe una prolissa sessione sopra la vertenza della compagnia, tanto in riguardo ai di lei debiti che in riguardo alle diferenze coll’arciconfraternità del SS.mo Rosario e per la preminenza a causa del confalone ed assunse in se la briga di comporre tutto.
Finalmente prima di partire pubblicò alcuni suoi decreti, fra i quali ve ne fu questo che due giorni avvanti la solennità del SS.mo Rosario, per la festa di codesta S. imagine, si dovesero da tutte le chiese sonare i S. Bronzi al suono della arcipretale e così prosseguire per sempre in riconoscenza di essere stata eletta per Protetrice singulare del paese Maria SS.ma sotto il titolo sud.
Così si fece il venerdì 29 d. e il dì seguente 30 ultimo di settembre, ove che si alzarono la mattina sul far del giorno, per la prima volta, le campane pubbliche nella torre o sia campanile della arcipretale rifatto dalla Comunità, così si fece al meriggio, indi la sera al terminar del giorno lo stesso si fece.
Adi primo ottobre, domenica del SS.mo Rosario, fu pubblicato l’unito decreto [A16] di elezione in singolar Protetrice di M. SS.ma in questo loco, vi fu aggiunta anco una perpetua indulgenza plenaria a catolici da N. S. Pio VI per la visita al di lei altare. In questo giorno si fecero soleni fuochi e processioni con infinito concorso di popolo e vi fu la nostra truppa di granatieri a condecorare la funzione, comandata dal Cap. Giorgi.
In tale circostanze furono anco dispensate conj o siano medaglie di metallo colla imagine di M. SS.ma del Rosario da una parte e dall’altra il confalone e l’altra insegna della arciconfraternita. Dalla parte della imagine vi erano queste parole: Tu mater et patrona C.S.P.tri a teremoto salvasti 1779. Dall’altro canto, ove sono le insegne sud. attorno la prima circonferenza, vi è così: Ad precipuum honor. et gloria Archi confrat. SS. Rosari + Ben. XIV P. M.. Internamente poi sopra il Confalone: Honorificentia populi, e sotto in un cartello: Laur. Graffi Praefec. muner. fungentis monum.
Adi 8 d. domenica la mattina su le 13 si sentì il tremuoto sofribilmente.
Adi 11 d. martedì su la stessa ora si sentì nella stessa maniera il teramuoto.
Adi primo novembre, essendosi resa vaccante la condotta medica di cod. luogo per la rinoncia del dott. Giordano Marchesini ed essendo concorsi alla med. li seguenti soggetti cioè: dott. Pietro Serra bolognese e lettor publico della città di Fano, dott. Giuseppe Antonio Muratori bolognese, dott. Gaetano Jobbi medico di S. Marco, l’eccellente dott. medico ed istorico di antichità Giuseppe Fantini, che ha dato in luce molte opere sì mediche che istoriche sopra Sarsina, esercente in Massa Lombarda, dott. Giuseppe Vistoli, dott. Giuseppe Masetti e Francesco Gaiani, tutti medici di merito.
La Comunità, a scanso di tumulti populari, che seguirono nell’ultima scielta fatta nel dott. Marchesini, senza porre fuori li proclami soliti di concorso, ed anco per isfuggire li impegni che si pressentivano, procedette imediatamente alla elezione e fu scielto il dott. Giuseppe Muratori uomo veramente cristiano e amante del povero che è l’unico ogetto del ben pubblico.
Adi 13 novembre giorno di lunedì, vertendo lite nel foro civile di Bologna per gli atti di Francesco Triboli avanti li A. P. fra li P.P. Bernabiti da una parte, sig. Giovan Paolo Fabri del fu segretario Alessandro dall’altra contro il Senatore e Marchese Filippo Ercolani a cagione della chiusa del Silaro, fatta pochi anni sono, a motivo che questa danegiava i tereni de Bernabiti, sucessori de Gesuiti a ponente e il d. sig. Fabbri a levante dell’altra, adesivamente al fondo Crocecocona, dove avevano le aque coroso molto de suoi tereni, non solo ma ancora portata via la strada che porta alle comunità superiori.
Così fu intimata la visita formale de periti hinc et inde, delli avvocati e procuratori e presenza del giudice e del Legato stesso, quindi pertanto questa mattina venne l’E.mo Boncompagni con il notaio Triboli, avvocati Guarini, Magnani, procuratori Francesco Rizzoli e Parmeggiani, periti Agostino Ciotti e Bernardo Gamberini ed altri, i quali tutti si portarono alla d. chiusa ove eravi anco li P.P. Bernabiti i quali, a comodo del legato, vi avevano fatto una casa di legno coperta di damaschi.
Quivi si tenne una lunga sessione, finita la quale si ebbe il suo proservato. Poscia il Card. a piedi passò la chiusa e si incaminò per le strade contese da quelle comunità superiori che sono sotto il Casteletto, ove ne fece far la misura poi ciò fatto ritornò a Castel S. Pietro. Dopo la dimora collassò dalle 17 fino alle 22 di questa giornata ed entrato in casa del marchese Giuseppe Stella in questo Borgo fece ivi pranzo e su l’Ave Maria se ne partì per Bologna.
Nel mentre che stette quivi D. Pietro Galiardi messicano vi umiliò il seguente epigramma in versi eljiaci. Questo ex gesuita era facilissimo nell’inventare e comporre, ma difficile nel purgare le composizioni sue.
Super damnorat Silaris inspectione E.mi D. Card. Legati Boncompagni habita die lune 13 9.bris anni 1780.
Celse recognoscat Princeps, nec despice quanta
in Castra Silarus nonc nova damna ferat
margine nam fluis rupto, populatum in agros
vicinos torrens aggeris impatiens.
Te preferente sciat dominum, cui pareat, esse
principis et summi sentiat imperium.
Sentiat et populus sibi nil presentius ipso
gui nimio e legum pondere multa levat
munera que dederunt, que privilegia quondam
Porpurei Patres, queque tulere senes
restitue, et totum merito tunc fama per orbem
justitie, laudes et tua facta canet.
Fu piaciuto l’epigramma ed in seguito il Porporato, chiamato il poeta, volle sentire la di lui spiegazione delle parole: queque tulere senes, onde il med., come che erudito delle vicende di questo paese, francamente rispose che alludeva alle aggressioni del Senato di Bologna fatte, e per liti e per vie indirette, ai privilegi della Comunità e massime ultimamente in Roma nella S. Rota onde il porporato ringraziando dell’onore il poeta, dando speranza ai paesani presenti di comiserare Castel S. Pietro, fu licenziato riportando altresì dal popolo applausi ed eviva.
Sul principio poi del dicembre fu pubblicato in stampa per il Beracci il Moto proprio di Pio VI regnante sopra il novo governo ed imposizioni, circa le quali parte delle vecchie ne distrugge, parti ne permuta e parte ne aggiunge, promettendo darne presto alla luce il novo Piano di Governo che da me di mano in mano sarà notato secondo la pubblicazione delle Provisioni.
Adi 16 d. secondo il consueto fu estratto il Podestà di Castel S. Pietro e fu il Sen. Marchese Antonio Marescotti, che sostituito il suo notaio Giovan Battista Guermani, questi ne trasferì in me la sua sostituzione.
Continuamente trovandosi questo paese mal soddisfatto de macellari appaltatori del Dazio Rettaglio per due riflessi, uno per che sempre si macellava carne vaccina e cattiva e l’altro per che il med. macellaro non aveva volsuto daziare a lardaroli le carni porcine, per modo che il paese era costretto a valersi di una sola bottega, che si faceva tenere aperta da macellaro e sbancare in essa solo carni porcine e agnello che in maggiore considerazione si era, che spacciandosi in oggi tutta la d. carne e niente salandosi, allorchè si fosse giunto in estate, sarìa stato sprovisto il paese, per la qual cosa fu dal popolo fatto un memoriale e presentato alla Comunità acciò la med. si intereponesse presso il sig. Cardinale affine che esso provedesse a tale disordine. In oltre si chiedeva dal popolo che fosse concesso al V. Podestà visitare le carni prima di essere macellate per la salubrità e fossero perciò marcate, in fine si chiedeva che fosse concesso al med. V. Podestà la facoltà di vigilare le botteghe de venditori de comestibili e trovandoli dolosi se ne desse la relazione alla Cancellaria di esso E.mo.
Tale suplica fu presentata al sig. Cardinale mediante legale e sin’ora sta sul tavolino.
Adi 18 d. atesa la liberazione dal teremoto mediante la intercessione di Maria SS.ma del Rosario, che fu poscia eletta per sovrana protettrice di questo loco, fu chiesta licenza dalla arciconfraternita del Rosario alla Comunità di potere erigere im mezo della piazza maggiore del Castello una colonna con imagine di Maria SS.ma.
Non ebbe difficultà la Comunità aderire a tale istanza si per l’onore della B. V. che per l’ornato del Castello, quindi ne furono pasate l’istanze all’officio di Governo per la licenza, ma come che incontravansi difficultà sì per il lavoro che per la manutenzione, si determinò in appresso che la Arciconfraternita ricoresse ella al Senato e che la Comunità ne dava tutto l’assenso, quindi per tanto fu fatta la petizione al Senato. Ove trovandosi presente il senatore Marchese Piriteo Malvezzi, cavaliere di esimia esemplarità di vita e cristianità de costumi il quale, essendo esso confratello di d. Arciconfraternita, perorò in tal guisa in Senato a favore di d. sua Arciconfraternita e per l’onore di Maria SS.ma che tutto il regimento condiscesce alle sue premure di concedere non solo la facoltà di erigere tale colonna, ma altresì donò il suolo della situazione e, per la fabbrica di quella, gratis alla Arciconfraternita come si ha dall’aggiunto S. C..
Ciò saputosi dall’arciconfraternita ne seguì un giubilo grande ed a vista si cominciò a far coletta per questa, onde la Comunità ancor essa donò molti carra di sassi per li fondamenti e macigni per li bassamenti dell’edificio.
Il Senato il dì seguente cioè :
Die 18 Xbris 1780. Congregatis ill.mis et ex.lis D.D. Refformatoribus Status Libertatis Civitatis Bononiensis, in N. vigintiquinque in Camera E.mi et R.mi D. Cardinalis Legati in eius p.ntia ac de ipsius consensu et voluntate inctus partitum positus et le.gmu obtentum fuit videlicet.
Patres Conscripti per sufragio omnia affimativa facultatem fecerunt Priori et Oss.libus Vener. Arciconfrat. SS.mi Rossari Castri S. P.ri occupandi in foro d. Castri, pedes sexdecim quadratos soli publici ad effecto ut ubi Columna extollant in cui fastigio simulacrum B.me Virginis sub titulo SS.mi Rosari veneratae collocatur in pubblicum grati animi Testimonium ob in columem servatam in diuturni soli tremoribus eoram patriam. Ea tamen conditione adjecta ut quandorumque eveniente casa vel reparationis vel refectionis (…) columne vel simulacri id omnino spectari debeat ad memorata Archconfraternit. mentiquam vero ad communitatem (..) autem soli concessio gratis quoad gratius eiusdem fit in venerationis augmentum erga Beatam Virginem. Cpntrariis hand ostantibus quibuscumque. I. +. S. Ita est Philippus Menzianus, iil.mi et ex.ti Senat. Bononie a Secratis Cancellarius in quor.
Adi 23 d. si fecero li fondamenti esteriori al Castello per l’ornato alla nova porta maggiore dell’ingresso sotto la Torre.
Adi 26 d. sicome la compagnia del SS.mo trovavasi avere evacuata la imborsazione de suoi priori e restando lite tra la med compagnia e l’arciprete di questo loco e contemporaneamente trattato avanti l’Arcivescovo per venire ad un accordo, al qual effetto era stato deputato il sig. Carlo di Lorenzo Conti Priore, quindi per tanto, ad oggetto di mandare tutto a buon effetto, pensò la compagnia, invece di fare una nuova imborsazione di priori secondo lo statuto, di procedere con l’intelligenza del Superiore alla conferma di d. sig. Conti in priore, col dare due compagni eletti dal corporale. Perciò avendo manifestato il tutto mediante foglio al med. arciprete, questi si mostrò indiferente sempre che si procedesse a norma di statuti, la onde questa mattina, premesse le solite formalità, fu chiamato alla pubblicazione dalli d. ufficiali.
Esso venne puntualmente all’oratorio, ove giunto assiso nell’arcibanco de priori fu intonato il Veni Creator e poscia detto da esso l’Oremus, quando ognuno si aspetava sentira la nomina e pubblicazione di d. ufficiali, l’arciprete senza dir altro ne far cosa alcuna se ne partì e ritornossi alla parochia.
Il popolo che era concorso in chiesa a motivo di ricevere la S. Messa, la quale era piena, vedendo tale novità restò ammirato con non poco bisbiglio di ognuno che ivi si trovò presente a tal caso e così altro non seguì in ordine a questo ma si ricorse al Superiore.
Adi 27 d. secondo il solito fu estratto il Consolo della nova imborsazione il sig. Giovanni Calanchi, contestualmente essendo giorno di giovedì si lesse lettera del sig. card. Boncompagni Legato diretta a questa Comunità di dovere rimettere in pristino la carcere publica che corisponde sotto il portico, la quale anni sono era stata ridotta a stanza per comodo di questo Messo o sia Esecutore publico, il quale faceva anco da Colettore ed Esattore per le gravezze pubbliche. Ciò giunse in vero novo per che oltre questa avvi ancora un’altra carcere interna nella casa publica comunitativa, ma non ostante si determinò di ubidire subito per iscansare le rissoluzioni supreme.
Nella chiesa di S. Lucia di Bologna già dei gesuiti vi sono due famosi busti d’argento dell’immortale Alessandro Algardi, rapresentanti S. Ignazio di Lojola e S. Francesco Xaverio, li quali si esponevano al loro altare li giorni della loro festa ed erano grandi più del naturale ne quali l’opera superava la materia.
Questi busti, doppo la abolizione della Relligione de gesuiti, furono fatti squagliare dall’arcivescovo di Bologna Vincenzo Malvezzi e, colle altre argenterie della chiesa, furono ridotti in verghe d’argento. Prima dello squaliamento il marchese Giacomo Zambeccari bolognese fece esibire al card. Malvezzi il contante pel valore intrinseco di quelli, non valsero li impegni, né la interposizione di nobili ed altri riguardevoli sogetti che il cardinale li volle distrutti.
Ne avvenne quindi che, arrivata la festa di S. Francesco Xaverio, si infirmò gravemente il card. Malvezzi e corse il pericolo di perdere la vita. L’anno seguente accadde la stessa istoria nella festa di d. santo, finalmente il terzo anno le accade la terza malattia nel giorno stesso della festa med. così che vi lasciò la vita. In proposito di questa vicenda avvenne che, ciò essendosi notato da persone catoliche e segnatamente dal marchese Sigismondo Malvezzi questi, possedendo un famoso quadro del Viani rapresentante d. due santi, le fu richiesto in prestito dal paroco di S. Cattarina di Sargozza di Bologna, onde solenizzare la festa de med. santi nella sua chiesa.
Fu negativo il cavaliere per la gelosia del dipinto. Di nuovo le fu richiesto dal marchese Piriteo Malvezzi di lui fratello per il prestito, ma le fu pure conteso. La notte precedente alla festa il cavaliere Sigismondo incontrò una smania tale che non potette prendere il sonno, chiamò li famili di guardia per avere soccorso ma vano fu tutto. Finalmente memore della ripulsa data al paroco per il prestito accennato venne in sentimento di sporle il d. quadro alla chiesa di S. Cattarina di Saragozza Diffatti alzatosi di letto si portò alla stanza del fratello Piriteo e le disse le inquietudini sofferte, che perciò, deducendole dall’accaduto per la festa di S. Francesco Saverio, voleva che a vista le fosse portato fuori di casa il d. quadro, che non voleva incontrare quanto aveva incontrato l’Arcivescovo Malvezzi onde sul momento a mezza notte fu portato il quadro alla d. chiesa e così quietarono la smanie e rimorsi al cavaliere Sigismondo. Così operavano li santi (….)

1781
Adi 2 genaro si cominciò a fare la nova porta sotto la torre ove si ritrovarono le antiche vestigia sotto la med. Si cominciò altresì a tagliare il muro esteriore verso il Borgo e a farvi l’ornato in ordine grotesco, lavorandovi li due fratelli Vincenzo e Girolamo qd. Lorenzo Parazza muratori di questo loco ed intelligenti di dissegno.
Nel di 4 d. poi si cominciò a fare il fondamento in mezo la piazza publica del Castello per la colonna da erigersi dalla arciconfraternita del SS.mo Rosario per colocarvi sopra poi l’imagine di Maria SS.ma.
Adi 11 d. giorno di giovedì giunse lettera dall’E.mo Legato a questa comunità ove ordinava che si facesse una prigione più grande. Contemporaneamente, essendo stato presentato al sig. Card. sud. la suplica della comunità per avere due macellarie di carne grossa, giunse ordine alla med. di interpellare il macellaro appaltatore Giovanni Corticelli acciò daziasse a chi altro volesse e, non componendosi a mediazione della Comunità, si spedisse a Bologna.
Tanto avvenne per che essendosi offerto Pietro Zuccheri per avere tal facoltà di macellare carni bovine, vacine e vitelli a riparto del dazio, secondo la decisione totale di Roma a favore di Budrio l’anno 1777, 14 genaro card. Origo, negò il Corticelli e pretese trecento zechini oppure scudi cinque per capo di ogni bestia, onde furono entrambi mandati a Bologna ad udire la mente dell’E.mo Legato.
In questo tempo essendosi ottenuto per parte di alcuni mercanti di Bologna dal med. Legato la facoltà di fare velami di seta e porre in questo loco li tellari da veli all’uso di Bologna così d. sig. Cardinale, preso questo affare con impegno anche per levare certi assurdi che in Bologna si comettevano dalle donne, lavoranti ecc. e così anco per solevare cod. paese, furono quivi spedite alcune maestre con altre donne del paese, native però di Bologna e pratiche in tal arte, si unirono assieme e con non poche fanciulle si misero a lavorare in questo Borgo la seta e a far velami nella casa della Compagnia della Morte, altre volte delli sig. Villa. Codesto impegno ed impiego fu comesso al sig. Francesco di Pietro Conti uomo giovine è vero ma ottimo a questo ministero ed anco ad altri.
Quindi ad oggi sono in esercizio dodici tellari e quanto prima se ne poranno altri in opera in casa di d. Conti che abita in Borgo presso l’osteria del Portone alla botega nova.
Adi 15 d., giorno della conversione di S. Paolo fu ultimato l’ornato della nova porta; contemporaneamente fu pubblicata una notificazione dell’E.mo Legato sopra li Not. vicepodestà [A17] di dovere rendere ragione alle ore assegnate e ne luoghi dovuti.
Adi 28 sabato venendo alla domenica su le sette di notte si sentì un picolo tremuoto e la mattina seguente su le 15 si fece sentire un’altra volta udito da tutti,
Adi 29 d. giorno di lunedì si cominciò a lavorare nella nova carcere.
Dalla parte del fiorentino si ha la nova come in due mesi siano morte in Firenze da duemilla persone e che però quel duca sia di là slogiato colla famiglia. I mali si dicono cagionati da molti venti sirocali.
Adi 4 febraro in giorno di domenica su le tre di notte si sentì un urto di tremuoto.
Adi 5 d. giorno di lunedì ad ore 21 si colocò la prima pietra nel fondamento della colonna in mezo la piazza, nella quale vi furono colocate due medaglie di bronzo entro due scattole di piombo una dal R. sacerdote D. Mauro Calisti, fratello di cod. arciprete e l’altra da Giovanni Bonetti priore moderno della arciconfraternita del Rosario di questo loco. Le medaglie furono preventivamente benedette e rapresentano da una parte l’imagine di questa S. Effigie di Maria e dall’altra lo stemma dell’arciconfraternita sud.
Poi Giuseppe Farnè, depositario di quella, vi pose la terza pietra e finalmente il Cap. Lorenzo Graffi vi pose l’ultima pietra, cosichè fatto un piccolo cancello restarono entro questo rinchiuse le scatole di piombo colle acenate medaglie, indi seguì la benedizione per mano di d. sacerdoti e se ne formò rogito per mia mano. E perché non restasse scoperto il macigno che copriva d. cancello e fossero levate di notte le medaglie, si lavorò da muratori fino alle tre di notte riempiendo sempre il fondamento.
Adi 3 d. sabato matina il card. Legato nella signatura decretò, in seguito alla visita da esso fatta nella fine dell’anno scorso alla chiusa di questo Castello, che questa si abolisse nel loco ove ora esiste in confine de’ beni di Gio. Paolo Fabri detto Crocecocona e dippiù che si chiudesse la via che si era introdotta ne di lui beni, come agli atti di Francesco Triboli nel foro civile della Legazione.
Adi 10 sabato essendosi in Roma resa vacante la prefettura della publica biblioteca imperiale, attesa la dimissione fatta dall’abate Pozzi insigne letterato, fu quella conferita al dott. D. Paolo Dalmonte di questo distretto nativo ora abbitante in Roma da molti anni. Naque egli nel fondo Granara, li primi studi li fece a Faenza meco poi passò a Firenze indi nella università di Pisa e poi a Roma. Fu sempre mantenuto a spese di Gio. Battista Dalmonte suo zio, fattore da Malvezzi alla Toscanella.
Questa biblioteca è stata assistita dal celebre mons. Fontanini, da mons. Rechi che morì poi vescovo di Ripatranzone, da mons. Giorgi portato domestico dell’odierno papa, dall’Abbate Rugeri e finalmente dal d. D. Pozzi olivetano, uomini tutti in dignità costituiti e di gran sapere forniti. Il detto D. Pavolo fu portato a questo posto in concorso di otto sogetti di singular merito col voto delli tre giudici di Rota che ne hanno la nomina, attese le raccomandazioni di Monsig. Arcivescovo Testi, capellano maggiore e di altri come si legge nella unita sua lettera [A18]. Il med. fu filio di Sabatina Zuffa e Domenico Dalmonte ambo nati nel teritorio di Dozza.
Adi 24 d. si fece una bellissima mascherata di 19 persone, che figurava tutta l’arte della tessitura di seta e velami. Questi erano tutte vestite alla turca di veste lunga sotto di raso cremesino, poi erano coperte le prime quattro fanciulle di velo giallo da capo a piedi con turbante in capo e precedevano le canelliere, indi le altre due che avevano li calcolcoli da piedi, doppo queste quattro venivano altre quattro vestite di velo verde che avevano chi le spole chi li gassi chi li subbiotti e chi li pettini. Seguivano altre sei vestite di velo bianco dette le candidate avendo chi li rochetti, chi una cosa e chi un’altra finalmente venivano le Maestre col Capo in mezzo delle ultime di esse, che erano vestite di velo color rosa alla guisa sudetta, queste parte inaspavano le sete, parte le racoglieva dai rochetti e altre facevano simili funzioni. Il capo poi che era l’ultimo dispensava cartelli stampati con entro scritta : Fabrica nova di veli in Castel S. Pietro 1781 con il seguente moto.
Nessun più si lagni
che mercè il Boncompagni
risorge in questa parte
di seta la bell’arte.
Adì 3 marzo fu terminato il lavoro della nova carcere e li 4 d. fu pubblicato l’indulto di carne per tutta la presente quaresima [A19] eccettuati solo i venerdì, sabati, le quattro tempora, li primi tre giorni scorsi e li ultimi tre della settimana santa, essendo (…lissimo) per mangiar carne di ogni sorta.
Nel med. giorno fu pubblicata la notificazione per le misure de tereni in questo comune di Castel S. Pietro.
Adi 10 si cominciò la misura dai confini di Dozza e il perito fu Vittorio del fu dott. Giacomo di Lorenzo Conti di questo Castello.
Adi 20 d. misurarono le case del Castello, cosa che mai era accaduta dalla edificazione del med. essendo sempre stato considerato Castel S. Pietro, in virtù del decreto di sua edificazione, come città.
Nella med. giornata si cominciò a tener ragione nella Casa Comunitativa in vigore della notificazione anessa.[A20] Di quest’anno ancora si perdette dalla nostra Comunità il diritto di fare il colettore.
Adi primo aprile, domenica di passione, essendo stato colocato il miracoloso crocefisso di questa compagnia del SS.mo in un piedistallo portatile da quattro persone a foggia di machina inventata da F. Ferdinando Del Buono laico capucino e celebre dipintore di architeture, discepulo del famoso Ferdinando Bibiena, si fece secondo il solito la solenne processione per il Castello e Borgo, vi fu imenso concorso di popolo.
Per l’addietro questa S. Imagine si portava da un solo sacerdote in mano e questa fu la prima volta che fu portata sulle spalle da quattro persone, due delle quali erano sacerdoti che stavano davvanti e di dietro due fratelli capati. La funzione riescì bella per per l’infinito numero di lumi e copiose benedizioni di confratelli e sorelle che si fece in quest’oggi nella d. compagnia e per acquistare le indulgenze che vi sono come nell’unito invito [A21] stampato si raccoglie. Terminata la processione si diede la benedizione in mezo la piazza, che per l’addietro si dava dall’arciprete al popolo col’imagine sud. in sue mani e su la soglia dell’oratorio della compagnia. Lo che eseguito ne procedette poscia copioso sbaro di mortaletti.
Adi 4 d., mercordì di Passione, su le tre e mezo quarto di notte si sentì una fiera romba che parve tuono e durò 5 minuti con un buon scosso di tremuoto, ma non fece molto male ancorchè prima fosse di ondellazione e poi infine di pulsazione. Si ebbe però avviso la mattina seguente che aveva fatto gran strepito nella Romagna cominciando da Imola poi a Castel Bolognese con ruina di tetti, campanili e fabriche, indi in quel territorio e fu quello di Brisighella ove moltissime case caddero della diocesi faentina e così prosseguendo nel resto di Romagna.
Adi 6 maggio, giorno di domenica, nell’oratorio o sia chiesa della SS.ma Annunziata in questo Borgo si fece la festa alla di lei S. Imagine e, come che per tale funzione si costumava porre una picola imaginetta in un frontale di stoffa con corona di fiori attorno e portarsi su la porta di d. chiesa ove davasi la S. Benedizione con essa, così l’arciprete odierno volle che si facesse la processione trasportandola dal Borgo in Castello, lo che seguì non essendosi ciò mai costumato in addietro a memoria d’uomo e la funzione la fece l’arciconfraternita del Rosario.
Adi 8 d., giorno di martedì sul merigio, fu sospesa la chiesa ed oratorio mediante cedolone affisso alle pareti di quella in virtù di processo criminale fatto a motivo che il capellano di quella D. Luigi Jacenda aveva preso in chiesa una donna puerpera e benedetta all’uso di purificazione secondo però li riti della chiesa. Tale processo fu quivi fabricato dall’arciprete sud. quale vicario foraneo del plebanato, sevendosi di Agostino Ronchi per notaio e poscia fu spedito al Criminale di Bologna. Fu per ciò anco inquisito il sud. povero prete e fu data la città per carcere e sospensione della messa.
Per tal fatto il paese è tutto in sconvolgimento e mormorazione e tutti declamano contro l’arciprete non senza merito.
Adì 12 d., giorno di sabbato, protestandosi dall’arciprete sud. che tutte l’altre chiese siano interdette e sospese a motivo di essersi in esse addietro ricevute le donne puerpere e che il benedire le med. donne e riceverle in chiesa sia diritto parochiale, fece ribenedire le med. chiese cioè S. Pietro, l’Annunziata e S. Cattarina, cosa che mosse la gente a credere ciò una impostura per coonestare la di lui prepotenza non che farsi privativo tale diritto per lucrare una miserabile candela di cera che si offrivano dalle d. donne. La chiesa dell’oratorio del SS.mo sud. non fu questa ribenedetta sull’asserto che esso arciprete ciò voleva fare in persona nel suo ritorno di Bologna ove si trova ed essendo oggi la domenica 13 d. resta quella chiesa chiusa e priva del bene spirituale.
Tutto ciò accade per picca che ha l’arciprete contro la Compagnia perché vorebbe assogettare la med. a patti inconvenevoli con l’arciconfraternita del Rosario e perché la vorebbe in tutto e per tutto suplantare e levarli ciò che tiene.
Ma Iddio, che vede il cuore degli uomini e li regola giustamente, sia quello che assista ognuno acciò, oltre le continue mormorazioni e peccati che si fanno, non nascano maggiori mali. Giachè la strada è troppo aperta e chiara e l’arciprete sud. ne porge largo campo per essere protetto dal sig. Card. Arcivescovo ed E.mo Boncompagni Legato odierno di Bologna, onde esso per ciò eccede anco i limiti del suo stato e dovere, si fa baffo di ognuno né vi è parocchiano che da esso non riceva, non già male grazie, che poco sarebbe, ma affronti ed aggravi, così declinando dal vivere di capo e luminare eclesiastico del paese con amirazione anco delli esteri.
Adi 19 d., sabbato avanti le rogazioni, il fratello dell’arciprete R. D. Mauro Calisti vestito di sacri aredi si portò all’oratorio e chiesa del SS.mo a ribenedirla andando con (…) ed aquasanta in tutti quattro gli angoli della chiesa, poi vi disse messa. Ciò fu una vera impostura poiché le chiese pubbliche non vengono mai interdette, né sospese per ricevervi in esse le donne puerpere secondo li canoni e costituzioni. La sera poi di questo giorno la compagnia condusse l’immagine di Poggio per le rogazioni.
Adi 24, giorno dell’Ascenso, per la gran pioggia non si potette condure via la S. Imagine sud. né dare la S. Benedizione ma solo la domenica 27 d. La matina si portò via su le 13 senza dare la solita benedizione al popolo nella piazza publica e ciò fu una vendetta de preti contro la compagnia e mandarono via questa miracolosa imagine come il ritratto di una pedina.
Ieri sera, giorno 26 maggio in sabbato, Remigia del fu Carlo Antonio Graffi, vedova qd. Francesco Cavazza, mia madre donna di gran condotta nelli affari tutti che ocorono per sostenere una casa e avantaggiarla, morì alli 3 quarti di notte senza agonia in età di anni 74 in osculo pacis e senza febre, che fu appunto il giorno dell’ottava alla festa di S. Pasquale, uno de suoi avvocati, dopo averle fatto fare divote novene ed il di seguente fu portata al sepolcro in questa chiesa de P.P. Capucini
Adi 24 giugno si fece la estrazione del Consolo per il secondo semestre e fu estratto il sig. Agostino Ronchi.
In questo tempo, essendo stato dato memoriale al Card. Arcivescovo contro il sacerdote D. Mauro Calisti, fratello di cod. nostro arciprete, dal sig. Giovanni Calanchi Consolo a motivo che il med. volle che fosse portata via l’Imagine di Poggio nel modo che si è detto di sopra. Il med. Sig. Card., montato in collera per che così avesse operato col levare l’onore a Maria S.S. ed il culto a questa S. Imagine, li diede la città di Bologna per carcere di 20 giorni con precetto di doversi astenere di venire a Castel S. Pietro.
Adì 3 lulio, prima domenica del mese, la processione generale, che dovevasi fare li 26 scorso giorno del Corpus Domini, fu fatta solo oggi nel quartiere superiore della via Maggiore. Le fraterie non vi andarono perché il paroco intendeva introdure novità.
In questo tempo fu pubbbicato un bando pontificio che le stoppie non si potessero tagliare se non dieci giorni dal di che si fosse mietuto e fu gran mormorazione nella contadinaglia e padronanze che però si ricorse la legato e nello stesso tempo si fece premura al med. che procedesse alla questua che fanno li birri del vescovato in questo territorio di grani. Che però il Legato mandò fori una notificazione a far processo criminale e si stava attendendo la rissoluzione che non sarà mai poiché è il secolo de sbirri. Contemporaneamente furono sparse due satirate contro il Papa, la prima era una descrizione sopra lo stemma pontificio inquartato esposta in questo distico.
Redde aquilam imperio, gallo quoque lillia redde
Sijdera redde polo, cetera brasche tua
Poiché lo stema era coredato dell’aquila e de gili e tra stelle e lo scudo di mezzo figura una testa di fanciullo che soffia contro un ligustro che si declina a terra. L’altra è la seguente:
di Pio Sesto gli alti pensier son questi
vestir gli Gnudi e ricoprir gli Onesti
imperciochè egli aveva arichito il nostro Gnudi di Bologna. Oltre altre incombenze ricoprì gli Onesti, si intende delli Conti Onesti di Cesena, uno dei quali è stato eletto per generalissimo dell’armi e truppe dello stato eclesiastico con pensione riguardevolissima.
Nella gazetta di Firenze in data delli 30 giugno si ebbe la seguente notizia:
Giunse nova da Cadice come nel di 2 giugno dette fondo in quella baja la fregata da guerra olandese chiamata il Briel, quasi totalmente demattata in un combattimento avuto con un’altra inglese di 36 canoni nel dì 30 maggio quale durò 4 ore continue. Nel tempo di detto combatimento il sig. Orthuis, capitano della Briel diresse tanto bene il foco delle sue bordate, che recò danni grandissimi al nemico inferendosi da lamentevoli gridi provenienti dalla fregata inglese e dalla quantità di samgue che vedevasi uscire dalla sopracoperta della med., ma sicome il il cap. olandese aveva parimenti al bordo molti uomini amalati e trovandosi privo delli arbori maestro che si furono ad un tratto rotti e di mezana, così non potè tentar l’arembaggio della fregata nemica e stimò bene rifugiarsi nel porto sud. per riparare i danni sofferti. Morirono in questo abbatimento navale dodici delli olandesi e 40 feriti restarono, era fornita di 36 cannoni e 300 uomini. L’inglese di 46 canoni e 400 uomini. Nella nave olandese eravi Andrea di Roco Andrini di questo castello con altri tre italiani, questi quattro sogetti operarono gagliardamente e valorosamente in guisa che essendo rimasti illesi di ferite e per il loro coraggio sono stati rimunerati.
Se a questa nave non acadeva la frazione delli arbori si veniva alla presa della nemica nave ed ora sta a rimettersi nel posto sud., che così anco scrive l’Andrini sud.
Adi 29 lulio cod. M.M. Oss. di S. Francesco fecero un solenne ringraziamento nella loro chiesa apparata sontuosamente a S. Francesco Solano con fochi artificiali e batteria di mortaletti e illuminazione tutta della contrada a giorno. Sopra la porta della chiesa vi era la seguente iscrizione:
D. O. M.
Divo
Francisco Solano
quod eius ope et auxilio
oppidum hoc
magnis terremotibus contremiscens
staterit
vota solemnia piorum aere
solvuntur

Vi fu gran concorso di forestaria.
Essendosi rifugiati in Castel Bolognese sette Spolverari o siano banditi di Falamello, li quali avevano fatto un macello di undici sbirri in un abbatimento de trenta che avevano contro della legazione di Ravenna e volendosi estirpare questa gente, venne aviso a questo cap. Piragi di spedire due pichetti di soldati in N. di 14 a Castel Bolognese scortati pero dalla sbirraglia, ma come che li banditi erano già partiti altro non ne seguì sopra i med. Costoro venivano scortati da grossisimi cani corsi, li quali col fiutare spiavano li sbirri e guereggiavano al par degli uomini, onde erano una gran difesa a med. banditi.
Fu in questo mese pubblicato un bando sopra la contagione nelli uomini dalla parte ottomana e Lipsia e li veneziani avevano tirato il cordone difensivo.
Adi 18 agosto venne un notaro del Torrone dello Scabello 5 per nome Girolamo Martelli e portatosi alla casa di Ser Francesco Conti le fece una rigorosa perquisizione alle carte. Il Conti vedendosi li birri in casa, col pretesto di un bisogno corporale, si licenziò dal notaro e fugì nel convento di S. Francesco. In apresso si cominciò un processo rigoroso contro il med. per la di lui condotta e vita. Furono molti esaminati ed alcuni, come che ostinati nel deporre, furono carcerati e doppo giorni rilasciati. Durò la procedura più di 15 giorni con Cavalcata.
Adi 29 settembre la Comunità determinò di fare novi comunisti.
Adi primo ottobre, essendo stata affittata la gabella di Bologna al firmiere Conte Francesco Galantini parmeggiano, si cominciò il novo metodo di fare una sola boletta di tante che se ne facevano e in apresso si sentirà la nova tariffa.
Adi 29 novembre venne lettera della Assonteria alla Comunità in cui si ingiungeva sospendersi la balottazione del Dott. medico Giuseppe Muratori. In appresso si scoperse che era stato dato un memoriale al sig. Card. a nome del Console odierno Agostino Ronchi e dal popolo incui si esprimeva la inabilità del med. medico e di lui elezione simoniaca. Il giorno poi d’ogni santi si scrisse lettera dalla Comunità alla Assonteria che, essendosi ciò scoperto, il Consolo asseriva costantemente non averlo esso fatto, né soscritto ed in prova ne soscrisse la lettera in cui si pregava la med. Assonteria interporsi per il castigo del delinquente.
9 d. si mise a partito il medico, stante novo ordine, ed ottene la conferma per un triennio. Nel med tempo, essendo venuto un notaro criminale del Torrone a fare la visita ad un figlio di Giuseppe Cenni contadino della Maranina morto per una sassata ricevuta nell’ocipite da un figlio di Stefano Emiliani di questo Castello detto di Sfirone o Seveione, gran bestemmiatore, si cominciò ad esaminare dal not. med. anche sopra il memoriale dato al sig. Cardinale e a cercar la cognizione del caratere. Li sospetti furono sopra Luigi Grandi speciale per avere esagerato contro il medico.
Il Consolo sud. non andò esente di sospetto, volendosi però per opinione corrente che il med. venghi diffeso per essere protetto da questo sig. arciprete Calisti, gran amico dell’E.mo.
Adi 16 d. fu sull’imbrunire del giorno carcerato il sig. Antonio Bertuzzi e condotto la mattina seguente 17 d. giorno di sabato alle carceri di Bologna. Il motivo di tale carcerazione per anco non si sa, ma temesi che il med. abbia sparlato del principe o che sia interessato nel med. memoriale. Il vivere d’oggi giorno in questo castello è molto tristo non essendovi che odi a molti del corpo comunitativo, per insurparsi il paroco un dominio che esso non ha sopra un fondo della Comunità fabricato e mantenuto. Ma che si deve fare in circostanze ove regna di più la potenza che l’equità e convenienza? Il paroco è protetto al sommo dall’E.mo Arcivescovo Giovanetti e dall’E.mo Legato poi non v’à che credere diversamente non che sperare.
In questa campana vi è il nome e cognome dell’odierno arciprete che in cambio ha dato al funditore la campana grande di S. Cattarina, che era dell’amministrazione e vi è altresi il nome dell’abate D. Francesco dalle Vache perché vi ha messo di proprio, per l’importo di lire trecento, due verghe di argento che erano destinate per la famiglia a far candelieri e gia molto ottone rotto, cosichè la campana riescita di libre 750 e costata scudi 180 romani.
Adi 17 d. fu estratto Podestà di Castel S. Pietro il marchese Francesco Ghiselieri senatore, fu nominato suo not. Zenobio Teodori colegiato, che sostituì e nominò me Ercole Cavazza.
Adi 18 fu esposto il quadro nella arcipretale di questo Castello all’altare de Graffi rappresentante S. Francesco di Paola, S. Rosa di Lima, opera di Giacomo Calvi bolognese, detto il Sordino, uno de maestri della Accademia Clementina nell’Istituto di Bologna.
Adi 27 dicembre fu estratto Consolo per il primo semestre 1782 il sig. Cap. Lorenzo Graffi.

1782
Adi primo genaro, facendosi la solita processione di Maria SS.ma del Rosario in questa arcipretale, trasportandosi la di lei S. Imagine all’altar maggiore doppo lungo discorso, l’odierno sig. arciprete, valendosi delli decreti fatti dall’E.mo Giovanetti nella sua pastorale visita, come pure dalle comissioni ad esso date per li decreti come Compromissario Giudice inapellabile, esso E.mo a rogito di Ser Francesco Conti nominato, tanto per l’Arciconfraternita del Rosario che del SS.mo di questo Castello e dal d. sig. arciprete per la vertenza in Roma agli atti Amati, il med. sig. arciprete, dopo avere fatta una imborsazione di varie persone da lui procurate per una compagnia larga del SS.mo, estrasse da una borsa per primo priore il sacerdote D. Francesco Trochi e priora la sig. Mariana Silvetti moglie del sig. Agostino Ronchi. A tale novità si lascia considerare qual impressione fece quest’altra ai malcontenti.
Adì 6 d. domenica prima del mese, si diede la esecuzione al sud. decreto e andarono in processione i novi ufficiali sud., che per la distribuzione de posti seguì qualche bisbiglio.
Adi 13 d. venne lettera dell’Assonteria di Governo che era stato eletto per presidente agli affari di questa Comunità il sig. senatore conte Ovidio Bargellini.
Contemporaneamente venne ordine dal cancelliere di Governo diretto a questo Consolo di dovere fare accomodare in termine di tre giorni la via romana per il tratto di tutto il nostro comune, come così fu eseguito da tutte le altre comunità aderenti alla via consolare. Il motivo di ciò si è che passa da queste parti l’Imperatore della Russia, figlio della potentissima aczara moscovita, che pochi anni sono fece tremare il turco a cui, se si univa l’Imperatore d’Austria, si anichilava quel potentissimo Cane. Il motivo del passaggio di questo signore è per anco oculto ma si teme di gran facenda e solievo per tutto l’universo, attesa la discordia fra principi christiani.
Adi 17 d. giovedì venne alla visita della strada il marchese e senatore Ferdinando Marescalchi exconfaloniere coll’architetto Giacomo Dotti e ritrovò tutto in punto.
Adi 22 d. venne la contro visita alla strada sud. per il passaggio. Adi 29 d. giorno di martedì sul colpo del mezogiorno arivò e passò di quivi il sud. imperatore per nome Pavolo Petrovvitz, figlio di Cattarina seconda odierna regnante che fece uccidere il marito per avere tentato di ripudiarla, aveva seco sua moglie bellissima giovane per nome Sofia di Witemberz che mutò il nome in Maria Fedorovna. Questi si disse che viaggiavano l’Italia come fuggiaschi dalla sud Cattarina che avevali preso in sospetto.
E fu altresì ragionato che in questo frattempo la med. avesse fatto morire l’Ajo ed Aja di d. principi. Li med. erano di statura mezana, di bellissima carnagione e capelli biodi come vidi, erano soli in una carozza vestiti lisciamente ed avevano a fianco due stafieri o siano due corieri a cavallo vestiti di rosso, guarniti ad oro alla francese. Precedettero al suo arivo vari cariaggi poi N. 10 carozze che venivano contrassegnate da postiglioni che avevano un numero sul capello in carta bianca. Il numero del principe era l’uno, seguirono poi doppo altre carozze che, computati li cavalli che le tiravano tutte e corieri, furono fino al N. 400 che si erano presi da tutti li veturali di posta ed osti e tavernieri. Durò il passaggio interpolatamente e non di seguito per lo spazio di tre ore italiane.
In questo tempo fu graziato dalla fortezza il sud. sig. Bertuzzi colla pace della Comunità per l’affare del memoriale fitizio. Ma appena graziato il vescovato cominciò a processarlo a causa di simile memoriale dato all’Arcivescovo contro D. Baldassarre Landi sacerdote a nome però di Pavolo Bertuzzi, imputandolo essere prete che amoreggia colle sorelle Vachi, attacando ancora l’arciprete di questo.
Adi 31 d. D. Giuseppe di Pietro Conti prese in Bologna la laurea dottorale in teologia sotto la scuola del dott. D. Gio. Battista Dall’Occa celebre teologo e letterato publico di Bologna, esaminatore sinodale e canonico di S. Petronio.
Adi primo febraro avendo l’Imperatore latino o sia austriaco Giuseppe secondo figlio della piissima e catolica imperatrice Maria Elisabetta d’Austria, per secondare le massime prove de suoi consilieri, concesso nel suo regno e impero di potere ciascuno professare quella legge e setta che le fosse piaciuta e così degenerando dal catolichismo, professando il protestantesimo, fece perciò sciogliere di sua autorità molti conventi di monache chiuse , conventi di frati e per tutto il regno ne lasciò solo due uno de quali fu il monastero delle monache di S. Elisabetta per esservi una di lui sorella.
Ordinò che tutti li vescovi potessero dare le dispense ancorchè riservate al papa. Ordinò che tutte le scuole potessero ricevere catolici, ebrei, scismatici ed ogni altra sorte di persone e leggi. Ordinò che alle cariche publiche potessero optare in egual concorenza tutte le sette.
In vista di queste novità il Pontefice non mancò ammonirle e si dispose andare a Vienna per ricomporre il tutto. l’Imperatore doppo avere ciò inteso fece noto al Papa che se portavasi a Vienna sarìa stato accolto giusta il suo grado e caratere sempre che la sua andata fosse stata diretta a tutt’altro fuori che di farlo declinare da quanto aveva ordinato, perché a consiglio de savi, dotti e giurisprudenti non voleva rimoversi dalle leggi da lui fatte perché appoggiate alla equità, giustizia, legge di natura e divina, perché così richiedeva la ragione in forza della legge civile.
A tali novità le corone eletrici si rissentirono. Quindi il Re prusso Ferdinando secondo, quantunque scismatico creduto, uomo di grande intelletiva e di animo belicoso per cui fu nominato l’Alessandro de giorni nostri, fece instenire un di lui nipote ex fratre nel catolichismo da un exgesuita imolese, condotto in Berlino a spese regie per il ben cattolico, ad effetto di farlo come Imperator catolico, coronarlo della corona latina. Si allearono col prusso la Spagna, Francia, Inghilterra e le altre corone eletrici e parziali al catolichismo.
Per tali novità che si vociferavano sono non pochi disturbi nella chiesa cattolica e timori in tutta la nostra Italia, che Dio ci guardi da una irruzione di popoli barbari, giacchè se ne vede l’adito aperto. Per tali novità non potette il Papa se non rissentirsi e passarne le apostoliche lagnanze all’Imperatore novamente, ma riescendo tutto vano, determinò la sua gita a Vienna senza pompa. Per ciò, essendosi questa rissoluzione divulgatasi, il sig. Antonio Gnudi ne avvanzò le notizie al S. Padre di ciò che decantavasi. Il Papa perciò rescrisse al med. che tutto era vero quindi scrisse al medesimo la unita risposta. [A22]
In apresso il Papa chiamò concistoro e ne rissultò ciò che venne notato nello anesso foglio delli 16 febraro. [A23]
In seguito di ciò il Senato mandò ordine per l’Assonteria delle Aque di dovere accomodare la via romana diretto a questo nostro Consolo, il quale tosto ordinò che tutti li contadini si portassero al lavoro come seguì.
Adi 3 marzo prima domenica del mese essendo gia stato pubblicato giorni sono l’indulto a carne d’ogni sorte, si ordinò dal vescovo per lettera circolare a fare divozioni penitenze per le presenti urgenze di S. Chiesa, acciò vadino a ben termine.
Adi 4 d. passò il senatore Giambecari col coriere di Gabinetto di Spagna ed andò alla volta di Cesena a complimentare il Papa a nome di quella corte. Contemporaneamente adi 5 d. passò il Legato Boncompagni ad incontrarlo e la mattina med. venne l’architetto publico Giacomo Dotti col senatore Marescalchi a visitar la strada publica per il passaggio, giachè il papa era alla volta di Cesena.
Adi 5 d. venne alla visita della strada il senat. Marescalchi e l’architetto Dotti e la sera arrivarono due carra di fucili e mostrine per coprire li soldati e tutto fu colocato nel palazzo Malvezzi.
Adi 7 d. giovedì venne l’avviso come il papa era già in Imola, allogiato nel palazzo vescovile da suo zio, che però qui vennero tutti li soldati soggetti a questo capitaniato ed alloggiarono tutti nel palazzo Malvezzi entro il Castello a mano sinistra presso la torre.
Adi 8 d. giorno di venerdì su la aurora cominciossi a batter la cassa e alle 15 ½ tutta la truppa di N. 100 uomini, un terzo dei quali era di granatieri e li altri due di fucilieri tutti bene montati d’armi e marsine si incaminarono al suo posto nel modo che siegue.
Si spiccarono dal palazzo Malvezzi 40 fucilieri preceduti dal cap. Pier Andrea Giorgi e sergente Sante Facendi e si incaminarono alla volta del Borgo, dietro a questi si unirono 24 granatieri spicati dalla casa del cap. Lorenzo Graffi che figurava per il Maggiore accompagnato dall’alfiere Fedele Gattia e dal sergente Giosuè Castellari, finalmente vi seguì l’altro corpo di fucilieri preceduto dal tenente Francesco di Pietro Conti, tutti di questo Castello col sergente Filippo Grandi, ognuno di questi corpi aveva il suo tamburo e zuffoletti.
Uniti così questi tre corpi di truppa si incaminarono alla volta del Borgo ove giunti il corpo condotto dal cap. Giorgi andò alla posta della Osteria Grande presso la Quaderna, l’altra de granatieri condotto dal Graffi andò a capo del Borgo verso il Portone e si piantò nella piazzola interiore ove si squadronò e presentò l’arma, l’ultimo corpo di fucilieri condotto dal tenente Conti andò alla confina di Romagna del nostro comune e quivi si fermò.
Giunta l’ora di 18 ½ arrivò il pontefice in una carozza con cristalli, vestito di bianco colla manteletta rossa ornata di armelino e capel rosso e fu da tutti visto e dava al popolo genuflesso la benedizione. Li soldati fermi genuflessi presentarono l’arma e ricevettero la benedizione. Tutte le campane del paese suonavano inalzate li doppi e così passò andando alla volta di Bologna, con qualche violenza aveva seco quattro carozze con prelati e capellani dentro. Il Pontefice è uomo grande, bello, affabile ed umile degnando di parlare con tutti.
Adi 9 d. sabato in Bologna si publicò un giubileo amplissimo da cominciarsi il giorno 10 fino a tutto il 24 corente, domenica delle Palme con obligo di solo tre giornate di vigilia e digiuno cioè mercordì, venerdì e sabbato.
Adi 11, 12, e 13 d. questi frati di S. Bartolomeo colla compagnia del Sufragio delle Anime Purganti, eretta in loro chiesa fecero un solenne triduo ad onore di S. Nicola da Tolentino per li presenti bisogni do S. Chiesa, dandosi ogni sera la benedizione col Venerabile e l’ultima sera anco colla imagine di S. Nicola ove furono grandi illuminazioni.
Adi 17 d., Domenica di Passione si fece la solita processione coll’Imagine del X.to non velato. A questa funzione e processione intervenne la Arciconfraternita del SS.mo Rosario colle solite divise, formalità e convenienze vecchie, così che ritornò la pace e concordia fra questi due corpi ed il paese restò consolatissimo.
Adi 19 d. essendosi convocata la Comunità per altri affari si manifestò come il sig. card. Legato aveva donato scudi 50 a questo paese, 25 de quali per l’ospitale delli infermo e 25 per li miserabili limosinieri. Tali danari provenero dalla condanna fatta a tutti li polaroli che avevano comprato in questo mercato avvanti di levare la bandirola solita.
Per tale grazia la Comunità avanzò li suoi ringraziamenti al porporato. La med. contemporaneamente pregò l’Assonteria di Governo di fare un novo orologio.
Adi 25 d. giorno della SS.ma Annunziata, lunedì della settimana santa, essendosi tutti li poveri limosinieri processionalmente alla visita del SS.mo col avervi fatto un ora di orazione tanto del Castello che Borgo, appena terminata e ritornandosene alla chiesa della SS.ma Annunziata le fu loro dato soldi quattro per ciascuno. Simile elemosina fu fatta il giorno 26 successivo in simile congiuntura alle povere donne lemosiniere di soldi 4 per ciascuna così che tanto gli uni che gli altri ebbero la elemosina sud. che fu delli sud. scudi 25 dispensatale dall’arciprete con danari di sua Em.za Legato.
Nello stesso tempo furono caturati tutti quelli che avevano letami pel Castello e pietrizzi nelle vie publiche dal tenente de sbirri ed in un punto fu pulito tutto il Castello e Borgo dalle imondizie.
Adi 10 aprile trovandosi questa fonte della Fegatella dalla parte posteriore assai malmessa a cagione della via publica che vi passa, il senatore conte Giuseppe Malvasia fece istanza all’Assonteria di Governo acciò facesse accomodare d. strada, che però fu ordinato il riattamento. Quindi il di 18 fu fatta seliciare in calcina e sassi d. via per un tratto di pertiche 4 quadre a spese di questa comunità, come si rileva dalli atti di governo, e fu posta la spesa in comparto.
Adi 20 d. fu publicato bando nella terra di Dozza d’ordine pontificio p. la abolizione di quella caccia risservata a motivo de danni gravi che si soffrivano da lepri e volpi ne seminati. Tale bando fu comissionato alla legazione di Ravenna attesi li ricorsi fatti alla S. Sede. Il Bando è stampato in Ravenna li 13 aprile.
Adi 5 maggio giorno di domenica preventiva alle S. Rogazioni di maggio, essendosi stata a prendere l’imagine SS.ma di Poggio il giorno di sabbato secondo il consueto e per la gran pioggia, che sono molti giorni che continua col freddo per modo che per anco non si vedono le spiche del grano in botticella e così, essendosi stata a prendere l’immagine nel legno coperto con due cavalli dal cap. Lorenzo Graffi, questa mattina si è stata a ricevere dalla nostra Comunità in forma la d. Santa Immagine colla compagnia del SS.mo in comemorazione, che la med. fu ad essa compagnia donata fino dal 1553 come si rileva da statuti di d. compagnia.
In tale occasione questa, memore di si grazioso regalo, ha spiegato oggi una bellissima insegna, o sia bandiera in asta di quatro quarti cioè scacchi bianco e torchino, dipintovi da una parte il SS.mo SS.to e dall’altre parte oposta l’arma di questa comunità. Fu levata la processione dalla parochia col corpo comunitativo e ricevuta secondo l’antico costume l’Imagine nel Borgo all’oratorio della SS.ma Annunziata, si è portata con numeroso popolo alla chiesa di d. compagnia in Castello. La insegna sud. era al termine della schiera della compagnia e, giunta in d. chiesa sua, si è piantata l’insegna in cornu evangeli sopra la spalliera fatta per il corpo comunitativo ove, secondo l’ordine suo, ha ascoltato la messa solenne in musica quantunque non abbia asistito con ceremonie alla med.
Adi 22 d., giorno di mercordì doppo le Pentecoste, fu aperta la nova porta sotto la torre e quindi fu tosto fatto lo sbassamento di terra che vi era stato posto al di dentro quando fu chiusa e riesce una bella veduta al paese, onde vi fu fatto il seguente epigramma toccante la premura di ciò della nostra Comunità, siano duodecemviri non meno che la gentilezza del senatore Malvasia in avere accordato la torre in emfiteusi perpetua a questo effetto.
Quam bone stat nostri recte modo semita Castri
dum vetus obstructum nunc resseratur iter
(…) igitur faciles per comoda tanta parentes
atque viris duedecem plausus ubique detur
nec sileant gentes bona Malvasia do acta
sed parili plausu perpetuoque canant
Adi 23 giunse in Bologna dalla Austria di ritorno il Papa ove stato di riposo fino al giorno d’oggi 25, sabato di maggio la sera su le 23 giunse a questo Borgo aparato con paneroni sopra la strada corriera, all’ingresso del qual Borgo dalla parte verso Bologna vi fu fatto una gran porta reale aparata tutta brocato torchino ed argento per cui, cedendo il sole da quella parte, il riverbero de suoi raggi vietava fissando il guardo.
Nella sommità della quale posta vi fu fatta la seguente inscrizione:
Quisque Pium plaudet et totum fama per ordem
virtutum laudes, et sua facta canat
Entrato appena fece andar piano li cavalli affinchè sedendo nella carozza potesse saziare l’ingorda vista dell’affluente numeroso popolo concorso a ricevere la S. Benedizione e così fino fuori di tutto l’abitato ove, sollecitato il corso a cavalli, se ne andò ad Imola. Fu da questa nostra truppa incontrato alla posta della Osteria grande, ove si mutano li cavalli, da un terzo della med. truppa condotto da ambi li capitani Graffi e Giorgi e questo terzo era di granatieri, l’altro terzo di fucilieri stette nel mezo di questo Borgo, condotto dal tenente Francesco di Pietro Conti, e l’ultimo terzo fu alle confine nostro di Romagna, condotto dall’ajutante maggiore Dall’Armi di Bologna pressidente a questa nostra milizia la quale tutta unita, spicatasi da palazzo Malvezzi, andò su questa piazza maggiore a schiera ed a far l’esercizio militare quale seguito andò alli sud. quartieri ove stette fino alla sera.
Il Papa fu preceduto da cavaleggieri di Bologna ed accompagnato sempre per tutta questa nostra giurisdizione, eranvi qua e là pichetti di soldati a cavallo detti di Manino a certe imbocature di strade, nella sua carozza aveva due cardinali cioè Caraffa, Dalle Lancie, dietro loro poi in altre carozze vi seguì il nostro Legato.
Gli evviva che si alzavano dal popolo assordivano l’aria per modo che non si potevano sentire li doppi di tutte queste campane.
La nostra Comunità, oltre essere concorsa alla spesa dell’apparato nel Borgo, fece fare trenta sbarri fra spingarde e canone soministrato da questo sig. cap. Graffi al cui rimbombo rispose la rocca di Dozza e così ne diede il segno alli imolesi della venuta.
Il Pontefice med. gradevole di questa dimostranza si volgeva ora da un canto ora dall’altro di sua carozza e benediva le genti genuflesse che per devota tenerezza piangevano.
Adì 27 lunedì, essendo venuto l’uditore Fabbri criminalista col not. Girolamo Mastrelli della Curia del Torone di Bologna, fu cominciato un novo processo contro il sig. Francesco di Lorenzo Conti not., già ritirato in S. Francesco di questo Castello, doppo aver fatto una perquisizione e gettata la porta a terra e levate alcune matrici di rogiti, su cui ricominciò a trattare suponendosi in lui falsità.
Non tardò molto il med. a stare ritirato in S. Francesco che, appena partita la curia, se ne fuggì a Dozza dove stette alquanti mesi ma, vedendosi pur quivi poco sicuro, andò ad Imola dove stette fino a che si conpose col tribunale di Bologna.
Adi 7 lulio prima domenica il sig. Ottavio Dall’Oppio, Consolo per questo secondo semestre, prese il posesso formale del suo consolato e sucessivamente andò colla Comunità in forma alla visita di S. Bernardino alla chiesa di S. Francesco ove, ascoltata la S. Messa solenne e ritornatosi a casa, ivi vi fu nella ressidenza publica fatto un bel rinfresco di ciocolata e dolci e dispensate braciatelle alli comunisti e, nel mentre che si godeva il rinfresco, vi fu una lunghissima sinfonia di instrumenti.
Adi 20 d. sabato notte venendo la domenica, su la meza notte, il not. Francesco Conti slogiò dal convento di S. Francesco e se ne andò accompagnato nella Romagna, così fece Luigi Grandi dal convento de capuccini e se ne andò a Rimini, li med. ciò fecero perché si aspettava la venuta del Card. Legato.
Adi 22 d., avendo la Comunità concesso il teatro gratis ad una compagnia di musici rapresentanti drammi gioiosi, adi 24 d.mercordì vigilia di S. Giacomo ed Anna, andarono in scena con incontro singulare. Per tale opera vi concorsero la prima sera molti sig. forestieri quantunque il teatro picolo. La rapresentazione dall’unita cedola si vede cosa è. [A26]
Il med. giorno venne l’E.mo Card. Legato Boncompagni in Castello la mattina. Andò ad abitare nel palazzo Calderini ove era la marchesa Cospi Ghisellieri, quivi pranzato, stette fino alle 3 di notte ed andò alla fonte della Fegatella accompagnato da questo sig. arciprete Calisti e sua chieresia, sig. Flaminio Fabri e cap. Lorenzo Graffi di d. Castello in qualità di comunisti e partì per Bologna.
Adi 22 d. ritornò l’E.mo Legato p. Imola e nel suo ritorno fece sapere alla Comunità che voleva si acomodasse il selciato di tutta la via maggiore del Castello e si coprissero le due chiaviche in faccia la chiesa, che per ciò ne fu dato l’avviso all’Assonteria.
Adi 5 agosto, giorno di lunedì sera, essendo stati ecessivi calori per il mondo ove si sentono infirmità che portano anco al sepolcro e le campagne inaridite e le viti si seccano colli arbori, accadde che (per il gran calore sofferto ne careggiatori) essendosi fermato alla possessione Colina sopra questo Castello un carro di strame valivo per trasferirlo al loco Castellaro su le cinque di notte si acese talmente che non fu possibile ad alcuno smorzare il foco e così con pericolo delli edifici vicini, che furono difesi con lenzuoli bagnati in aqua da incendio, restò consunto tutto il carro e strame essendo convenuto accorrervi col suono della campana infinità di popolo.
Adi 6 d giorno di martedì su le 15 morì Giuseppe di Battista Castelli di questo Castello, famiglia ricca ma non di grande aspetto esteriore, e così questa resta estinta essendovi superstite rimasto il solo Battista, padre ottagenario in afflizione, con due figlie nubili cioè Giuditta e Giacoma e fu sepolto nella chiesa di questi P.P. Capuccini.
Adi 17 agosto alle due e mezza di notte si sentì sensibilmente il teremoto.
Si sentono infinità di fatti per influenza universale, a Bologna si contano più di 8 mila malati, in questa parochia di Castel S. Pietro più di 400 e quello che è peggio si suona la campana. Il motivo di ciò si attribuisce agli ecessivi caldi venti sirocali o sia essendo da primavera a questa parte che la terra non si è imbevuta di aqua e quando è giunta un poco d’acqua è stata accompagnata da fiera tempesta sempre.
Adi 26 d. giorno di domenica il dott. Luigi di Giuseppe qd .Felice Farnè di Castel S. Pietro, essendo concorso alla chiesa arcipretale di S. Lorenzo di Varignana fra li nove postulanti, ottenne esso il più bel partito ancorchè li di lui competitori fissero uomini di merito e così esso fu fatto arciprete e vicario foraneo di quella antica terra, sucedendo al dott. Gio. Rafaele Manarini.
Adi 25 settembre, giorno di mercordì fu levata la campana dalla torre dell’orologio della piazza e fu trasportata nella torre sopra la porta ad effetto di servire per il novo orologio da collocarsi nella med torre. Questa campana fu rifusa del 1754 sotto il consolato di Vincenzo Antonio Vanti Console del secondo semestre, quantunque non sia espresso nella circoscrizione della campana fu la med. fatta a spese della podestaria ed accresciuta di libre 100 onde è ora libre trecento, la sua iscrizione è la seguente cioè: ¬¬¬-___________________________.
Nella torre poi della piazza vi fu collocato un nuovo orologio picolo con una campanella nova di libbre 68 a spese di una tassa fatta e pagata dalli signori consilieri cioè sig. cap. Lorenzo Graffi scudi 10, sig. Gio. Calanchi scudi 4, sig. Ottavio Dall’Oppio scudi 4 ½ ed Ercole Cavazza scudi 4 ½ ancor esso. La spesa dell’orologio picolo fu di scudi 11, quella della campana l. 20 o siano scudi 14, così che non si toccò la cassa della Comunità e siccome nella d. campana non eravi alcun nome in memoria così esendo Consolo il sig. Dall’Oppio sud. vi fu incisa la seguente.
Consula
P.S. OCT. AB OPIO
1782
a diversità dalla iscrizione nell’altra campana che non indica se il Consolo Vanti fosse del primo o del secondo semestre, così che in questa si sono messe le lettere iniziali P.S. significanti pro secundi, conforme nelle lapidi delli podestà.
Adi 6 ottobre, prima domenica di ottobre giorno dedicato alla V. SS.ma del Rosario, l’arciprete D. Luigi Farnè nel castello di Varignana fece la di lui prima solenne funzione con singulare pompa e decoro.
Nello stesso giorno in Castel S. Pietro si fece la solenne processione del SS.mo la mattina, nella qual circostanza si lasciò aperto il passaggio novo sotto la torre e così il doppo pranzo si fece colla Imagine del rosario alla quale funzione vi intervenne anco la compagnia del SS.mo SS.to con lumi e soldatesca che servì anco la mattina alla funzione del SS.mo scortandola e guardandola a fianchi un corpo di granatieri di questa nostra milizia, condotta dall’ajutante maggiore Mezopiedi di Bologna, cap.ni Graffi e Giorgi e tenente Francesco di Pietro Conti, che procedevano ad arma bianca nuda e avendo la acenata compagnia le loro bandiere in asta spiegate.
Era un bel vedere la festa che sembrava una truppa di tre regimenti cioè compagnia del Rosario vestita a sacco turchino e mozzetta rossa colla precedenza del gonfalone, la compagnia del SS.mo vestita di sacco bianco e mozzetta torchina con la bandiera dell’arma di questa Comunità e la truppa militare vestita ad uniforme bianca e verde.
Adi 7 d. venne avviso come l’arciprete di S. Martino in Pieve di Riolo sotto questo nostro comune, per nome D. Domenico Cervellati bolognese, era morto in Bologna.
Si incominciò in questo giorno a formare la mostra per l’orologio nella torre sopra la nova porta e fu terminata li 15 stante, fu poi dipinta da Luigi Pavani orologiaio bolognese. In questo corso di tempo furono venti trepitosissimi che scoprirono le case e facevano per fino tremare la terra.
Adi primo novembre cominciò a piovere lentamente ma poi venne, doppo tanto tempo di aridità, una pioggia così grande che si portò seco la corente del Silaro la metà della chiusa onde le genti non potevano macinare.
Adi 25 d. giorno di lunedì e festa di S. Cattarina essendo stata scarsa la racolta de generi, toltone il grano che fu mediocre, che fu chiuso il libero comercio colla Romagna onde, penuriandosi a tutto ed essendo le arti di canape inoperose, il grano oggi si è venduto trentasette pavoli la corba ed il formentone trentadue, delli altri comestibili non se ne trovano e quello che è peggio le carni porcine non sono che ossa per difetto di ghiande né si trova (…..) onde è carestia unica.
Adi 16 dicembre, giorno di lunedì festa di S. Floriano, cominciò una neve fierissima e durò fino a mercordì, in questo giorno fu estratto per Podestà di Castel S. Pietro Il Cav. sig. Giovan Battista Sampieri che nominò suo notaio il dott. Paolo Ragani.
Adi 23d. Giorno di lunedì si vide finalmente il sole che dalli 18 ottobre scorso era sempre stato il tempo nubiloso e quando si giungeva a questa giornata sempre pioveva né si faceva mercato.
Oggi si è venduto il grano a l. 20, il formentone a l. 17: 11, e quello che è anco peggio la carne porcina l. 20 il cento né si fanno candele e vi molto esclamo nelli artisti ed in tutti.
Adi 27 dicembre secondo il solito fu fatta l’estrazione del Consolo e sortì Vincenzo Mondini quale, per essere morto due giorni sono, si procedette all’estrazione di altro consiliere e fu estratto io Ercole Cavazza. In tale contingenza sonò la campana della torre per la prima volta e per la prima estrazione, non ostante che sul mezo giorno siasi suonata la campana grossa nel campanile pubblico inserviente la parochia secondo l’uso antico e consuetudine.

1783
Adì 5 genaro, giorno di domenica, si incominciarono le missioni chiamate da codesto arciprete le quali furono fatte dalli seguenti: Dott. Inocenzo Lollini bolognese prete, già arciprete di Mascarino, rettore, D. Giuseppe Dal Bello, D. Luca Bortolotti chatechisti, dott. Antonio Grossi, Vinceslao Bragaglia e Giovanni Mazzoni coadiutori, tutti preti bolognesi e durarono fino alli 15 d.
Adi 16 genaro fu pubblicato il (..) Bando di esenzione del Dazio Orto, ma questo nulla sufragò a Castel S. Pietro atteso l’essere il paese di già esente per cui ne pendeva già la causa di possesso in Roma ed in Bologna per gli atti di Pio Diolaiti nel foro civile con inibitiva del Card. Boncompagni.
In questo mese furono carcerati a C. Guelfo Andrea Neri detto Campanone e __ Quartieri detto Bagaruto di Castel S. Pietro a motivo che essendo fugiaschi del paese, ambidue cognati, per sospetto di latroccinii, andarono a Castel Guelfo ove per la stagione fredda essendo andati nell’osteria del Borgo vi si presentò quel Bargello e chiesto loro cosa facevano in quelle parti risposero che volevano riscaldarsi e che niuno li poteva ciò vietare non avendo fatta mala azione ad alcuno in quel luogo ed a questo fine erano senza armi.
Replicò il Bargello audacemente che ciò non ostante partissero, onde entrambi sdegnati presero il Bargello e lo misero a traverso del foco, poi uno di essi pizzato il foco teneva l’altro, cioè Bagaruto, fermo il Bargello sopra il fascio di vite acceso, così che gridando e racomandando accorse l’oste ed altri, onde fu rilasciato disarmato con patto di non molestarli.
Non adempì il Bargello la promessa ma amutinato colli altri sbiri e suono di campana raccolse popolo. A tale novità, adirati come fieri leoni, li due cognati sortirono in campo aperto nella strada e data mano a sassi non la perdonavano a chiunque, onde fu chiusa fin la porta del Castello per tema che non inseguissero fin dentro li amutinati e così tutte le porte delli borghesani colle finestre restarono chiuse per buon’ora di codesti disperati.
Calmato alquanto il furore, ma non estinto, di costoro in appresso fu aperto il Castello, credendosi questi una sortita di sbirri e popolo armato per fermarli di novo con maggior sforzo attaccarono una fierissima baruffa di sassi che fu appena in tempo il castellano a chiudere la porta non che levare il cassare e così da ogni canto ognuno se ne fuggiva e sembrava il giorno del giudizio per quel paese. Fattasi ormai la sera poi se ne partirono ed allogiarono in quella campagna ove poi furono dalla sbirraglia di Bologna presi a tradimento.
In questo mese fu gran mortalità in questo Castel S. Pietro ed ogni giorno vi erano tre o quattro morti
e ne morirono dal tempo delle missioni fino alla fine del mese 60 persone fra grandi e picoli e fra questi morì D. Domenico Lugatti che a suoi giorni fece tremare la Corte di Bologna e morì anco seco D. Giovanni Tomba.
Adi 4 febraro l’orologio grande andò sulla torre e cominciò a battere il dì successivo 5 mercoldì le ore con ambe le sfere.
Adi 19 marzo venne una grossa neve su queste coline a cui sucedette un sciroco per il quale vennero grosse escrescenze ne condotti e Silaro onde poco stette in terra.
Li 18 aprile la sera dopo l’ora si fece un Academia Litteraria nell’oratorio del SS.mo di questo Castello, che erano cinque anni che non si era fatta. In questa giornata il grano fu venduto, come il lunedì scorso, pavoli quaranta la corba e trentatre il formentone. L’annata essendo scarsa di viveri ha prodotto carestia fino nelle ova che si pagavano un bajoco la coppia, in oggi si sono vendute nove quatrini la copia.
In questo corso di posta fu spedito all’E.mo Legato Boncompagni, che era in Roma presso il Pontefice, suplica di questa Comunità affine di impetrarle dalla S. Sede una pensione e sussidio anuo pecuniario dalla Comunità di Medicina come quella che conta da dieci milla scudi di rendita di beni allodiali e la nostra non conta che gravezze povertà. Tale memoriale fu accompagnato da lettera comendatizia di questo nostro arciprete Calisti che è per così dire il cuore dell’E.mo Legato e ciò si è eseguito colla maggior segretezza possibile.
In appresso venne risposta favorevole che ritornato in provincia , aurìa presa le dovute informazioni e secondo le med. aurìa risposto favorevolmente.
In questo tempo morì in Roma un uomo in concetto di santità avendo doppo morto operati miracoli, era di nazione francese, per nome Benedetto Labrè. Il ritratto di sua vita colla sua effigie è la unita stampata venuta di Roma. [A25]
L’Imperatore austriaco, declinando vieppiù dalla sogezione alla chiesa latina, ne di lui stati dispone a suo talento delli diritti delli eclesiastici, opprime conventi di frati, incamera beni loro, le monache stesse fa uscir dal monasterio avendo fin ora distrutti 27 monasteri delle med. e queste mandate alle loro case. Le altre leggi che va promulgando non tendono ad altro che ad ingrassarsi delli beni eclesiastici e degenerando dal catolichismo in questa parte vene detto il secondo Giuliano Apostata.
La chiesa per ciò è in travaglio da quelle parti setentrionali e le di lui massime si vanno propagando anco in questi stati dell’Italia a lui sogetti, che però credesi verificarsi ai nostri giorni la profezia, o sia aparizione, avutasi da S. Margherita da Cortona, raportata nel Tomo 3 del Bollando, e per me ad altra dalla storia di Michele Mastradam delle quali ne unisco qui copia.(?)
Il Papa prendendosi il tutto con indiferenza attende solo a gravare li suditi e suoi stati per prosseguire le interminabili per esso idee dalla gran sagristia di Roma e dissicazione delle Valli Pontine, spesa ed impresa che dalli Agusti romani furono credute e tenute frustranee quantunque avessero il dominio dell’universo.
Li popoli della Chiesa gemono sotto così insoportabili pesi, oltre la gran carestia di viveri per cui si pagano oggi giorno nel mese di giugno li grani pavoli 40 e 42 la corba, li formentoni pavoli 36 e 38. Le carni 5 bajochi la libra, le porcine 10, le ova per fino un bajoco l’una, li colombi di campagna soldi 9 e 10 la coppia, il olio 4 ½ la libra, li polami scarsissimi e tutto per così dire scarsissimo e carissimo, quantunque l’aparato di campagna sia per aversi ubertosissimo.
Il motivo anco di ciò è stato per non essersi dato il libero comercio di viveri tra provincia e provincia dello Stato della Chiesa a diversità di principi secolari che per ogni loro stato hanno ordinato le comunicazioni ed amati li suditi in egual maniera e considerati tutti come figli di uno stesso padre, ripartendo loro in egual porzione i prodotti del patrimonio comune. La avidità del danaro in dar le tratte ne Stati della Chiesa, profitto de ministri, hanno così ridotto a penare la povertà e concitadinanza. Ognuno di ciò mormora, ognuno parla e solo Iddio può riparare a tanti inconvenienti, come pur troppo si vede avere alzata la mano col flagello alla chiesa.
Adì 16 giugno si chiuse in questo Castello la porta vechia totalmente e nella piazza maggiore del Castello si cominciò a lavorare nella colonna.
Doppo lunghe pioggie finalmente si è veduta la serenità. La seconda festa delle Pentecoste fu fatta la visita alla Imagine del SS.mo Rosario d’ordine di cod. arciprete sebbene dovevasi fare il giorno secondo di giugno in memoria della preservazione dal teremoto, fu per ciò su questo fatto discusso molto a motivo di aver trasportato il voto dieci giorni doppo di che doveva eseguirsi, onde convenne tacere e sofrire, attese le alte protezioni che gode il paroco per le quali non vive testa d’uomo in paese che possa milantarsi averne con esso superato una ancorchè assistito dalla ragione.
Adi 19 giugno fu spedita a tutti li capi religione copia della unita notificazione (?) o, per dir meglio, eseguita mediante codesto arciprete Calistri. Della med. ognuno può argomentare quale e quanto sia il braccio che ha dal papa questo E.mo Legato per eseguire il progetto nella di lui Sancione osia Chirografo sopra il governo di Bologna, che a dir vero non ha male la città che non le stia bene, atteso che li Padri della Patria hanno degenerato dall’obligo loro ed a loro solo si dovrebbe la pena del castigo, ma per imperscrutabili voleri di Dio così accade, e si può dire col poeta Quidquid delirant Reges plectuntur Achivi.
Adi 20 giugno si cominciò il piedistallo o sia tutto il basamento della colonna nella pubblica piazza di questo Castello dove dovrà collocarsi l’Imagine di Maria SS.ma del Rosario in argumento della liberazione del teremoto. La spesa di tutto il basamento da terra fin dove si comincia a sorgere la colonna è fatta a spese del imortale mecenate della Compagnia del Rosario sig. cap. Graffi a cui se le dovrà il titolo di fondatore per avere a proprie spese arichita la d. compagnia di privilegi e di esenzioni, supeletili sacre ed argenterie, che chi legerà li atti di d. arciconfraternita troverà non essersi fatta cosa per la med. che non sia stata promossa dal Graffi e da esso fatta a proprio danaro.
Adi 24 d. fu estratto Consolo il sig. flaminio Fabbri per il secondo semestre.
Adi 9 lulio Francesco Cavazza, mio filio quantunque di questo Castello batezato però in Bologna avendo l’origine materna di citadinanza bolognese, esendo concorso al colegio Comelli fondato dall’avvocato Domenico Comelli naturale di questo Castello, essendo stato riguardato come compatriota del fondatore, nel modo che fu riguardato il valente giovane Valerio del Dott. Anibale Bartoluzzi, famiglia di questo loco fu, in concorso di nove postulanti eletto dai sig. abbate D. Cesare Taruffi e Gaspare Taruffi non meno che dalle R.R. Madri di S. Bernardino di Bologna, che hanno il Jus eletivo di d. colegio, e nel med. mese presente si fece l’Intro di sigurtà a rogito del notaio ser Giovan Battista Guerneri.
Venne nova come il Card. Carlo Rezonico detto il Gobbo, uomo di inarivabile talento, regolatore di tutto lo stato acclesiastico, era morto in comprendio di malatia ipocondriaca e convulsione di petto che le produsse uno sbocco di sangue. Tal morte recò non poco dispiacere a cod. nostro E.mo Legato Boncompagni per essere fratello di un di lui cognato che è il senatore di Roma. Li romani però esultano per tale morte.
Adì 26 lulio, essendo vacante il consilio di 5 consilieri, furono eletti e proposti quindici sogetti al Senato, li primi cinque furono cap. Pier Andrea qd. Carlo Antonio Giorgi, Francesco di Pietro Conti, Lodovico Mondini, Pavolo Farnè e Francesco Gordini.
Le racolte di grano, che ora si fanno sono abondevolissime come lo sono state quelle di vermi che la seta in Pavaglione si paga per fino soldi otto la libra, cosa che faceva trassecolare la povertà valendo più la stoffa e gargiolo e la lana greggia che la seta.
Adi 3 settembre venne fuori bando rigorosissimo per la pestilenza scoperta nel Polesine contro il ferarese ne bovini e altri animali dall’unghia schiapata o sia bipartita e spaccata, sotto pena della vita alli introducenti per forza senza le dovute fedi. A questo effetto venero in questo loco cinque burlandotti o siano guardie e cinque birri a battere la confina.
Il senatore Malvasia che gode questa fonte della Fegatella, già di questa nostra Comunità e passata in mano della casa Malvasia all’oggetto solo di guardarla e non di privarne il pubblico di tanta beneficenza, volendo forse introdurre una distribuzione stante il grande dispazio per cui ne va fino a Ferrara per quell’E.mo sig. Card. Arcivescovo, col pretesto che li odierni dazieri vogliono riscuotere gabella de tale aqua, il med. senatore li 6 d. la fece di notte chiudere e privarne li poveri di tale beneficenza salutevole, facendola smarire per il tubo o sia canone esteriore che la tramanda fuori, col metterla sotterra a passarla al fiume, quando che li dazieri non pretendono altro che, entrando somme in Bologna e vasselle, paghino solo la introduzione delle somme, carro o birozzo dazio della porta della città per cui ogni somma di qualsiasi genere paga, né in questo facevano novità né pregiudizio alcuno.
Venuto a notizia tal fatto all’E.mo Legato Boncompagni, usando dell’autorità principesca e giustizia ordinò al senatore Malvasia, quantunque Confaloniere, che a vista facesse aprire il buco chiuso e l’aqua tornasse al beneficio publico, lo che fu tosto eseguito di mezzogiorno questo di 12 settembre a diversità dall’operato per parte del Sen. Malvasia che aveva operato di notte tempo. Il piacere del paese e delle genti è stato singulare.
Per tal fatto da chi ha autorità di comando fu ingiunto a me notaio segnarne la memoria per deposizione di testimoni ad perpetua e porne copia in Consilio ed archivio pubblico di Bologna, come già ho eseguito terminata la causa.
Adi 13 d. venne aviso alla Comunità del Senato Consulto seguito per la permuta di tanto della nostra inghiarazione del nostro comune quanto abbisogni cioè pertiche N. 150, dovendo li contadini condurre carra 7 per ogni pertica di selateriali.
Adi 16 settembre la notte su le 7 pervene a questo Castello espresso con lettera dell’ud. Vincenzo Segneri di Camera dell’E.mo Legato inculcante doversi dare subito notizia dello stato presente e del passato della fontana Fegatella. Ma per che il sig. Fabri Consolo non vi era, convene a me qual proconsolo rispondere, come poi feci informandolo che l’aqua correva ma, per darle una giusta risposta fedele, andai la mattina alla fonte e ritrovai che internamente questa era variata e se le era fatto una seratura da levarsi l’aqua a piacere e ne diedi tosto la relazione a sua Em.za. In seguito mi pervenne altra notizia ad aviso di mandarle notizie e recapiti che la fontana era della Comunità, come difatti trovai notizia al Lib. I Diversi in Comunità al f. 3, 6 e 14 e nel libro primo de Mandati, una del 1655 ed altre quattro nel secondo libro de Mandati all’anno 1638 di febraro in cui si vede il lavoro compito.
Ciò è acaduto per che questo agente Malvasia si è lasciato uscire di bocca quando fu levata l’aque che se in apresso ne avesse volsuto anco il Legato le sarìa convenuto pagarla.
Il d. agente è il sig. Ottavio Dall’Opio uno di Comunità il quale è stato l’autore di levar l’aqua.
Povere Comunità, quanto sarebbero più riche se vi fosse stata fedeltà ne pubblici rappresentanti e niuno si usurperia del pubblico cosa alcuna.
Adi 22 settembre fu spedita la nota a Bologna al Governo di quanto grano si era qui racolto in questo Comune. Il med. al presente semina ogni anno grano corbe duemilla e cinquecento sessantatre. La racolta è stata di dieciottomilla e cinquanta sette e mezo e marzadelli racolti mille e settecento ottantotto e mezzo, anno veramente ubertoso. La vendemmia è mediocre ed è piovosa.
Adi 5 dicembre morì Giovan Battista Castellani qd. Giuseppe detto il Pretino. Lasciò due femine per nome una Giuditta e l’altra Giacoma, fece il suo testamento segreto consegnato al not. Modesto Calisti notaio bolognese. Si dice che estinte le figlie vada tutto a questa Chiesa.
Adi 16 d., giorno di San Floriano, per la venuta dll’Imperatore Austriaco Giuseppe secondo in Bologna la estrazione delli uffici utili si fece la mattina. Castel S. Pietro fu del senat. conte Ludovico Savioli, insigne poeta ed istorico, nominò il Sig. Luigi Aldini not. colegiato, quale sostituì me nel suo posto.
L’Imperatore sud. si trattenne con piacere e partì il giovedì mattina 18 d.
Adi 19 essendo stati eletti per consiglieri di questa Comunità li sig. cap. Pier Andrea Giorgi, Francesco di Pietro Conti, Lodovico Mondini, Pavolo Farnè e Francesco Gordini, furono presi in consiglio.
Adi 22 dicembre fu estratto Consolo per il primo semestre 1784 il sig. Francesco Conti, quale per essere contumace e ritirato in Dozza, si scrisse all’Assonteria per avere l’oracolo come doversi contenere.
Fu imediatamente risposto che si facesse nova imbustazione come poi seguì e fu estratto il sig. Francesco di Pietro Conti, uno de novi consilieri, contemporaneamente l’Assonteria avvisò che era stato deputato alla pressidenza delli affari publici di questa Comunità il sig. D. Giovanni Lambertini di Egano, pronipote di Benedetto XIV di felice memoria.

1784
Essendo già stato estratto per Consolo al primo semestre il sig. Francesco di Pietro Conti, come si è scritto nell’antecedente quinterno, fu proposto in consilio che il libro Camerale di questa Comunità, che si pagava in due semestri si dovesse ridurre ad un sol libro alla condizione che li salariati ed altre spese scadenti al primo semestre si dovessero pagare però da colettori pro tempore e ciò fu approvato da tutto il Consilio.
Adi 24 d. essendo morto in Bologna all’improviso per così dire, il r.mo D. Floriano della med. città, M.M. O.O. Provinciale, Guardiano della Chiesa e Convento della SS.ma Annunziata e Presidente del Monte di Pietà, questi P.P. Osservanti Minori di S. Francesco in questo Castello, memori delli benefici fatti da esso a questo convento le inalzarono un sontuoso mausoleo in chiesa formato di 54 torchi acesi, apparato logubre, illuminazione alla chiesa con molte iscrizioni addatte al di lui ministero. Si fece sontuoso officio ed infinità di messe, il concorso di popolo, quantunque giornata nevicosa, fu grande così che restò il tutto decoroso alla Religione ed al paese.
Adi 25, conversione di S. Pavolo, bellissima giornata, serena e quieta, indizio di anno felice, in questo giorno essendosi tenuta congregazione nel convento di S. Bartolomeo della Congregazione del Sufragio ivi eretta, ne naquero non poche questioni per gli interessi della med. co frati volendo questi imporsi nelli affari secolari della compagnia per la loro avidità all’interesse e poco vi mancò che la compagnia non si prendesse comiato da quella chiesa.
Adi 31 genaro sicome fu ritrovato da francesi il modo di caminare per aria mediante un globo areostatico detto volgarmente Pallon Volante così, affine di agevolare a questi nostri bolognesi il modo di imitarlo, il nostro Battista Roncovassaglia di Castel S. Pietro, incisore chiaro in Bologna, per la di lui racolta publica, stampò la figura di tal pallone co suoi spacati e descrizioni e si vende in Bologna alla Libreria dell’Inferno di S. Antonio.
Adi 20 febraro fu pubblicata una Notificazione pontificia in cui il Papa mutava la vigilia comandata di S. Mattia che cadeva nel giorno delle Ceneri, 25 andante, ed ordinò che si facesse il sabato ultimo di carnevale. Oggi è una gran neve ed è la 39 volta che nevica ed è alta a meza gamba.
Adi 22 d. fu publicato l’indulto di carne, ova e laticini. La neve disciogliendosi per avere sotto il ghiaccio non si può stare nelle case ed è più di 40 giorni che è coperta la terra e li contadini non possono attendere ai loro lavori. Il grano si vende pavoli 17, il formentone pavoli 10 la corba, solo la carne porcina si vende 40 pavoli il cento.
Si è rinovato il bando sopra la epidemia de bovini nel veronese e padovano. Dio ci liberi, mentre se oggi giorno si paga la carne al macello quattrini 17 la libra, che sarà poi in allora.
Adi 25 d. giorno delle Ceneri e di S. Mattia cominciò la di lui predicazione il R.mo P. Mastro Francesco Xaverio Giorgi agostiniano, odierno Provinciale, uomo (…).
Adi 29 febraro attese le instanze fatte al novello Consolo per la manutenzione dell’uso pubblico della fontana della Fegatella, fu rissoluto in Consilio ricorrere con suplica al sig. Card. Legato affine che che il med. colla sua autorità si interponesse per l’economico stabilimento di tal uso e non solo dell’aqua, ma anco per mantenere illese le ragioni comunitative sopra il fondo med. della fontana stanti le memorie che sono in questo archivio di comunità.
Adi 8 marzo il Consolo Francesco di Pietro Conti presentò personalmente la suplica a sua Em.za, quale con rescritto al suo uditore di camera avvocato D. Vincenzo Segneri, che proveda, senza strepito e figura di giudizio, ne fu comesso l’affare. Contemporaneamente il Consolo espose le miserie di questo paese sfornito di familie e della Comunità di poche e scarsissime rendite per averne un qualche solievo. Le fu ordinato da sua Em.za fare un folio informativo di tutti li agravi, il quale fu tosto improntato e spedito a questo nostro arciprete.
Adi 3 aprile giorno di sabato nevicò e restò coperta la terra per tutto il giorno.
Adi 4 d. fu pubblicato in stampa l’avviso publico del viaggio di questa compagnia del SS.mo col suo Crocefisso a Loreto alla fine del corente aprile.
Adi 6 d. tornò a nevicare onde per li grandi umidi, pioggie e nevi li contadini fino ad ora martedì santo non han potuto seminare marzadelli, canape non che ultimare i lavori alle viti.
Adi 15 aprile furono affissati li avvisi per il viaggio a Loreto di cod. Compagnia del SS.mo col suo SS.mo Crocefisso miracoloso, in seguito di che la Comunità radunata ordinò che si andasse ad incontrare nel di lui ritorno in forma col presentarle due torcie in regalo.
Adi 17 si cominciò il triduo alla d. S. Imagine in giorno di sabato. Nella chiesa vi fu solenne apparato e musica quantunque miserabile la compagnia, ma ciò fu a spese di devoti ed elemosinieri essendosi raccolto da scudi cinquanta circa.
Adi 18, giorno di domenica, fu inalzato un globo aereostatico ci circonferenza piedi 30 circa in questo Castello di semetria ovvata, di carta bianca, fregiato a color rosso, su le 23. L’autore fu il sig. A. Andrini
filio del sig. Rocco qd. Domenico Antonio di questo Castello, quel desso che fu nella fregata militare olandese contro li inglesi, che si portò valorosamente con altri italiani e che disertò colli med. in tempo che la nave stava acconciando a porto, come fu notato nelli anni addietro. Giovine di fino talento, poco ampoloso, piuttosto umile, ma di cupo pensare e di sotile ingegno come gli di lui zii Gio. Francesco Andrini, alfiere in Corsica per la Francia e Giulio Andrini nella Marcatura, non degenerando punto dal padre uomo di amplo talento, peccato che non abbia calcato le scuole di scienze mentre è di facile apprensione, ferace di idee e singolar retentire. Ebbe il med. Andrea coraggio in Imola per il primo alzare simile globo che felicemente andò per aria 4 millia distante da quella città, cadendo illeso in ampla pianura.
Codesto nostro globo oggi inalzato elevandosi in questa piazza publica entro il Castello, fu diretto dal vento orientale marino sopra li fabricati e in meno di undici minuti fu sopra il comune di Casalecchi de Conti, poi passò fino a Idice, indi retrocedendo per lo spirar di vento avverso ritornò nel comune di Casalecchio a cadere in una selva detta della Gozzadina.
Tutto questo viaggio fu fatto dalle ore 23 fino alle 24 meno un quarto. Riscosse il giovine plauso (…) se a quello d’Imola, che memore questa citta ne fece parte nelle gazette ed avvisi di Pesaro. (…) il d. globo, senza offesa caduto, si alzerà di novo in questo luogo al piacere de compatrioti.
Adi 19 d. lunedì attese le supliche all’E.mo per la fonte della Fegatella il senatore Malvasia, essendo in Roma, ha fatto venire in campo il fratello monsig. Alessandro giudice ed uditore di Rota che oggi ha fatto spedir monitorio ed eseguirlo alla Comunità avvanti A. C. di Roma per così escludere il Legato e declinare dal foro ed in conseguenza sostenere il supletato alla Comunità, che per mancanza di forze non potrà far lite civile e così dovrà cedere alla fortezza pecuniaria de nobili.
Adì 20, martedì mattina alle 13 in punto, partì questa S. Imagine del Cristo con un accompagnamento di 70 confratelli e preti per Loreto accompagnato da tutto il clero regolare e secolare, con bellissimo treno di quattro cantanti instrumenti da fiato e da corde li quali su le note cantavano le anesse canzoni ultime nel libretto posto in musica a contrapunto dal Giordani Mastro di Capella della Cattedrale d’Imola. La funzione riescì tenera e compuntiva.
Codesto sig. arciprete fece su la porta dell’oratorio un bellissimo discorso e poi diede colla S. Imagine la benedizione al popolo, indi seguì la processione fino a S. Giacomo presso cod. ponte sul Silaro ove fu replicata la S. Benedizione, seguì il suono di tutte le campane del paese e della torre publica e poi uno sbarro di canonate nella riviera a levante dietro i palazzi.
Adì 2 maggio alli 22 arrivò la Compagnia del SS.mo colla Imagine del suo miracoloso Crocefisso di Loreto. Quantunque fosse un giorno ventosissimo che non si poteva star fuori, vi fu un incontro universale del paese. Vi andarono la Compagnia del Rosario in copiosissimo numero con l’offerta di due bellissime torcie, vi seguirono le fraterie, indi il corpo comunitativo con offerta di due torcie, poi il clero secolare e fu incontrato di la dal ponte grande.
Il concorso di popolo di Romagna, non che altri popoli coprivano talmente la strada, che non si poteva dar da canto alcuno, quantunque vi fossero li birri e nostri esecutori co’ burlandotti. Fermatosi nella via si presentò un fanciullo abbagliato di vista e fu sanato. Le grazie, miracoli e portenti operati da Dio mediante questa S. Imagine sono stati infiniti, storpi radrizzati, infermi sanati sono stati infiniti. In Loreto un filio di un marinaro muto ebbe la favella ed una fanciulla cieca la vista, onde naque in Loreto non poco rumore. Un canonico di quella collegiata che per 25 giorni non poteva veder il lume, fu rissanato a vista e chi volesse scrivere tutto quivi molto ci vorebbe e però mi riporto alli atti della compagnia.
Incontrata dunque questa S. Imagine fu portata in questa piazza ove fu considerato esservi un popolo di 10 milla persone. Questo arciprete fece un bel discorso cosichè piangendo il popolo in apresso fu data la S. Benedizione e poi portato nell’oratorio. Seguì in apresso uno sbarro delli cannoni di questo sig. cap. Graffi e poi una sbarrata di 400 e più mortaretti e così terminò la funzione.
Doppo questa a veduta di molto popolo fu elevata una machina aereostatica di diametro di piedi 18 e 60 di circonferenza ed andò felicemente a cadere cinque miglia distanti di quivi. In essa machina, fabricata da Andrea di Rocco qd. Domenico Andrini di questo Castello ebbe in applauso universale. In essa vi era scritto così
Il mio natal ebbi in Castel S. Pietro
poi fui comesso a discrezion dell’aria,
fu pel vano mia sorte incerta e varia.
Gli augei nell’alto fugerai a prova.
Alfin poi cessi,onde se alcun mi trova
in cortesia all’autor mi rechi addietro
Di fatti ritrovato fu riportato a questa casa Andrini. La sera di notte seguirono poi ad onor del nostro Crocefisso bellisssimi fochi artificiali. Li onori poi che ebbe questa S. Imagine nella Marca, nonche il gradimento di que popoli legansi li uniti poetici componimenti.(?)
Adi 15 maggio sabbato avvanti le rogazioni furono collocate le porte di legno che erano della porta vecchia inferiore, alla porta nova entro la torre. Si sparse nova che la peste nelli uomini e donne faceva avvanzamenti in Spalato nella Dalmazia e che da quelle parti desolava que paesi, che però si è sospesa la fiera di Sinigalia e le nostre parti maritime sono guardate da truppa.
Adi primo giugno fu pubblicato il Bando del contaggio nelli uomini proibendo il comercio cole persone e robbe provenienti dalla parte dell’Adriatico e fu perciò sospesa la fiera di Sinigalia.
Adi 10 giugno giorno del Corpus Domini fu scoperta la S. Imagine di Maria SS.ma del Rosario di terra cotta sopra la colonna inalzata a spese del cap. Lorenzo Graffi in questa pubblica piazza di Castel S. Pietro. La statua è opera di Luigi Aquisti riminese ma domiciliato a Bologna, il dissegno della colonna è dissegno di Gio. Giacomo Dotti, architetto del Senato di Bologna.
Nei piedistallo della colonna vi è apposta la seguente scrizione fatta da uno spagnolo exgesuita d. D. Francesco Pirolon:
Virgini SS. Rosari
quod
caserum hoc terra tremente
ille fura servavit
eiusdem precipue patrone
solemni ritu adlecte
Dux Laurentius Graffius
memor gratusque
AERE PROPRIO
M. P.
An. MDCCLXXXIV
Altra di un faentino:
Gaudiorum
Lacrimarum, gloriarumque
Virgini
quod in diuturnis soli tremaribus
hoc castrum servavit
omnium assensu
Patrona electa fuerit
Laurentius Graffius
grati (…) ergo excitavit
MDCCXXXIV
Adi 27 giugno, giorno di domenica fu sull’avemaria carcerato il sig. Ottavio Dall’Oppio e condotto a Bologna. Fu nello stesso tempo estratto Consolo per il secondo semestre il sig. cap. Lorenzo Graffi.
Adi primo lulio si cominciò a rinovare il seliciato de sassi nella via Maggiore di questo Castello. Il grano è cresciuto di prezzo fin a l. 12: 10 la corba, il formentone a l. 7: 10 a cagione di sicità.
Adi 16 lulio 1784 in Bologna il sacerdote D. Luigi di Lorenzo di Barnaba qd. Lorenzo Trocchi di Castel S. Pietro prese la laurea dottorale in Jus canonico more civico e ciò seguì con sua lode.
Adi 17 d. in Faenza, Bartolomeo Marani nativo della Villa del Sasso sotto Imola, domiciliato in questo Castello detto per sopranome il Romagnoletto e Spadino da Castel S. Pietro fu giustiziato per furti ed altre criminalità, la di lui morte fu si edificante che ne riportò non solo onore il di lui cadavero doppo morte, ma eziandio questa di lui famiglia fu sussidiata di scudi 52. 50 dalla Compagnia della Morte di d. città, che spedì a questo Castello in mano del nostro arciprete med. Il conte Francesco Cantoni fratello del defunto vescovo di Faenza, poi arcivescovo di Ravenna di chiara memoria, accompagnato di lettera di d. Compagnia esprimente il felice fine cattolico che ebbe lo Spadino, quale se rubbò in vita la robba alli uomini seppe anco al fine de suoi giorni rubbare il paradiso a Dio onde le fu scritto il verso latino di fedelio nel suo carme pascale: Abstulit iste suis celorum regna rapinis. Ne fu poi stampata l’unita relazione.[A26]
Adi 24 d.essendo morta l’onesta citella Mariana Chechi qd. (…) di questo Castello, ordinò nel di lei testamento segreto, oggi obbligato da me notaio, che della di lei eredità si pagassero l. 60 al depositario di questa pia unione di S. Giuseppe nella arcipretale affine di formare una statua di stucco per farne con essa poi la processione piacendo all’arciprete.
Adi 11 agosto lunedì venne la cavalcata criminale di Bologna contro il d. Dall’Oppio, uditore cioè e notaio. Si parlò in essa del fatto della fontana della Fegatella, di avere esso sparlato del Principe, di essere andato per burla con altri cinque a casa di Domenico Molinari detto Carnazza a nome della Corte, socio Malvasia alla Scania, di avere nove anni sono mascheratamente simulato li Tribuni della Plebe in Carnevale, andando alle botteghe di questo Castello, facendo tutti li atti di magistratura.
Parlò in oltre contro li fratelli Giuseppe ed Antonio qd. Ser Giovanni Bertuzzi not. per essere stati di lui compagni, come pure che li med. tengono in piena libertà li rogiti delli notai Sabatini, Gio. Battista Dalla Valle, Giacomo Bertuzzi, Giovanni Bertuzzi, Antonio Dalla Valle e Stefano Conti, come pure li atti di questa podestaria dall’anno 1713, senza averli volsuto consegnare a questa archivio di podestaria, quando lo dovevano, non comprendendosi questi nella comissione fatta al not. Melchiade Boschi di Medicina, loro cugino, troppo creduto in lasciar loro tutto in libertà.
Adi 13 su le 15 morì Barnaba qd. Lorenzo Trochi, bravo machinista.
Adi primo settembre giorno di mercordì si scoperse la statua di M. V. sopra la colonna nella pubblica piazza di questo Castello, che fu poi inverniciata di olio e fece un ottimo aspetto.
Adi 8 d. il sig. Ottavio Dall’Oppio fu escarcerato e pagò di …dano l. 100, procedura l. 360 oltre le altre spese.
In questi giorni il P. Filippo filio di questo Pietro Conti servita fu eletto priore del convento di Bologna dopo aver servito di priore nel convento d’Imola, mise l’uno e l’altro convento in regola, che viveva senza ordine. Si terminò la seliciata di novo fatta entro il Castello
Nella causa della fontana della Fegatella che agitasi in Roma coram A. C. dalla Comunità contro il senat. Malvasia, essendo andato decreto che si mantenghi in possesso, il caval. tosto il med. d. spedì quivi il not. Zenobio Teodori a prendere il possesso formale della med. fonte. Questa lite va in nome della (…) ma il diffensore e protetore della med. è il Principe che ha assunta in se la causa.
Adi 15 settembre fu dato memoriale al Legato da questi paesani per che , in virtù del di lui Bando 10 aprile 1782, ordinava non potessero movere alcun carico e merce entro le tre miglia di confina senza la boletta, affinchè moderasse questa legge che imprigionava le genti in questo loco con robba in casa e molto più che li concimi non si potevano trasportare di là dl fiume senza boletta.
Fu dato altro memoriale al med. per che l’Assonteria non avesse aderito a fare un marciapiede esteriore alla porta maggiore del Castello fino al fabricato, onde il Legato comise alla Assonteria il med. col rescritto che si preveda imediato. Nello stesso giorno il med. Card. concesse ad ogni cattolico di qualsiasi sesso che reciti tre Salutazioni Angeliche avanti l’Imagine del SS. Rosario posta nella colonna di questa piazza Maggiore ducento giorni di indulgenza e così chi ogni sabbato avanti la med. statua reciterà le litanie, indulgenza di tre anni come agli atti della di lui cancellaria di cui ne è procancelliere Filippo Guermani.
Adi 16 d. fu estratto Podestà di questo loco il Marchese Lucrezio Pepoli che poi nominò il not. Luigi Alboresi p. il not. Modesto Calisti.
Adi 26 d. fu estratto per priore della compagnia del SS.mo il marchese Anibale Banzi di Bologna, che accetò questo ufficio.
Adi 27 fu estratto consolo per il primo semestre 1785 il cap. ser Andrea Giorgi per la prima volta e così si terminò l’anno.

1785
Adi 2 genaro prima domenica del mese si fece nella chiesa de questi P.P. Capucini un Academia Letteraria ad onore del S. Bambino ove furono fatte belle competizioni poetiche da questi patriotti e secolari che preti. L’Oratore fu P. Filelfo capucino napoletano e il Principe il dott. D. Luigi Trochi di questo Castello prete.
Adi 15 genaro fu affisso il Bando in data delli 3 riguardante ai colombi e colombare stante le insolenze che venivano fatte, onde per assicurarsi che li proprietari fossero li venditori, si ordinò denunziare la compra di tali animali alli V. Podestà della legazione.
Giunse lettera dalla Assonteria di Governo in cui acennava essere stato deputato a questi affari publici di Castel S. Pietro il sen. Vitale de’ Buoi.
Si intese come alcuni malcontenti di questo Borgo e Castello avevano dato suplica al sig. Cardinale per avere la porta maggiore del castello angusta per li carri strami, che intendevano o dilatarla oppure aggrandire la porta montanara e così pure volevano un marciapiedi contro il mercato de’ bovini che incominciasse dal fabbricato esteriore del Borgo fino alla porta del Castello inferiormente. Fu il memoriale indi comesso alla Assonteria per la rissoluzione.
Si intese parimenti come li villani di questa villa di Poggio, soggetti a Castel S. Pietro avevano intavolata suplica alla Assonteria per smembrarsi da questo nostro Comune, quantunque per Bolla di Eugenio quarto siano assoggettati a Castel S. Pietro come si legge in quella del 1434, onde per anco rimane indeciso l’affare.
Per li affari pubblici di questa Comunità fu eletto dall’Assonteria di Governo il marchese sen. Bartolomeo de’ Buoi, al quale furono inviati li consilieri Flaminio Fabbri e cap. Graffi a riconoscerlo per tale.
Adi 16 d. fu data la suplica al legato per quelli di Poggio adducendo infinite cause come gravati indebitamente come si deduce dalla medesima che fu poi spedita a questa Comunità per darle la dovuta risposta, conseguì e si vede in Archivio.
Adì 29 genaro fu pubblicato l’indulto come dalla annessa stampa. [A27]
Venne contemporaneamente alla visita della porta per il marzapiede il senatore de’ Buoi, per riferire all’Assonteria il tutto, fu in appresso data la risposta alla Assonteria per la pretesa di quelli della Villa di Poggio come siegne in d. suplica. Questa turba di villani malcontenta e perturbatrice della quiete, altre volte e fino dal 1553 li 6 agosto questo fu mandato, per rogito di Costanzo Calcina, a chiedere la divisione della loro villa da questo comune, ma non furono ascoltati come si legge nella nostra cronica sotto d. anno il Rogito.
Il senatore de’ Buoi quantunque deputato alla assistenza de nostri affari, si dichiarò nemico in questo fatto colli due deputati sig. Ottavio Dall’Oppio e me Ercole Cavazza all’occasione che per questa pretesa smembrazione fossero ad officiare li senatori de’ l’Assonteria di Governo per la Giustizia. Stante tali espressioni non mancò la nostra Comunità avvanzare nova suplica al sig. Cardinale per la giustizia ed a comunicare le risposte avverse per confutarle maggiormente.
Trovavasi la seliciata di questo Borgo nella via coriera ruinata fu perciò data suplica all’Assonteria di Governo acciò, a spese delli interessati fronteggianti la med. via, fosse accomodata. Il Senatore de’ Buoi che intendeva di sotrarre la Villa di Poggio da questo Csatello per farsi ivi una signoria, avendovi in quella la maggior sua possidenza, fece venire a sue spese un perito che misurò la distanza da Poggio a Castel S. Pietro e da Poggio a Medicina. La relazione per anco non si è veduta.
Adi 28 aprile essendovi rimasto in avvanzo quantità di carra di sabbia e sassi da condursi da contadini pel selciato del Castello ed essendosi scritto all’Assonteria cosa dobbasi fare e se contenta sia che facciamo condurre via il terapieno interiore alla destra del Castello dalla parte dell’ingreso maggiore per allargare quella via ed essendosi ciò ottenuto, si cominciò a farne condurre nella fossa esteriore e così si accomodò la d. via.
Adì 12 giugno essendosi trasportata la festa del Corpus domini in questa giornata, fu fatto nel nostro Borgo un bellissimo aparato, ma avvenne disaventura che nell’apparare uno de primari aparatori di Bologna Giuseppe Amici assai celebre pericolò col ribaltarsi giù dalla scala mentre in alto accomodava un prospetto a cagione del gran vento che soffiava e divenuto, per la caduta, apopoletico dopo sei giorni morì e morì pure _ detto Sgambillo che restò sotto un legno nel disoperare. Questi sono li fini funesti che si hanno dalle feste che che si fanno più per pompa e vanagloria che per onore di Dio, quantunque belissime.
Adì 29 d. fu estratto Consolo il sig. Ottavio Dall’Oppio.
Adì 4 lulio venne nova come N.S. in Concistoro segreto, dopo un bellissimo elogio al Card. Boncompagni, eprimemendosi che aveva amministrato la Legazione di Bologna, Summa fide, integritade, justitia et constantia, lo dichiarò Segretario di Stato.
Avendo fino dall’anno scorso in decembre fatto ricorso alla legazione questi nostri paesani, spalegiati dal nostro arciprete per le merci che giravano nel circondario delle tre miglia dalla provincia, vene fuori allo spirar di lulio Bando di pagare solo questi quattrini tre, come si può vedera dalla sua stampa., dove che prima non si pagava che per li soli bestiami, ora si paga per tutti li capi che si portano da loco a loco voltando le spalle alla via maestra ed alla città, cosa che assai gravosa.
Essendoci rimaste carra n. 140 di sassi e sabbia da condursi oltre aver appianata la strada interna del castello sud. ed essendosi determinato di riatare il selciato del Borgo, l’assonteria ordinò che si asegnasero a borghesani e che unitamente con essi si elegesse il salgino e depositario delle residue tangenti della nostra Comunità.
Contemporaneamente fu data suplica alla Comunità da paesani introducenti strami in Castello per l’angustia della porta affine di prevedervi, proponendo di alterare la vicina mura ruinosa che intermedia il mercato de bovini e la strada interna e così dilatare la piazza ed unire il Borgo al Castello per modo che, levata d. mura per un tratto di sette o otto pertiche, venivano introdotte la carra e si quietavano le genti e si faceva un bel lavoro. La Comunità scrisse all’Assonteria, ma il progetto non fu aplaudito.
Li uomini di Poggio prima della partenza del legato diedero al med. nova suplica dimandando la separazione ed indipendenza dalle colette de ministri della Comunità di Castel S. Pietro, ma il memoriale fu rimesso all’Assonteria conforme l’altra.
Adì 16 agosto essendo questo arciprete malcontento del dott. Giuseppe Muratori medico condotto e non sapendo come farlo abbandonare la condotta inventò memoriale al Legato Boncompagni, e fu fatto soscrivere ocultamente da suoi aderenti, acusandolo di incapace ed imperito e, per che avesse il suo effetto, mise in mala fede l’Assonteria e la nostra Comunità come parziali di quello, procurando che la informazione del memoriale venisse dalla Legazione a lui diretta.
Ma sicome Iddio non vole oppressa l’innocenza, accadde che essendo ad una cena il Legato col Marchese Merendoni, M. Cattarina Caprara Pepoli, dott. Pozzi ed altri, si venne a discorso di questo medico ed illuminato il Legato dello stratagema del nostro arciprete. Invece di fare a lui il rescritto, lo fece diretto all’Assonteria che prendesse informazioni da questa Comunità come di fatti fu eseguito e la Comunità rispose che per li capi oposti di incapacità ed imperizia del medico ella mai aveva avuto alcun richiamo.
Adì 16 d. al ore 14 il Legato giunse a Castel S. Pietro andando alla volta di Roma per il di lui ministrero di Segretario di Stato. Venne in Castello colla sua corte ed andato alla parochia dall’arciprete, ascoltò messa all’altare del Rosario, quale udita entratenutosi bon ora e preso il ciocolato dall’arciprete dopo le ore 15 se ne partì per Roma.
La racolta de grani in questo nostro comune fu ubertosa, essendosi raccolti diecisettemilla e ottocento settanta corbe di grano, li marzatelli furono mediocri.
Essendosi scoperto un male nelli porcini per cui ne morirono molti, fu perciò pubblicato un avvertimento sopra la medicature de medesimi che è l’unito. [A28]
In questo tempo fu accomodata la seliciata del Borgo a spese delli interessati avendovi la Comunità dato l’avvanzo di sassi e sabbia dell’altro selciato.
Adi 6 otobre venne Cavalcata dal vescovato contro l’instanza per l’espulsione del medico Giuseppe Muratori fuori di tempo, per così deludere la Comunità. Autori sono stati l’arciprete, mediante il suo capellano D. Domenico Bartoletti e D. Baldassare Landi.
Di questo tempo si è fatta una grandissima ubertosa vendemmia, vendendosi l’uva la castellata l. 18 di Bologna e l’uva nera l. 10 quattrini, e siamo a metà del mese che si vendemia ancora e niuno ha sito ove alluogare l’uva.
Adi 14 ottobre su le 14 mancò la vita il sig. Ottavio Dall’Oppio, nostro Consolo senza sucessione e fece il suo testamento segreto che in oggi fu pubblicato. Per che si lasciò la sepoltura con deposito nel convento di questi padri M.M. Osservanti, con esservi trasportato privatamente, per cui la Comunità non potè secondo il consueto ricevere sotto il suo portico il di lui cadavere ed ivi deposto entro la sua ressidenza fino a che se le fosse cantato il salmo deprofundis e poi restituito alli eclesiastici, quindi la med. dare un contrassegno di affezione cristiana e riconoscenza alla di lui bona compagnia fatta e bona servitù prestata a questo suo pubblico e molto più per essere egli morto in tempo del suo consolato.
La Comunità determinò portarsi il giorno di domani ad ascoltare in forma per la di lui anima una messa presente il di lui corpo.
Adi 15 d. giorno di sabato alle 14 la Comunità in forma si portò, accompagnata da suoi stipendiati e sei bastonieri della Compagnia del SS.mo cappati, che l’accompagnarono alla chiesa di S. Francesco ove si ascoltò la messa per il defunto Consolo Dall’Oppio all’altare di essa Comunità, quale terminata fu da que’ P.P. intonato il salmo Deprofundis nel coro, rispondendo nella chiesa il corpo comunitativo e popolo e poi recitata l’antifona col orazione Fidelius, se ne ritornò la Comunità a casa.
La malattia del sud. Dall’Oppio è stata originata da una alta passione d’anima per essere stato carcerato l’anno scorso 84 giorni per calunia datele ad insinuazione di questo arciprete, accusandosi avere detto male del principe ed avere simulata la curia, onde per sortire oltre una grave cavalcata e dispendio, che le costò più di 100 zecchini, ebbe nel sortire di carcere un precetto rigoroso che lo vole la curia acettato con giuramento dal medesimo di non parlare delli acusatori e nemeno nominarli.
In trentotto giorni di male mai il paroco e nessuno de preti lo andò a visitare non che a consolare per modo che era alla discrezione di questi poveri fraticelli osservanti, che poi lo assistevano con spavento e solo quando ebbe perduta la favella il paroco, fatto inteso da suoi intelligenti, vi si portò a vederlo morire ed a insinuarlo a perdonare a chi l’aveva offeso. Si può pensare più maliziosamente di questo modo ? Effè ammalato, li altri giorni che di quando in quando aveva infatti de convulsioni che stava morto delle ore, mai si vide il paroco ed andava piuttosto ogni giorno al passeggio colla Dama Maria Ghiselieri in legno facendole da cicisbeo più che da pastore.
D. Domenico Lugatti, D. Giovanni Tomba, D. Francesco Trochi inoltre, senza essere visitati punto dal paroco, sono morti in mano di altri religiosi, non avendo dal suo pastore, quantunque essi sacerdoti, alcuna consolazione nè temporale né spirituale.
Adi 29 ottobre venne lettera dall’Assonteria nella quale ordinò d’ordine dell’E.mo si ponesse a partito il giorno d’ogni Santi il dott. Medico Muratori e che non si fosero manopoli, stratagemmi onde, arivato il giorno prefisso nel punto che la Comunità entrava in Consilio, le fu affissa una inibizione, per gli atti di Ipolito Scuri Notaio di Governo, di non dovere porre a partito il medico, per ciò si sospese la di lui ballotazione, si misero allo scrutinio li altri stipendiati tutti passarono ecetto D. Pasetti maestro. Si credette un manopolio di Francesco filio di Pietro Conti col suo colega Agostino Ronchi onde, questo apena arivato in paese, fu affissa la Inibizione e la mattina sul far del giorno ritornò a Bologna. La Comunità di novo adunata ripropose il maestro e fu confermato per un anno. Si diede avviso di tutto all’Assonteria.
Adi 3 novembre giunse decreto dell’E.mo Giovanni Andrea Archetti per gli atti di ser Francesco Schiassi, che non ostante la Inibizione si ponesse a partito il medico, quale otenne un partito favorevolissimo per tutto quel tempo che può la Comunità confirmarlo a norma de suoi Statuti al cap. 7.
Adi 5 d. giorno di venerdì su le 23 furono arestati in Bologna li capi popolo contro questo medico Muratori, D. Domenico Bartoletti capellano e D. Baldassarre Landi di questo Castello e furono condotti nel vescovato.
Il nostro arciprete, autore di tutto, fu sospeso a divinis per otto giorni. Ebbe questa casa sua canonica per carcere, onde le funzioni furono fatte dal guardiano de capucini per non intendersela né colle altre due relligioni, né colli preti e sabbato 6 andante fu assoluto dal vicario del S. Ufficio di questo loco, P. Agostino Gasparini agostiniano.
Il paese è tutto sossopra, li maligni hanno deputato quattro assonti e sono Lorenzo di Mariano Baldazzi, Lorenzo di Barnaba Trocchi, Antonio di ser Giovanni Bertuzzi e D. Luigi Facenda di Francesco quali hanno con premura in capo del not. Francesco Rizzoli fin ora agito, si compromettono di agire ulteriormente non ostante il decreto patito come sopreso.

1786
Adi 16 dicembre 1785 giorno di venerdì, fu estratto per podestà di Castel S. Pietro per l’anno venturo 1786 il marchese e senatore Guido Barbazza, cavaliere di alto ingegno e temuto. Nominò per suo not. Giacomo Gualandi quale sustituì Enrico Magnoni e fu indi sostituito ser Ercole Cavazza qd. Francesco, il med. fu poi estratto Consolo per il primo semestre 1786.
Adi 12 genaro giunse lettera dell’Assonteria in cui si avisava che era stato deputato a questa Comunità per Senatore Pressidente alli affari pubblici il sen. Carlo Dondini Ghiselli, che però furono deputati a riconoscerlo il cap. Pier Andrea Giorgi e sig. Gio. Pavolo Farnè come eseguirono.
Adi 22 febraro atteso l’avere fatto questa Comunità instanza fino dall’anno scorso per la ristretezza della porta all’introduzione de strami, col progetto di atterare un pezzo di muro alla destra dell’ingresso maggiore del Castello e così dilattare il mercato de bovini, venne in visita l’architetto publico Giacomo Dotti che visitò ancora la porta montanara e la mura del Castello per riparare alle ruine che coprono la fossa lavorativa.
Adi 27 febraro fu pubblicato l’indulto da carne per tutta la quaresima cominciante il primo marzo, sono ecettuati li primi e li ultimi quattro giorni di quaresima, le quattro tempora, ogni mercordì e venerdì e sabato di ogni settimana.
Adì 12 maggio fu pubblicato un Bando pontificio sopra tutte le monete d’oro con strumento di valuta.
Adi 20 Angiolo qd. Antonio Galassi e qd. Lucia Lasi di Castel S. Pietro essendo spatriato fino dal 1756 e stabilito in Bologna colla familia, avendo prosseguito lo studio di musica coll’avere impiegato due fratelli per nome uno Benedetto a l’altro Gio. Francesco, il primo nel suonar il contrabasso e l’altro il violino, che poi abbandonò per la sua salute, fu dopo pochi anni eletto Mastro di Capella della chiesa de’ Servi di Bologna e di S. Stefano ove progredì non poco benchè da nostri bolognesi tenuto oppresso per la sua povertà e bontà di spirito.
Spedì un filio in Madrid al servigio di quella corte ove, per organista fattosi chiaro, vi ha piantato casa e si mantiene con lustro col titolo di Conte. In oggi il d. Angiolo è chiamato in Sardegna per Maestro di Capella in Sasseri e, quantunque di anni 74 e più, ha intrapreso il suo viaggio a malgrado della sua fortuna. Esso è cognito nella professione ne paesi remoti ed è mirabile che di semplice canapino e maestro di violino in questa sua patria abbia col suo valente profitato tanto senza disciplina ma del solo esercizio e copiar musiche note.
Dalla unita lettera [A29] di suo pugno scritta a questo nostro Fedele alfier Gattia in compendio si sente il tutto. Finchè stette in questo loco allevò non pochi giovani nel canto figurato e suono di organo e violino, de quali ora non esiste che il sud. Gattia, ancor esso professore di musica in patria.
Adi 23 maggio giorno di martedì, secondo delle Rogazioni, nell’oratorio di questa compagnia del SS,mo si benedissero per confratelli vari nobili imolesi e furono il conte Alessandro Sassatelli, il marchese Zappi, Il conte Agostino Genasi, il Conte Machirelli, le dame furono ____
Nel giorno 29 d. venne in questo loco il marchese Guido Barbazza Podestà di Castel S. Pietro col suo not. Enrico Magnoni a confrontare le accuse date alla Legazione per le bolette che si fanno dal not. Giusdicente in questo loco a quelli che vanno a macinare e trasportano via le farine e trovata l’accusa falsa fu dedotta in tribunale la causa avvanti l’E.mo Archetti Legato, prosseguendosi intanto il solito.
Adi 24 giugno fu estratto Consolo il sig. Pavolo di Giuseppe Farnè per la prima volta.
Adi 3 lulio, avendo determinato questo arciprete Calisti di fare la processione solenne del SS.mo la seconda domenica del corrente e fare l’apparato solenne nella via maggiore entro il Castello collo spendere il danaro delle colette, naquero non pochi dispareri per le famiglie del quartiere, poiché altri optavano piutosto una elemosina universale che l’apparato, atteso che poco era l’incasso e carico era il paese di povertà, altri dicevano che non essendosi fatta tale funzione entro l’ottava dal Corpus Domini
non si doveva per ciò fare l’apparato né la processione, cosichè il paese divenne in non piccola disunione.
A fare poi tale apparato sicome si dovevano piantare legni nella via e così rompere il novo selciato, la Comunità se ne rissentì e ricorse al vescovato da cui, perché li apparatori erano D. Luigi Facendi e D. Baldassarre Landi quali in abito secolaresco travagliavano nella publica via nel mecanismo, ottenne precetti, per gli atti Gotti, di dovere dessistere dal lavoro. Infraposte persone però, e chiesta la licenza alla Comunità, le fu accordato il permesso del lavoro. Non ostante però la funzione seguì di poco decoro per che molti paesani spatriarono e molti dal loro canto non vollero apparare, onde non ne fu poca l’amirazioni. Li regolari e il corpo della Comunità non vi volero intervenire.
Adi 8 lulio l’architetto publico Dotti venne alla visita della via detta della Pulcina, che divide il nostro comune da quello di Liano di sotto, attesa la instanza fatta da lianesi e su pendenza della lite all’Ufficio dell’aqua, nella qual visita rissultò che ambe le comunità deducessero le ragioni hinc inde all’architetto e legali e si coreggessero li Campioni, che fra loro erano disparità ed intanto si facesse il lavoro ordinato dallo Ufficio dell’aque, la di cui spesa poi dovesse stare a carico di chi patisse il torto.
Avendo il Papa ordinato un novo regolamento per tutto lo Stato ecclesiatico, ecettuata Bologna e Ferara, in ordine alle gabelle col porre alle confina uffici di gabellieri, affine di rimettere l’erario esausto per la fabrica fatta della gran sagristia di Roma e per la dissecazione delle vali pontine ed avendo fatto altresì diversi regolamenti e per il corso delle monete d’oro e per le manifatture estere che lungo sarìa il qui nararle, fu fatto al med. pontefice dal sig. abate Benedetto Frangiotti di Civita Nova, terra nella Marca il seguente elogio, raportato in stampa nella Gazetta di Firenze, pieno di ironie mentre la Marca tutta o sia Piceno declama:
Pio VI
Optimo Principi
Quod vectigalibus ad confinia
decretis
industriam felicitati prosperevit
curante Fabritio Ruffo
Pontificji Erarii prefecto
Picentes gratulantur
A.R.S.
MDCCLXXXVI
Atteso il novo regolamento sud. furono posti a confini delle legazioni le Dogane con soldati. Alla nostra confina con la Romagna vi fu piantata la Dogana. In appresso non si introducevano robbe in Romagna quando, oltre la Boletta, l’introducente merci non era accompagnato anco dall’attestato del cancelliere o massaro di quella Comunità d’onde si partiva. E perché poscia ancora li grani furono assogettati alla cattegoria delle merci col fare pagare per ogni rubbio, che sono corbe tre e mezzo nostra misura, soldi quindici e la metà li marzatelli. Così, attesi li ricorsi fatti a Roma, fu ordinato che tali generi venendo di Romagna con quella boletta, fosse attergato dal cancelliere delle comunità bolognesi la fede di essere rimasti in Stato tali grane e ciò in virtù di ordine di Mons. Fabbrizio Rufo tesoriere generale dello Stato Pontificio.
In questo tempo di scoperse la epidemia ne bovini per cui furono affissati Bandi e sospesi li mercati nella Romagna.
Adi 10 ottobre dalla parte di Ferara fu tirato il cordone di guardie per tale sanità, che si estendevano anco alli christiani custodi e conduttieri di bestie ed in seguito fu affissa alle Comunità della Legazione la dovuta notificazione in data dalli 3 stante, indi essendosi dilatato il male nel dì 16 corrente fu pure publicata l’altra colla instruzione delli sintomi del male, suoi preludi ed effetti dalle rispettive stampe e li suoi preservativi e remedi che qui omettiamo.
Contemporaneamente essendo mortalità ne majali né sapendo la causa, fu scoperto da un villano imolese la sua origine.
Veniva alli majali dunque nel modo che anni sono accadeva a bovini una vessica sotto la lingua dalle parti della mandibola la quale, producendoli inflamazione alla gola, opressione al capo, in breve morivano e siccome era difficile porre a queste bestie le mani in bocca a cagione del morso e per la bocca stretta e così disagevole anco medicarli, inventò questo villano un morso all’uso de cavalli fatto con un bastoncello grosso poi, facendo tenere la bestia per tre uomini, uno a morso che serviva di sbadiglio e sicurezza alla mano che medicava con un ferro ad uso di gamautto uncinato tagliava le vescichette che anco da ambe le parti in più d’una venivano. Queste appanate, sciaquava la bocca al majale con forte acetto e sale, così si guariva in breve di poche ore e si teneva lontano dalle feci e ruminare. In tal guisa si è riparato a molto male.
In questo tempo fu anco fatto un muraglione nella via divisoria il nostro comune col comune di Liano di sotto nella via della Scania per decreto provisionale dell’Ufficio dell’Aqua ove verte controversia fra questa Comunità la sud. di Liano e li eredi del fu Carlo Chechi. Costò da Z. 50 o siano l. 250 nostri di Bologna.
Adi 3 novembre il sig. Graffi e Fabbri dimisero nelle mani della Comunità ed in piena libertà la torre e gli edifici vicini fatti che costarono l. 2292: 19: 6 alla condizione di pagare al d. sig. cap. Lorenzo Graffi lire settanta all’anno di rimborso di d. spesa. Fu poi dalla Comunità progettato il chiudere la via circondaria interna del castello dalla parte di ponente, cominciando dall’angolo superiore verso li capucini e discendendo fino alla rocca vechia, coll’assignare il tereno a possidenti fronteggianti la d. via, coll’incombere ad essi la manutenzione della via pubblica.
Attesa la morte del fu povero nostro Ottavio Dall’Oppio, depositario della Comunità l’anno scorso, si è in oggi eletto il sig. Gio. Battista Fiegna per suo sucessore.
Infierendo poi fortemente il male bovino nella Marca, fu per Bando speciale di questa legazione fatto li 16 novembre sospeso il mercato di Castel S. Pietro e Medicina. Fu altresì ordinato per tutta la Legazione che non si dovesse macellare alcuna bestia se non prima visitata dal maniscalco. La nostra Comunità vigilante ricorse all’Assonteria con suplica affine di avere essa il (permesso) di erigersi un macello, ivi prima di macellarsi le bestie fossero visitate da due deputati e dal maniscalco ed infine, scorticata la bestia, marcarla nei quattro quarti poscia trasportarla alla banca del macellaro per venderla e ciò non solo per assicurarsi da presenza della infezione ma molto più per ovviare alli disordini altre volte acaduti, avendo il macellaro vendute carni malate e poco salubri.
Adi 22 novembre l’Assonteria, avendo fatto que’ passi necessari e dovuti alla legazione, rispose così:
Mag. nobis amatissimi, dalla nostra delli 18 corente rilleviamo la particolare vostra premura in secondare la vista di questo governo nelle dilicate corenti emergenze della sanità de bovini e dobbiamo rendervene quelle lodi che meritate. Delle cose però proposteci e da noi fatte anco presenti all’E.mo nostro sig. Card. Legato per ora con intelligenza ed annuenza sua vi si concede quella soltanto che riguarda la presenza dei deputati alla macellazione delle bestie, sichè oltre la visita del marescalco ordinata dal bando vi sarà permesso provisionalmente e durante le corenti circostanze di deputare due di voi che intervengano alle macellerie nell’atto di macellarsi le bestie, facendo in seguito marcare con bollo li quarti per assicurare in ogni evento l’identità de medesimi. Rogato poi agli altri capi vi dirigerete alla Em.za Sua le vostre supliche con trasmetterle il piano di questa desidera vostra.
In seguito di che la Comunità fece fare un bollo di ferro colla sua arma, poi chiamò li macellari e marescalco e loro fece intendere li ordini supremi che furono acettati amorevolmente. Indi la Comunità deputò per questo mese li sig. cap. Pier Andrea Giorgi e sig. Francesco di Pietro Conti.
Morì in questo tempo il sig. Lodovico Mondini comunista in Cesena, avendo lasciato solo femine e così restò il di lui posto vacante.
26 novembre D. Domenico Pasetti, pubblico precettore di questa Comunità, essendo concorso alla publica scuola di Massa Lombarda ottenne quel posto ed in seguito furono quivi e fuori affissati le notificazioni per il concorso a questa scuola publica.
Adi primo dicenbre vennero a stabilirsi in questo loco il sig. Conte Bentivoglio colla sua sigora consorte e figliolanza. La sua abitazione fu la casa di Francesco Conti notaio nella piazza di S. Francesco altra volta palazzo del principe Pico Galeotto Pichi morto in questo loco.
Adi 16 d. giorno di S. Floriano in sabato fu estratto per Podestà di Castel S. Pietro il sig. Antonio Guidaletti, questi doppo aver fatta la nomina colla sostituzione in Ercole Cavazza mediante il suo notaio F. Domenico Schiassi, richiamò la nomina per impegno del Gran Priore Bocaferri e sostituì Antonio Giorgi, atteso l’impegno di questo arciprete Calisti per esser sdegnato col Cavazza che quale comunista non aveva voluto secondare le sue brame contro il medico Muratori l’anno scorso.
Adi 12 d. ad ore 7 morì in questo loco D. Mauro Calisti fratello dell’arciprete, paroco coadiutore di Colunga e fu sepolto con deposito presso l’altare di S. Giuseppe e Madonna de 7 dolori in questa parochia.
Attesa l’epidemia de bovini, perché li preti non andassero nelle stalle de bestiami a benedire le bestie e così con tale contingenza non si asportasse il male da una stalla all’altra, ordinò a tutti i parochi a dare la benedizione alle bestie nella porta delle chiese e così levò l’ocasione di far danaro ai preti. In questo tempo fu prorogato il tempo di portare li zechini vechi alla Zecha di Bologna per altri tre mesi.
Il sen. Orsi esortito Podestà di Casal Fiumanese, avendo nominato il sud notaio Schiassi anco in questo ufficio, il med. notaio sostituì d. Ercole Cavazza not.
Adi 24 dicembre domenica di notte venendo al lunedì giorno di Natale dopo la mezzanotte su le 9 ½ si sentirono due scosse di teremoto con qualche spavento.
Adi 27 d. secondo il consueto dovendosi fare l’estrazione del Consolo e battere la campana grossa della Comunità aderente alla parochia, il paroco non volle che si suonasse dal campanaro, ma che se ne dovesse chiedere la licenza onde non fu battuta secondo il consueto, quindi la Comunità se ne ebbe a sdegno per vedersi suprafatta ne propri diritti ed essere posposto un corpo publico ad una sola persona eclesiastica che in questa parte operò da prepotente. Fu perciò rissoluto che se ne desse parte al publico come seguì.
Indi fu estratto Consolo per il primo semestre 1787 il sig. Agostino Ronchi domiciliato in Bologna.

1787
Adi 10 genaro fu dall’Assonteria di Governo approvata la spesa fatta per la nova porta sotto la torre dal cap. Lorenzo Graffi amontante a l. 2292: 19: 6 da rimborsarsi co proventi del med. edificio conpiontovi. Parimenti fu approvato per Senatore Presidente alli affari della med. Comunità il Marchese Dondini Ghisetti.
Attesa la epidemia ne’ bovini consistente in un male nero alla lingua ed a tutte le gengive per cui le cadono li denti e le bestie vanno poi a perdersi, che si crede un male scorbuto, fu ordinato all’ officiale di questa gabella di fare le Fedi di Sanità, molto più che alla Toscanella si erano messe le guardie e li rastelli.
Adì 25 d. venero in visita per li bestiami li comissionati publici, il dott. Gaspare Gentili e Giacomo Gandolfi publico veterinario, e furono accompagnati fino ad Imola dal proconsolo ser. Pavolo Farnè ed Ercole Cavazza ove le fecero vedere al Piratello nell’imolese e nel dozzese il male de bovini, poi passarono a Castel Bolognese.
Adi 20 marzo li uomini di Poggio rinovarono le loro instanze alla Assonteria per la smembrazione da codesto nostro comune adducendo varie ragioni altre volte dedotte e pretendendo un massaro a parte, richiedevano ancora avere loco in Consilio.
Adi 4 aprile mercordì Santo la mattina essendo di ritorno da Roma l’arcivescovo di Gorizia, ove era stato per le circostanze di religione perturbata nella Alemagna, si fermò da questi P.P. M.M. Osservanti ove colla sua presenza assistette alla messa con singulare attenzione, divozione ed edificazione. Stette a pranzo alla miseria di que’ poveri frati e loro lasciò un contrassegno di cristiana onorificenza appagandosi di quello scarso vitto regolare e poi se ne partì la sera per Bologna alla volta del suo arcivescovato perturbato da nemici vescovi della sua chiesa.
Adi 7 d. giorno di sabbato santo cod. paroco fece la funzione parochiale ma senza il Cero pasquale solito a prestarselo dalla Comunità a motivo di non averlo volsuto chiedere pretendendo di essere assoluto padrone. Infrapostosi comuni amici le fu consegnato poi al suo sacristano la domenica sera giorno di Pasqua.
Adi 16 aprile atteso che li macellari di minuti vendevano promisquamente capra, montone, pecora con castrato così la Comunità, avendo fatta instanza alla Legazione, fu ordinato per gli atti di Bernardo Monti not. della Grascia che si vendesse la pecora e capra in banca separata dal castrato e vitello, come per decreto di sua Em.za.
Adi 21 venne un vento australe così g freddo che le genti si ricoprirono di verno e la mattina del sabbato nevicò e restarono coperte queste nostre montagnole. Li fassi erano divenuti carissimi per il freddo dell’inverno scorso e si vendono oggi giorno l. 12 il carro.
Adi 9 giugno fu amesso al Consilio Giuseppe qd. Francesco Mondini per la morte del sig. Lodovico di lui fratello.
Furono fatte intimazioni di multa ai macellari dei minuti per lo spreto precetto alli atti di d. Monti notaio, atteso che li atti giudiciali di questa podestaria erano fori dell’officio.
Fu fatto dalla Comunità memoriale al Collegio in seguito di Notificazione d’ordine di sua Em.za esendo fino a questo tempo stata la staggione sempre fredda li racolti erano molto addietro onde si accrebbe il prezzo ai grani fino a l. 11: 10 ed alli formentoni a l. 7. Per tale staggione così fredda si sentono molti reumatismi nelle creature e tutti vanno ancor vestiti di panno come si fosse di inverno.
Li F.F. di S. Francesco di questo Castello attesa la beatificazione di due loro santi intimarono un triduo solenne al quale effetto ricorsero a paesani ed alla Comunità per averne elemosine, la med. le assegnò lire trenta per una sol volta.
Adi 25 d. fu estratto Consolo della Comunità il sig. Flaminio Fabbri per il secondo semestre.
Adi 29 lulio si cominciò il triduo in giorno di sabbato nella chiesa di questi M.M. Oservanti di S. Francesco, fu la chiesa solennemente apparata da aparatori bolognesi e codecorata di musiche de migliori cantori di Bologna con due numerose orchestre. Fu assistita la funzione dalla milizia del paese e decorata di sbarri di mortaletti. Vi intervenne infinità di foresteria di Bologna e Romagna. Vi fu ogni giorno un panegirico diverso dall’altro. La sera seconda vi fu una sbarrata di mezo migliaro di mortaletti e l’ultima sera, che fu il lunedì, vi furono fochi di gioja artificiali con machina di questo nostro Angiolo Tomba, che riportarono applausi.
In questa contingenza si fecero le comedie da una compagnia di forastieri nel Teatro della Comunità e nel convento di S. Francesco Academie musicali che sembrava un Arcadia.
In mezo a queste letizie si fece una scarsa racolta di grani per cui ogni uno si lagnava dello smanco e il grano valeva l. 11 la corba.
Adì 8 settembre essendo acaduta la morte a varie persone in brevissime ora e segnatamente in D. Francesco Alvarez gesuita spagnolo in questo Borgo a motivo di avere bevuto l’aqua artefatta (da) questi speciali Stefano e fratelli Grandi, fu fatto un ricorso alla legazione la quale ordinò al protomedico la visita. Questa seguì tosto e si ricavò da varie persone che l’aqua artefatta era stata sostituita dalli speciali in vece dell’aqua del Tetuccio, che però fu decretato che li speciali tenessero Ministri approvati.
Adì 2 ottobre, prima domenica di ottobre festa del SS. Rosario, in questa arcipretale, essendosi fatto l’organo grande, fu per la prima volta suonato in musica dal sig. Domenico Barbieri Mastro di Capella di Bologna. La manifattura dell’organo è del sig. Domenico Gentili di Medicina.
Adi 9 d. trovandosi in questo convento di S. Bartolomeo D. Sebastiano Bertuzzi prete secolare di questo paese beneficiato dalla Comunità, nel tempo che conferiva con altri padri per le prossime prediche dell’Ottavario de Defunti, cadde morto con stupore di tutti di quel convento.
Adi 22 d. essendo stato in Bologna Sua Altezza Reale sig. Cardinale Enrico Benedetto Maria Clemente duca di Yorch, vescovo di Frascati, secondo genito del Re della Gran Britania, d’Inghilterra Giacomo terzo casa Stuarde che, per sostenere questo gran Re la religione catolica, le convenne fuggire ed abandonare il reame infetto di eresie.
Adi 14 novembre essendo state morsicate persone da cani arrabiati nel comune di Pizzocalvo e perciò morte, ne fu pubblicato un bando rigoroso estensivo anco a Castel S. Pietro li 29 novembre.
Adi 16 d. sicome in questo Castello pericolarono di notte tempo persone coll’inciampare in birozze ed altri intoppi che si tenevano sotto li portici, fu perciò fatto ricorso alla Legazione la quale publicò l’anesso Bando [A30] e subbito si viddero nel Castello e Borgo li portici liberi, il bando è l’unito.
Adi 21 d., attesa la morte subitanea seguita nella persona di D. Sebastiano Bertuzzi nel di 9 scorso, restò vacante il Beneficio Gottardi di Jus patronato di questa Comunità eretto nella parochia di S. Donato di Bologna all’altare della visitazione. La Comunità med. nominò e presentò Giovanni di Floro Tomba il di 6 dicembre.
Il primo dicembre il Rev.mo Generale di tutto l’Ordine Agostiniano, facendo la visita a tutti li conventi della Religione, arrivò quivi alle 23 ed andò subito a S. Bartolomeo incontrato dal moderno priore P. Gaetano Giacomelli. Questi per essere romano e concitadino del R.mo sud. di nome P. Stefano Agostino Bellesini ricevette molte cordialità, si trattenne in questo loco fino li 4 in questo mentre fu visitato dal Provinciale e superiori agostiniani.
Nella stessa contingenza si presentò ad esso il sig. Gio. Battista Fiegna, depositario della compagnia del Sufragio delle Anime purganti assieme con me Ercole Cavazza e fu pregato interporsi presso la congregazione de Vescovi e regolari per erigere in questa chiesa di S. Bartolomeo sud. una sepoltura per li confratelli e consorelle.
Adi 9 d fu pubblicato altro bando per li cani arabiati di questo castello e comune come dalla riferita stampa.
Adi 16 dicembre fu estratto per Podestà di Castel S. Pietro il Conte Baldazarre Carrati ed ottenne la sua sostituzione Alfonso Manzi…
Adi 22 d. si sentì alle 17 ore il teremoto, ma discretamente.
Adi 25 d. giorno di Natale su l’ora di notte si sentirono due scosse di tremuoto mediocremente.
Adi 27 d. fu estratto Consolo della Comunità per il primo semestre 1788 il sig. Gio. Alessandro Calanchi.

1788
Adi primo genaro, dopo il corso di sette anni che il not. Ser Francesco Conti è vissuto fugiasco per li motivi altre volte acenatti, si è composto col tribunale mediante la protezione dll’E.mo Chiaramonti vecovo d’Imola e della principessa Braschi e oggi è rimpatriato.
Adi 17 d. giovedì venne nova come era stato deputato pressidente alli affari pubblici della Comunità nostra il sen. sig. Marchese Giorgio Cospi. Contemporaneamente fu fatto sapere alla nostra Comunità, mediante il sig. Flaminio Fabbri, che dovesse render ragione che li Castellani e Borghesani di questo loco non concorevano a pagare le colette personali come usano le altre castella della Legazione.
Essendo tale la premura dell’Assonteria di Governo, stante le instanze fatte dalli uomini di Poggio, su di ciò se le mandò un foglio informativo delle ragioni e prerogative veglianti a favore del paese fino dalla sua origine e confirmati nella Bolla di Eugenio IV in cui si dichiara che li abitatori di questo loco siano in perpetuo imuni ed esenti dai pesi reali e personali, data in Firenze l’anno 1434. Leggasi l’unito foglio.[A31]
Questa compagnia del SS.mo SS.to avendo comprato un organo grande dalli PP. MM. Osservanti di Modona, compreso di tutti li instrumenti da fiato e fatto fino l’anno 1710 dall’autore Francesco Benedetti, organaro di Parma e che esisteva nella chiesa di S. Margarita di Modona. Fu collocato sopra la porta maggiore della chiesa ed oratorio di d. compagnia in questa piazza pubblica.
Adi 3 febraro, domenica ultima di carnevale, fu pubblicato l’Indulto per la prossima quaresima da carne, ova e laticini, servato però il mercordì, venerdì e sabato di ogni settimana e li primi e ultimi quattro giorni della quaresima come si rilleva dalla annessa stampa. [A32]
Sinora non si è avuta neve ma bensì un tempo placido, nebbioso e di poco freddo.
Adi 23 febraro giorno di sabato alle ore 16 passò a miglior vita il sig. cap. Lorenzo Graffi in età di anni 72, ultimo di sua famiglia di questo Castello. Lasciò due figlie una per nome Nonziata Mariana maritata in Savino Savini di Bologna e l’altra nubile imperfetta di lingua di nome Anna. Lasciò uno (…) più di quarantamilla scudi, del quale ne formò parte un fedecomesso per li figli della d. Mariana e quanto all’altra parte lasciò libera, come dal suo testamento rogato da un notaio oggi publicato. Fu sepolto nella nostra arcipretale con deposito a piedi del suo altare di S. Francesco di Paola vicino al fratello D. Ercole protonotario apostolico.
Si fecero le solenni esequie il giorno di S. Mateo 25 corente anno bisestile, così si fece il dì 26 e 27 con invito publico di elemosina di pavoli 3 e candela di oncie 4 a ciascun sacerdote, così eseguita per tutti li tre giorni. Le fu fatto un bel catafalco attorniato da trenta torcie sempre ardenti, adornati tutti li altari della chiesa ed alli colonati della capella del Rosario, spendidamente apparata e così il resto della chiesa. L’ultimo giorno, che fu il mercordì, la mattina vi intervenne alli funerali il corpo della Comunità in forma co’ suoi ministri tutti, ove , ascoltata la S. Messa servito il celebrante da nove confratelli della Compagnia del SS.mo SS.to con mastro di cerimonie e poscia intonato ad alta vove il Deprofundis, se ne tornò la Comunità, servita da d. confratelli capati, alla sua residenza ben ricordevole di un tanto colega defunto e perduto dal paese, compianto per le grandi elemosine alla povertà, dessiderato per la sua munificenza dalla Comunità stessa ove sono di esso memoria eterna per tanti abelimenti al paese tutto ed alla Comunità stessa come rilevasi dai di lei atti e per fino da fabricati di essa.
Finalmente il dì 28 d. la Arciconfraternita del Rosario, di cui ne fu benefattore massimo, vi fece le sue esequie.
Adi 6 aprile domenica avendo avuto un ottimo inverno senza nevi e con pochissime pioggie, in questa mattina cominciò una neve e durò fino alla notte veniente, cosichè restarono coperte queste montagne a noi superiori fino alla Pieve di Pasto, non estendendosi più oltre. Nota come nella parete di questa pieve avvi scolto il dio Pastino in macigno.
Le conserve, che sono per anco vote in Bologna e in altri luoghi, furono in questo Castello riempite, mentre per il primo Nicola di Mariano Manaresi, locandiere al Portone di questo Borgo, mise fuori una grida che chi le conducesse neve le dava quattro pavoli per birozzo oltre la cibaria, onde nelle strade di Liano e nel Castelazzo ne fece adunare da cento carra e fu tosto condotta a questo Castellola notte seguente delli 7 stante.
Adi 10 venne nova come il Papa aveva levato Castel Bolognese dalla sogezione di Bologna e sottoposta alla legazione di Ravenna col dare in compenso la pieve di Cento al Senato, ma per anco questo non è acettato.
Adi 10 aprile essendo stata messa in libertà la Comunità dall’ E.cta Asonteria di potere fare il novo consiliere, imediatamente fu nominato Lorenzo di Barnaba Trochi, ma poiché vi erano impegni del gran Priore Boccaferri, del senatore Cospi e della marchesa Ghiselieri per mettere in Consilio Antonio di Gio. Giorgi not., uomo assai dipendente da questo arciprete, l’Assonteria scrisse sdegnosamente alla Comunità come quella che nella elezione del consiliere non aveva proceduto a norma dello Statuto, onde la Comunità con foglio ragionato, provando la consuetudine e nello stesso tempo suplicando di sanatoria, fu eletto il d. Trochi con piacere comune della Comunità e rabbia di cod. arciprete, poiché voleva intorbidare la pace comunitativa mediante il d. Giorgi, che già si era espresso di volere espellere dal servigio publico li tre stipendiati medico dott. Giuseppe Muratori, maestro di scuola D. Giuseppe Tozzi e ministrale Franco Bociardi col fare partito di scisma chiamando in ajuto li seguenti comunisti, cioè Flaminio Fabri, Agostino Ronchi e lo zio Francesco di Pietro Conti, ma così fu escluso e deluso con pro di suo onore e convenienza delli impegnati e massime del senatore Giorgio Cospi pressidente quest’anno della Comunità.
Per tale suo dispiacere il med. senatore, che aveva promesso di conferire alla Comunità la suplica delli uomini di Poggio data al Papa ed il voto fatto dall’avvocato e proconsultore Pistorini di nome Giacomo, fu imediatamente consegnato al Legato e spedito a Roma inaudita la Comunità, il tenore della qual suplica, tutta mendace e del veto appogiato alla verità è il seguente alligato nel presente quinterno. [A33]
Adi 16 d. essendosi ridotto a questo loco un pellacano d’Imola e bravo tintore di pelli minute e che faceva altresì la biancheria di minuti e lavava pelli, fu imediatamente riferito all’Arte de Cartolari di Bologna a siano lanini, massaro della quale era il sig. Francesco Feradini, onde il med. tosto fece eseguire al d. pellacano un precetto avvanti il Confaloniere di Bologna di dovere dessistere dal lavoro.
Il pellacano per nome Antonio Mellini ricorse alla Comunità la quale, per che non restassero lesi li suoi diritti dell’esenzione dell’arti qualunque, stante il decreto ottenuto in piena signatura di Roma in decembre 1767, fece immediatamente citare il sud. massaro Ferratini coram E.mo Prefecto Urbis per la circoscrizione di qualunque atto e sucessiva osservanza del sud. decreto da Roma, sotto le pene della purgazione delli attentati.
In seguito fu scritto all’avvocato Francesco Vasselli in Roma che patrocinasse la causa, come di fatti avea gloriosamente vinta l’altra col Regimento di Bologna.
A tale voto credevasi abbastanza soddisfatta la parte contraria ma non fu così poiché, replicati li impegni col card. Segretario di Stato, eccoti una nova premura, med. lettera del seguente tenore:
E.mo e R.mo sig. mio Oss.mo, col pregiato foglio delli 16 del cadente, mi è pervenuta l’informazione di V. Em.za sulla instanza avvanzata a N. S. dalli uomini di Poggio per la loro separazione dalla Comunità di Castel S. Pietro unitamente ai fogli compiegativi che codesti senatori Assonti di Governo le hanno presentati. Questi però fondandosi in tutto sulla vera natura dell’unione colla quale la Villa di Poggio fu fin dal suo principio agregata alla stessa Comunità di Castel S. Pietro, egli è questo un articolo che, come V. Ec.za ben osserva, esigge lunga e difficilissima indagine a motivo del tempo assai rimoto in cui seguì la unione med.. Sarebbe stato per tanto opportuno che avessero insieme dimostrato l’utilità che rissentir possono gli abitanti di Poggio dalle imposizioni che sono costretti a pagare a Castel S. Pietro ed acennato se il medico ed il chirurgo dello stesso Castel S. Pietro prestino veramente l’opera loro in servigio delli abitanti di Poggio e se i figli di questi possino profittare del maestro di scuola stabilito nello stesso Castello, indicando al tempo stesso qual sia la distanza da un loco all’altro. Lasciando susistere le esposte doglianze senza aditarne la insusistenza o almeno la esegerazione, non può il ricorso non fare della impressione, né fa minor specie il vedere che si preferisce egualmente di far parola sulla privazione di ogni officio comunitativo dei ricorenti. Atenderò dunque dall’E. V. sopra ciò gli ocorenti ulteriori lumi, ma intanto rimane all’arbitrio di V. E. di far riassumere il trattato di concordia, onde vedere che potesse la controversia comporsi con reciproca sodisfazione con quelli equi compensi che ponessero fine alla querela e pieno di osequio passo a baciarle umilissimamente le mani di V. Em.za Roma 30 aprile 1788. U.mo D,mo Servo vero. Card. Boncompagni.
Adi 8 maggio tale lettera fu comunicata al nostro legale Piani
Adi 22 d. fu creato notaio in Bologna il mio figlio Francesco Gaetano Camillo Cavazza e poscia notaio ap.lico ed imp.la sotto il corettore Cristoforo Locatelli nel colegio di Bologna.
Adi 12 giugno il sud mio figlio Francesco Cavazza prese in Bologna la laurea dottorale more civius colli altri alunni.
Adi 21 d. fu scritto dal legale Luigi Piani alla Comunità che stante li impulsi del sig. Uditore di Camera per l’affare di Poggio si dovessero portare due del consiglio a schiarire li punti proposti nella lettera di Segreteria di Stato. La Comunità deputò il sig. Francesco di Lorenzo Conti notaio, che fu poi estratto Consolo e con esso Ercole Cavazza notaio e segretario della Comunità. Questi andarono immediatamente dall’Uditore, dove fuvvi un acerimo contraditorio intervenendovi le seguenti persone, cioè per Poggio l’avocato Ignazio Magnani ed Irineo Gualandi, per la parte del Senato l’avvocato Giacomo Pistorini fautore anco di Castel S. Pietro e per la parte di Castel S. Pietro li sud. due deputati col loro procuratore Luigi Piani, ma nulla si concluse e non che si giustificassero le ragioni della Comunità e si rispondesse e difendesse la med. dalle obiezioni di Poggio, onde si prese tempo a spedire un somario, giachè l’avocato Magnani chiese le vacanze per il prossimo lulio e così seguì il congedo senza rissoluzione alcuna.
Adi 24 giugno fu estratto Consolo per il prossimo secondo semestre il sig. Francesco di Lorenzo Conti.
Adi 9 lulio stante le instanze fatte al sig. Confaloniere conte Vincenzo Graffi, fu dal med. ordinato che si vedessero le Ragionini che spettano alla Comunità per le esenzioni delle Arti le quali vogliono perturbare Castel S. Pietro e segnatamente l’Arte de Cartolari per una concia quivi introdotta da Antonio Melini, onde furono deputati il consultor Gavaggi e il sindico Filippo not. Tacconi, stante che la nostra Comunità pretende di essere mantenuta nel suo diritto di esercitar qualunque Arte.
Stante la grande sicità si fanno tridui di penitenza a tutte queste chiese, molto più che la racolta scarsa per cui oggi si vende il grano pavoli ventinove la corba e il formentone ventidue. Fu contemporaneamente spedito all’Assonteria un elenco delle Ragioni che assistono la Comunità di Castel S. Pietro per le Arti quale fu comesso dalla stessa Assonteria d’Arti alli sud. legali, , copia del quale è la unita da me fatta.
Fu nello stesso tempo concesso ad Ercole Bergami di alzarsi con fabrica sopra la mura del Castello dalla parte di levante ove è la fornace da pentole e come ne appare da publico instrumento per me notaio rogato sotto diversi patti, convenzioni e condizioni.
Adi 3 settembre fu intimato un congresso avanti l’Auditore di Camera di Bologna per la controversia di Poggio con questa nostra Comunità, per questo affare si fece fare la pianta del nostro territorio e Villa di Poggio dal perito Vittorio Conti con relazione med. la quale si fa constare che il centro di Poggio, col maggiore numero di case di quel vilaggio sono più prossime a Castel S. Pietro che a Medicina, Castel Guelfo e Villa Fontana.
In oltre si spedirono le Capitolazioni seguiti nel 1416 fra la Chiesa e Bologna in cui trovasi un Capitolo con il quale si pattuisce la sogezione di Poggio a Castel S. Pietro. L’esito del congresso è stato il seguente: che partes utantur jure suo,.
Essendosi nella fine dell’anno scorso data suplica alli E.mi Cardinali della Congregazione de Vescovi e Regolari delli Priori e Officiali della Compagnia capata del Sufragio in S. Bartolomeo per farsi una sepoltura ed accompagnare li cadaveri de confratelli alla chiesa, fu nel di 22 agosto scorso dato il rescritto favorevole, ma ristretto in guisa che vi è loco a detti legali et è il seguente: Oratores et singuli eorum utantur jure suo super electione sepulcri.

1789
Adi 16 dicembre fu estratto per Podestà di Castel S. Pietro il marchese Annibale Ranuzzi per il venturo 1789, e perché a detto officio concorevano per sostituzione li tre notai abitanti in Castello, cioè ser Francesco Conti, Ercole Cavazza ed Antonio Giorgi per cui erano note hinc inde raccomandazioni, fu perciò convenuto fra medesimi una alternativa mediante (estrazione) privata a mediazione del sig. senatore Conte Giuseppe Malvasia legalizata a rogito di ser Zenobio Teodori, così che fatto il turno fu il primo il notaio Francesco Conti.
Contemporaneamente fu spedita a Roma la informazione del card. Legato per la vertenza della Comunità di Castel S. Pietro e Poggio, senza potersi penetrare l’animo dell’Uditore di Camera.
Adi 27 d fu estratto Consolo per il primo venturo semestre il sig. Francesco di Antonio Gordini dimorante in Cesena a cui fu dato l’avviso e suplisce il sig. Conti notaio per esso.
In questo tempo fu promosso in Consilio di colocare il macello di carne grossa sotto la porta vechia del castello, ma perché questo macello si teneva a capo del Borgo in casa già de Lugatti ora dell’ospitale della SS. Trinità di Bologna, così furono fatti forti impegni acciò d’ivi non si removesse, quindi per tanto, essendo subapaltatore del Dazio Rettaglio di questo loco Lorenzo di Barnaba Trochi, esso però volendo beneficare la Comunità instette gagliardamente p. il trasporto del macello sotto d. porta vechia e così terminò l’anno.
Cominciò una mortalità nelle creature che in termine di sette giorni al più nove morivano. Furono eccesivi freddi per cui gelavano le botti del vino, venne poi finalmente il giorno della Epifania una grossa neve per cui calmò il freddo, ma la povertà, stante la miseria e li freddi, non trovando sussidio periscono. In questo Castello e territorio del medesimo essendovi molti malati nell’Ospitale de poveri della parochia di dodici letti che vi sono, non volendosi ammettere che tre o al più quattro, la Comunità ricorse al Governo di Bologna ed inoltre, siccome si vedeva nell’arciprete Calistri crudeltà in non volere ammettere che capricciosamente le povere creature e da alcune farsi pagare, si determinò la Comunità di sussidiare colle proprie rendite li infermi. Ne scrisse all’Assonteria e ne ebbe il permesso.
In questo frattempo essendosi fatto il macello pubblico dalla Comunità sotto la porta vecchia coll’esservi stabilita la macellaria di carne grossa appunto situata nel centro dell’abitato, ricorsero alla legazione Francesco Andrini e Giuseppe Lelli per avere il riparto del dazio. L’uditore di Camera Giudice delegato richiese alla Comunità il suo voto, rispose essa che l’introdurre più di una banca da carne grossa sarebbe stato vantagioso, sempre però che fossero salve le ragioni della Comunità per il macello publico per togliere li disordini che acaddevano nella qualità delle carni e per il sito.
Contemporaneamente, siccome l’arciprete aveva construtto un andito o sia ingresso nel cemeterio di questa arcipretale che, sotto essendo la mensa dell’altare di S. Antonio, introduceva alle sepolture, dal qual ingreso esalava un fetore grande per cui temendo il popolo d’una influenza pestifera, ricorse con suplica alla comunità per il provedimento.
La med. spedì il ricorso all’Assonteria di Sanità per il riparo, molto più che dalli primi di genaro fino alli 2 febraro erano di questo loco andati al sepolcro 47 persone ed in una strada del quartiere o sia strada di Saragozza perirono sette, nella famiglia delli fratelli Dalfoco sono morti in poco più di dodici giorni cinque, cioè tre donne e due uomini. Stante poi il ricorso fatto all’Assonteria di Governo per la condotta nel ministero dell’Ospitale, la med. ordinò che se glia ne dato il rincontro per prendere poi l’impegno di provedere.
La comunità fece due Assonti sopra questo fatto e furono il Sig. Francesco Lorenzo Conti Proconsole e sig. Gio. Battista Fiegna.
Avendo l’Assonteria di Governo eletto per senatore Presidente alli affari di questa Comunità il sen. Giacomo Carlo Davia, ne diede l’avviso al Consiglio. Sucessivamente stante il ricorso fatto all’Assonteria di Sanità per l’influenza acennata e di più per l’apertura delle sepolture respicienti nel cemeterio, che esalavano un fetore grande, la med Assonteria nel di 7 febraro spedì a questo Castello il dott. medico Gio. Domenico Perdieri affine visitasse li malati e prendesse le dovute informazioni.
Poi nel dì 9 giorno di lunedì arrivarono in Castello spediti dall’Assonteria di Sanità il sig. conte e senatore Giuseppe Malvasia col segretario Angelo Garimberti e dott. medico Carlo Mondini a fare sopra l’esposto e sopra il ricorso la visita formale di tutto per parte del governo laicale. Per parte del governo vescovile vennero li dott. medici Donelli e Luigi Galvani, questi in seguito uniti tutti, assieme alla veduta di un popolo grande per essere un giorno di mercato, visitarono il cimitero e l’apertura fatta dall’arciprete sotto l’altare di S. Antonio Abbate, in appresso si ridussero nel palazzo Malvasia.
In questo frattempo che li medici fecero la loro visita, il segretario Garimberti chiamò tutti li sottoscritti nel ricorso fatto alla Comunità e fece con essi il confronto della loro instanza. Il dopo pranzo poi si radunò la Comunità nel palazzo del sig. senatore Malvasia inviato con credenziale dell’Assonteria dove, essendovi li d. 4 medici, il sig. sen. sud. col segretario, si fece sopra tutto ciò una sessione lunga e rapporto all’instanza del fettore e rapporto all’Ospitale. La conclusione si fu che tutto si sarìa riferto all’una e l’altra regenza lajcale e vescovile. Il sussuro popolare, l’animazione delle genti forestiere non fu indiferente per essere giorno di mercato, di concorso per la bona giornata. Ciò fatto il doppo pranzo su le 22 partirono tutti per Bologna di dove si attenderà la rissoluzione di tutto.
Adi 22 febraro ultima domenica di carnevale fu publicato l’indulto carne di ogni sorta, furono ecettuati le 4 tempora, li primi e ultimi quattro giorni della quaresima stessa e li mercordì poi solo per ova.
Adi 5 aprile giunse nova come l’E.mo Segretario di Stato sig. card. Boncompagni aveva scritto al sig. card. Archetti Legato che, raporto alla vertenza fra la nostra Comunità colla Villa di Poggio, intendeva che li ministri medico e chirurgo servissero gratis li poggesi miserabili colla condizione che le soministrassero la cavalcatura, che il maestro di scuola nel N. dei dodici fanciulli che vanno gratis ne riceva due di Poggio e che finalmente si admettino due di Poggio in Consilio.
Rispetto alli ministri sudd. la Comunità concordò tutto, ma quanto all’admissione in Consilio di due poggiesi ripugnò non dovendo essi percepire e profittare delli emolumenti della Comunità che provengono dalla fossa ed emporio del mercato, onde si scrisse prontamente al Governo acciò non assentisse a questa determinazione, stante che lo Statuto comunitativo contempla solo li domiciliati in paese e le famiglie del med., in secondo loco per che le rendite della Comunità di Castel S. Pietro sono tutte proprie, ne mai vi ha influito né influisce Poggio, poiché consistono nella fossa circondaria e nell’emporio.
Essendosi seguito in Bologna li 26 genaro scorso un furto strepitosissimo in Bologna nel Monte di S. Petronio di gioje, cose preziose amontante al valore, per quanto si riferisce, di un mezo milione di scudi, finalmente si scoperse il ladro che fu certo Conte Girolamo Ridolfi bresciano, uomo di profondissimo talento, che con una chiave apriva ogni seratura senza ledere il gioco della stessa seratura, la quale la ingrandiva e la impicioliva secondo il bisogno mediante un ferro che si introduceva superiormente alla canna. Il suo ritratto fu fatto, [A34]. Molti furti si sono scoperti, ancora di anni addietro e tutto si è trovato sepolto nella di lui abitazione di strada S. Felice. Grandi cose si acennano di questo mostruoso ingegno. Cominciò a derubare nel coleggio nobile di Ravenna d’anni 12. Egli è nobile, le sue manifature sono sorprendenti.
In questo frattempo venne l’elogio del padre Felice capucino sacerdote da Castel S. Pietro morto in odore di santità in Ferara essendo Guardiano ed il suo ritratto è in questo convento di capucini. Il ristretto di sua vita trovasi nella colettanea mia delli uomini e donne chiare per santità di vita.
Adi 29 maggio si ebbe riscontro da Roma che, in virtù della informazione a Castel S. Pietro contrariamente fatta da questo E.mo sig. Card. Legato a Roma in pro della Villa di Poggio, fu decretato dall’E.mo sig. Card. Boncompagni Segretario di Stato che si admettessero due fanciulli di Poggio a questa scuola gratis colle condizioni dello Statuto della Comunità, che il medico e chirurgo medicassero gratis li infermi miserabili di Poggio colla condizione di somministrare la vettura, finalmente che si admettessero due di Poggio alle consiliare adunanze.
Sentendo la Comunità di malavoglia l’admisione di due di Poggio alle consolari addunanze ed alla percezione delli onori ed utili della Comunità che provengono da di lei effetti, che molto prima dell’aplicazione di Poggio erano di Castel S. Pietro ed a questa non confluisce né contribuisce Poggio, fu fatta replica al S. P. per parte della Comunità di d. Castello affinché decretasse l’esclusiva di quelli come consilieri, non dovendo sedere alla mensa a cui non concorrono.
Essendo nati disordini nello sbanco delle carni macellate vendendosi un capo per un altro, fu fatto ricorso dalla Comunità al sig. card. Legato il quale mediante suo ordine concesse alla med. la visita delle carni ed il bollo alle med. per ovviare alle frodi.
Fu contemporaneamente dalla Comunità decretato di fare una conserva sotteranea e vicina al macello publico con una stalla per le bestie da macellarsi grosse che minute, tutto apare dal mio rogito.
In questo mese di maggio il padre Angiolo da Castel S. Pietro sacerdote capucino, al secolo Luigi filio di Anna qd. Antonio Farnè e di Felice qd. Antonio Cavalli nativi del paese e famiglia antica ma povera, doppo avere esercitato l’ufficio di facendiere bravamente, omesse le predicazioni in cui si distingueva nella religione, fu nella SS. Pentecoste dal R.mo Agostino da Bagnacavallo generale capucino eletto per suo segretario nella visita universale di tutti li conventi e provincie della Religione e partì di Bologna li 2 lulio ed andò nelli Grisoni alla riforma di que’ conventi col d. generale tenendo le strade della Lombardia.
Adi 24 giugno fu estratto Consolo il sig. Agostino Ronchi.
Adi 13 lulio l’E.mo card. Gio. Andrea Giovanetti arcivescovo di Bologna venne a fare la cresima, in tale circostanza la Comunità in forma andò a visitarlo in casa dell’arciprete. Quivi entratosi al discorso dell’amministrazione dell’ospitale della parochiale delli infermi, si oppose a tutto e nulla fece.
Nell’oratorio dell’Arciconfraternita del SS.mo essendovi due campane ne fece levare una per compiacere questo arciprete.
Essendo state grandissimi freddi e nevi, ciò non ostante si fece ottima raccolta di grano, bensi ora si penuria ad aqua. né si può macinare in alcun loco.
14 lulio furono piantati li termini miliari per ordine del Senato di Bologna nella via romana, dove consta che dal principio del nostro Borgo vi sono undici miglia fino alla città.
Adi 17 agosto fu stipulato a mio rogito instrumento fra la nostra Comunità e sig. Lorenzo qd. Barnaba Trochi, uno de consilieri della med., per la costruzione di una conserva sotteranea vicina al novo publico macello e publicata altresì la facoltà concessa alla Comunità di visitare e bollare qualunque carne da sbancarsi e ciò in virtù di grazia di sua Em.za sig. card. Legato Archetti, come in d. mio rogito. La Comunità si mise tosto in possesso mediante il nostro publico definitore quale si portò a presenza del popolo, che plaudì assai, a leggere la facoltà ottenuta nella macellaria publica e per bolatore fu deputato Marcello Babina collo stipendio di scudi sei l’anno.
Il castrato e carni bovine si marcano nelli quattro quarti nella parte interna collo stema di essa Comunità e le pecore, capre e montoni con altro bollo esprimente Castel S. Pietro con tre lettere iniziali così estese C.S.P. e ciò all’effetto che niuno si inganni.
Adì 17 settembre si cominciò a cavare la conserva publica per le nevi presso il macello nella fiancata della porta vecchia sopra la fossa interita.
Adi 6 ottobre li dazieri di Bologna, avendo ordinato a questo doganiere di Castel S. Pietro fare le bolette del grano, marzatelli, semola e farina che si levano dal Castello e si trasportano per la provincia, col pretesto di dovere avere la boletta della dogana per il giro del circuito delle tre miglia nelle comunità radenti il confine, per cui ne sono accadute rappresaglie da burlandotti, furono in necessità li notai del paese ricorrere al Colegio Notario di Bologna facendolo constare l’insurgente questo diritto della dogana è lo stesso che levare l’emolumento al Podestà locale che ne ritrae da tali bolette per cui si pagano quattro quattrini per corba, onde il Coleggio de Notai, riconosciuta l’instanza come che l’officio del Notaio Giusdicente spetta a soli notai collegiati, determinò farne la guerra contro li dazieri.
Stante le gagliarde pressure che faceva la villa di Poggio presso il S. Padre contro la nostra Comunità, avendo dalli 12 caduto lulio suplicato il sig. ambasciatore di Bologna sen. Gozzadini presso il S. Padre in Roma ad interporre li di lui offici presso l’e.mo Segretario di Stato per elidere le instanze de poggiesi, il med. sotto li 25 lulio rispose favorevolmente che ne aurìa per noi tutto l’impegno e difatti fu presentata la seguente suplica al papa :
(al di fuori) alla SS. di N. S. Papa Pio VI per la Comunità di Castel S. Pietro.
(entro poi) Bea.mo Padre
Con quel rispetto che devesi alli ordini de’ superiori, non si può dispensare la Comunità ed abitanti di Castel S. Pietro di portare al trono delle SS. VV. la sua rappresentanza delle providenze , che rispetto le sue municipali adunanze pensa di prendere l’E.mo Legato di Bologna
La terra di Castel S. Pietro contado e giurisdizione di Bologna dall’antichissimo tempo, ha formato da se sola Comunità e va fornita di tutte quelle Prerogative e Privilegi che a questo uopo richiedevasi. L’anno 1435 sotto il pontificato di Eugenio IV dessiderò ed ottenne di essere a questa terra sottomessa con unione, per altro non già parificativa ma subbiettiva, la Villa di Poggio che non è se non una adunanza di alcune familie, le quali non formano Comunità, o sia corpo fornito di entrata, anzi li individui di queste stesse familie non possiedono alcuna sorta di stabili, industriandosi nel lavorare li beni d’altri. Qualche secolo dopo seguita la unione sud. cominciò la Villa di Poggio a tentare di sottrarsi dalla subordinazione sud. ed almeno di essere considerata come eguale, pensiero per altro mancante di ogni fondamento. Portata questa loro ultimamente pretensione al giudizio del E.mo Segretario di Stato, trovò questa non avvalorata la dimostrazione sud., riconobbe mal fondata la pretesa eguaglianza, onde esclusa l’una e l’altra dette qualche providenza per che dal medico, dal chirurgo e dal maestro di scuola un qualche sollievo proporzionale alla popolazopne ne sentissero anco li poggiesi e siccome questi pagano unitamente a Castel S. Pietro le gravezze e colette che si impongono non già dal comune di Castel S. Pietro ma dalla Ecc.ma Camera di Bologna e che servono per pagamento de sudd. ministri e per li pesi che a comune vantaggio della Provincia si pagano alla Camera sud., credette forse che tutte le rendite di Castel S. Pietro fossero comuni alla Villa di Poggio, onde nella lettera in cui si sugerì le providenze sudd. aggiunge: Che siccome li Poggiesi contribuiscono nella rendita comunitativa, così è dovere che influiscano nella amministrazione, avendo luogo nel Consilio municipale e si potrebbe stabilire che la sesta parte de consilieri fossero poggesi.
Quanto trovarono giuste le altre providenze li O.ri, altrettanto credettero o non bene fondate o non bene interpetrate dall’E.mo Legato di Bologna l’admissione de due poggesi in Consilio. Quindi se si presentarono novamente con dei ragionati e somariati fogli all’E.mo Segretario di Stato, gli fecero riflettere e probarono con autentici documenti che la unione di Poggio non era parificativa ma subiettiva , che Castel S. Pietro aveva le sue particolari rendite, in cui niente contribuiva la Villa di Poggio, che li consilieri, secondo lo statuto, devono avere una possidenza di mille lire e che non era possibile ritrovare questa possidenza nei poggesi, gente tutta miserabile e mancante di facoltà. Che essendo finalmente Poggio distante qualche miglia da Castel S. Pietro si rendeva molto difficile il chiamarli a quelle consiliari adunanze che il bisogno della popolazione e gli ordini del Governo molte volte esigge che si tenghino sul momento, come potrà la Santità Vostra rillevare dalla sommariata memoria che esiste in Segretaria di Stato.
Il cardinale Legato per altro è di sentimento diverso dall’E.mo Segretario di Stato e pensa di non limitare la interferenza dei due poggesi alle consiliari adunanze nel modo che si è rilevato, ma di darle assolutamente due posti in Consilio coll’opzione alle prime cariche, ricorrono per tanto li O.ri da questa imaginata providenza alla Santità Vostra e come già ne pregarono l’E.mo Segretario di Stato e così alla giustizia e clemenza della S. V.ra per che li due poggesi non si amettano al Consilio che come deputati della lor villa ed in quelle sole adunanze in cui di interessi a loro comuni si tratta.
Quanto si è fin qui esposto e le Ragioni più diffusamente dedotte nella sommariata Memoria che esiste in Segretaria di Stato siccome provano fondata la instanza de recorenti, così fanno sperare li med. la grazia che implorano.
L’unione di Poggio seguita nell’anno 1433 sotto il pontificato di Eugenio IV non è parificativa ma subiettiva per che nella Bolla anessa alla d. Memoria sotto la lettera A fu detto: Quod homines Podi S. Blasi intelligatur esse de cetero sub curia C. S. P.ri.
L’unione subiettiva non da diritto all’interessenza ai Consili. Li felicissimi stati della S. V. sono pieni di città e di terre che hanno Ville, anzi dei Luoghi e dei Castelli sotto di se, non si è mai inteso che questi abbiano preteso l’interessenza ai Consili.
Non si chiamano che in qualità di deputati delle loro Ville e Castelli a quelle adunanze in cui si tratta di imporre o di trovare la maniera di esiggere gravezze a loro comuni.
Infatti dal 1435 a questa parte in cui seguì l’unione sud. mai li poggesi nè come Consilieri né come Deputati hanno avuto posto in Consilio. Oltre che la Villa di Poggio niente contribuisce nelle rendite particolari di Castel S. Pietro, essa non paga unitamente ai Ricorrenti che le tasse e gravezze le quali non dalla Comunità di Castel S. Pietro, ma dalla Ecc.ma Camera di Bologna si impongono, come dalli attestati che si umiliano segnati let. A, B. La Comunità di Castel S. Pietro ha le particolari sue rendite di cui lo specchio fu annesso alla stessa nominata memoria esistente in Segretaria di Stato. Con queste rendite si supplisce alle particolari sue spese e si danno anco delle annue recognizioni ai Consoli ed a qualche consiliere in carica, della aministrazioni di queste si tratta nelle consiliari adunanze.
Quali Ragioni per tanto possino avere li poggesi di assistere ne medesimi e di partecipare in questa guisa delle Recognizioni, che provengono da rendite in cui essi non contribuiscono. Non pare fondata la suplica che ha fatto qualche impressione nell’animo del Card. Legato, che essendo la Villa unita di Poggio a Castel S. Pietro, le rendite di questo si rendino a quella comune. Si ritenga che l’unione subiettiva, che nell’atto di questa subordinazione non portò, né ha mai portato in apresso Poggio alcuna sua rendita a Castel S. Pietro, che questa possedeva le particolari sue rendite molto prima, che a lei subiettivamente si unisce la Villa di Poggio e si vedrà che il discorso non regge e che l’unione subiettiva non da alcun diretto alle rendite di una città o terra a cui una qualche villa si unisce.
Si aggiunga a tutto questo che lo statuto di Castel S. Pietro richiede nei Consilieri la Possidenza di almeno mille lire, e che questa possidenza non si può trovare ne’ poggesi, che sono tutti lavoratori delle altrui terre, li quali niente possiedono.
E’ stato supposto al Card. Legato di Bologna che vi siano nella Villa di Poggio delle persone che abbiano una simile possidenza, ma questa suposizione deve ben cedere alla prova esclusiva di una tale possidenza che esibiscono li Ricorenti anesse alla loro Memoria sotto la lettera D e che novamente umiliano.
Finalmente anco la distanza è una ragione per non accordare la assoluta ed intera interessenza ai Consili per la difficultà di convocarli a quelle sessioni che conviene tenere sul momento a questa distanza senza fondamento si rivocarebbe in dubbio, doppoichè in più informazioni venute e richieste dalla Santità Vostra sperano li Oratori e di vedere limitata la Interessenza de poggiesi a quelle sole consiliari adunanze in cui delle gravezze e di altri affari comuni si tratta e che a questa intervengano come deputati della loro Villa.
Adi 30 agosto li Tribuni della Plebe avendo querelato nel loro Magistrato li macellari di grossa e di minuti di questo luogo a motivo di avere date le pelli al novo conciatore Mellini in questo luogo, sul riflesso che ne risulta danno all’Arti de Calegari, Pelacani e Cartolari di Bologna, fu determinato in Consilio di questa Comunità di sostenere la causa contro tali Arti che vogliono levare la materia nostra e locale al nostro conciatore. Prima però di intraprendere il giudizio, essendo stati deputati dal consiglio li due Assonti del med. cioè sig. Francesco Conti ed Ercole Cavazza, fu da med. interposta la mediazione dell’Assonteria di Governo presso L’Assonteria d’Arti, affinchè volesse ponderare le nostre ragioni ed ordinare all’Arti avversarie il desistere dalla lite. Per lo che fu al med. Governo presentato un elenco delle nostre ragioni stante la suplica sud. data al S. P. dalla nostra Comunità e rimessa al Legato, questi prima di decidere con voto ne fece intesa la med. Comunità che voleva riassumere a capo tutta la causa.
E perché dal 1734 fu dalla nostra Comunità di Castel S. Pietro acordato ad una nova congregazione instituita dal sig. D. Giovanni Langagni missionario in questo loco, che fu chiamata della Carità o sia dell’Ospitale delli Infermi, così essendo stato in essa dichiarato priore il Consolo pro tempore della med., con diversi Capitoli stampati per ciò, all’ogetto di erigere lo Ospitale la comunità concesse fuori di porta Montanara il suolo in lunghezza di piedi 60 e piedi 30 in larghezza, quindi all’effetto di sostenere la questione promossa estragiudizialmente avvanti l’E.mo Arcivescovo Giovanetti per che il Consolo pro tempore fosse reitegrato nel suo officio da cui ne era stato spoliato pochi anni sono da cod. arciprete Calistri che volle essere esso il plenipotenziario del med. ospitale, furono avvanzate al Governo di Bologna tempo fa le instanze della Comunità alla quale, essendosi offerto l’Assonteria quallora si fosse trovato il Sen. Cons. per la concessione de suolo, perciò non potendosi finora rinvenire rimase l’affare sospeso.
Avendo la Comunità destinato di fare la conserva di nevi per comodo della macellaria publica, così a maggior comodo delle genti che intervengono al mercato de’ bovini, determinò nel di 6 settembre formare un portico di ochi due presso il macello med. il che fu eseguito per sc. 150 dal sig. Trochi.
Nel di 9 d. stante avere il publico daziere di Bologna ordinato a questo suo officiale di fare esso le bolette delle grane che si levano da questo Castello e si trasportano per la provincia, le quali bolette si facevano dal vice podestà, fu da questo fatto richiesto alla Comunità onde si interessasse perché non si sentisse pregiudizio il novo vice podestà, quindi fu scritto al daziere Gaetano Terzi acciò facesse desistere il suo officiale dall’estradazione di tali bolette, ma esso ricusò e quindi tanto dall’officiale della dogana che dal notaio giudicente si prossegui a fare tali bolette.
Non contento di ciò il giusdicente ricorse al Colegio de Notai acciò assumesse esso la causa diffensivamente per trattarsi di un interesse che tocca alli notai colegiali. Prese la briga il Colegio e fatta la sua instanza all’Assonteria di Camera fu dalla med. decretato che le bolette acennate se dovessero fare dal doganiere, mentre quelle che strada l’ufficiale si estradano abusivamente per un diritto usurpatosi anticamente.
Si facevano fuochi artificiali nella piazza publica e si sbaravano altresì mortaletti nella med. con pericolo delle genti, fu fatto ricorso al sig. Card. onde ciò vietasse, quindi il med. aderì alle premure della Comunità e vietò tali fuochi.
Adi 5 ottobre, siccome trovavasi nell’angolo inferiore delle mura del Castello un pezzo di terrapieno a borea nel mercato de bovini che difformava la piazza, così il consolo Ronchi ordinò che si appianasse, ma per che il lavoro dispiaque ad alcuni, fu tosto fatto ricorso alli altri comunisti onde si sospendesse il lavoro. Fu questo sospeso ma poi, portato l’affare in consilio, fu determinato che qualora fosse riconosciuta senza pericolo di cadere la mura si prosseguisca ma a spese di chi dessiderava tanto.
Si ebbe riscontro come l’A. C. di Bologna nella causa de poggesi colla Comunità per l’intervento del medd. a consili, dovessero questi in numero di due intervenire alli consiliari adunanze tante volte quanto si trattasse di affari comuni a Poggio col nome di Consilieri e non Deputati, molto più perché in Poggio dicensi esservi familie possidenti terreni e che tali poggesi dovessero essere abilitati alle balotazioni de stipendiati perché concorrono ancor essi alla paga de med. stipendiati, onde se la Comunità acetta tale progetto sarà finita ogni differenza.
La Comunità però insistendo nelle sue ragioni rispose non volere prestarsi per verun conto a tale progetto, fece altresì noto come le famiglie pretendenti il diritto di essere amesse alle consiliari adunanze restringendosi a quelle delli Dalla Casa e Ballarini, erano queste riprovate dalle leggi per essere fattori et addetti al servigio d’altri e però su questo capo fu sempre la Comunità negativa.
Venne una pioggia così grande in questo giorno e così violenta con turbine che schiantando le cime alli arbori fugivano le genti e crebbe il Silaro in tal maniera che copriva tutto l’alveo e sormontava le sponde laterali, ma durò per poco e niuno pericolò nella corente.
Adi 7 d. avendo già ottenuto questa compagnia capata del SS.mo SS.to la grazia dal S. Padre di potere inalberare il gonfalone, nel modo che lo inalbera la compagnia del Rosario, dispiaque tanto questa grazia all’arciprete che si maneggiò in guisa che l’arcivescovo non volle dare l’asenso per la delazione di tale distintivo.
Ne naque però tale dispiacere fra li confratelli dell’una e dell’altra compagnia che le funzioni non si facevano più con quel fervore pristino.
La processione che si fa col capo di S. Flora dalla compagnia del SS.mo, essendosi solito portarla per il Castello e Borgo, vedendo l’arciprete che poca gente aveva contribuito alla processione della Imagine SS.ma del Rosario, non vole che si facesse se non con la S. Testa sud. per il circuito della piazza maggiore del Castello, onde vi fu non poco sussuro.
Essendo stata in questo Castello fino dal secolo scorso eretta la fornace da pentole, fu estinta in questo mese e privato il paese del comodo di terra cotta. L’ultimo pignataro fu Matteo Vacchi che con cinque figli maschi se ne partì disperdendosi chi in un luogo chi nell’altro. Il paese se ne rissentì molto.
Perduto questo capo ed esercizio se ne introdusse uno novo nel Borgo di altra specie e fu l’edificio di pastarolo ad uso di Genua e di Puglia introdotto quivi da Tomaso Sandrini di questo Castello coll’amogliare una di lui filia per nome Domenica in Angelo Visibelli genovese. La pasta riesce di ottima bontà e se ne fa smercio tale che li imolesi ne fanno proviste non indiferenti e si mandano anco per le castella del contado e massime a Budrio e Medicina.
Venne avviso come Antonio Dalfiume e Bartolomeo fratello figli del fu Annibale di questo Castello, che già erano spatriati anni sono a motivo alla baruffa seguita contro Pelegrino Mei detto Vajna, tenente delli sgherri di Bologna, essendo li med. fratelli capi caccia nel veneziano nella Villa di Giaciano sotto Ferara, avevano avuto una singulare baruffa con alcuni feraresi che adunati in N. di diciotto pretendevano fare pesca e caccia di faggiani. In questa guisa li feraresi, che de quali era Romano Petrucci, dispose in circolo li suoi aleati in poca distanza l’uno dall’altro così che, vedendosi fare ressistenza, potevano comodamente rinchiudere entro il circolo chi li avesse ostato.
Avanzatasi nella cacciagione sopravenne il il d. Antonio che, accortosi della soperchiaria e trama che se le faceva, diede segno al fratello Bartolomeo che, unito con Giuseppe Nessoli di questo Castello detto Fametta, si finge di ritirarsi, ma tanto Antonio quanto Bartolomeo Dalfiume, prese le estremità delli circolanti, fecero alto in guisa che dalla linea circolare movendosi uno veniva minaciato di morte.
Fametta come più temerario, di statura piccola ma destro, acomiatato da un fosso, andò a tergo de circolanti, quindi vedutosi alla sicura cominciò a gridare Alto! alto!, cosichè li feraresi, colti in mezo da tre persone che facevano alte grida alle quali accorrendo li villani vicini, fecero unire tutti in un corpo li feraresi e fuvvi uno per nome Salinguerra che, volendo spostarsi dalla unione né cadere, si guadagnò una archibugiata in un coscia, per cui le convenne cadere a terra.
Atteriti li ferraresi di un tal fatto furono tutti disarmati da tre soli uomini stando in questo modo, Fametta e Bartolomeo, coll’archibugio alla faccia parato, fecero ad uno ad uno andare avanti dall’alto, colle braccia in alto verso il cielo sotto pena della morte a chi le abbasava. Antonio Dalfiume capo dava l’ordine di mano in mano a chi doveva e quando partire dal loco ove erano fermati, tenendo ancor esso l’archibugio parato con coltello in bocca e così durò per più di due ore l’attacco. Il ferito fu mandato a Ferara in una caretta e così terminò la mischia col solo spargimento di sangue di uno solo.
Per tale fatto crebbe in riputazione Antonio Dalfiume che era divenuto il terore di quel vilagio e vicinato, così che fu chiamato per primo guardiano delle Pesche di Comachio alle quali vi anderà a capo d’anno.
Trovandosi in Bologna l’E.mo Boncompagni ex Segretario di Stato, si ebbe avviso come uno di questi giorni veniva a Castel S. Pietro per salutare cod. nostro arciprete di dove sarebbe partito per Roma. Ciò intesosi dall’arciprete fece preparare l’ocorrente in casa propria per dare una reffezione, fece ripulire la chiesa e pregò questo Consolo Ronchi a fare accomodare li seliciati entro il Castello almeno e ripulirlo da alcune masse di pietrizzo che esistevano presso la case di questi P.P. di S. Bartolomeo, il che eseguì prontamente e poscia, per non trovarsi presente alla venuta per non inchinarlo, andò a Bologna.
Adi 9 ottobre venerdì mattina, avendo di già dimessa la carica di Segretario di Stato e di Comissario Generale dell’Aqua, l’E.mo Card. Ignazio Boncompagni, venendo di Bologna, ove era stato per rimettersi in salute da lulio a questa parte, passò di quivi e, nel passagio che fece per andare a Roma, si portò nella nostra arcipretale alla visita della B.V. del Rosario e doppoi si congedò da questo arciprete Calistri, sentì amaramente la partenza non solo ma anco la dimissione dalla carica di Segretario per esserlo un validissimo protettore in tutto.
Adi 10 d. si ebbe nova come il nostro Dott. Pavolo Dalmonte laureato nella università di Pisa ed attualmente bibliotecario nella chiara biblioteca imperiale di Roma, ajo alli principini Borghesi, morì in casa loro ove le davano quartiere in età d’anni 55 compiti e fu sepolto in S. Spirito.
I pellacani in questo frattempo fecero instanze nel magistrato de’ tribuni di Bologna per che codesto novo nostro pellacano non potesse avere le pelli da questi macellari. Ricorse la Comunità all’Assonteria d’Arti per che a tavolino si valutasse le di lei ragioni senza pregiudizio però del giudizio contestato in Roma.
Adi 6 novembre fu terminato l’edificio della conserva della Comunità.
Quelli di Poggio fanno nova instanza presso l’A. C. di Bologna per entrare in Consilio in qualità di consiglieri col porre ancora il voto sopra li stipendiati. La Comunità lo nega.
Si ebbe nova da Ferrara come in quella Università era morto in termine di tre giorni nello scorso ottobre il padre Francesco MM. OO., dottore e lettore publico di S. Teologia, fu giovane di ottima indole ed il maggiore delli dodici fratelli tutti viventi e figli di questo Gio. Battista Grandi e Cattarina Andrini tutti di Castel S. Pietro, dispiaciuto e compianto anco dalla Religione.
Adi 17 novembre martedì mattina giunse in questo Castello il R.mo Padre Generale de cappucini e fece la visita al convento. Egli è bravissimo oratore avendo predicato l’anno scorso in S. Pietro di Roma, possiede rare virtudi, per mecanismi è singulare, il suo nome è padre Angelico da Sassuolo, dimorò quivi fino al venerdì 20 novembre avendo trovato questo convento ben coredato ed acomodato essendo ora guardiano il P. Giulio da S. Giovanni.
Nell’anno scorso nel 22 aprile avendo questa compagnia del SS.mo SS.to ottenuto per Breve apostolico la facoltà di alzare il gonfalone coll’essere stata eretta in Arciconfraternita, fu presentato il Breve all’E.mo Arcivescovo onde si degnasse ordinarle l’exequatur, il med. ricusò subornato da questo arciprete e non solo negò la esecuzione della grazia, coll’adurre che il Breve non era chiaro ma altresì cavillò, ritenendosi il Breve ed altri indulti papali fatti alla compagnia, lusingando la med. che in nova contro vista da farsi in settembre, che è già scaduto, aurìa a tutto proveduto.
Vero si è che nulla fece e tutto fu lusinga. Avvedutasi di ciò la compagnia ricorse al S. Padre per averne la dichiarazione del suo Breve e così nel di 4 settembre 1789 fu rescritto al memoriale favorevolmente come da unita copia [A35] cioè :
SS.mis introscriptis precibus benigne annuens declavit indultus de quo in precibus de vexillo seu confalone ad instar vexilli quo altera Confraternitas SS.mi Rosari non (…) eiusdem. Castri SS. P.ri in publicis functionibus et processionibus ubi solet, esse intelligendum. Non astantibus quibuscunques, (….) gratia suffragari absque nova literarum aplicar. (..) forma Brevis expeditione. R. Card. Braschius de Honestis.
Adi 16 dicembre nella estrazione delli uffici utili, fu estratto per Podestà di Castel S. Pietro il marchese Giacomo Marulli.
Adi 27 d. fu estratto Consolo sig. Gio Battista Fiegna per il primo semestre.
In questa sera su le 3 di notte fu assalito Francesco Musi da Luigi Bertuzzi e Ciriaco Bertuzzi a motivo dell’amorosa in casa del di lui fratello Luigi Musi, nel mentre che andava ad avisarlo che per lui era preparato un tradimento se sortiva di casa, e ricevette una pistolettata al basso ventre con due ferite di coltello. Li assalitori dopo il fatto ne partirono la mattina di mezo giorno verso la Romagna.
Essendo stato fino li 3 lulio 1788 assegnato per titolare a fratelli e sorelle del 3° ordine di S. Francesco di Castel S. Pietro con la visita provinciale del P. Angelo Clemente da Luca, ministro provinciale, S. Margarita da Cortona all’altare della Comunità, fu dal P. Diego lettore morale diritore spirituale di tale congregazione data suplica alla Comunità per farci ivi le funzioni e collocarvi un ciborio, la Comunità assentì favorevolmente.
Adi 28 dicembre, giorno delli Innocenti, la sera dopo l’ora di notte, sicome si giocava alle Farine in varie case , fu ordita una trama dalli due cugini Luigi qd. Giuseppe Bertuzzi e Ciriaco di Nicola Bertuzzi di questo Castello contro Luigi Musi, detto Bergnocola, a motivo che il d. Luigi Bertuzzi, detto Pistolino, tratava la moglie del Musi.
E fu questa, cioè: aveva negato Luigi Musi di condurre la moglie alla Farina a casa di Pistolino le sere antecedenti stante le mormorazioni che si facevano onde, per vendicarsi di ciò si unì con Ciriaco a secarli l’aguato per ferirlo a morte, Avisato Bargnocola si nascose in casa da suo fratello Francesco Musi, detto la Mona, prima che fosse inseguito dalli cugini Bertuzzi.
Portò il caso che Francesco Musi ignaro di tutto se ne andò a casa presso la chiesa della supressa compagnia di S. Cattarina, entrato dentro e volendo salire le scale Ciriaco Bertuzzi le diede una pistolettata nel basso ventre onde, acorrendo il vicinato per impedire maggior male, sortirono li Bertuzzi e fecero alto contro chiunque per modo che imbestialiti vi furono alcune donne che, acorse per socorere il ferito, furono schiafeggiate. Smorzati li lumi e di novo tornarono con coltelli a ferire il Musi, che raccomandavasi della vita, ma affollatosi popolo dopo le due di notte furono costretti li assalitori partire e cercare asilo.
Si portarono entrambi in luogo imune e poi la mattina seguente andarono nella Romagna bassa. Pistolino andò nelle valli di Comacchio a ritrovare Antonio Dalfiume, capo della guardia di quelle e Ciriaco se ne andò al ferarese poi, non trovandovi il suo interesse, venne ancor esso nel Comachiese. Quivi costui, essendosi innamorato di una bella ragazza, accade che andando ad una festa da ballo ove eravi la med., trovò che ballava con un soldato della guardia delle gabelle di Roma, volle levarli la balerina, ma facendovi ressistenza il militare col acorere alla sciabla, Ciriaco come giovinotto di personale snello ed alto slanciatosi al collo del soldato le levò la sciabla, che le convenne rilasciare per non essere affogato.
Credevasi il soldato di potere novamente vendicarsi col Bertuzzi, poiché la sciabla era passata in terza mano de mezani a spartire la bulia, se lo aventò contro con coltello, ma Ciriaco più destro, datosi una rivolta per schermirsi dalla ferita, ancor esso diede mano ad una coltella e preso pe capelli il soldato le taglio l’orechia destra e poi presolo per la coppa le diede tanti pugni col manico della coltella che lo lasciò scimunito, non potendo alcuno de presenti alla festa fare al med. alcuna ressistenza tanto era inbestialito e così la festa di allegrezza terminò in mestizia.

1790
In queste giornate si ebbe notizia che in Avignone era acaduta una sollevazione e quella provincia si era ribellata al Papa. In Roma furono contemporaneamente affissi biglieti col moto sopra una cocarda, detta della Libertà, ultimamente in Francia inventata per cui è tutta in iscompiglio e solevata contro il Re cioè: quemadmodum ego Feci, ita, et vos Facciatis. A questi cartelli se ne sparsero altri di diversa sorte ma tutti tendenti a deprimere la quiete, la pace e tranquillità publica.
In Bologna medesimamente si ritrovarono sparsi per la città biglietti che dicevano : Moja il malgoverno, viva la libertà antica. Mojano i traditori della patria.
Attesa la scarsezza di olio, pesce e penuria di altri viveri essendo precorse al S. Padre supliche per avere una benigna condiscendenza alla povertà e populazione in rapporto alla prossima quaresima, egli per tanto molto a compassione esentò le diocesi non solo di Romagna ma anco di Bologna dalle vigilie e concesse l’indulto di ova, latticini e carni di ogni sorte, come rillevasi dalla unita stampa [A36] segnata li 9 corente febraro.
Essendo, come si disse, sparsi biglietti seducenti e provocanti a sollevazione, per ovviare per ciò alli scompigli, l’E.mo Legato Archetti pubbblicò l’unito Bando di taglia [A37]. Per incutere poi maggior timore alle genti chiamò alla città tutta le sbiraglie, messi, ministrali, saltari e guardiani colle armi. Nell’atto poi che si fecero affissare tali Bandi, che seguì pubblicamente a suono di tromba con li bidelli, che venivano guardati da sbirri.
Le gentaglie se ne ridevano così che, il giovedì sera 11 corente, metà di quaresima, in cui si si era stato dato per mezo di tali biglietti
avviso di ritrovarsi tutti li aleati nella Montagnola con armi, fece l’E.mo attacare la Corda in piazza, guardata da birri, la Montagnola dalli guardiani, alcune porte della città le fece tener chiuse ed insiememente furono chiusi li tribunali e lo stesso E.mo partì di Bologna la sera stessa. Temendosi di notte tempo alcun tumulto la maggior parte de nobili, che tenevano sospetto, chiusero le porte ai loro palazzi.
Le comunità poi del contado stavano tutte in aspettazione di novità. ma però in cautela. Si adiede ordine dalla nostra di Castel S. Pietro alli ministri di guardare le torri ove sono campane pubbliche ed alli med. fu ingionto stare pronti coll’armi. Ma grazie a Dio nulla seguì né in città né fuori.
Solo si annotò in questa contingenza che la truppa di pressidio nella città nulla operavano, anziché se la passavano con indiferenza non impugnando nemeno un fucile e nemeno si duplicarono le sentinelle in alcun luogo. Fu perciò creduto che li biglietti sparsi provenissero dalla stessa milizia, mentre che si vociferava che si sarìa dimesso e sciolto il pressidio affetto anco per liberare la città e provincia da questo danoso aggravio poiché non si intendeva a qual fine si mantenesse la soldatesca.
Non andò poi molto che per la città si videro altri biglietti così cantanti, attribuendosi che li tumultuosi sparsi provenissero dalli capi del pressidio che la sentivano male la licenziazione:
Gli inventori de biglietti
son que ladri maledetti
di Marviz e di Boldrini
del paese assassini
impicate esta canaglia
poi donate a me la taglia
Marviz francese era il generale e il capitano Boldrini bolognese, famiglia oriunda di Castel S. Pietro che alla metà del secolo scorso spatriò e stabilissi in Bologna, era primo capitano del pressidio.
In questo tempo essendo cresciuto il prezzo del grano fino a pavoli 26 e 27 la corba e il formentone fino a pavoli 19, si sentiva non piccolo esclamo, onde dubitandosi di nascondigli di grani purtroppo in Bologna come seguì, essendosene ritrovato migliaja in diverse case, ordinò l’E.mo che si dovesse dare alla di lui cancellaria la denunzia tanto de grani quanto della farina e consecutivamente delle bocche delle famiglie il che seguì e fu riparato a tutto.
Essendosi novamente dalli uomini della Villa di Poggio fatta nova instanza al S. Padre per che venissero approvate le loro domande e di sottrazione a Castel S. Pietro e di un governo a parte col dichiarle Comunità la loro Villa, fu rimessa la causa all’E.mo Legato pro informazione et voto.
La Comunità di Castel S. Pietro se manegiò in guisa che l’Uditore di Camera Arduino Gulielmi, a cui fu comessa la estensione del voto, ascoltasse le Ragioni della Comunità e che, per finire la stomachevole questione, rescrivesse che la più espediente, non trovandosi la Comunità di Castel S. Pietro in menoma cosa flessibile, sarebbe stata che ognuna delle parti sperimentasse le respettive ragioni nelle arene giuriche. Su tal guisa fu esteso il voto e spedito al S. Padre.
Alli 2 e li 4 e li 9 aprile, feste di Pasqua di Ressurezione di N. S. venne neve che universalmente coperse il tereno e le nostre campagne. Nel venerdì prossimo scorso che fu il venerdì santo, essendosi tenuta nella chiesa ed oratorio della compagnia del SS.mo SS.to Accademia Literaria sopra la passione e morte di N. S. G. C. avvanti la imagine miracolosa di questo S. Crocifisso nella d. chiesa, fu promossa la reviviscenza della perduta Accademia delli Imaturi che nel secolo scorso esisteva in questo loco. Furono li promotori D. Luigi Facendi capellano della compagnia ed il dott. Muratori per nome Giuseppe, medico condotto.
In questo tempo si scoperse in Roma l’empia setta de Liberi Muratori e furono ritrovati li capi sul fatto in una stanza. Il primo de quali sedeva in mezo li altri congregati in alta carega con braccia e coscie nude e tutto altero come dalla anessa stampa. Teneva in mano in sinistra un compagno e colla destra gestiva. Sotto le pudende eravi un cartello che diceva Libertas. A piedi teneva tutti li instrumenti e attrecci fabbrili murari. Li altri che le facevano corona sedevano ancor essi mezzo ignudi all’ingiù colle braccia nudate ed un piccolo corpetto solo le difendeva il petto. Furono perciò tutti carcerati e condotti al S. Ufficio.
Si ebbe in questo stesso tempo notizia da Roma alla nostra Comunità di Castel S. Pietro come nella divisata vertenza colli uomini e villa di Poggio, attesa la informazione del Legato avendo la Villa ottenuto il rescritto ultadir jure suo, e che in seguito Mons. Auditore Roverella, inesivamente al Rescritto Pontificio, era stato comissionato deputare una Congregazione particolare di Prelati che decidesse la controversia, remota apellazione.
In questo frattempo l’Arte de Pellacani mal soferente la nova concia di Castel S. Pietro citò li nostri macellari a consegnarle le pelli secondo l’uso antico e il riparto delle medesime, come dalla unita stampa si rileva. [A38]
Ricorsero li Macellari col conciatore novo Antonio Melini alla Comunità acciò patrocinasse le ragioni publiche, asserendosi li ricorenti concorere alla spese giudiciali. La Comunità fu pronta ed impugnò la consegna delle pretese pelli poscia, per procedere con regola di pulitezza, scrisse immediatamente all’Assonteria d’Arti supplicandola interporre la sua ponderazione alle ragioni assistenti il paese dell’universale ed indistinto privilegio che godeva per ogni e qualunque Arte ed esercizio ed imponesse altresì all’Arte de Pellaciani ed unite a desistere dall’incominciato giudizio contro Antonio Melini moderno pellacano che intendeva avere anco le pelli grosse egualmente che le minute da questi macellari del paese e da locali carnajolli citati, mentre la Comunità, qualora vedesse ressistenza ed insistenza nell’Arti avversarie, era in grado di ritornare al giudizio sostenuto in Roma anni sono contro il Senato avvanti la Piena Signatura ove aveva ottenuto a pieni voti un rescritto favorevole in forza di tanti giudicati passati e che il rescritto era di già passato in giudicato.
A questo effetto se ne spedirono li documenti [A39] ed infrattanto si lasciassero le pelli al Melini. Rispose la Assonteria che si lasciassero andare le pelli per questa volta a Bologna e che si facessero le legali proteste per tale concessione. Ricevuta l’Assonteria la risposta al voto [A40], valutando le nostre ragioni più non replicò e fosse che ella restasse appagata o fosse che non volesse assistere le Arti avversarie, non ebbe la Comunità per ora alcun avviso.
Stanti le rivoluzioni della Francia di breve accadute e che si sentivano prendere di giorno in giorno maggiore piede così che il Re a nulla era più considerato, fu detta essere ciò provenuto dalla tirania de Liberi Muratori seminata dall’empio Caliostro e poscia patrocinata da certo avvocato Rovespierre mostro di condotta quantochè fino di talento.
Questo Caliostro aveva altro nome che aveva esso tante volte cambiato, quando aveva creduto convenevole alla sua malignità, che non lasciò di esercitarla a qualunque occasione le se presentava. Costui fu cagione con tanti ragiri che al povero Cardinale di Roan furono imputate tante immoralità che sono indicibili, le furono imputati enormissime estrazioni, dichiarato falsario di cedole, sublatore ed amoroso della Regina per cui le fosse stato fatto il furto di una insigne collana di gioje, monili, perle, apoche bancarie false, imitazione di carateri e cisle reali e di tanti altri fatti di cui ne sono piene le gazette, giornali ed avvisi che girano per la nostra Italia.
A causa di tali rivoluzioni nella Francia, essendo fuggite, molte familie ricoverarono nello stato eclesiastico e si spartirono per tutta l’Italia. La mozione di tante aversità fu imputata all’asserto Caliostro che con non dissimile modo era venuto in Roma per infestarla, perché troppo liberamente in quella seminava falsi dogmi e sentenze, per modo che, caduta la di lui consorte in sospetto, fu la med. insinuata a consegnare la cura dell’amore suo ad un giovane e dotto confessore. non abusò ella di tale insinuazione.
Raccontata per tanto la sua vita sagrelega finalmente anco però dal tribunale della confessione, posta che fu in loco sicuro, acusò il marito Caliostro come uno de mottori della libertà e solevazione francese, aggiunse che tanto ancora si machinava da essi in Roma. Fu costretta darne la più esatta notizia al governo ed al S. Padre. Rinchiusa essa in un monastero p. precauzione di sua persona. Fu a vista carcerato il marito e poscia processato, rinchiuso in Castel S. Angiolo. Da suoi aderenti si contestò quanto la moglie aveva propalato. Accusò di più che esso avea machinato con altra setta coi Muratori per mettere in sollevazione tutta Roma.
Negli ultimi giorni di carnevale, in tempo notturno allorchè si fanno le feste licenziose dal popolo di notte tempo ed in questa guisa prendendo la opportunità del divertimento seguente. Usossi fino a questo punto, che fu l’ultimo anno, che quando si sentiva il colpo dell’ora di notte illuminare ciascun ambulante la città col tenere preparata una candela o strumento della medesima detto volgarmente mocolotto, ed allorchè sentivasi l’orologio battere l’ora di notte ognuno gridava Mucolotto! Mucolotto! e così si acendeva e caminava bacanalando per la strada, per cui la plebalia tallora acendeva le parucche e le cuffie in capo alle persone, onde ognuno stava cauto.
Aveva egli tramato con suoi aderenti attacar foco ancora ad un fenile principesco e nel mentre che il popolo correva allo incendio, dare il sacco al palagio, gridare libertà, e seminare cocarde e colli aventi li mucolotti ascendere il Campidoglio e fare così la sede de malcontenti e settari.
Ma Dio troncò la strada a tanta sceleratezza, che sarebbe stata la ruina totale della chiesa cattolica, che Dio permise fosse scoperta mediante la di lui moglie, donna di singular belezza.
Era ridotta a mal segno la seliciata del nostro Borgo nella via consolare, onde non si poteva quasi più transitare. Andavano di continuo premure alla Comunità affinchè si interponesse e facesse fare alli fronteggianti la via il respettivo rissarcimento al selciato. La Comunità che non era sorda ricorse più volte mediante il suo Console al Senatore deputato, che promise dar mano sempre, ma non corrispose l’effetto alle promesse. Li postiglioni e transitanti ne avanzarono le sue instanze al Legato che, chiamato il Consolo, le impose far turare tutte le buche che nel Borgo in quella si trovavano.
Il Consolo per non gravare la Comunità intimò alli aggiacenti il ristoro d’ordine del Card. Legato. Questi invece di seliciarla, riempiute le buche de ghiara, si sentirono maggiori clamori onde la Comunità ed il Consolo ricorsero al legato per il provedimento.
Essendo molto tempo che non era caduta pioggia e si vedeva mal preparata la campagna per li bestiami, la compagnia del SS.mo non fu tarda a discoprire la sua miracolosa Imagine del X.to e li 3, 4 e 5 giugno fatto un triduo, se ne ebbe la grazia il terzo giorno con abbondante pioggia.
Si ebbe notizia da Francesco Gallassi di Castel S. Pietro, sartore in Bologna, come il di lui nipote, virtuoso alla corte di Madrid, per nome Benedetto aveva fatto produzioni tali di musica si teatrali che eclesiastiche che quel sovrano per gratificarlo le aveva titolato del titolo di insigne cembalista con un aumento di 100 pezze finchè fosse stato alla corte ogni anno.
Caliostro che ben guardato stava in Castel S. Angiolo fu sentenziato di finire i suoi giorni nell’orenda carcere di S. Leo. Non fu giustiziato pubblicamente per fugire il tumulto de suoi aderenti fra quali vi erano principi. Costui fu filio di una schiava marochina, imperciochè accadde che, siccome l’Imperatore del Marocco e tributario del Gran Turco ha l’obbligo di presentarvi ogni anno sei giovinette delle più belle del di lui regno, così accadde che trasferendosi queste per mare al med. furono fatte prigioniere colla nave turca da catolici maltesi, onde trasportata in Malta il Gran Maestro, come raccontasi, se ne invaghì di una di esse, ebbe comercio colla med. e restò gravida. In questo tempo riscatata fu colle altre compagne. Trasportata al Gran Signore, questo conosciutala gravida fra poco e da essa manifestatole il tutto, fu ripudiata e rispedita in Malta, quivi sgravatasi del parto diede al mondo il fanciullo che poi fu nominato Cagliostro.
Fu fatto alevare dal Gran Maestro, educare nella legge catolica e finalmente amaestrato in ogni lingua, riescì in affari di importanza, in ogni scienza ed arti, bene istruito, viaggiò tutta l’Europa, gran parte dell’Asia ed America e finalmente stabilitosi in Parigi quivi prese stato. Lo inviluparono in ogni vizio e virtù, cosichè niuna per buona legge professando si apigliò a quella di vivere a talento, che è quella de Muratori liberi, nella quale distinguendosi, vi fece molte leggi.
Essendo poi angusta la porta maggiore del Castello sotto la torre per il passaggio de carri carichi di fieni, paglia ed altri strami, cosichè li careggiatori si lagnavano, per ciò Lorenzo Trochi, uno de consilieri, fece instanza alla Comunità per dilattare la porta montanara detta di sopra onde in Consilio, quantunque vi fossero delle opposizioni di alcuni consilieri a motivo di non avere la licenza publica, ciò non ostante prevalendo il N. dei più, il Trocchi mise mano alla fabbrica a suo talento. Ne andò la notizia al Governo e per ora non si ebbe alcuna rissoluzione.
Infrattempo venne lettera dall’Assonteria inibitiva alla Comunità di non far alcun lavoro ove era la porta vecchia presso la torre per ingrandire il macello, attese le instanze fatte al sig. card. Legato dal sig. Conte Luigi Bentivoglio abitante nella mia casa vicina a d. torre.
Contemporaneamente l’Assonteria nel di 23 giugno avvisò aver avuto riscontro da Roma come N. S. nella causa colla Villa di Poggio e Castel S. Pietro aveva deputata una Congregazione di Prelati per che esaminasero le agioni reciproche e furono li seguenti: Paracciani, Mastrozzi, Erschine inglese famoso, Consalvi ed Alessandro Lante.
Adi 24 fu estratto Consolo il sig. Francesco di Lorenzo Conti notaio. Questi dopo avere intesa la inibitiva dell’Assonteria di non dovere fare alcuna fabbrica presso il d. sig. Conte Bentivoglio, prese in se il carico di presentarsi in Assonteria a difendere le ragioni Comunitative si per la licenza non avuta che (…..) e come si voglia pagare la spesa. Con esso furono deputati il Consolo Gio. Battista Fiegna e Francesco di Pietro Conti in mancanza dell’altro.
Intanto si avvisò il Governo di questo: essendo consueto portarsi la Comunità in forma a visitare la chiesa de PP. MM. OO, ed ivi ascoltare la messa cantata, assisterla e ricevere li soliti riti, ma però nel secondo semestre, ciò nonostante il Consolo Fiegna, sapendo che il giorno di S. Pietro non avvi in questo Castello alcuna funzione, ordinò che la Comunità si portasse in questo giorno alla visita di S. Bernardino e Pietro al proprio altare, solenizandosi così la festa ancora del Principe delli Apostoli, primo protetore di questo loco di cui ne riportò il nome.
Poiché poi la chiesa cattolica trovasi molto travagliata di eresia, da sedizioni, tumulti e solevazioni, temendo il Papa di qualche grave novità, ordinò in Roma un giubileo universale, il quale fu anco esteso a tutte le diocesi dello Stato Eclesiatico, lasciando in libertà li ordinari determinare li giorni e chiese.
Però il nostro arcivescovo di Bologna, con poca riflessione alle facende della campagna per la corente messa, dove che li poveri villani non solamente non possono far la parata alli raccolti che Dio per su misericordia ci ha donati in tutto abbondantissimi e molto più non potranno digiunare li tre giorni destinati nel breve delli 8 cadente giugno, e così ancora li poveri montanari mietitori non potranno ricevere le beneficenze di S. Chiesa e visitare le loro respettive Parochie destinate per ricevere la Indulgenza ed il tesoro di tanta grazia, havendo destinati il vescovo per tanto li otto giorni prescritti dal Breve, ma ad esso lasciati in libertà. Esso però li destinò dall’ultima domenica di giugno fino alla prima di lulio, onde vi furono e tuttavia vi furono infinite lamentazioni, dicerie, biasimi e vilipendi allo stesso arcivescovo, perché pochi potranno fruire di questo bene, così che sono più li peccati che si comettono di quello che il bene che si aquisti. La stampa di tale concessione è l’annessa [A41] a schiarimento di tutto.
Adi 7 agosto si infirmò l’E.mo Ignazio Boncompagni in Lucca ove eravi andato ai bagni e per una febre putrida e biliosa doppo fiero vomito di malaria gialla, il dì nove passò all’altra vita in età di anni 47. Le esecrazioni, improperi e maldicenze, sarcasmi, sattire ed imprecazioni che escono dalla bocca de malcontenti bolognesi e romagnoli sono indicibili, non che imaginabili, per la varietà ed invenzione a motivo di essere stato questo virtuosissimo prelato il motore di tante novità nello stato eclesiastico. Fu sepolto con onore.
Adi 13 d. morì in questo Castello Flaminio Fabbri decano della Comunità d’anni 84. Questa famiglia regge in un solo rampollo che è Floriano suo filio, uomo quanto che troppo veloce nel suo operare, altretanto compatito da ognuno.
Adi 23 d. esendosi portata giorni sono la Marchesa Cospi Ghisellieri favorita già dall’E.mo Boncompagni in questo loco nella casa Caldarini a vileggiare, fu visitata da D. Abondio Rezonico, cognato di d. E.mo per avere in moglie di lui sorella, odierno Senatore di Roma. Fu ricevuto con quelli onori ed accoglienze che si convengono a chi tiene tale carica e dignità unica dell’antico Senato Romano, che si possiede sempre da un nipote pontificio, e, fatti colla marchesa li offici di condoglianze, partì la mattina seguente per Bologna.
Adi 30 d. giorno di lunedì venne una tempesta orrida che ruinò tutta la prossima vendemmia, essendo accompagnata da turbine, si scopersero molte case in questo nostro comune nel quartiere del Gaggio. Fu così grossa ed improvvisa che li volatili perirono numerosamente e li colombi si portavano a ceste nell’ostarie.
Si incominciò la vendemmia solo alla fine di settembre e per la gran sicità le bestie anellavano di sete, li fiumi erano scarsi di aque. Quasi tutti li pozzi di questo Castello furono senza sorgenti, così che non vi fu casa che non facesse espurgare li med. per avere aqua, ma poco ne fu il frutto.
L’Arciconfraternita del Rosario adi 3 ottobre giorno di prima domenica, avendo publicato l’invito di solenne festa, vi si aggiunse anco la corsa di cavalli berberi, mai più fatta in questo Castello, che fu di 4 cavalli cominciandosi la mossa nella via romana dall’alta di Marazzo e la ferma fu dalla chiesa di S. Bartolomeo. Furono giudici della mossa il tenente Gian Francesco Andrini e Stefano Grandi, alla ferma Francesco di Pietro Conti.
La festa nella chiesa fu bellissima, Nicolò Giorgi fece le veci del sig. senat. Marchese Periteo Malvezzi Lugari priore della Compagnia del Rosario. Fuvvi gran concorso di forestieri. La corsa de barbari si eseguì con licenza dell’E.mo Legato, che nella supplica datale dalla Compagnia fece il suo rescritto che si eseguisse con l’assistenza e vigilanza del Consolo della Comunità ed accadendo inconvenienti ne desse la relazione.
Adi 19 ottobre martedì matina su le ore 13 arivò l’E.mo sig. Card. Duca d’Yorch colla sua corte e qui si fermò per una grossa ora, andò all’arcipretale, celebrò la S. Messa all’altare del Rosario, scoperta la S. Imagine, assistito da questa Arciconf. del Rosario, poi preso il ciocolato se ne partì per Roma con la sua corte.
Nella stessa giornata si publicò la nova che era stato eletto Imperatore in Francoforte Leopoldo d’Austria fratello del defunto Giuseppe Imperatore, genero del Re di Spagna, cognato del Re di Francia e cognato del Re di Napoli per due di lui sorelle e cognato altresì di D. Filippo Duca di Parma e Piacenza.
Quaranta milla zechini e 40 mila talari coniati in Napoli furono gettati al popolo in Francoforte, d’ordine del Re sudd. Si lasciano le altre buttate di danaro e feste che si fanno in questi stati.
La guerra col turco fra l’Imperatore, colla Moscovia prende più foco, cosichè queste due grandi potenze aleate sembra che lo voglino umiliare ne stati e che ad esso si unisca anco il veneziano per avere li suoi regni di Candia, Morea e Dalmazia.
Ieri sera in Bologna avendo li sbirri trovato un cadetto militare del pressidio in compagnia di una donna il di cui nome e patria è Vitale qd. Antonio Mansani capitano già di Doccia, fu arestato e carcerato da sbirri colla donna, quantunque facesse tutta la resistenza colla spada. Nel condurli alle carceri incontrò una patulia militare la quale fatto il, Chi va là! Riportata la risposta della Corte, si avicinò un corpo coll’altro. Veduto il carcerato li suoi coleghi militari le disse: Guardate come sono tratato, se avete cuore per l’onore militare, questo è il tempo. Quindi la patulia calati li archibugi con baionetta in canna, fecero alto e fecero lasciare in libertà Vitalino Mansani e fece se lo condurre.
Fu terminato per poco il rumore che il di seguente 20, radunati li birri tutti in guardiola e fra loro fatta conventicola di volersi rifare co’ soldati ed attacare scaramuccia. Fu riferto alli altri del corpo militare per lo che, adirati li soldati, Vitalino con un suo compatriotto per nome Domenico di Giulio Secreti anch’esso cadetto, andarono in più di cinquanta coll’armi imediatamente nella guardiola de sbirri, vi portarono via le armi e quanti ne trovarono li bastonarono, poi andarono una parte fuori di Saragozza ad una osteria dove erano li birri stessi che avevano caturato Vitalino, li caricarono di bastonate, li levarono tutte l’arme e poi li mandarono alla città.
Vedendo la male parte il Bargello si ritirò col cancelliere in loco imune e poi comandò a tutti li suoi sbirri che andassero fuori di città, come di fatti sortirono di notte tempo per porta S. Vitale e per S. Isaia. Questa truppa di sgherri petulante jeri mattina in N. di 30 erano al mercato di Medicina, dove fecero strage nelli poveri bottegari e venditori di comestibili portandosi la robba a forza.
Jeri sera 21 corente, venero in questo Castello con armi calate, il primo saluto fu quello di andare alle macellarie e farsi dare la carne che loro piaceva senza danaro e la paga si fu una minaccia di bastonate ed archibugiate, stando qua e là a spartiti ai posti. Questa mattina giorno di venerdì 22 d. si divisero in tre truppe, una parte andò sopra li venditori di maroni in questo mercato e sciolti li sachi si prendevano quel che volevano, così alle masse di cipolle, poi ai pescivendoli, indi alle botteghe facendosi dare ciò che volevano senza pagare cosa alcuna perfino la polvere da schioppo e la stoppa, così che sembravano tanti assassini ammutinati, in danno de poveri bottegari e venditori di robbe. Verso le 15 partirono verso Sassoleone tutti in truppa.
Ecco la superchiaria de’ questi custodi illibati del bon Governo, ladri impuni ed assassini della povera gente nella robba ed anco nelle persone, cosa che fa temere d’assai. La città non ha per ora che soldati, questi hanno la piazza in suo potere. Si guarda da ogni canto. Il Card. Legato trovasi alla visita delle aque. Tutti li Ritirati si sono uniti in piazza in ajuto de soldati che è quanto ora si sente.
Adi 9 novembre Mons. Vescovo di Gubio Angelelli in compagnia del senatore di lui fratello, venendo dalla parte di Romagna in giorno di martedì la matina di buon ora si fermò in questo Castello e alle ore 15 celebrò la sua messa all’altare del Rosario in questa arcipretale e poi subito, preso il ciocolato, se ne andò a Bologna.
Avendo il Papa posto alle confine di Romagna anni sono li uffici di dogana coll’avere riformati alcuni dazi camerali alle sue provincie, toltone Ferrara e Bologna, in linea di mercanzia così, bramando anco unire la nostra provincia alle sue nove finanze, fece intendere a bolognesi che si sciegliessero uno dei due partiti cioè o di essere riconosciuti per forestieri in quanto alla marcatura col pagare il 60 per cento o soggetti alle sue finanze pontificie, imponendo al Senato esporre proclami acciò ognuno dicesse il proprio sentimento. Li proclami non sono stati affissati, solo il Senato ha spedito il consultore Giacomo Pistorini col suo voto al S. Padre, che alli primi del corrente dicembre se ne partì per Roma col Sen. Savioli.
Girano vari voti di avvocati e mercanti, fra questi ultimi ve ne ha uno, il nostro Rocco Andrini di Castel S. Pietro, che tiene il partito di doversi unire alla finanza di Roma, lo mostra facendo con forti ragioni vedere quali pregiudizi ne verranno per il libero commercio colla Romagna se Bologna ricusa la unione proposta. Si fanno perciò grandi ovazioni.
Adi 5 dicembre 1790 Luigi Beltramelli del fu Giacomo Antonio e di Lucia Lunghini, detto volgarmente Magallo, di questo Castello, grandissimo ubriacone, essendo pasqualino di anni 5 nè volendosi emendare dalla ubriachezza, Dio permise che nell’osteria di S. Marco, entro questo Castello, cadesse. Dopo la caduta, perduta la favella, fu portato a casa dove il di seguente senza dar segno di vita, incapace di ricevere assoluzione, privo di cognizione e molto miseramente morì in bracio al diavolo. Stette insepolto fino al di 7 vigilia della Madonna e poi, privo di sepoltura ecclesiastica, fu sepolto nella fossa di questo Castello dietro la mura del cassero della Roccazza superiormente, non rimanendovi alcun segno. Morto questo disgraziato li suoi fanciulli in età tenera sortendo di casa con letizia, gridavano è morto, è morto il disgraziato, volendo così Signore anco per bocca dell’innocenti manifestare la sua onnipotenza nel propalare li suoi castighi.
Il med. Magallo aveva alltri tre frateli cioè Tiburzio, Domenico detto Castagnazzo e Diego detto usualmente Don Diego perché era stato tonsurato, poi converso dell’ordine agostiniano in S. Bartolomeo di questo Castello. Tiburzio ancor esso grande ubbriacone, dodici anni sono circa e cioè l’anno 1778, essendo ubriaco ostinato, pensando di entrare nella propria abitazione che aveva nelle case del cap. Lorenzo Graffi dette il Conventino nella via di Saragozza di sotto, apena entrato nella prima corticella precipitò giù di una scaletta di cantina e restò senza sacramenti morto.
Diego pure abandonata la Religione ed il chiericato si ammogliò in Cento con una vedova che aveva figlioli, il med. predominato ancor esso dal vino, venendo a casa una sera ubriaco, tentò di battere la moglie, ma sorgiuntole di dietro le spalle senza accorgersene da un figliastro questi con un bastone pesante le diede un colpo sul capo che, resolo aplopletico, in poche ore morì miseramente ubbriaco. Resta solo delli quattro fratelli sudd. oggi vivo Domenico, detto Castagnazzo, grandissimo ubbriacone il quale vedendo morire il sud. Magallo ridendo ed essendo ubbriaco esclamò: si move, si move, ma noi intanto andaremo a bere un boccaletto all’osteria a dispetto di chi non vole ed ondeggiando se ne partì ed andossi alla bettola, onde purtroppo si attende vedere il quarto castigo dell’ira divina contro questa sorta di genti.
Adi 16 dicembre fu estratto per Podestà di Castel S. Pietro D. Giovanni Lambertini.
Adi 27 d. fu estratto Consolo per il venturo semestre 1791 Giuseppe Montini.
Si ebbe nova come nella Francia già sollevata ed ivi cominciando a vacillare la religione catolica, duecento23 vescovi venivano da que popoli spoliati de loro patrimoni, onde li parochi zelanti le corrispondevano porzione delli suoi rediti, altri vescovi si ritirarono a convivere alla comune colli loro seminaristi. Il vescovo di Nantes, come uomo santissimo e fortissimo nella religione, dopo avere con omelie fortissime esortato la sua diocesi a stare costante, fu ricercato da una amutinata turba nel di lui palazzo, ma accortosi delle insidie se ne fuggì di palazzo travestito e furono delusi li masnadieri che lo volevano in una orida prigione, oppure chiuderlo in un legno inchiodatolo dentro come una robba e poi consegnarlo alla discrezione di indomiti coroti.
L’imperatore Leopoldo, declinando ancor esso dalla via buona, ha publicato il suo decreto che ne suoi stati ognuno possa vivere in quella religione e setta che le pare, di più ha fatto sapere al regnante pontefice Pio VI che vole la sentenza sopra il dogma di mons. Ricci, vescovo di Pistoia affine se è reo di punirlo e quando non sia tale, vole che per reintegro della sua riputazione e nome sia coperto della porpora cardinalizia.
Mentre la religione catolica vacilla sotto l’impero della Francia ed Impero latino, dall’altro canto Dio vole che si estenda nella Polonia ed estenda le sue vermene cristiane poichè que popoli, per li progressi che si fanno nella vera legge, hanno chiesto al S. Padre la riviviscenza della religione dei Gesuiti e nella Russia, ove non furono estinti, quella sovrana imortale Caterina seconda per le sue grandi conquiste ed estensione di impero che fa sopra l’ottomana nazione, ha chiesto ancor essa al S. Padre la conferma ne suoi stati della Religione Gesuitica, onde instruiscano li suoi religiosi le genti nel retto e buon vivere e nelle belle arti e scienze.
Il Pontefice poi, premuroso che li suoi suditi godino delle beneficenze sue col volerli esentare da gabelle ed aumentare le manifatture, ha fatto intendere al nostro Senato di Bologna che se vole esso colla provincia bolognese godere di quelle grazie che ha dispensato nella Romagna, Umbria e ducato d’Urbino, Marca e cioè che le manifature dello stato pontificio possino per il medesimo liberamente girare con una sola boletta di fede essere robba fabricata in Stato, vole da altro canto che tutte le manifatture estere paghino il 60 per cento e le finanze bolognesi siano incorporate nelle finanze universali, lasciando poi al Senato li dazi comunitativi.
Che però ha fatto al med. Senato il seguente dilema: o dichiararsi esteri e forastieri li bolognesi in quanto alla marcatura o sogetti alle finanze papali e, per efettuare il tutto con comune consentimento, ha ordinato che si ponghino fuori proclami anco alle comunità del contado onde ognuno dica il suo sentimento e con voti decida, avertendo che se si uniscono alle finanze papali si avrà il libero comercio di bestiami, grani e comestibili reciprocamente senza paga di tratto e gabelle ed oltre ciò si potranno nella provincia di Bologna esercitare qualunque arti e manifatture e così tenere impiegate le popolazioni nell’industria e lavori e con ciò si è terminato il 1790.

1791
Entrato l’anno 1791 di nostra redenzione, non essendosi veduta alcun proclama per la parte di Bologna secondo li ordini pontifici sopra la scielta della incorporazione nella finanza pontificia o dichiarazione di essere esteri, la Comunità della podestaria di Casalfiumanese, Castel S. Pietro e Medicina come quelle che sono limitrofe alla Romagna, credendosi angustiatissime da firmieri di Bologna per la circolazione delli generi, comestibili, lavori, concimi, prodotti e bestiami cosichè, voltando le spalle alla città se non si ha accompagnatura di boletta si cade in frode per sospetto di estrazione, nè si possono nemeno abbeverare le bestie di questo loco nel vicino Silaro, né condurle al maschio o alla femina per la procreazione, essendosi già avvanzata suplica al S. Padre per essere in qualche modo sollevate queste Comunità ed avendo avuto dal med. il favorevole rescritto che habebitur ratio tempore (…).
Quindi, non vedendosi altresì per la parte di Bologna alcuna rissoluzione, fu avvanzata altra suplica a N. S. in seguito della quale fu scritto al Senato di Roma che assolutamente dal med. si decidesse sopra il dilema pontificio e fu pure scritto al Legato che, non essendosi interpellate le Comunità per il loro voto, dovesse il Legato chiamare le ricorenti sudd. ed anco li individui componenti le med. per averne il loro voto.
In seguito lunedì scorso 24 genaro il Senato, convocatosi e dopo lungo contrasto fra Senatori, fu deciso di chiamarsi esteri in quanto alle merci, colla suplica però al S. Padre di avere la libera e reciproca circolazione in quanto alle vittuarie.
Nello stesso giorno in casa del signor Rocco Andrini si fece un congresso delle sud. comunità ricorrenti per non fare publicità sopra il modo di contenersi in questo frangente tanto rapporto a Roma che rapporto a Bologna col cardinale.
Intevennero a tale consilio e congresso li seguenti e cioè per Medicina li signori Giuseppe Rusconi Consolo, Pietro Modona, Domenico Gentili deputati e ser Giacomo Piazza notaio e segretario, per Castel S. Pietro i signori Francesco qd. Lorenzo Conti proconsolo in assenza del Consolo, Francesco di Pietro Conti e ser Ercole Cavazza segretario. Per Casalfiumanese i signori Francesco Zuffa Consolo e ser Antonio Giorgi vicepodestà delle otto comunità della podestaria di Casale deputato.
Doppo lungo discorso e proposizioni fatte dal sig. Rocco sud. e dal di lui filio sig. Domenico Andrini abitante in Imola e che caldeggiano l’affare, fu rissoluto che accadendo la chiamata di qualcuno delle sudd. comunità dal sig. Cardinale, dovesse comunicarsi alli altri colegati per governo comune e ciò fatto dopo aver altresì fatti diversi fogli con sommari delli pregiudizi che sentiamo tutti, fu terminato il congresso.
Non essendosi per tanto chiamate le comunità instanti dal Legato e né tampoco li individui delle med. il Curiale di Roma fece nova premura all’e.mo segretario Zelada, che scrisse susseguentemente al Legato chiedendole il motivo della non fatta chiamata, onde rispose che non aveva chiamato li individui e né pure fatte convocare le comunità sul riflesso che già per Bologna sapevasi il nostro ricorso, onde il S. Padre rimise tutto alla congregazione da esso deputata. Quindi per che tutto vada a dovere si è scritto a Roma al Curiale Francesco Pirelli acciò facia esso dall’e.mo Segretario di Stato sig. card. Zelada un ordine diretto alle comunità ricorenti perché facino esse una canonica adunaza e quivi si rissolva a scanso di qualunque evento sinistro.
Adi 26 febraro in Bologna fu decapitato il ladro famoso del Monte in sabato col nome di Girolamo Luchini, quantunque sia della familia nobile Ridolfi dello stato veneto. Fu uomo di acutissimo talento, cui nulla ci riusciva di dificile e chi legge il suo processo stampato nella diffesa dell’avvocato Magnani difensore de rei, non potrà che riconoscerlo nel talento un mostro di natura per le sue più ardue invenzioni.
Fu publicato l’indulto per ogni cibo.
Adì 15 marzo Angiola Pasquali di questo Castello che fu la prima a cessare di vivere, sorella del 3° ordine di S. Francesco Saverio all’altare della Comunità, come si disse pochi anni sono, morì e fu portata alla chiesa di S. Francesco vestita di quell’abito e li furono da questi religiosi fatto quelle esequie e cerimonie che costuma il loro ordine alle monache terziarie e nell’avello a ciò destinato per le med. dal Gio. Antonio Bolis, famiglia pochi anni sono trasferita e stabilita in Medicina, fu sepolta. Nella lapide si legge la addecontro inscrizione
Joannes
Antonias Bolis
In Ca. S. P. sibi ..suis, ac fratibus
e soribus terti ordinis
S. Franciscis
1773
Il popolo di Medicina affine di avvalorare le supliche date da quella loro Comunità al S. Padre per la unione alle Finanze Pontificie e smembrazione da quelle di Bologna, fece un lungo memoriale soscritto da 150 persone eclesiatiche e secolari e presentatolo alla sua Comunità fu pregata farne la rappresentazione
al Santo padre, il che fu eseguito. Copia del quale se ne trova anco nell’archivio della nostra Comunità. Contiene li abusi, assordi, e estorsioni che si fanno da bolognesi alla loro popolazione, l’inceppamento all’industria nel fabricare tabachi, sapponi ed altre cose, la vendita del vino ristretta a soli tavernieri.
Venuto ciò a notizia alla nostra popolazione di Castel S. Pietro, la med. su tale esempio fece ancor essa il suo memoriale diretto alla nostra Comunità soscritto da 120 persone, continente le vessazioni che si anno giornalmente da dazieri di Bologna ed altre angustie in N. di undici capi cioè.:
1- La opressione del Dazio Pesce quantunque incamerata di 200 anni addietro.
2- Il Dazio Orto instituito per la sola città, che si estende al nostro paese.
3- Le Arti e manifatture limitate a capriccio di Bologna.
4- Le liti che si hanno di continuo per le Arti in spreto de giudicati.
5- La cavatura o sia tiratura de bachi da seta limitata alla città e proibita.
6- Il vino che solo a tavernieri è concesso venderlo alla minuta e denegato a particolari, quantunque pagassero il loro dazio.
7- Il Teratico osia Massaria gravata e addossata a soli comitatini e, quantunque paghino l’estimo, se vogliono introdurre il di più de racolti in Bologna le conviene pagare anco il Dazio Porta alla città.
8- In Castello niuno presiede alla vigilanza delle vettovaglie, mentre solo il magistrato di Bologna vole e fa risservare questa giurisdizione.
9- Le strade sono tutte disastrose e malconcie per che solo il magistrato dell’Ufficio dell’Aqua di Bologna vole esso invigilare e nulla opera.
10- Li Pesi e Misure in paese non vi è chi li riveda e portandosi a Bologna a coniarle nel ritorno sono già rovinate.
11- Finalmente per le cause civili sono 4 mesi che sta chiuso questo tribunale ed il cavaliere estratto senza nulla operare si pone in tasca a capo d’anno la assignazione fattale sopra li tereni della nostra podastaria composta di 16 Comunità, che è di scudi 260.
Sogiungendo infine che sicome il nostro Castello fu da Nicolò V restituito a Bologna per che fosse meglio trattato ne è accaduto il rovescio e molte altre indicazioni vi sono che è lungo il trascriverle.
Adi 6 aprile giunge in Bologna la regina di Napoli Donna Carolina d’Austria col marito che accompagnava il Gran Duca novo di Toscana, fatto sposo colla sua famiglia e che andava al possesso del suo Ducato, vi erano anco seco le due sorelle del povero Re di Francia, fuggite col pretesto di andare ai S. Luoghi di Loreto o Roma, da Parigi nelle rivoluzioni di quel reame e per il Governo e per la Religione catolica.
Adi 7 d. passarono di qui alle 20 ore le suddette Principesse auguste Adelaide e Vittoria, addimostrando nel loro volto senile colla maestà anco il cordoglio delle loro vicende. Furono accompagnate con 74 cavalli della Legazione.
Sicome l’anno scorso fu fatta instanza a cod. sig. arciprete Calistri che, dovendo il corpo della Comunità intervenire alle funzioni, bramava essere ricevuto coll’aqua benedetta alla porta della chiesa. L’arciprete prese tempo a determinare onde in oggi, fatta nova instanza dalla Comunità al med., esso ritornò al principio, sichè il di 17 d., ritornati li due deputati Francesco Conti Proconsolo e Conti Depositario della Comunità dall’arciprete, replicò questi che non riscontro aveva di Bologna.
Sichè riferito ciò al Corpo comunitativo fu rissoluto la sospensione dell’offerta delle tre libre di cera e la visita all’ orazione delle 40 ore. Fu presentato il memoriale sud. dal popolo alla Comunità.
Adi 20 aprile mercordì Santo fu chiamato pieno Consilio e fu proposto se dovevasi spedire a Roma il sud. memoriale e se dovevasi far presentare per Curiale, onde ciò per pieni voti affirmativi fu rissoluto il si e poi si fece a rogito di ser Antonio Giorgi procura nell’abate Francesco Pirelli romano, e conseguentemente anco sopra questo affare furono fatti due assonti che sono il sig. Francesco qd. Lorenzo Conti proconsolo e sig. Francesco di Pietro Conti con tutte le facoltà necessarie.
Ad imitazione della Comunità nostra e di Medicina, li mercanti di seta di Bologna si unirono e spedirono a Roma l’avvocato Pietro Aldini al S. Padre, vociferandosi che bramavano la unione alle finanze pontificie.
Venne avviso che il famoso Caliostro condannato in Roma di infinite iniquità di solevatore, micidiale, negromante, apostata della religione catolica e protettore della setta de Muratori Liberi, veniva relegato nella oscura carcere della fortezza di S. Leo.
Essendo stato fatto ricorso al sig. Card. Legato con suplica de mercanti di Medicina, di Budrio e di questo Castello per la impraticabilità della via che dal Borgo di questo Castello porta a Medicina, l’architetto publico Gio. Giacomo Dotti fu destinato da Assonti di Governo alla visita di questa strada che seguì il di 3 maggio e vi andò seco il sig. Gio. Battista Fiegna comunista e Remigio Cella per parte de ricorenti, mentre l’altro era per la Comunità.
Adi 24 giugno fu estratto Consolo Pavolo Farnè.
Ieri mattina, ricorrendo la solennità del Corpus Domini, la Comunità intervenne secondo il solito alla processione, ma per che l’arciprete non volle prestarsi a ricevere coll’aqua benedetta alla porta della chiesa il Corpo della Comunità e così la frateria, perciò la Comunità si fermò alla porta della chiesa e qui ricevette sotto il baldachino il SS.mo e lo accompagnò per tutta la lunghezza del cemetero fino alli porticati. La Comunità poi, non avendo portate le tre libre di cera all’orazione delle 40 ore la settimana santa, prese questa occasione di regalare la cera alla compagnia del SS.mo facendo l’apparenza con una torcia collo stema comunitativo.
Avendo poi N. S., in seguito del memoriale dato dalla Comunità di Medicina e dalla nostra sopra le angustie presenti, ordinato a Bologna che si abolissero le Bolette di Giro, così il 29 fu pubblicato il Bando della abolizione, giorni sono stampato che qui si annette, (vedasi la nostra raccolta documenti.)
Adi 30 d. inerendo la Comunità alle petizioni di Antonio Melini per avere il suolo ove erigersi una concia da pelli in vicinanza del fiume, si concesse la punta di tereno infraposta fra il macero ed il canale da godersi per anni 15 di che ne fu fatto rogito da me Ercole Cavazza che ,ciò eseguito, rinonciai poscia ancora all’officio di segretario della Comunità dopo il servigio di anni 30 prestato. In seguito di ciò l’Assonteria interpellò la Comunità della causa e motivi di tale rinoncia.
Adi 25 lulio stante l’abolizione della Boletta di Giro sud. essendo nati alcuni dubbi fu schiarita mediante notificazione cioè che le robbe o merci qualunque che si trasportano da un comune all’altro debono essere acompagnate da boletta dell’ufficiale e quanto all’alle d. robbe che vanno alla città siano accompagnate dall’attestato del massaro locale ove si levaranno le d. robbe con la paga di un solo mezo bajocco per boletta.
Essendosi sferrati da seicento condanati alle galere pontificie in Civita vechia, vennero per ciò non pochi in questi contorni e si nascosero nella vicina boscaglia, segnatamente in Castel de’ Britti e Pizzocalvo e nelle nostre coline di Castel S. Pietro ed imolese. A Pizzocalvo andarono alle case delli Savini ed alla chiesa loro nelli giorni di S. Lorenzo ruinando le cose sagre. Fu perciò ordinato dal comandante Conte Camillo Malvezzi, con ordine dell’E.mo Archetti Legato, al nostro cap. Pier Andrea Giorgi mediante lettera che facesse patuliare i miliziotti per espelere o caturare li malviventi, li quali ancor quivi si sono annidati.
Adi 12 agosto venerdì mattina, trovandosene 4 di questi fuorusciti nelle nostre vicinanze, trovarono una giovinetta di buon aspetto che veniva dal palazzo Stanzani a Castel S. Pietro con formaggi ed ova e fermatala le chiesero cosa aveva nella paniera e risposto che teneva li comestibili sudd. le levarono tutto ed abbracciatala se la portarono seco col gettarle adosso un tabarro e coprirla perché non vedesse e perché non sentissero tanto le sue strida. Questa si è la figlia di Angiolo Trochi per nome Anna.
Adi 15 d. la med. fu lasciata in libertà, atteso che la sbiraglia di Bologna co’ villani di questi quartieri facevano cordone per averli nelle mani, ma di notte se ne fugirono. Li capi erano Giacomo Tomba, detto Scarpetta da Doccia, che fu quello che la notte di S. Pietro scorso incendiò la casa del loco, detto la Quercia, presso S. Barbara sotto la rocca di Dozza per incendiar viva la sua amorosa che l’aveva lasciato, anzi discacciato. L’altro era Giacomo filio di Pietro Ciuchini, detto Pirrone, de Pianelli del comune di Doccia, fugito di gallera.
Adi 22 settembre l’E.mo Legato Gio. Andrea Archetti venne a Castel S. Pietro col suo vicelegato monsig. Da Aquino ed altri di loro corte. Stettero in paese tutta la giornata per loro diporto, allogiarono alla locanda del Portone e furono contentissimi. L’E.mo si portò alle fabriche delli gargioli di questo Borgo e Castello, se ne prese il pensiero di visitare li lavori, ad alcuni, che manipolavano il lavoro alla schiantina e poi lo accomodavano alla nostrana, furono ripresi. Andò su la riviera del Silaro dietro li palazzi poi alla fontana e ne mostrò il piacere tanto del fabricato del paese che della sua situazione ed aria buona, ascoltò messa nella arcipretale poi la sera sul tardi se ne partì per la sua vileggiatura fori strada maggiore a S. Lazaro in loco detto la Scornetta.
Adi 29 settembre essendosi terminata la pellacanaria o sia conciera da pelli da Antonio Mellini imolese sopra la ripa del Silaro in una punta di tereno della Comunità, come appare da mio rogito fatto l’ultimo giorno di giugno scorso, il med. matino cominciò a conciarvi pelli d’ogni sorte. La Comunità vi concesse il suolo, li materiali dello sfacimento della porta di sopra del Castello detta Montanara, da godersi tale fabrica per anni 15 dal med. Melini e poscia rilascir libero l’edificio alla Comunità.
Adi primo novembre, secondo il consueto essendosi chiamato Consilio, furono proposti al partito per le conferme li stipendiati publici. Il dott. Giuseppe Muratori medico ebbe l’esclusiva, quindi per che si scoperse un manopolio fatto dal not. Francesco Conti moderno cancelliere e segretario della Comunità, che aveva obbligato la condotta medica al dott. Valerio Bartoluzzi medico venturiero in Castel Bolognese, rissentiti alcuni della Comunità di questo sottomano, spinsero il dott. Muratori a Bologna perché si presentasse al senatore deputato alli affari di questa Comunità che è il sig. marchese Guido senatore Barbazzi ed ad esso ne presentasse la informazione dell’occorso col rescritto fattole dalla Comunità. Egli ubidì prontamente e presentossi anco all’Ec.ta Assunteria di Governo col d. rescritto e per che questo era stato fatto con artificio e cioè che veniva licenziato colla gratificazione però di annue lire cento vitalizia da distrarsi dall’emolumento del medico sucessore, che così appunto era stato concordato dal sud. Conti col Bartoluzzi.
Venne l’Assonteria in malizia di tutto per essere incompatibile la gratificazione che importa merito, colla esclusiva che importa demerito, onde imediatamente ordinò per lettera alla Comunità che si riproponesse il medico e si chiamassero tutti li consilieri. Furono negativi il Consolo Pavolo Farnè, Francesco di Pietro Conti, Lorenzo Trochi e Francesco Conti not. e cancelliere acenato, adducendo che il fatto seguito dalla balotazione era stato legittimo e canonico giusto li Statuti della Comunità né per ciò volero porre partito a diversità delli altri consilieri che protestarono volere obedire li ordini di Governo.
Infrattanto li negativi risposero li sud. suoi sentimenti all’Assonteria e poscia ricorsero anco a Roma, ma mentre si attendeva la risposta, il governo di Bologna si presentò in forma all’E.mo Legato facendoli constare la disubidienza e manopoli. L’e.mo a vista scrisse al Consolo onde si prestasse alla nova riproposizione. Indugiò il Consolo la risposta al sig. Cardinale all’effetto che corendo il tempo dell’indugio ne venisse di Roma qualche riscontro.
In questo frattempo essendo spirato il giorno di S. Martino 11 novembre in cui conviene alli lardaroli mazellar majali, né esendosi da med. volsuto prendere il dazio a motivo della tariffa bassa, pagandosi la carne porcina lire ventidue il cento, cosìche nel paese era gran schiamazzo nel popolo che non aveva grasso, ne salcizzi, né altri condimenti per modo che ne andò l’avviso al sig. cardinale ed alli tribuni, ne accadde però che imediatamente fu spedito in questo paese il Magistrato intero col giudice e ritrovato il fatto vero furono tutti li lardaroli catturati.
Fra questi il Consolo Farnè che faceva andare una bottega da lardaria, vi cadde anch’esso. Citati tutti a Bologna nel Magistrato, vi comparve il med. Farnè e stando saldo a non volere mazellar majali ne andò l’avviso a sua Em.za e come per anco lo stesso Consolo non aveva data alcuna risposta a persuasiva del d. cancelliere Conti al sig. Cardinale e ne tampoco aveva chiamato Consilio, per vedere che arivasse di Roma qualche ordine per il fatto del medico, così montato in ira fori del solito sua Em.za fece imediatamente carcerare il Farnè, che fu il di 22 novembre, poi ordinò al Magistrato che scrivesse al proconsole della Comunità imediatamente onde personalmente intimasse a lardaroli lo sbanco di grasso e selcizze. Il proconsolo Mondini che si era restituito in Bologna, non essendo in Castel S. Pietro, convenne a me Ercole Cavazza come decano della Comunità eseguire li ordini del Magistrato rissultanti dalla seguente lettera [A42]. Cui fu risposto come a tergo. [A43]
A vista in compagnia delli altri due consilieri cap. Pier Andrea Giorgi e Gio. Battista Fiegna mi portai alle botteghe de lardaroli tutti e le feci la intimazione del Magistrato colla lettura della sud. lettera e poi ne feci il riporto al magistrato. Giunse poscia lettera dell’E.mo Legato alla Comunità imponente alli med. di dovere spedire a Bologna il sud. cancelliere Conti all’effetto di rendere ragione a su Em.za del motivo per cui non aveva risposto alla sua lettera diretta al Consolo, stante che il med. costantemente in carcere asseriva la di lui mancanza provenire dal cancelliere che asseriva potersi dilazionare la risposta e che oportunamente avrebbe esso a ciò adempito.
Il Consolo rimanendo carcerato solamente il di 29, il Conti andò a Bologna ove giunto presentatosi a sua Em.za ebbe dal med. la minaccia della fortezza e convertita la pena nella città per carcere per otto giorni a mediazione del signor conte Pietro Bianchetti, fatta la penitenza coll’altro, venero a casa la vigilia della Concezione.
Li villani di Poggio prosseguendo in Roma le loro instanze presso la Congregazione deputata dal Papa, comparvero giuridicamente con mandato, mentre dalla Comunità tanto si pretendeva affine di sapere con chi contendeva per la riffusione delle spese in caso di vittoria, copia del qual mandato è la unita.
Avvendo rinonciato alla carica di maestro publico di scola il sacerdote D. Giuseppe Tozzi di Massa Lombarda, questa Comunità mise fuori li inviti a questo publico Ginasio.
Adi 16 dicembre fu estratto per Podestà di Castel S. Pietro l’avvocato Eligio Nicoli, onde vedrassi se si starà nell’anno venturo anco senza loco tenente in questo Castello.
Adi 27 dicembre fu estratto Consolo per il venturo semestre 1792 Gio. Alessandro Calanchi e consecutivamente fu eletto per novo maestro l’Abate Giuseppe Castellani faentino bravo poeta.

1792
Stante il Breve del regnante Pontefice sopra la reciproca esenzione di comercio per le manifature, bestiami ed altro, adi primo genaro cominciò avere il suo effetto, stampa del qual Breve è l’unita.
Adi 5 genaro Giuseppe di Marco Lasi di Castel S. Pietro abitante in Bologna ivi amogliato uccise un solfanaro sotto la parochia di S. Vitale a motivo che il med. solfanaro per nome Giacomo Remedi voleva acrescere la pigione della casa al d. Lasi questi, appena fatto l’omicidio, andò all’osteria della Pigna e doppo avere cibato fu imediatamente carcerato e condotto nel Torone incatenato
Adi 6 d. giorno della Epifania nella chiesa delli agostiniani d. di S. Bartolomeo, essendo stata estratta per Priora della Centura la sig. Contessa Agata moglie del sig. Conte Luigi Bentivoglio, la med fece la sua comparsa in funzione con le seguenti compagne cioè: prima compagna Contessa Girolama, seconda compagna Ottilia Cavazza, mia figlia, prima custode Contessa Angiola Bentivoglio, seconda custode Contessa Teodosia Bentivoglio. Tutte erano in abito turchino, avevano per i loro portalumi quattro fanciulli vestiti con livrea bentivogliesche, siche fu cosa bella a vedersi. Priore fu l’Abbate D. Giuseppe Sileva exgesuita messicano e la funzione fu bellissima a vedersi.
Adi 15 genaro si intese come il senatore Giuseppe Marescalchi fu deputato sopraintendente alli affari di governo per la Comunità di Castel S. Pietro. Nel med. giorno di domenica, stante la preventiva rissoluzione fattasi da questa compagnia del SS.mo SS.to di portarsi alla visita nella S. Casa di Loreto colla miracolosa imagine del suo S. Crocefisso. La sera si fece la esposizione del SS.mo SS.to e, scoperta la S. Imagine nel suo oratorio, si cantarono le laudi di M. SS.ma con l’invocazione in fine del Santa Maria Lauretana Ora Pro Nobis e Tantum Ergo in musica e dipoi la benedizione del SS.mo ad infinito popolo.
Adi 9 febraro l’egregio giovane Caetano di Francesco di Pietro qd. Giacomo Conti di questo Castello prese la laurea dottorale in Bologna more civium in filosofia e medicina, fu scolare del dott. Gaetano Uttini, egli è giovane di grande aspettazione.
Adi 20 febraro fu publicato l’indulto da carne di ogni sorte eccetuato il mercoldì a burro e li giorni delle quattro tempora, con li primi tre giorni ed ultimi di quaresima ad olio. Il predicatore fu il Lettor Luigi Spisani bolognese agostiniano che cominciò le sue fatiche il di delle Ceneri 22 corente.
Adi 7 marzo aveva Lorenzo Trochi, subapaltatore del dazio detaglio per la banca di Castel S. Pietro e sua giurisdizione, sostituito nel suo subapalto Michele Corticelli, Giacomo Ravasini e Lorenzo Costa di questo Castello con facoltà di sostituire altri e subapaltare il Dazio de’ Minuti. Accadde che Giuseppe Dal Monte e Pellegrino Battilani macellari di minuti si associarono tutti assieme e formarono una privativa fra di loro con animo di angustiare il paese.
Giuseppe Lelli chiese di daziare per una bottega di minuti, le fu ricusato onde ricorse all’E.mo Legato Archetti, ordinò al proconsolo Farnè che componesse le parti autorizandolo di ogni facoltà e che a vista per quiete del popolo aprisse il Lelli la bottega e smerciasse castrato, pecora secondo il solito e così svanisse la privativa fattasi fra il Ravasini macellaro di carne grossa e il Dalmonte e Battilani di carne minuta.
Compose il Farnè le parti cioè Lelli da una parte e Ravasini colli compagni dall’altra in scudi centocinquanta da pagarsi per il Lelli, ma non si adottò la proposta composizione dal Ravasini e Trochi, pretendendosi dal Lelli che si pagasse anco il dazio proporzionato alli due mesi scorsi quantunque non avesse sbancato carni, per la qual cosa il Battilani e Dalmonte col Ravasini uniti cominciarono a titubare e poscia a vendere li cascami de’ minuti a prezzo duplicato, cioè le cervella di castrato, pecora, capra a soldi due la copia, che prima vendevansi un soldo, le teste vote e scarnate a soldi 8 che prima erano a quattro, le milze a soldi 3 la copia, che prima erano soldi 1 e ½, li fegati bianchi col cuore, che si vendevano a soldi 3 volevano 6, li fegati neri da soldi 4 alli 8, li agnelli e capretti di soldi due che si pagavano per dazio ne volevano 4 per modo che tutto in un punto si vendeva al doppio e pretendevansi anco dare la giunta.
Si scopersero ancora altre iniquità cioè di vendere le pecore per castrato ed al prezzo della carne bovina e sebbene avevano cominciata questa infamità non volevano sostituire alcun altro nella macellatura. Si ricorse dalle parti all’A. C. che comparse non potendole concordare a dazio, ne accade che il Ravasini tutto in un punto presi seco li burlandotti o siano guardie delli dazieri andarono alla bottega del Lelli, le portarono via li castrati macellati e le fecero chiudere la bottega.
Il popolo ad una tale strana novità vedendosi angustiato, cominciò a sussurare e dal sussurro si passò
ad un amutinamento di donne, ragazzi, uomini e gridando a meza ora di notte. Assassini! Assassini! vogliamo la bottega aperta, vogliamo carne, vogliamo altra bottega fuori dalla privativa! poi circondato il proconsole Farnè che era fuori casa alzarono più forte le grida. Siamo assasinati, vogliamo altra bottega, al Cardinale, al Cardinale!.
In seguito di ciò si unì il Farnè con Francesco di Pietro Conti e Fiegna e venero da Ercole Cavazza e così chiusi in casa si concertò quietare il popolo furente che, diviso in due truppe, una si portò alla casa del Trochi chiamandolo assassino, traditore della patria, nemico alla povertà, lo esortavano sortire, forzarono le porte, esso fuggì per la parte posteriore, andò in S. Francesco ed indi fori del Castello. L’altra truppa assediava ora una casa di un comunista ora l’altra: al Cardinale, al Cardinale vogliamo altra bottega di minuti!
Cresceva il rumore sempre più onde dubitandosi dalli altri bottegari un qualche inconveniente chiusero tutti le loro botteghe avvanti l’ora di notte, molto più che li ragazzi erano ricorsi ai sassi.
Finalmente venne una parte de sollevati alla casa di Ercole Cavazza e qui bussandosi a braccie aperte alla porta, il med. che unito alli altri sudd. tre consilieri Farnè, Conti e Fiegna si affaciò al portello coragiosamente contro la turba furibonda ed, amolita con dolcezza, persuase la med. colli altri comunisti a deporre la furia, andare alle loro incombenze, che a tutto si sarìa la iminente mattina portato al sig. Cardinale e procurato che tutto si sarà ripristinato.
La mattina seguente che fu il giovedì si presentarono al Legato li sud. quattro publici rapresentanti e fattane la informazione di tutto ed il rischio del paese, sua Em.za, doppo una udienza di un (…), ordinò che si riaprisse la bottega del Lelli e, quanto alli prezzi delli cascami sudd., si vendessero al prezzo consueto, come si è additato. Ne fece segnare la sua determinazione all’Uditore che tosto la fece notificare al Trochi, Ravasini ed altri, copia della quale è la annessa. [A44]
Vennero a casa li quattro consilieri ed incontrati dal popolo nella strada romana fuori dell’abitato ne chiese il risultato. Inteso il tutto favorevole si cominciarono li evviva al Cardinale ed alli comunisti Padri della Patria, quanta fu la gioja del popolo e le acclamazioni alla Comunità, altrettante furono le contumelie dirette al Trochi che in appresso venne ancor esso incontrato nel suo ritorno di Bologna.
Alcuni tumultuanti si erano muniti di tasche di sassi e mani piene all’effetto che, se la cosa andava male, di sfogare la loro ira nella persona del Trochi ma bon per lui che fu accompagnato fino a casa con solo fischiate ed ingiurie, cosichè giunto in Castello si coperse il capo col tabarro e tenendo li stradelli più remoti se ne volò col cavallo alla propria abitazione su di un sediolo, ove con gran timore de sua vita non escì fino alla mattina a giorno alto. In termine di ciò si sono aperte le macellarie de minuti e così tutto è terminato con soddisfazione popolare.
In questo tempo giunse la nova di Viena come l’Imperatore Leopoldo secondo fu trovato morto soffocato dal sangue il giorno primo marzo in letto. Alcuni per coonestare tal morte riferirono essere morto in braccio alla moglie. Ecco il fine de persecutori della Chiesa alla quale in Firenze aveva tanto ostato con providenze piutosto eretiche che cattoliche, mettendo mano in ciò che competeva al vescovo, fu accerimo diffensore e protettore del deposto vescovo Ricci di Pistoja.
Codesta compagnia del SS.mo SS.to avendo data suplica al sig. card. Giovanetti arcivescovo di Bologna per andare processionalmente col suo miracoloso Crocefisso alla Santa Casa di Loreto e dispiacendo ciò al arciprete Calistri, che voleva opprimere questa compagnia tentandolo tutto giorno ora col levarle la questua, ora le benedizioni ed ora una cosa ed ora l’altra, scrisse soppiato all’arcivescovo onde coartasse la licenza in guisa che fosse la compagnia sogetta a qualche colpa, che però il Cardinale troppo credulo per non dir parziale fece alla suplica il seguente rescritto:
Adi 13 marzo 1792. Dal Palazzo Arcivescovile di Bologna.
Si concede la grazia del viaggio processionale con la Sagra Imagine di Gesù Crocefisso a condizione però che nissuna persona femina si prenda nel sud. viaggio e siano tutti uomini della Compagnia fino alla S. Casa di Loreto e così nel ritorno a Castel S. Pietro ed avendo noi osservati gli attestati di Miracoli e Grazie che ci sono stati posti sotto ochio, con che abbiamo anco veduta la facilità di d. attestati e la loro intrinseca debolezza, affinche non nascano inganni e non si pongano in derisione la Casa di Dio massimamente in questi tempi, proibiamo ai Confratelli e a chiunque altra persona che fosse nel viaggio sudd. ancorchè fosse sacerdote di raccogliere o fare attestati di guarigioni miracolose o quasi non avendo bisogno di miracoli dubbiosi e sapendo noi per fede che Iddio solo è l’autore di veri miracoli e ne può fare quanti e come vole. Accadendo dunque qualche cosa di portentoso resti questa notata con diligenza da chi pressiede il sagro viaggio ed al ritorno se ne avrà riscontro sottoponendo il tutto al conveniente esame, e così. e non altrimenti L. +. B. D.A. Card. Giovanetti Arcivescovo. Registrato in (…) al P. V. sub N. 6 Camillus Veronesi S. P. V.
E chi non dirà che tale rescritto sia condotto dalla passione? e da uno spirito inconsiderato? Si accenna che Dio può fare quanti miracoli vole e come le pare e poi si aggiunge che ciò è di fede. Ma la conseguenza non corisponde, mentre si dice di volerli sottoporre ad esame, quasi che Gesù X.to sia un qualche Santo od anima venerabile sogetta alla canonizzazione. Dio buono!.
Il Rescritto accusa che siamo in tempi critici per la chiesa e fede e poi si vole invece propagarla col culto alle S. Imagini, coartarla, ocultarla e deprimerla. Dabo vobis regem insipientes.
In questi mese essendosi replicate al Governo le instanze per avere un giusdicente, venne in determinazione l’Assonteria di Governo deputare due assunti del di lei ceto per conbinare l’emolumento, ed infrattanto fu ordinato che io Ercole Cavazza servissi interinalmente per questo anno, al qual effetto mi fu spedita la patente gratis sotto il di 23 marzo anno presente.
Adi 25 d., Domenica di Passione, si fece la processione per il Castello e Borgo colla S. Imagine di X.to non velata secondo il solito. L’arciprete Calistri nemico di tale funzione alla quale, intervenuto infinità di popolo, proibì alla compagnia la questua di elemosine in danno della povera compagnia.
Adi 30 marzo ad instanza de dazieri di Bologna fu eseguita citazione perentoriale alla Comunità di vedere depositare nel S. Monte di Bologna tutto il dazio esatto del pesce dal moderno gabelliere per modo di deposito a vantaggio di chi sarà de jure e ciò in sequela del rescritto fatto li 28 marzo 1780 dall’E.mo per gli atti sudd. Diolaiti.
La Comunità ha per ciò acconsentito che si faccia tale deposito da questo gabelliere alla condizione che tale deposito resti vincolato usque ad jus cognitum, il che deve rissultare dalli atti sudd. Amadesi.
Stante le circostanze della Francia per cui sieguono emigrazioni di quando in quando e delli emigrati o volontari se ne sono introdotti nell’Italia. Quindi, dubitandosi dalli principi catolici possino infettare la relligione, tutti hanno guardie armate invigilanti per farli retrocedere. Ciò stante anco la legazione di Bologna timorosa di ciò ha ordinato alli capitani di milizia urbana o siano miliziotti invigilare su ciò e così l’Uditore generale del Torone Innocenzo Inocenzi ha scritto a questo capitano Pier Andrea Giorgi acciò stia in aguato e trovandosi francesi viaggiatori farli fermare e mandarli a Bologna ove poi fare ciò che è l’intenzione del Sovrano.
Adi 12 aprile fu ritrovata da tre fanciulli sotto il ponte del Silaro nell’ochio di mezo vicino alla corente una bambina di nascita nuda, senza aver nepur legato l’ombelicolo con percossa nel capo e morta, come si rilevò, di una giornata. Fu tosto data la relazione ed indi portata nel tribunale di Bologna.
Adi 15 aprile stante il viaggio da intraprendersi per Loreto da questa compagnia del SS.mo SS.to, essendo stati ufficiati tutti li vescovi per le cui diocesi si passa processionalmente, fu spedito oggi dal priore della compagnia Gio. Frascari, il dott. Francesco Cavazza mio filio col colega Gio. Battista Fiegna ad officiare l’E.mo Card. Gregorio Chiaromonti vescovo di Imola. Gradì questi a tal punto l’ufficio che ordinò alli inviati farlo ascrivere al Rolo della compagnia stessa, il che fu prontamente eseguito.
Fu pubblicata la consueta Notificazione di Governo per la nota di tutti li lavoratori affine di formare il libro camerale, furono perciò eletti, per uomini de più pratici del comune, Filippo Monti massaro, Pavolo Andrini e Simone di Giuseppe Conti del comune di Castel S. Pietro.
Adi 24 aprile giorno di martedì su le 12 si partì processionalmente per la S. Casa la Compagnia del SS.mo col suo miracoloso Crocefisso per la settima volta, accompagnato da infinito popolo e paesano e forestiero. Fece la sua prima fermata, con incontro di tutte le compagnie e clero in Castel Bolognese con copioso sbaro di mortaletti. Visitò infermi e fece una grazia ad una inferma di anni tre in letto, si prosseguì indi a Forlì dove si pernotò, incontrato dalla compagnia del SS.mo e si fermò alle monache del Corpus Domini, monastero fondato ora dalla pietà del sempre grande senatore Piriteo Juniore Malvezzi Lupori sotto la direzione dell’abbate Michelini exgesuita, ove si ebbe un incontro di milizia e sbarro di canoni. La mattina seguente si andò più oltre fino a Rimini a pernotare, poi a Pesaro il di seguente indi a Senigalia poi ad Ancona e finalmente il sabato in Loreto.
Qui si fece una sola pernotata e la mattina seguente della domenica nel S. Camino si fece la comunione generale a tutti li cappati della compagnia e all’altre persone che seguirono la med.
Il lunedì’ mattina poi si fece ritorno ad Ancona, ove al piano fece la sua fermata prevenuta dallo sbaro de canoni, fu regalata di torcia e voti di argento e vi fu infinità di popolo poi si partì per Sinigalia ove fu incontrata da tutta le compagnie, canonici e clero fuori della porta inalberata e portato nella chiesa del SS.mo Rosario alla venerazione del popolo. Si ritrovava vescovo il Cardinale Ranuzi di Bologna, in questa ocasione ivi e fu per ciò al med. presentata stampa del Crocefisso med. in foglio ed in seta.
Si venne indi a Pesaro ove si ebbe il secondo incontro delle compagnie, clero ecc. Il Conte Paolo Macchiavelli Giordani col di lui fratello, oltre avere onorata la nostra compagnia di cera, diede anco pranzo nel proprio palazzo ad otto capati della med. parte fratelli e parte no. Furono il priore Gio. Frascari, Francesco Di Pietro Conti, il dott. Gaetano Conti figlio, il dott. Francesco Cavazza, Antonio Giorgi, il capellano D. Luigi Facondi, Carlo Bottazzoni ed altri ancora.
Il dopopranzo, doppo copioso sbaro di fucilaria, mortaletti e canoni, si presentarono all’E.mo Doria presidente d’Urbino e, doppo averle offerta Imagina del SS. Crocefisso, furono fatti scortare dalla sua guardia fino al porto della città. Si vene indi a Rimini ove pernotati la mattina seguente si venne a ricevere grandissimo onore ed il vescovo, dopo belissimo Miserere cantato in musica nel duomo, fece regalar la S. Imagine di cera.
Si passò a S. Arcangelo ed a Forli inpopoli ove si ricevettero molti onori che a dirli tutti a minuto si sarìa stuchevole. Si venne poscia a Faenza ove si prosseguì l’incontro di molte compagnie e popolo passando dal borgo per tutta la città, si diede ivi finalmente in porta imolese la S. Imagine. Il seguito delle persone fu numerosissimo sempre ed ognuno si teneva beato portar la cassa ove tenevasi inchiusa la S. Imagine che sempre fu acompagnata da due lampioni acesi e sei capati della nostra compagnia.
Si arrivò poscia a Castel Bolognese e quivi a tutta forza da quel popolo fu tratenuta e si volle inalberata la S. Imagine, ove portata nel Domo si presentò alla med. un fanciullo di sette anni circa colla madre che onorò questa S. Imagine, di storpio che era, caminando con crociole le lasciò francamente a veduta di infinito popolo a piedi della croce, caminando perfettamente onde ciò valutatosi dalli astanti si fece una comozione tale nel popolo e bisbiglio che ognuno per tenerezza piangeva.
Acrebbe il singulto delle genti nella viva fede della madre del fanciullo che, prostratasi col med. avvanti la S. Imagine che tenevasi dall’arciprete Camerini, disse ad alta voce: Signore voi mi avete liberato il filio, conosco in voi la forza del potere vostro, le vostre misericordie, ve ne ringrazio coll’intimo del cuore, ma se questo mio filio dovesse essere rissanato per poscia nel crescere delli anni amareggiarvi e perdere l’anima, finchè è di voi degno, ecco che ve lo offro, prendetevelo e cadda piutosto vittima a vostri SS.mi piedi dal mio dolore, che vitima del demonio colla perdita dell’anima, che vi costò tanto sangue.
Non si potè dall’arciprete Camerini articolar parola nè da alcun altro benchè animoso, restando soffocati dal pianto di tenerezza ogni altro atto umano. Data la S. Benedizione si venne ad imola accompagnati da numeroso popolo. Il filio sud. rissanato è Luigi di Barbieri vilanello e la madre tiene il nome di Francesca Regoli vilanelli.
Giunti in Imola, inalberata la S. Imagine ad una picola chiesa fori di città, si portò processionalmente alla chiesa del Corpo di X.to detta la chiesa nova presso il palazzo vescovile, ove fermata, vi intervenne il Card. Gregorio Chiaramonti vescovo della città e vi volle avvanti la med. ascoltar messa. Per si bella occasione essendosi volsuto questo porporato agregare alla compagnia, le fu fatta la dedica di un sonetto.
Terminata ogni funzione che così ho trascritta si venne a Castel S. Pietro ove nel Borgo inalberato il Crocefisso incontrato dal clero secolare e regolare fu anco dal Corpo della Comunità regalato di due torce di cera d indi portato alla sua chiesa nel di 6 maggio, si diede la benedizione al popolo e fino a tutto il meridio delli 7 d. giorno di lunedì stette alla publica venerazione, si fecero fochi di gioja la sera dell’arrivo.
Il seguito di nove carozze oltre altri legni con paesani e cavalli e pedoni fece nella Marca e Romagna non poca inpressione per cui si ricevettero onori e favori, fra li altri le monache di Cesena regalarono belissimi fiori di seta, Donna Teresa Braschi monaca regalò cera e così tutte le monache di Pesaro a cui fu portato processionalmente la S. Imagine, cosi che dalle 22 fino all’ora di notte si caminò per la città che sembrava una rogazione, ciò acordò quel vescovo per indulto speciale e deroga al suo sinodo.
In questa ocasione furono stampate composizioni poetiche, che saranno trascritte in apresso. La nostra compagnia aveva seco quattro cantori, un violoncello e due corni che in musica figurata accompagnavano una canzone fatta per questa ocasione. Le bande di soldati delle respettive città accompagnavano ancor essi co’ loro suoni interpolatamente la S. Processione. Chi volesse anoverare le grazie e miracoli veduti vi vorebbe d’assai. In Pesaro appena intonata la prece: Ut congruetem pluvia, avvanti la S. Imagine per la benedizione, si cominciò a vederne l’effetto con lieve pioggia. In Faenza certa signora Teresa Catani, mortalmente essendo gravata ed assistita di sacerdoti a cui per ultimo remedio essendole stati applicati li vessicanti, si alzò di letto sentendo il suono grande delle campane per la partenza del crocefisso e con l’ammirazione delli assistenti prese le proprie vesti, balzò di letto ed a forza volle venire, come fece, ad accompagnare la S. Imagine in compagnia della signora Anna Mori Laghi faentina conoscente mia figlia Ottilia e Cattarina Bachettoni mia moglie e con altri suoi famigli che temevano di frenesia, e dalla piazza publica fino alla porta imolese si accompagnò a piedi e qui ricevette la S. Benedizione, poi se ne ritornò sana alla paterna casa, con seguito di popolo ammiratore.
Tante altre grazie e miracoli spieciosi si sarebbero notati che, per ovviare alli ricorsi ed all’indignazione dell’E.mo Giovanetti arcivescovo troppo fautore di cod. arciprete Calistri, polemico alla compagnia del SS.mo giurato, si omettono.
Le composizioni stampate sono le unite [A45], e perché nel viaggio processionalmente allorchè si inalberava la S. Imagine venivano cantate lodi al Signore in musica da due cantori con accompagnamento di violoncello e corni, tanto nell’andata che nel ritorno, così furono tali lodi in figura di canzone stampati in Pesaro dedicata al conte Pavolo Machirelli come si vede nella unita stampa [A46]. Poesia di D. Giuseppe Tozzi e musica di Giacomo Giordani.
Adi 14 maggio su in giorno di lunedì ad instanza dell’Arti de Pelacani, Calegati e Cartolari di Bologna eseguita inibizione a questi macellari e nostro conciatore di pelli Antonio Mellini, onde la Comunità si prese il pensiero in Roma di difendere la causa avvanti l’A. C. inconbendo la difesa all’abbate Francesco Pierelli a cui furono spediti tutti li documenti. Copia della inibizione non fu preinserta in questi fogli per essere voluminosa, ma trovasi nella Recostruzione.
Adi 24 d. venne nova come li francesi in un bastimento si erano approdati fra Luca e Livorno N. 500 che però si sta in timore di altra violenta irruzione di questa nazione in Italia.
Contemporaneamente nella causa del Dazio Pesce fra la Comunità ed il firmiere Terzi per gli atti di Filippo Amadesi nel foro civile di Bologna, si ha avuto il decreto che si depositano le corisposte pagate al gabellino di Castel S. Pietro nel Monte di Pietà ed intanto si vada avvanti nella causa nostra.
Adi 26 d. fu chiusa la Tassa delle Teste delli Uomini del nostro comune, non mai del Castello e Borgo stante il privilegio e immunità di essere considerati li abitanti nostri urbani come cittadini fino dall’edificazione del paese come dal decreto di quel tempo e reiterato da tanti altri del Senato e dalla Bolla di Eugenio P. P. IV che chiama immuni li abitanti di Castel S. Pietro da pesi personali e così tale nota fu passata all’Imposta di Bologna e dall’Officio della med. acettata.
Adi 23 giugno l’Assonteria di Governo scrisse alla Comunità che non ostante la inibizione di Agostino Ronchi perché non venisse eletto Floriano qd. Flaminio Fabbri in consiliere come si disse, ordinò per sua lettera che si ponesse a partito onde nel di 24, dopo essere stato estratto Consolo il cap. Pier Andrea Giorgi, fu intimato Consilio per il di 9 lulio prossimo.
Contemporaneamente venne nova come il Re di Spagna, per suo decreto segnato li 25 maggio scorso, intimava a tutti li suoi sudditi exgesuiti il rimpatriare sotto pena della privazione della mensile loro pensione.
Adi 3 lulio martedì, doppo essere stato presentato alli respettivi Consilieri della Comunità l’avviso novamente di intervenire la sera in Consilio per la elezione della persona di Flaviano Fabbri in consiliere, fu imediatamente eseguita citazione camerale di Roma avvanti l’E.mo e R.mo Cardinale Prefetto della Segnatura ad instanza di Agostino Ronchi di non doversi procedere alla elezione sudd. appellandosi della rissoluzione dell’Ecc.ma Assonteria a norma della lettera delli 23 giugno scorso, sotto le pene ecc. in seguito ecc.
La sera stessa radunato il Consilio, quando si fu all’atto pratico di doversi porre a partito il d. Fabbri insorse il not. Francesco Conti impugnando la ballotazione per lo che Ercole Cavazza scrivente replicò doversi procedere secondo la lettera dell’Ecc.ma Assonteria né doversi attendere la citazione di appellazione come quella che era di niun valore protestando di nullità alla med., perché irregolarmente ed illegittimamente eseguita, dovendosi, secondo lo Statuto municipale del bolognese, eseguirsi o alla Ressidenza della Comunità oppure alla med., allorchè fosse o in tutto o in corpo congresata ed a norma della solennità statutaria prescritta nella rubrica del modo di eseguire le citazioni alle Comunità del contado, insistendo il Cavazza che si ponesse il voto e nessuno si astenesse.
Cosichè il Consilio, diviso in due partiti eguali, si pose il voto solamente dal Consolo Giorgi, Ercole Cavazza, Giuseppe Mondini e Gianbattista Fiegna e dalli altri quattro, cioè not. Conti, Francesco Conti filio di Pietro, Trochi e Farnè non si volle porre il partito e quindi fu inposto di doversi tutto notificare all’Assonteria di Governo, il che fece il Cavazza e Mondini in persona.
Li avversari poi, cioè Farnè, Trocchi e i due Conti andarono ancor essi in Bologna ed uniti ad Agostino Ronchi si portarono dell’E.mo Legato e presentarono al med. un memoriale perché venisse privato della carica di Consolo e consiliere il cap. Pier Andrea Giorgi, stante la presente vertenza del Dazio Pesce colli fermieri di Bologna, per essere egli il loro ufficiale in Castel S. Pietro.
Contemporaneamente arrivò l’avviso di Roma, che la causa delli abitanti della Villa di Poggio per la loro smembrazione da Castel S. Pietro andava a determinarsi su li primi di agosto prossimo.
Adi 15 lulio l’E.mo Gregorio Chiaramonti cardinale e vescovo di Imola, già dichiaratosi confratello di questa arciconfraternita del SS.mo SS.to, mandò a regalare l’Imagine miracolosa del di lei SS. Crocefisso con un belissimo padilione di lustrino pavonazzo contornato di frangia e di un gallone d’oro superbissimo. Riconoscente la compagnia di tanto favore, mandò a vista a ringraziarlo l’abbate D. Giuseppe Sila col dott. Francesco Cavazza, Antonio Giorgi e Gio. Battista Fiegna, quali furono accolti con sentimenti di gratitudine da quel degnissimo porporato che egli è e fu ossequiato distintamente.
Adi 22 lulio, stante che cod. arciprete Calistri era stato licenziato dalla famigliarità che teneva in casa di codesto sig. Conte Luigi Bentivoglio domiciliato in Castel S. Pietro, a motivo che il med. intendeva amoreggiare colla figlia maggiore del med. per nome Contessa Girolama Bentivoglio, accade che, essendo non poche amarezza domestiche nella famiglia del med sig. Conte perché il filio maggiore Conte Antonio parzializava l’arciprete col quale domesticamente trattava e frequentava quotidianamente col pretesto di studiare la legge civile sotto la lettura del med. arciprete, accadde che su le tre di notte prima di andare in letto il Conte Antonio filio del Conte Luigi Bentivoglio, domiciliato in questo Castello nella mia casa paterna presso l’ingresso maggiore del Castello alla destra, venuto a discorso sopra il contegno dell’arciprete, che intendeva amoreggiare colla sorella maggiore Contessa Girolama Bentivoglio e che non volendosi più domestichezza colla med., intendeva ancora il Conte Luigi padre che il filio Conte Antonio dimettesse la frequenza di andare nella casa del med. arciprete Calistri, temendosi che per questo mezo passassero ambasciate, si aggiunse a questo anco la proibizione del med. Conte Luigi padre al Conte Antonio di frequentare nella casa di Nicolò Giorgi ove mediante l’arciprete, intrinseco di questo, si amoreggiava colla figlia del med. Giorgi per nome Marianna giovane di bon aspetto e garbata, da esso Conte Antonio filio teneramente amata, cosìchè spiacendosi questo amore alimentato dal med. arciprete, che anco tallora in casa propria si mettevano li due giovani, si venne tra il padre e filio Bentivogli ad una alta contesa, rumore per modo che tentandosi dal padre volere battere il filio, ebbe questi coraggio farle ressistenza in modo che si avvanzò a dirle che l’avrebbe dato una schippetata, se si inoltrava nella sua stanza.
D. Giuseppe Tozzi, pubblico precettore della Comunità frate e degente in casa de Bentivogli, onoratissimamente si interpose e spartì la bulìa e così fu calmato il rumore. Il med. D. Tozzi che doveva andare a fare le vacanze estive alla propria patria di Massa Lombarda si trattenne per ciò come anco di presente all’ogetto di interporsi per la pace, quale sarà apparente mentre l’arciprete non cessa di coltivare le amicizie sud. e mostrare durezza contro li genitori Bentovogli, non degnandoli nemeno di saluto, quando s’incontrano
Adi primo Agosto venne nova di Roma, che la causa di Poggio con Castel S. Pietro per la smenbrazione di quel villagio da questa Comunità andava a decidersi il di 6 corente in lunedì dalla Congregazione deputata dal Papa. Si pubblicò ancora il Santo Consesso che in avvenire volendosi dalle Comunità del contado eleggere ministri qualunque, anco di cancelliere e depositario si dovesse dare il concorso publico altrimenti le elezioni stesse fossero di niun valore.
La famiglia de frateli Bolis o siano Bolia di questo castello, stabilitasi in Bologna per le vicende passate della compagnia e per cagione dell’arciprete, andò decotta e furono per ciò subastati li suoi beni, come per gli atti del not. Gotti nel vescovato di Bologna.
Adì 2 agosto l’Assonteria di Camera scrisse alla Comunità che notificasse a ciascuno che solo le fedi de parochi amettevano per il trasporto ne publici mercati ed alla città de prodotti e manifature, non mai de proprietari per che acadevano falsità.
Nello stesso giorno la Assonteria di Governo scrisse alla Comunità ed inpose alla med., che stante la nullità della camerale eseguita ad instanza di Agostino Ronchi per la nomina di Flaviano Fabbri, si facesse solecitamente tale nomina, altrimenti si sarebbe proceduto a misure dispiacevoli. Letta tale lettera in Consilio, dove eravi anco il Ronchi, fu determinato che si mandasero li avvisi a tutti li consilieri secondo lo Statuto comunitativo, cioè di otto giorni prima e così fu determinato il giorno dodici del corente agosto e furono per ciò estradati li avvisi.
Adi 12 agosto in termine delli precedenti avvisi si raddunò il consilio in numero di nove e fu proposto il d. Fabbri e ne riportò l’esclusiva di sei contrari, solo tre favorevoli, fu suposto che questo seguisse per sovertimento del d. Conti not. poiché non volle che si mettesse nemeno a partito il suo competitore Bertuzzi.
Adi 13 d. venne nova di Roma come la Congregazione particolare deputata dal Papa delli mons. Paraciani, Mastrozzi, Ershine, Consalvi ed Alessandro Lante sopra la smembrazione pretesa di Poggio dalla somessione a Castel S. Pietro era stata decisa favorevolmente alla Comunità di questo Castello, senza punto accordare a poggesi alcuna providenza, ma che dovessero stare nell’essere in cui erano.
Questa causa è stata gloriosamente vinta colla assistenza dell’abbate Giovanni Calestini curiale romano che ha ottenuto il decreto favorevole sopra il seguente dubbio. An sie locus separationi, seu dismembrationi Ville podi ab oppido Castri S. P.ri in casu. Responsum fuit: negativa absque ulla providentia. Ne fu fatta allegrezza in paese.
Adi 13 agosto su le 14 morì Gio. Alesandro Calanchi, uno de consilieri della Comunità senza sucessione e così questa famiglia restò totalmente estinta in Castel S. Pietro e solo un rampollo soggiorna a Imola ivi trasportato da Sebastiano di Giuseppe di Ignazio Calanchi.
La petizione della causa sudd. colle scritture e pretensioni di Poggio è la unita nel nostro Libro de Diplomi ed altri documenti di Castel S. Pietro.
Fu contemporaneamente pubblicato speciale Senato Consulto su la elezione de ministri delle Comunità del Contado per togliere li abusi qualunquemente nelli ministri sudd., vi resta compreso anco il depositario, il cancelliere ed il procuratore, cosa che per l’addietro si è mai costumata, la stampa trovasi unita alli documenti su enunziati nel nostro libro de Recapiti, Documenti e Diplomi di Castel S. Pietro.
Adi 23 agosto in Bologna fu scoperto un tratato di sollevazione e furono carcerati due capi cioè Lorenzi Bitelli, guardaportone di casa Caprara, e Filippo di __ lardarolo, ed appena ciò scoperto il primario inventore, che fu un falegname, se ne fuggì né si potette avere ed a vista furono fatti li ritratti e spediti alle Corti di Modena, Parma e Milano. Questi avevano intelligenza con D. Giuseppe Frassineti prete abitante in Imola che fu imediatamente carcerato e condotto a Bologna nel Torrone.
Seguita che fosse la sollevazione in Bologna, doveva seguire l’altra in Imola a socorrere li sollevati bolognesi. Dovevasi la notte delli 24 acendere un foco ne quattro quartieri della città per chiamare ivi il Pressidio. In tale frattempo si dovevano prendere le carceri, ammazzare li quattro uditori del Legato, cioè Ardovino Gulielmi, A. C. Inocenzo Inocenzi, ambedue del Torone, l’abate Putti civile e l’uditor Pistruzzi del vescovato. Nel piano fatto si ritrovò tutto scritto in casa Caprara con la cassa di 80 mila lire da allettare il popolaccio, molti fucili al N. di 400, polvere e palle in molta quantità.
Dovevasi imediatamente impicare li principali affituari incettatori di grani, il fornaro di S. Stefano Galassi col socio Antonio Jussi, Si dovevano salvare li Principi ed il Confaloniere colla magistratura. Li conventi de frati dovevano solo dare il quartiere a capi della sollevazione e così poscia prendere il Palazzo publico e mutare l’ordine governo. Quattro senatori dovevano secondare, cioè Segni Lodovico, Legnani Girolamo ed altri. Tutta la ordinazione fu trovata scritta a lettere cubitali in un grande cartello, che potesse essere letto ed inteso da tutti per darvi pronta esecuzione, con molte altre copie
Adi 5 settembre si ebbe rincontro da Roma come li calegari, cartolari e pellacani associati contro la nostra Comunità per opprimere l’arte del pellacano, avevano rinonciato alla lite avvanti E.mo Prefetto di Segnatura che aveva proferito: Servari monit. A. C., così che la causa radicata in Roma non potè trasferirsi in Bologna come pretendevasi, ed il Monitorio delli avversari spedito avanti il Card. Camerlengo fu circoscritto.
Quelli poi di Poggio dopo avere patito la sentenza contraria chiedono, mediante Mons. Paracciani, che il medico serva col chirurgo gratis li poveri miserabili, soministrata però la cavalcatura. Chiedono l’admissione di due fanciulli gratis alla scuola publica, la Comunità per ciò vi aderisca e ne fa il suo decreto.
Adi 9 settembre avendo li fratelli Giuseppe ed Antonio Bertuzzi figli del fu Giovanni fatto ricorso all’Assonteria di Governo per coprire il posto del loro defunto padre Giovanni, stato conferito a Lorenzo Trochi per condiscendenza de med. a petizione del not. Francesco Conti loro cognato. L’Assonteria per ciò ordinò al Bertuzzi che rivolgesse le sue instanze alla Comunità. Così eseguissi ma ecitato il dubbio dal d. Conti, di loro cognato, contro il primogenito Bertuzzi se avesse perduto o no il jus quesito. Fu sospesa la ballotazione e chiesta la dissoluzione dalla Assonteria.
Stante un ricorso fatto dalli comercianti di Medicina, Budrio e Castel S. Pietro all’Officio dell’Aque per l’accomodo della via che parte da questo Borgo diretivamente verso Medicina, detto la Via di S. Carlo, per acomodarla e renderla praticabile al che, essendosi anco prestato liberalmente il Marchese Anibale Banzi con Monsignore di lui fratello concedere terreno gratis per dilatarla per tutta la estensione de loro beni, si cominciò a mettervi mano e fu il motore e direttore il tenente Gio. Francesco Andrini di questo Castello a cui fu addosata la briga di tutto in seguito di tutti li passi e premure che per questo aveva fatto.
Adi 16 settembre, stante il trovarsi in riattamento la chiesa di questi P. P. Agostiniani di S. Bartolomeo per il coperto che minacciava ruina non potendosi in essa oficiare, fu portata la statua di S. Nicola in S. Francesco chiesa de M.M. Oservanti di questo Castello e dalla med si spiccò la solita processione del Santo pel Borgo e Castello ove data la S. Benedizione fu di novo portato nella chiesa de francescani in cui si fece la festa. Don Luigi Sarti che era priore della Compagnia del Sufragio non volle intervenire alla funzione e fu detto essere ciò provenuto dall’arciprete Calistri come che del med. troppo padrone e nemico a frati.
Adì 7 ottobre domenica del SS.mo Rosario, facendosi nella arcipretale la solita festa solenne, non vi intervennero li soldati a motivo di scansare li tumulti per che la Compagnia del Rosario era in scisma e per che contrariava la compagnia del SS.to. Molto più che le genti, erano in fermento di tumulto ad imitazione de francesi, fra loro discordi, ed emigrati di Francia, chi per ladronecci, chi per religione, chi per comando e chi per salvar la vita.
Un corpo di essi di 25 mila avevano preso Nizza nella Savoja facendo ivi straggi e robberie, al che inclina sempre il popolaccio e per poco si prendono le armi.
In questa giornata il priore Luigi Dal Monte, detto Bufferla, della Compagnia del Rosario, benchè abitante nel comune di Varignana di sotto, volle ancor esso segnalarsi ad istigazione dell’arciprete Calistri col fare un obice ed agravio alla Compagnia del SS.mo ed alla Comunità.
Questi, avendo fatto venire da Castel Bolognese uno spolverino con un mezo miliaro di mortaletti, li fece piantare tutti sotto la ringhiera della ressidenza della Comunità e poi, presso li gradini della chiesa del SS.mo, vi fece portare la batteria, luoghi ove sogliono le persone stare a ricevere la S. Benedizione.
Ciò vedutosi dalli confratelli del SS.mo passarono li dovuti offici al Bufferla, onde rinovasse la batteria e sparata, mentre questa era in situazione di danneggiare la loro chiesa, organo, vitriate e così pure la Comunità. Ricusò il Bufferla prestarsi a tale richieste e costantemente disse che non voleva far nulla, che tanto le aveva ordinato l’arciprete e che egli era padrone come tutti della piazza publica e che questa volta non voleva restar al dissotto come restò altra volta in agosto 1787 la sua compagnia per simile sparata.
Spiaque una tale ributanza onde li confratelli del SS.mo, cominciando Carlo Conti nella linea de mortaletti indi Antonio Bertuzzi nella batteria, li ribaltarono in bona parte. A tale esempio li ragazzi, donne ed altri del paese prosseguirono e così fu scompigliata tutta la sparata né se le potè dar foco nemeno ad un mortaletto.
L’arciprete sdegnato ecessivamente cominciò a formare processo e spedì al vescovato la relazione ed il priore Bufferla si presentò all’arcivescovo informandolo a suo talento. Da quest’altro canto la Comunità e li indiziati di tumulto ricorsero alla Legazione facendole constare il pericolo, che cominava la sparata al popolo ed alla chiesa con poco rispetto della med.
Il Legato intesa la ragione rispose che avrebbe provisto a tutto. La sera stessa del S. Rosario non si vedevano che bozzoli, conventicole e radunanze di gente per modo che si temeva di qualche disordine essendo tutti amareggiati.
Adì 15 ottobre lunedì notte venendo alli 16 alle ore sette di notte si sentì una scossa di teremoto prevenuta da picola romba.
Contemporaneamente si intese come li francesi avevano sotto Parigi avuta la rotta in una selva con perdita 50 canoni, 7 mila morti e 8 mila feriti e prigionieri, due casse militari piene di luigi d’oro, perdita di trabache e di tanti altri bagagli militari essendo rimasti padroni del campo li austriaci, li prussi, li russi ed altri colegati per rimettere il Re in trono, al quale si sente che l’assemblea vi abbia intimato un processo con mille infinite ribalderia.
Essendo venuto in Castello Domenico Barbieri esecutore per Filippo Contoli esatore socio del fu Marco Zani colettore generale de libri comunitativi, non volendo abbonare cosa alcuna a chi aveva pagato e nemeno le ricevute, naque un non picolo sussuro e fu chiamato Consilio, nel quale intervenendovi li minacciati di gravame e li gravati quantunque avessero le giustificazioni loro, fu presa la loro comparsa ed instanza che tutto fu spedita al sig. card. Legato.
Il med. Barbieri, avendo caturato soldati, né volendo attendere li decreti dell’Assonteria di Camera e di Milizia si trovò in rissa con alcuni di questi miliziotti, ma speditosi a Bologna fu richiamato il med. alla città e le fu ordinato che osservasse il decreto e la Assonteria pronunciata, il di cui tenore è l’annesso [A47]
In seguito giunse a questi religiosi claustrali l’unita circolare per ricevere li poveri catolici emigrati dalla Francia, nelle presenti loro lagrimevoli circostanze, affinché fossero ricevuti, ospitati e sovenuti in quel N. che li avesse decretati il superiore arcivescovo di Bologna. [A48]
Nella Città ve ne sono molti de quali assicurarsi il vescovo che siano sacerdoti, li fa esaminare, spiegare il Vangelo e ritrovatoli imperiti li caccia né li accorda la celebrazione della messa.
Fra le molte stragi e barbarie che si sentono riferire commettersi nella Francia si legge la annessa relazione trasportata in questi fogli [A49] per modo che si rileva una persecuzione alla Chiesa e la Francia diviene l’arena delli attuali martiri catolici.
In questo tempo l’arcivescovo emanò un avviso ai sacedoti francesi concorrenti nella diocesi che è l’unito [A50].
Adi 21 ottobre giorno di domenica su le 22 cominciarono a passare drappelli di preti ed altri sacerdoti in abito clericale emigrati dalla Francia ed andarono alle città della Marca destinate.
Adi 24 d. venero 26 preti francesi di passaggio, pernottarono all’osteria della Corona, male in arnese, era loro capo un vescovo, fu detto di Vienes e la mattina seguente partirono per Recanati.
Adi 25 d. ne venero altri 41, alloggiarono alla Corona e poi partirono per Loreto ove erano destinati.
Adi 28 ottobre, stanti li monopoli passati per le conferme de ministri di questa Comunità, fu data suplica all’E.mo Legato dal Dott. Muratori medico condotto, acciò fosse differita la ballotazione fino a che fossero riempiti li posti vacanti de comunisti Fabbri e Calanchi in seguito di chè venne diretta al consiglio lettera di Governo dall’Assonteria [A51] che si sospendesse le ballotazioni delle conferme fino a novo ordine e così furono delusi li monopolisti.
Adì 31 d. l’Assonteria, in seguito del memoriale sud., ordinò per sua lettera che si mettesse a partito Giuseppe Bertuzzi con altri due competitori per essere decaduto dalla nomina, ordinò bensì che nella nomina si comprendesse nel primo nominato il d. Bertuzzi . Il di lui cognato Francesco Conti non la intendendo bene, interpose due consilieri acciò pregassero il med. Bertuzzi a rinonciare il posto e la nomina al di lui minor fratello Antonio Bertuzzi, ma Giuseppe non si volle prestare onde il Conti fu deluso in altro suo monopolio studiato, che si attende questo prima svelato e così furono spediti li avisi a consilieri per il giorno 11 novembre prossimo.
Adi 8 novembre le divozioni che per tutta la diocesi si facevano causa li progressi delli francesi rinegati, giuste le amonizioni pastorali dell’arcivescovo, non avendo per anco questo arciprete fatto alcun bene spirituale, la povera compagnia capata del SS.mo pensò andare processionalmente alla visita della B. V. di Poggio. La Comunità stessa in questo giorno determinò ancor essa accompagnarsi colla d. compagnia a fare a quella S. Imagine una offerta di tre libre di cera ed elemosina di sei sagrifici il giorno prossimo di domenica 11 corrente.
In quest’oggi è giunta lettera di Governo che richiede alla Comunità la chiusura del vicolo o passagio de due portoni presso la chiesa di S. Francesco altre volte conteso e fino dal 1761 al 1764 in Roma.
Tale informazione si richiede in seguito di memoriale dato all’E.mo Legato dal novo guardiano di S. Francesco cioè F. Benvenuto da Bologna, il tenore del quale è il seguente, cioè:
Foris. All’ E.mo Principe. Sig. Card. Gian Andrea Archetti Legato di Bologna per li Religiosi MM. OO. di Castel S. P.ro.
Intus. E.mo Principe. Posto questo vicolo lungo la muraglia della chiesa da un capo rinpetto alla piazza, dall’altra su la riva del fiume, su tutto il giorno il gioco e trastullo della canaglia, delle doniciuole e si de fanciulli che lo frequentano e che co’ loro cicalecci, fischiate, stridori, urla, schiamazzi lo rendono, senza riguardo al santuario, ignomignoso postribulo, per modo che noi sacerdoti ai confessionali, agli altari ed in coro spesse volte non possiamo intendere ciò che faciamo e così, radoppiando le esecrabili loro profanazioni, compongono una casa del diavolo alla casa di Dio, che è casa di orazione, senza potersi santificare il suo Santo Nome divotamente.
Quindi, premesso il baccio della S. Porpora, umilmente suplichiamo l’Em.za vostra per le viscere benedette di G. C. signor nostro a volere togliere un si pernicioso abuso onde, ad onore di Dio e della sua casa, voglia ottenerci per sua autorevole dignità e potere la conferma della legge fatta ed antico decreto dato in iscritto dall’Ill.mo Reggimento di Bologna per la clausura di questo convento e che sia annullata la dannosa facoltà data in vece di aprire questa sgraziata porta, ma di tenerla sempremai anzi serata in perpetuo e per tutti li secoli. Anzi non più di 30 passi al di sotto di questo un altro vicolo, che va dritto filo allo stesso muro del Castello ed alla parte istessa che guarda il fiume, dove possono farvi porta di loro comodo e libertà essendo sito del tutto voto e sgombero d’impaccio. Tanto ripromettesi dalla benignità grande dell’E. V. che tienesi l’evento si felice come una prova finita, una grazia già fatta, una partita già vinta. onde e della grazia , Quam Deus.
Il Cardinale poi rescrisse ad un memoriale si sciocco così:
9 ottobre 1792. All’Assonteria di Governo che si riferisca e si proponga il parer suo. G. A. Card. Archetti Legato.
A questo memoriale vi fu unito anco il seguente documento, colle analisi e riflessioni fatte dal d. guardiano sciocamente e sono quelle che sono segnate con travolta, onde rilevasi quanto sia sciocco.
Foris: Alli Ill.mi ed Ec.mi Sig. (..) Col.mi sig. Rifformatori dello Stato di Libertà nella Assonteria di Governo a Bologna.
Intus: Copia della cessione del vico di Castel S. Pietro in clausura per li frati di S. Francesco detratta dal libro mastro del convento.
Alle supliche del padre Sante da Castel S. Pietro e de relligiosi, l’Ill.mo Regimento di Bologna con decreto dato l’anno 1675 li 29 agosto, concedette a puro uso de religiosi un picolo vicolo già serato dalle parti delle mura del Castello, che era posto fra l’orticello ceduto al convento e la chiesa, con che venne a restare tutto orto e vico imediatamente anesso al Convento e del tutto serrato in clausura ed eco il Decreto dell’Ill.mo Senato di Bologna:
Die 29 augusti 1673. Congregatis ill.mi et exl.is D. D. Refformatoribus Status Libertatis Bonon. in Camera E.mi e R.mi D. Card. Legati in N. XXVIII in eius presentia et de ipsius consensu, et voluntate in.ctus Partitum inter ipsos positum et leg.me ottentum fuit. Parvos conscripti p. suffragia viginti quinque affirmativa facultatem tribuerunt admodum P.P. F.F. in cenobio S. Francisci Cas. S. Petri degentibus claudendi viculus eorum eclesie coherentem, quique decit ad muros Castri injuctis tamen conditionibus vulgari idiomate exprimendis et ad quaram implementum iidem F.F. cum hominibus comunitatis eiusdem Castri pacto se obstienxerunt consensunque clausure q.ti viculi ab eisdem sunt consecuti, videlicet.
Che li P.P. facino un ochio conforme alli altri del portico della loro chiesa e facciano un portone nel collochio che chiuda, attacato allo spigolo della chiesa e tirino la muraglia rimpetto alla colonna del portico per unirla a quella dell’orto de Rondoni e che ristorino e rissarciscano le mura del Castello principiando dalla porta di presente serrata di esso Castello per quanto dura il loro sito, cosichè però servendo d. mura in quella parte per clausura del loro convento non vi aquistino mai jus, né possesso alcuno, ma restino sempre in potere del publico ed a tale significato debbano conficarvi le arme del publico in macigno dentro e fuori delle mura e colla espressa proibizione di non poter mai in alcun tempo aprire la porta serrata nelle dette mura ne farvi alcuna apertura senza espressa licenza dell’Ill.mo Senato. Contrariis haud obtantibus quibuscumque.
Queste ingiunte penitenze si sono tutte esattamente adempite e rigorosamente osservate.
Nel mille seicento settantacinque sotto la legazione dell’E.mo Bonacorsio Bonacorsi il P. Sante da Castel S. Pietro, come guardiano di quel tempo e familiare di d. porporato, ottenne per suo mezo in voce dall’Ill.mo Senato di Bologna di potere aprire la porta già serrata che guarda il fiume posta nel vico con questo (bel vantaggio) che la Religione la tenesse sempre custodita di portone e chiavi e che queste stessero sempre appresso il superiore locale del convento per maggiore cautela del paese, (ottima occupazione e santo ministero) così pare per comodo, (anzi grave incomodo,) de religiosi la quale fu aperta il 23 maggio 1675 e si fece il portone necessario finito di ferramenti a spese della relligione per compimento della grande opera che forse si aurà meritato un pezzo di purgatorio L. +. B.
In tale estratto, coredato dalle riflessioni sudd. segnato con travolta sotto, fanno constare quale sia la debolezza del glossatore analista e quale sia l’animo e caratere de frati, che anco doppo morte si odiano. Questo recapito è in filcia delle lettere della Comunità anno corente, copia del quale sud. in origine spedita in Bologna.
In seguito di ciò L’Assonteria spedì alla Comunità la rinoncia fatta alla lite del 1764 da frati, con altro documento, affinchè la Comunità stessa lo conservasse nell’Archivio, copia del quale è la unita N. 1.(?)
Contemporaneamente fu pubblicata stampa dell’arcivescovo sopra le presenti calamità e progressi che fanno li francesi schismatici che è l’unita N. 2. (?)
Avendo fatta il dott. Muratori una bellissima cura nella figlia secondo genita del Conte Luigi Bentivoglio dimorante costì, le fu fatto in Bologna l’unito sonetto (?), che poi fu spedito a Castel S. Pietro ed i malevoli fremevano acremente.
Stante le calamità della chiesa e le persecuzione de francesi, a persuasiva dell’arcivescovo e del Pontefice, ogni loco fece divozioni. Quivi in Castello li agostiniani colla statua di S. Nicola fecero un triduo e cominciò il giorno antecedente alla festa del patrocinio di M. V.. Li francescani fecero lo stesso e lo cominciarono il di 10 novembre. In Bologna in tali contingenze molti andarono alla visita a di M. V. di S. Luca, ala quale dedicarono una medaglia che da una parte mostra l’imagine in gloria sopra la città e dalla parte opposta si legge la seguente prece cioè:
Ut
omnes
(…….)
et S. Eclesie
enim humilare,
desperdere
ac fugare
digneris
Nel contorno poi alla madonna si legge: Ut fructi terri pare et conservare digneris.
La nostra Comunità poi unita a molto popolo colla compagnia capata del SS.mo il giorno 11 novembre si portò processionalmente alla visita di M. V. di Poggio coll’offerta di dodici candele di cera, nel viaggio si cantavano sempre laudi e l’officio di Maria V.
Vi mandò ancora la Comunità sei sacerdoti a celebrare ivi.
Adi 15 d. venne una neve grossa, che danneggiò molto le quercie e li altri arbori che avevano foglie, facendosi assai legna.

Adi 24 novembre si cominciarono le missioni in Castel S. Pietro nella arcipretale. Erano li missionari li seguent:i dott. Antonio Grossi bolognese capo e catechista, Conte abate Pelegrino Carletti fiorentino predicatore di gran frutto exgesuita, D. Luca Bortolotti, D. Alessandro Rapini e D. Vincenzo Bragagli catechista e durarono fino al 9 dicembre.
Vennero in S. Bartolomeo due sacerdoti francesi che erano un paroco cioè D. Natale Vergnes paroco di Poviol in Linguadoca e l’altro capellano D. Giovanni Remezi nel med. Castello Gigniaco, questi furono espulsi dallo Stato di Monpelier li 19 settembre, non portarono seco altro che la vita e furono di novo da francesi svaligiati e battuti a Nizza, uomini di età fresca ma boni catolici.
La presente memoria è scritta dalli stessi francesi
Natalis Vergnes parochus è loco du Poujol in diocesi Beziers in provincia occidania oriundus in oppido gigniaco in eodem diocesi. Ioannes Remezy, vicarius eiusdem supra dicta parochia oriundus eisdem oppido. Ambo espulsi ex Gallia 13 9.bris anni presentis 1792, capti in mari dun (…) ectarent ducti in Tolonem et incarcerati in navi in portu eiusdem con (…) per septem dies et espoliati omnibus robes a municipalitate Toloni. qua petiit ab eis juramento fidelitatis constitutionis gallica sub pena mortis. (….) liberati sunt ambo quasi miraculo a furore palratorum qui lepissime tentarunt variis modis cum fune, cum cultello, cum (…) eos occidere.
Nota quod ingressi sunt mas navem in portu agda agalense dia 13 septembris hujusce anni 1792
Adi 26 novembre si venne dalla Comunità alla nomina per far un consiliere in loco del defunto Giovanni Calanchi, fuvi molto dibatimento nelle nomine, finalmente il Partito riescì favorevole ad Antonio Bertuzzi in loco di Giuseppe e le altre nomine indi furono spedite a Bologna per sottomano del cancelliere Francesco Conti.
Adi 13 dicembre martedì notte alle cinque morì l’arciprete di S. Agata in età di anni 57, avendo prima, come si disse due anni sono, rinonciato la chiesa al fratello dott. Giuseppe Conti di questo Castello. La sua morte fu originata da una apoplesia.
Li francesi in questo tempo fanno grandi progressi contro la chiesa e si è scoperto che mediante un tradimento doveva il Papa essere uciso la notte di Natale inter solemnia missa…, ma il traditore acusato fu condotto in C. S. Angiolo ed ivi strozzato. Il suo nome e cognome per essere di rango romano e perciò p. degni rispetti, quel tribunale non l’ha a noi tramandato. In seguito di ciò ne furono carcerati molti altri e condotti in Castel S. Angiolo ove si faceva giustizia imediatamente, a segno che in una giornata il carnefice doppo averne apicati quattordici de complici, rimandandovene altri tre, non potendo ressistere alla fatica, furono questi moschetati.
Passano continuamente sacerdoti francesi mal coredati di panni e senza danari. Li danari loro erano cedole stampate in piccoli pezoli di carta bolata, e retroscrito dallo assignante, quali cedole erano chiamate assignati. In prova di ciò eccone una di soldi due, che da un povero sacerdote fu lasciata ad uno di questi osti e da me procurata per giustificazione a memoria de posteri.
Avendo poi io interloquito con alcuni de med. sacerdoti allogiati nell’ospitale de Pellegrini di questo nostro Borgo sopra le vicende gallicane per avere lumi della storia, mi fu descritto l’arbore inalzato della Libertà e la cocarda distintivo della Republica Francese.
Consiste questa in un lungo legno fasciato attorno con tre fetuccie o siano cordelle di tre colori, cioè turchina, rossa e bianca e così pure la cocarda stessa distintamente e distinguibilmente. Nella sommità dell’arbore vi era un ferro a capo del quale una beretta rossa, dove era piantato il ferro vi erano tre bandiere di tre colori, nel corpo dell’arbore vi era un rampone ove si attacavano le persone sotto il mento come apicato ed infilzato, quando non volevano giurare la Libertà. Eccone l’esemplare dissegnato, a tergo del dissegno vi è anco la formula della carta monetata detto assignato. [A52]
Adi 28 novembre inerendo alli ordini Ec.ma Assunteria la Comunità mise a partito li seguenti colli competitori, cioè signori
Giuseppe Bertuzzi , voti 4 bianchi e 4 neri
Antonio Bertuzzi, voti 5 bianchi e 3 neri
Giuseppe Magnani, voti 6 bianchi e 3 neri
Giacomo Lugatti, voti 4 bianchi e 4 neri
Giulio Andrini, voti 5 bianchi e 3 neri
Antonio Giorgi, voti 4 bianchi e 3 neri
Pietro Facendi, 3 bianchi e sei neri
Sono a questa epoca l’esercizio dell’ ufficio giudiciario nelli Capi luoghi deli Distretti disposittivi della Legazione di Bologna veniva eseguito dalli notai fumanti sostituiti dal notaio colegiato denominato dal senatore od altro nobile estratto nelli uffici utili della città e contado. Accadeva che, non essendovi emolumento sufficiente, benespesso restavano le castella e capoluoghi della provincia privi del giudicente, mentre li notai non avevano che una miserabile indenizzazione dalla cassa publica di Bologna, quindi in mancanza di giusdicente la povera gente ne sentiva danno dovendo riccorere alla città per cose frivole ed affari di lieve momento.
Fu perciò fatta instanza da alcune Comunità al card. Legato Andrea Archetti ed al Senato. Fra queste popolazioni e comunità teritoriali una si fu Castel S. Pietro, il quale restò un anno e mezo senza Giusdicente locale. Preso in considerazione un tanto disordine, fu ordinato che li notai fumanti, ricercati, dovessero servire indubitamente, fu perciò in proposito emanato la unita provisione stampata [A53].
Li 16 dicembre per ciò fu estratto per Podestà di Castel S. Pietro il senatore Giacomo Sebastiano Beccadelli, che nominò per suo Notaio Giudicante Annibale Brusa not. collegiato di Bologna, quale sostituì per suo conotaro Antonio Giorgi di Castel S. Pietro qd. Gio. Paolo, ma questi ricusò servire. Ciò seguito si unirono li quattro notai fumenti del paese, cioè Ercole Cavazza più anziano, Francesco qd. Lorenzo Conti, Antonio Giorgi sud. e dott. Francesco Cavazza, filio di me Ercole scrivente le presenti memorie.
Questi tutti concordemente diedero petizione al Senato per avere un compenso ed emolumento pecuniario fisso per le loro fatiche e molto più che era stato levato a questo officio di breve la estradizione o sia accompagnatoria di bolette alli intervenienti a questo mercato per il trasporto delle granali fuori di questo Capoluogo, per cui si pagavano quattro quattrini per ogni corba, aggiungendosi dippiù che li atti giudiciali erano tutti briga grande, rabbiosi a comporre le parti, né vi era emolumento proporzionato alla fatica né prezzo all’opera.
Intanto l’officio restò vacante ed a capo di un anno fu chiusa la ressidenza ed il popolo mormorava.
Li 27 dicembre fu estratto Consolo per la prima volta il sig. Lorenzo Trocchi, si ebbe in seguito che erano stati fatti consilieri li seguenti individui, cioè sig. Antonio Bertuzzi in loco del fratello, sig. Giovanni Calanchi, sig. Floriano Fabbri in loco del defunto di lui padre Flaminio.
Facendo poi grandi progressi verso l’Italia li francesi per impadronirsi di questi stati, minacciando la Chiesa Romana, il Papa ordinò alle provincie e suoi suddetti armarsi e dare conto della popolazione alli respettivi Governatori e regimenti della Provincia, le quali non omisero punto tempo.
Ma che? Facevi poco frutto a motivo de Giacobini interni nemici della chiesa, detti framassoni ancora ed iconoclasti, schismatici e libertini.
Si vedeva perciò un genio alla rivolta, ma ciò non ostante fu fatto l’elenco richiesto ed è l’unito, che fu poi publicato il dì primo genaro 1793, ma spedito a Bologna solo li 15 detto. [A54]
Si vide perciò aperta la strada ad una fiera persecuzione della Chiesa ed aperta la casa del diavolo. Quindi in discorso si ritrovarono alquante profezie in proposito, le quali uniamo pure al presente racconto. [Appendice B, Pronostici e Profezie].
Adi 25, 26 fino al 30 dicembre venne in questi ultimi giorni dell’anno una neve grossissima in modo che crebbe fino a mezza gamba, onde perciò li villani non poterono andare alla S. Messa nelli presenti giorni festivi e quivi terminossi l’anno 1792.